Premio Racconti nella Rete 2016 “Il piccolo fiore” di Arian Percallo
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Qualche anno fa, all’alba dei miei primi quarant’anni, vissi un momento particolarmente difficile della mia vita. Nonostante avessi il lavoro che avevo sempre sognato sin da bambino, il reporter, conducevo una vita libera e avventurosa, avevo tantissime amicizie sparse in tutto il mondo, un giorno mi svegliai assalito da un’inquietante percezione di inutilità della mia esistenza; non riuscivo più a dare un senso a i miei giorni e soprattutto non trovavo più valide motivazioni per proseguire nel mio lavoro che sempre mi aveva entusiasmato. Decisi di prendermi un anno sabbatico per rivedere e rielaborare il mio vissuto, e seguendo il suggerimento di un amico mi ritirai in piccolo monastero situato nel centro Italia. I monaci accettarono di darmi ospitalità in cambio del mio aiuto nei lavori necessari per il buon andamento del monastero. Non fu semplice adattarsi agli orari che imponevano le rigide regole dei monaci, ma dopo poche settimane sentivo che il rispetto della luce e del buio portò dei benefici al mio stato di salute che per troppi anni avevo trascurato. Il mattino mi svegliavo con le prime luci dell’aurora e la sera non appena il sole scompariva, per rischiarare l’altra parte del mondo, andavo a dormire. Dopo qualche mese, nonostante il duro lavoro di cura dell’orto che i monaci mi avevano assegnato, mi sentivo fisicamente forte e sano; ciò che stentava a sanarsi era il mio malessere mentale. Sorridevo di continuo, come mai avevo fatto prima, e anche se, dopo tanto tempo, i miei occhi tornarono a brillare, persisteva nel mio sguardo una sottile linea d’ombra; non riuscivo ancora a dare un senso alla mia esistenza. Un giorno un monaco mi chiese di accompagnarlo nel piccolo vigneto del monastero per verificare lo stato di maturazione dell’uva. Non mi parlò durante il tragitto e nemmeno io osai spezzare il silenzio della natura che ci circondava. Fu lui che, accarezzando con la sua voce la quieta di quel luogo, chiese la parola al silenzio.
– Conosci la storia del soffione?
Gli risposi di no. Non la conoscevo e mai ne avevo sentito parlare.
– All’inizio di tutti i tempi, quando il mondo era stato appena creato, ogni creatura viveva in armonia con la Natura che la circondava; ognuna di esse aveva un ruolo importante, anche la più insignificante era indispensabile affinché il cerchio magico della vita potesse chiudersi e rigenerasi. Dio aveva plasmato creature perfette, ognuna con la propria particolarità e specificità, e per tutto ciò era molto orgoglioso perché pensava che tra i suoi figli non vi fosse nessuno di infelice. Le api si rendevano utili nell’impollinare i fiori. I fiori fecondati donavano frutti all’uomo con i quali si nutriva. I fiori che non producevano cibo, addolcivano lo sguardo di chi li guardava, oppure emanavano note aromatiche che avvolgevano le abitazioni. Il cane serviva l’uomo facendo la guardia. Il gatto catturava i topi, e così via … Ogni creatura aveva il proprio posto nel mondo. Tutte erano felici. Tutte tranne una. Nell’immensa vastità dei prati viveva un piccolo fiore dallo stelo verde e spoglio, e dalla corolla gialla. Il piccolo fiore fu chiamato, dagli altri fiori, dente di leone a causa della forma dentata delle sue foglioline. Il fiore si sentiva triste perché le altre creature lo schernivano per il suo aspetto, e anche lui non si piaceva. Non era bello, non era profumato e non avrebbe mai dato frutti e tutto ciò lo rendeva estremamente infelice. Il piccolo fiore ogni giorno che passava si sentiva sempre più solo perché nessuno si occupava di lui: le api lo ignoravano, l’uomo non lo coglieva e gli altri fiori poiché era bruttino non gli parlavano. Tutti aveva un ruolo del mondo, solo il dente di leone non riusciva a dare alcun significato alla propria esistenza. Si chiedeva che senso avesse vivere poiché la sua presenza sulla Terra era totalmente inutile. Passarono altri giorni e le altre creature si rivolgevano raramente al piccolo fiore; i primi tempi qualche uccello incuriosito dal suo aspetto gli poneva qualche domanda, ma in seguito, quando si sparse la voce che si trattava di un fiore inutile nessuno più si avvicinò. Il piccolo fiore sentendosi impotente di fronte alla sua inutilità decise di far appassire la sua giovane vita e smise di nutrirsi. Le sue radici, che prima scavavano nel terreno per trovare i nutrimenti, cessarono di estendersi in cerca della Vita. Il piccolo fiore trascorreva i giorni, che pensava fossero gli ultimi, piangendo e rammaricandosi di essere stato tanto ostinato nel voler germogliare quando era ancora un seme. Il suo dolore era così grande che il pianto non si placava nemmeno la notte. Voleva appassire, per poi seccarsi così che, almeno da morto, sarebbe stato utile fertilizzando il terreno in cui era vissuto. Passarono altri giorni e il piccolo fiore non era ancora morto, anzi il suo stelo divenne più verde e la sua corolla si tinse di un giallo ancor più brillante. Il piccolo fiore non aveva ancora capito che il suo dolore lo stava mantenendo in vita; le sue lacrime cadendo sul terreno lo nutrivano e gli davano forza, e finché avrebbe sentito e provato una qualsiasi emozione sarebbe rimasto in vita. Un giorno Dio udendo il pianto del piccolo fiore decise di scendere sulla Terra; voleva capire perché una delle sue creature fosse tanto infelice.
Il piccolo fiore confidò a Dio di come si sentisse brutto e inutile; gli altri fiori, graziosi e profumati, si prendevano gioco del suo aspetto goffo e lo schernivano perchè non aveva alcun ruolo nella Natura. Dio si rammaricò per tutto ciò e poiché il piccolo fiore aveva sofferto così tanto decise di ricompensarlo affidandogli un compito importantissimo.
“Tu fiorirai e il tuo aspetto si modificherà. La tua corolla gialla si trasformerà in una sfera bianca, morbida e soffice. Quando un uomo ti passerà accanto e nel suo cuore sentirà la nostalgia per una persona lontana ti coglierà, penserà intensamente a quella persona e a ciò che vorrebbe dirle e soffierà su di te. Tu sarei il Messaggero dell’Amore. I tuoi piccoli peli avranno la missione di portare il messaggio a chi è lontano”.
Il piccolo fiore fu profondamente toccato dall’attenzione che Dio gli riservò, e si sentii indegno e inadeguato al compito che gli fu affidato. A coloro che più soffrono la ricompensa appare sempre più grande di quanto credono di meritare.
Il piccolo fiore tornò a sorridere, ringraziò Dio per la missione che gli aveva assegnato e chiese perdono per aver tentato di appassire. Il piccolo fiore, dopo aver sofferto molto, aveva trovato il suo posto nel mondo ed era riuscito a dare un senso ai suoi giorni e scoprì il dolce sapore della felicità tanto agognata.
Il monaco smise di parlare, mi guardo negli occhi e sorrise.
-Ora hai capito, qual è il senso dell’esistenza?
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È scritto molto bene. Ci sono un paio di errori di ortografia, credo semplici refusi. La storia è poetica e sentimentale. Bella. Io forse avrei indugiato meno sul preambolo iniziale. Bravo.
Grazie mille!
Ti ho risposto “sopra “
Grazie. Non sei il primo che mi fa notare qualche pecca nel preambolo. Le osservazioni ricevute, saranno preziosi consigli per il futuro!
P.s. Sono una donna.
Uh! Scusa l’equivoco di genere.
Un racconto malinconico e a tratti struggente, che mi ha fatto sentire forti emozioni perché mi ha ricordato luoghi e ambientazioni che in qualche modo ho conosciuto realmente, nella mia vita. Grazie
Grazie a te. Mi fa piacere che ti abbia emozionato!
” A coloro che più soffrono la ricompensa appare sempre più grande di quanto credono di meritare”. Che bella frase!
Il tuo è un racconto che invita a credere di più in se stessi e ad amarsi sempre e comunque, un inno a bastarsi e a valorizzarsi… Peccato che ci debba essere sempre un Dio ( o elemento esterno ) per far si che questo accada, perchè non sempre il miglioramento arriva dal cielo, ma più spesso è il risultato di un lungo e doloroso percorso interiore pieno di sacrifici e di rinunce. E sottolineo sacrifici e rinunce, parole che nessuno sembra conoscere più. Complimenti.
Grazie Patrizia, per la bell’analisi del mio racconto.
Il mio piccolo fiore rappresenta l’umanità che è capace di soffrire e di perseguire i propri sogni nonostante tutto, e che alla fine viene ricompensata!
Credo che ognuno di noi arrivi prima o poi in questa fase della vita… o almeno credo succeda a tutti i “pensanti” e credo anche che una favola così ci possa aiutare a tornare in linea con noi stessi…
Orsola,grazie per l’apprezzamento!
Concordo sulla possibilità di migliorare un po’ il preambolo, ma la storia arriva. Molto poetica e piacevole!
Grazie Paola!
C’è poco da fare, ogni volta che saltano fuori i monaci impazzisco!
Mi piace molto lo stile accessibile e scorrevole con cui hai affrontato un tema tutt’altro che semplice, Arian.
Mi sono tornati in mente i dialoghi tra Algren e Katsumoto ne “L’ultimo Samurai”. Spettacolo!
Complimenti ????
Ciao Lorenzo e grazie.
La figura del monaco mi piace molto; ha un non so che di intrigante!
Meraviglioso, adoro questo genere di racconti, mi ha ricordato tanto quelli di Bruno Ferrero, nutrono l’anima e riportano il giusto equilibrio.
Bravissima!!!!
Grazie Barbara!
Bravo Arian, amo molto la rispondenza tra la profondità della natura umana e il mondo naturale in cui è immersa. Se non ti è ancora capitato leggi “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono.. E guarda il film!!!
Ciao Laura, grazie per l’attenzione e per il suggerimento.
P.s. Sono una donna.
Un piccolo gioiello di saggezza, scritto, tra le altre cose, veramente molto, molto bene. Anche a me la prima parte è piaciuta meno. Ma solo perché trovo la favola allegorica del monaco una delle cose migliori lette fin’ora. Complimenti Arian.
Grazie Luigi, il tuo commento mi lusinga: sei stato fintroppo generoso!
Incipit un poco frettoloso. Non lascia trasparire nulla della vita frenetica precedente. Quando parli del rispetto della luce e del buio, non l’hai anticipato con segnali di una vita distorta. MI manca la struttura del racconto.