Premio Racconti nella Rete 2016 “Sfida nei cieli” di Massimo Ranieri
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016La livrea nerobluastra del colombo viaggiatore comparve improvvisamente sopra la costa. Il gagliardo e assetato messaggero era in servizio nei ranghi dell’aviazione militare da molto tempo e adesso rientrava turbinosamente da un’azione di supporto ad un’unità terrestre in una zona ad alto rischio di intercettazione nelle comunicazioni. In basso nella lunga e larga striscia di sabbia scorse un fiumiciattolo verdastro che si insinuava in mare e cominciò la sua lenta discesa scandagliando ogni centimetro quadrato dell’area di sbarco. Sarebbe stata quella l’ultima tappa di un viaggio di circa mille chilometri che erano stati costellati da deviazioni, agguati, inseguimenti e fughe precipitose. Era prostrato e quell’angolo di terraferma gli sembrò il rifugio ideale per un breve riposo, per quanto lo ritenesse non del tutto sicuro. Avvertiva tutto il peso della trasvolata che durava ormai da alcuni giorni e navigava sostenuto da quel senso innato del dovere per cui era stato scelto tra mille altri compagni per assolvere un compito delicatissimo da cui dipendevano numerose vite.
Quella vena sottile di acqua dolce cercata disperatamente (altre volte quando era in missione dovette rinunciarvi e tirare dritto poiché i nemici la presidiavano palmo a palmo) fuoriusciva da un folto canneto e si tuffava in mare dopo essersi incurvata più volte nell’arenile. Valutò bene il rischio di quello sbarco e prese la decisione senza indugiare. D’altronde – pensava – sarebbero bastati pochi minuti e una volta intinto il becco nel ruscelletto sarebbe ripartito sparendo nell’azzurro dopo i controlli di routine: il ravviamento del piumaggio stressato e la distensione della muscolatura stracca. Contava molto sulle sue doti di spinta durante i decolli e, soprattutto, sulle sue competenze in analisi e valutazione delle strategie di volo, peculiarità che in varie circostanze lo avevano salvato da attacchi micidiali. Scese in dolce planata per riposare e raccogliere le ultime forze. Ogni atterraggio su piste improvvisate richiedeva accurate misurazioni, perizia nelle manovre, piani di atterraggio A e B per affrontare l’imponderabile. Aguzzò la vista verso l’orizzonte del mare e poi verso le montagne, monitorò ogni settore del suolo, si soffermò nelle zone più in ombra, poi infilò una corrente ascendente e memorizzò di nuovo la mappa della zona cercando di individuare movimenti strani e piume sospette. Finché quasi a precipizio posò le zampe a terra molleggiando a metà strada tra l’acqua salmastra e il fiumiciattolo. Affrontò l’impatto col suolo con la stessa attenzione con cui soleva partire sapendo di rischiare la vita e dimenticando per un attimo che ora tornava a casa e l’attendeva un periodo di riposo. Forse quella in corso sarebbe stata la sua ultima missione prima del congedo. La sabbia era umida per la recente pioggia, dunque un terreno favorevole per zampettare in velocità durante le fasi di atterraggio e per poi balzare in volo e agganciare venti più favorevoli per riprendere la strada. Non attese molto tempo per avvicinarsi alla fonte e quando era ormai a pochi passi fu attratto da un guizzo che poteva sembrare di primo acchito a uno schiocco di vento o un agitarsi di foglie nella macchia lì vicino. Il cuore cominciò a palpitare e le ali si tesero allo spasimo. Quello che non era riuscito a scorgere quando si librava nell’aria, ora gli appariva nella più cupa drammaticità. Perlustrando intorno notò una miriade di impronte che in ogni buon manuale del colombo viaggiatore sono indicate come un segnale di massimo allarme. Mantenne il pieno autocontrollo e si attivò con tutti i sensi, pronto a reagire a qualsivoglia ostacolo improvviso sarebbe sbucato da ogni dove. Dal mare non c’era nulla che potesse impensierirlo ma dall’entroterra intravide la linea aguzza e sfrecciante di un nemico in prepotente avvicinamento. Era velocissimo e più che essere trasportato dall’aria era l’aria stessa che si tramutava in lui. La prima cosa che fece fu applicare uno dei protocolli d’emergenza che aveva delineato durante l’ avvicinamento all’obiettivo. Capì che si trattava di un temutissimo gabbiano, uno dei maggiori ostacoli in cui avrebbe potuto imbattersi in quei luoghi e che, sulla base degli elementi raccolti, aveva escluso inspiegabilmente a priori. Forse per un mero errore. In realtà il motivo principale lo conosceva molto bene ed era la stanchezza che aveva accumulato durante il viaggio e adesso sapeva con maggiore consapevolezza che quell’atterraggio gli sarebbe potuto costare davvero caro! Alle spalle c’era il mare e si sentiva sufficientemente coperto. Calcolò in un attimo che il fronte settentrionale poteva rappresentare un’ulteriore vulnerabilità. A mezzogiorno, invece, c’era l’ombroso canneto a proteggerlo. L’attacco sarebbe stato duplice , concluse. La morsa – considerò – si sarebbe stretta da occidente e da settentrione in simultanea, e chiedere aiuto, ormai, sarebbe stato impossibile. Per un attimo rammentò di quando l’allegra squadriglia formata con altri due compagni aveva incontrato difficoltà immani e memorabili, e alla fine era riuscita ad evitare il peggio con manovre diversive ad altissimo rischio.
Al quartier generale – ricordava – aveva svolto decine e decine di esercitazioni che lo avevano preparato ad affrontare situazioni estreme come quella che gli si stava presentando adesso. Due contro uno era questa la battaglia che avrebbe dovuto ingaggiare. Per l’ennesima volta per il colombo viaggiatore le estenuanti simulazioni delle esercitazioni di colpo si concretizzarono e la morte divenne uno degli esiti possibili, tanto da sentirla avvicinarsi senza averne paura! Il nemico erano due snelli gabbiani che procedevano agguerriti e tesi nel loro implacabile disegno di morte, uno l’aveva di fronte e l’altro di lato. Scorse prima quello che gli stava davanti, il più vicino, la prima linea per confonderlo attirando su di sé l’attenzione, in quella rigida e glaciale applicazione di una delle tecniche più collaudate di quella maledetta specie che ogni giorno cerca di mettere gli altri nei guai. L’unica soluzione per uscire indenni sarebbe stata quella di imboccare lo strettissimo corridoio fuori dalla portata delle traiettorie dei due brutali nemici e proiettarsi con tutte le proprie forze al suo interno, a qualunque costo. Una volta decollato al 99% sarebbe stato al sicuro pensò. Veloci come meteore i gabbiani gli erano vicinissimi a circa 20 piedi di distanza e procedevano uno perpendicolare all’altro, talmente vicini e spericolati che anche per loro si poteva profilare una collisione fatale. Fu allora che con uno sforzo possente riprese quota quasi tirato su da un’energia invisibile. Prese una direzione obliqua fuori da ogni schema e nel frattempo gli schiamazzanti contendenti lo puntarono e gli si fiondarono addosso, e anche quello che giungeva dal lato finalmente diventò visibile con tutta la sua carica di furore cieco. Avrebbero voluto ghermirlo in volo per farlo precipitare e finirlo in mezzo alla sabbia. Quando giunsero sul punto di intersecarsi spalancarono in avanti i rostri. Ma la reazione a terra fu repentina e il colombo viaggiatore, durante la breve e rapida risalita, scartò improvvisamente da una parte infilando quel tunnel invisibile che aveva appena intravisto poco prima. Così i gabbiani senza più la preda puntata nel loro mirino furono così vicini al punto da scontrasi l’un l’altro. Quella deviazione improvvisa presa d’istinto fu l’inizio del suo percorso verso la salvezza e alla coppia inseguitrice non restò che impennarsi e guardare solo il vuoto del cielo per decelerare.
Il colombo viaggiatore si era ormai infilato nel corridoio verso la libertà e proseguì il volo senza guardarsi più indietro e con il residuo vigore che gli era rimasta in corpo. Più avanti, molto più avanti, avrebbe cercato un riparo, finché non avrebbe scacciato anche l’ombra del nemico e i suoi mortali propositi . I due gabbiani, una volta chiusa la partita senza successo, si inoltrarono tranquillamente verso il mare e a certo punto ognuno proseguì per la sua strada !
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E’ incredibile la quantità di temi che possono venire fuori in un concorso come questo. Chi avrebbe mai pensato di descrivere un momento di pericolo per un colombo?
E’ una scena che sarà durata pochi secondi ma sei riuscito a scriverci un racconto, anche coinvolgente e che fa salire la tensione fino al momento della salvezza del nostro eroe.
E’ scritto molto bene e divertente.
Ti ringrazio per il lieto fine perché mi ha reso l’umore migliore.
Bello!
Orsola
Racconto interessante ed “ornitologicamente ” geniale