Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2016 “L’ascensore sociale” di Marco Speciale

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Il microonde, quello che aveva salvato dal pignoramento, aveva la porta spalancata e aspettava intristito l’inizio del rito serale. Un cartoccio di rosticceria avrebbe sfrigolato per un minuto e mezzo. Mille funzioni e possibilità per altrettanti led da albero di natale: tutto affondato in un due novembre culinario. Trascorsi i novanta secondi, Carlo avrebbe iniziato a sbocconcellare con rapide prese dei polpastrelli; poi, diminuito il calore, avrebbe attinto a piene mani con un abbrutimento senza limiti. Un’altra cena così.

La televisione celebrava in sottofondo gli stanchi riti di un talk politico, quelle puntate con un sottosegretario, due giornalisti, un gruppo di cassintegrati, un intellettuale decotto pronto su qualsiasi argomento. Un professore universitario che, distolto lo sguardo dalle scollature delle studentesse, avrebbe dato il suo parere di studioso. Fu proprio lui che colpì Carlo con un’espressione. Si era a pochi giorni dall’approvazione della Finanziaria e i sociologismi erano tornati alla ribalta delle telecamere.

–  Queste politiche a chi giovano? Chi sale sull’ascensore sociale?

Carlo Massari era stato socio di un famoso studio di architettura. Carlo aveva avuto una moglie bella e impeccabile in ogni occasione. Carlo aveva avuto due figli, bravi a scuola e straordinari nel dressage. Carlo aveva avuto una casa da visitare col monopattino.

Poi si era messo a pippare, alla grande. Infinite strisce che sommate in lunghezza avrebbero avvolto lo Stivale in un bianco abbraccio. E anziché salire ancora più in alto era precipitato. Era disceso rapidamente dal suo attico, sede di raffinati ed esclusivi party, per approdare al pianterreno di  un monolocale al Giambellino, periferia popolare, la Milano che non conta. In un paio d’anni. Il tasto rosso dello stop sembrava essersi guastato.

La moglie se n’era andata con i figli. Al ritorno da una nottata di cui  ricordava solo specchi impolverati e corpi nudi senza volto, Carlo aveva trovato la casa spogliata di molto, di quasi tutto. Gran signora davvero, con quel  suo sottile humor che, anni prima, lo aveva fatto innamorare. Gli aveva fatto trovare sul tavolo il barattolo della farina e un biglietto d’addio: se vuoi sniffati anche questa. Con generosità gli aveva lasciato anche cinquecentomila euro di mutuo.

Allo studio lo liquidarono con disonore: inaffidabile. Con la buonuscita riuscì a ripianare certi impegni con le finanziarie. Conto in banca chiuso però, ci dispiace dottore. Aveva evitato gli usurai ma non i pignoramenti e la vendita all’asta della casa. Ne era uscito vivo, ma senza lavoro e prigioniero in trenta degradanti metri.

Per fortuna aveva incontrato Mario.

L’aveva visto in uno di quei locali alla moda dalla rispettabilità limitata:  specchiata onestà tranne che nei  bagni. Era uno di quei personaggi sempre a proprio agio, la parlantina sciolta, qualche tipa vistosa sempre appiccicata, beveva poco e il meglio. Divertente, a giudicare dalle mille risate che, a ogni suo racconto, si faceva il  crocchio che lo circondava. Elegante, con quegli abiti da vetrina chic e quel taglio scalato con brizzolatura ad arte.

Una sera si era avvicinato con la scusa di offrirgli da bere. Carlo si preparava all’ennesima tentata vendita in odor di truffa: auto sportive senza libretto, zirconi spacciati per diamanti, gioielli in puro oro del Giappone, investimenti sicuri in titoli falsificati. Un caravanserraglio di merce affidabile quanto le signorine che giravano fra i tavoli.

Cercava invece un socio, un socio per la sua pluriennale attività. Il suo partner si era dileguato, finito con la faccia in un fosso o a sfogliare tramonti in gattabuia o forse non gli piacevano gli addii.

Un lavoro semplice e poco impegnativo: al massimo un paio di appuntamenti al giorno. Lui agiva sul territorio, muovendosi con astuzia fra bar, banche, poste, mercati rionali, supermercati. E individuava le vittime: donne sole, meglio se vedove, le zitelle erano più sospettose.

–  E non saltare subito alle conclusioni perché non è la solita roba da disperati.

Poi sarebbe venuta la parte di Carlo. Doveva entrare in casa con un falso tesserino dell’azienda del gas. Un controllo sul contatore: non era più a norma, andava cambiato a spese dell’utente. C’era però una via d’uscita: se i consumi annui rientravano in una certa soglia il tutto non avrebbe comportato spese. L’anziana sarebbe andata in cerca dei bollettini e qui veniva il compito più delicato per Carlo. Non si trattava però di quelle cose da balordi da quattro soldi, non avrebbe dovuto rubare niente: doveva solo fare il calco delle chiavi. Perché le chiavi, si sa, sono sempre nella toppa o appese nei paraggi. L’incontro si sarebbe concluso con grande gioia della vittima: il costo sarebbe stato a carico dell’azienda, gratis.

Passata qualche settimana, quando la visita era ormai caduta nel dimenticatoio, Mario avrebbe agito con tutta calma, lasciando una finestra aperta con due o tre colpi di cacciavite vicino alla maniglia, giusto per simulare lo scasso.

Invisibili, imprendibili, sperimentato, sicuro: peccato non poterne richiedere il brevetto.

Poi, come per prevenire le titubanze di Carlo:

–  Tutta la neve che vuoi e mille euro al mese.

Carlo, che ondeggiava pericolosamente sul filo teso fra nulla e nulla, si aggrappò volentieri alla mano di Mario e gliela strinse.

Ed era più di un anno che funzionava. Carlo acquisiva giorno dopo giorno un’assoluta disinvoltura: entrava in quelle case sconosciute e improvvisava al meglio. I sentimenti di quelle poverette non lo riguardavano: la loro patetica preoccupazione prima, il loro sollievo poi. In fondo, lo salutavano tutte col sorriso sulle labbra. La disperazione di quelle donne, scoperto il furto dei ricordi di una vita, non gli destava alcun rimorso. Non c’era spazio per i più deboli: mors tua vita mea. Il mondo aveva una sola regola: sopravvivere.

Certo, Carlo sapeva di essere caduto in basso, ma la discesa sembrava essersi arrestata. Doveva risalire verso quelle altezze che assicuravano una diversa vista sul mondo. Ogni giorno lo sperava. Ma quando il nero sipario della notte si ripiegava ai bordi della scena si ritrovava prigioniero della solita cinica commedia.

Il cartellone prevedeva per quel giorno via Negroli 4, terzo piano: Tofana, signora Tofana. Tutto stava filando liscio più del solito: forse per la pista che si era fatto da poco o forse per l’arrendevolezza dell’anziana. La casa era simile a tutte le altre: dopo un ingressino, una sala con tele dozzinali di paesaggi alle pareti, divani di velluto riparati da lenzuola, vetrinette colme di ninnoli e tazzine di Limoges. Un odore di naftalina, proveniente dagli armadi della camera, che si diffondeva in tutti gli ambienti: era in atto una resa dei conti definitiva con le tarme. Quegli appartamenti erano una sofferenza per Carlo, era pur sempre un architetto.

–  Vuole accomodarsi sul divano?

La signora Tofana sembrava un tipo accudente, tanto valeva accontentarla: prima regola, mai contraddire.

–  Le faccio una tisana, è una mia ricetta, le piacerà.

Era proprio simpatica, magra come il giunco che non vorresti mai spezzare. Poi i calchi erano già in tasca, ci si poteva riposare un po’. Tanto non c’era pericolo che Carlo desse spazio ai sentimentalismi: mors tua vita mea. Aveva quindi sorseggiato la mitica tisana, amara da bruciare il palato, e ora si preparava ad andare: l’attendeva la signora Monti. Stranamente però, per quanto si sforzasse, non ne ricordava più l’indirizzo.

–  Grazie signora Tofana, buona giornata.

Ma le gambe non rispondevano. Un calore bruciante gli aveva invaso i polmoni e, per quanto si agitasse, non riusciva più a respirare, la bocca bloccata come in uno sbadiglio interrotto. Mentre la signora andava al telefono e alzava la cornetta per chiamare, la sua vita se ne stava andando.

–  Ne ho qui un altro, vieni a darmi una mano?

Così Carlo Massari aveva fatto un ultimo viaggio in ascensore. Anziché risalire, aveva continuato la discesa dal suo attico fino a delle anonime cantine. Meno uno, gettato in un grande congelatore.

Sottoterra.

Insieme al vecchio socio di Mario.

 

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45 commenti »

  1. Questo e’ l’unico racconto di tutto il concorso che ho letto dall’inizio alla fine, d’un fiato (non me ne vogliano gli altri). Complimenti! Davvero ben scritto e appassionante. Bravo!

  2. Racconto crudelissimo. Mors tua vita mea Si nota proprio una differenza di stile e di argomentazioni fra i racconti femminili e quelli maschili. Il racconto è originale. Non critico, è un bel noir, ma non riesco a capire come si possa fare un’antologia omogenea di racconti così diversi.

  3. Hai delineato uno spaccato della società moderna, quando si perde il senso della vita, quando si ha tutto ma non basta niente, L’uomo in balìa del vuoto che non riesce a riempire. Duro e realistico! Bravo!

  4. Non ho capito perché la vecchia fa ..quello che fa..arsenico e vecchi merletti ? Perché è sadica e basta uccudere e sentire il sapore del sangue? Perché nel quartiere si è sparsa la voce della truffa ?Per vendetta ? O forse perché uccude così, tanto per fare..brrrrrrr, brividi , sottoterra..

  5. Grazie Dania per le tue belle parole

  6. Hai ragione Francesco, non è facile conciliare certe differenze di stile (ben ccentrata la differenza fra maschile e femminile). Grazie per le tue parole

  7. Grazie Barbara per le tue belle parole. Cerco di scrivere storie che siano legate a filo stretto con la realtà e che (spero) sappiano colpire ed emozionare. In fondo, è un po’ il nostro compito, no?

  8. Primo appunto: humour, si scrive humour, questa è la grafia corretta. Scusa il fare da maestrino dalla penna rossa. Poi… La storia è interessante, è pero intrisa di luoghi comuni che mi disturbano alquanto. Hai per le mani una buona idea, io avrei cercato di giocarmela in modo più originale, con meno personaggi stereotipati e meno situazioni “da manuale”. Dovei osare di più. Almeno così la penso io. Nel complesso buono, migliorabile.

  9. Caro Costantino, capita a tutti di essere imprecisi, per fortuna ci sono i buoni amici che ti correggono. Grazie per i consigli.

  10. Laura, mi sembra di intuire che il mio racconto non ti convinca. Deduco però che tu l’abbia letto tutto. Ti ringrazio.

  11. Marco, a me invece è piaciuto perché mi ha ricordato !arsenico e vecchi merletti ‘ con Cary Grant..ricordi?? Solo non capisco il motivo che fa agire la vecchiarda ..e chi è ‘il socio di Mario’? ..i brividi son reali! 100/100.

  12. Mi piace proprio il tuo racconto, ben scritto, per niente banale, geniale quasi… E poi quel finale col botto! Quella terribile vecchietta dal comportamento destabilizzante ( magari chissà, se li mangia un po’ alla volta…) mi ha davvero sorpreso! Forse ti sei soffermato un po’ troppo su qualche punto, visto poi come diventi più sintetico nel finale… Per il resto non c’è altro da dire, complimenti e basta!

  13. Secondo me te la sei giocata benissimo. Senza una spiegazione precisa di cosa accadrà a Carlo possiamo fantasticare. Bravo.

  14. Cara Laura, certo che mi ricordo del film! Potremmo dire (con molta ironia) che il racconto è “Arsenico e vecchi merletti…2.0”. Non c’è quindi quella leggerezza del film, anzi. Forse tendiamo a dimenticarcene ma la nostra società ha qualche problemuccio. 20 persone su mille fanno uso di cocaina. Significa, per fare un esempio (solo un esempio!), che fra i partecipanti al nostro concorso ci sarebbero, statisticamente parlando, 6 tossicodipendenti. Tornando al racconto: il socio di Mario è quello che è sparito (motivo per cui Mario cerca Carlo), quello a cui forse “non piacciono gli addii”. La vecchiarda porta intenzionalmente il cognome Tofana, una “serial Killer” del Seicento, famosa avvelenatrice. Forse siamo di fronte a una sua discendente. A me interessava comunque concludere il racconto con qualche vaghezza e una certezza: se non ci curiamo del male ne può arrivare uno più grande che può travolgerci. Grazie delle tue belle parole.

  15. Grazie Patrizia! Le lungaggini sono volute proprio perchè il finale arrivi inatteso e veloce, sorprendendoci. Forse il gioco lungo-corto non è riuscito perfettamente. Grazie di cuore per i tuoi commenti.

  16. Michele grazie! Sì, il finale volevo che rimanesse non troppo definito. Grazie ancora.

  17. Marco, sono tra i peggiori frequentatori del sito, uno di quelli che legge tanto ma commenta pochissimo.

    Con te devo fare un’eccezione: il racconto è fine e delizioso, sorretto da una prosa ed un lessico di altissima caratura.

    Sarà perché mi ritengo un amante del genere, ma il tuo scritto è tra i migliori (se non il migliore) che ho letto.

    Opinione personale, ovviamente.

    Bravissimo :-).

  18. Caro Lorenzo, non è che io sia tanto meglio. Le tue parole mi hanno quasi commosso, ti ringrazio.

  19. Mi piacerebbe leggere tutti i racconti per vedere contro chi gareggio, per illudermi o per deludermi. Non ci riesco mai. Inizio sempre e non ne finisco mai uno: troppo verbosi, troppo lontani dal genere che mi piace, troppo pretenziosi, troppo buoni… Insomma, è il primo racconto che finisco. È una scrittura che mi piace: chiara ed essenziale e che ti incolla alla storia. Un racconto molto originale, per altro. Complimenti, davvero!

  20. Mi è piaciuto molto! Crudo e veritiero. Mette a nudo l’essere umano che non basta mai a se stesso.

  21. ( il secondo a onor del vero)

  22. Grazie Katia. Appena possibile leggerò il tuo

  23. Ti ringrazio Arian: felice analisi ( e generosa).

  24. Mi è piaciuta la “contemporaneità” del soggetto senza pero’ il grigio della cronaca raccontata da giornali e telegiornali. Io ho trovato una certa leggerezza nellos tile nonostante l’argomento leggero non sia. Mi dispiace quasi che si faccia un parallelo con il famoso film. Non vedo questo racconto come un remake. Avrei solo deisderato inquadrarla di più questa signora Tofana. sarebbe forse stato un finale ancora più a sorpresa. Ma non è che un’opinione puramente personale e legata alla prima lettura.

  25. Cara Marzia, grazie per le tue interessanti osservazioni. Dici bene, ho adoperato uno certa leggerezza nel descrivere argomenti che “leggeri” non sono. E’ una precisa scelta. In questo nostro mondo dove le immagini di un bambino annegato sulla riva si alternano con quelle dei croccantini per cani, viene a mancare la dimensione drammatica degli eventi, forse l’abbiamo persa per sempre. Creare quindi un contrasto fra la scrittura leggera e i duri fatti descritti è un modo per creare emozione e, forse, per provare ad uscire dalla commedia in cui ci troviamo. La signora Tofana è solo il muro contro cui il protagonista va incoscientemente a sbattere, una resa dei conti con il proprio destino. Ho pensato che approfondire il personaggio della vecchietta avvelenatrice avrebbe tolto forza (e un po’ di suspense) al finale. Grazie ancora.

  26. Caro Marco, mi hai più che convinto. Rinuncio volentieri a sapere di più sulla signora Tofana.
    Concordo al 110% su tutto il resto.

  27. Cara Marzia, grazie per la tua simpatica risposta.

  28. caro Marco, non avevo visto le tue spiegazioni! Ma certo, la signora Tofana! non capisco come non abbia potuto collegare IO, che miperito di essere strega e sensitiva ( buona però!).Capisco Perfettamente tutto ora, anche il perché del socio, scomparso e solo noi sappiamo,dov’è.Ora che ho realizzato della Tofana, capisco che non serve chiedersi il perché del suo gesto..lei è il male per il gusto del male, e come gode !! ultima immagine legata al tuo racconto ‘Ascensore per l’inferno’ con Mickey Rourke che scende da LUCIFERO/TOFANA.Bellissimo film e bellissimo tuo racconto ! Che dici passi a trovarmi ?? Ti offro….no, non tisane (ahah ) ma due raccontini ..gradisci???

  29. A Roma, per esprimere ciò che ho provato leggendo il tuo racconto, diciamo: che tajo! Che vuol dire: che taglio! Che poi, non si sa bene perché, significa divertentissimo.
    Sai adoperare l’umorismo come uno scrittore esperto. Non sprechi le parole. L’incipit mi ha preso subito, e da “bravi a scuola e straordinari nel dressage” in poi, non ho fatto che ridere. I personaggi hanno tutti un’identità pur con le poche pennellate che hai usato per mostrarceli. E mi stanno tutti simpatici, anche quelli antipatici. Perfino la moglie di Carlo, che è il mio personaggio preferito. La storia della vita di Carlo mi ha appassionato anche più della vicenda con la signora Tofana. E il fatto che nel finale racconti solo ciò che succede senza dare spiegazioni, lo trovo un punto di forza per un brivido inaspettato e per l’ennesimo che tajo!

  30. Cara Laura, a breve passerò a trovarti ma te lo dico fin da ora: in servizio non bevo mai. Sai, fidarsi è bene… Grazie di tutto.

  31. Caro Maurizio, un commento intelligente e non banale che mi ha divertito tantissimo. E’ bello parlare con gente che non se la tira (e non se la tira perché non ne ha bisogno). Cosa posso aggiungere? Grazie!

  32. Questa corsa al volere sempre di più è un tema perfetto. Il racconto è divertente e ben scritto, mi ha coinvolto parecchio e non vedevo l’ora di vedere come finisse.
    La vecchietta che uccide il ladro è la beffa del racconto e anche il personaggio più divertente, giustamente lasciata avvolta nel mistero.
    Mi è piaciuto molto!

    Orsola

  33. Grazie Orsola!

  34. Il tuo racconto è scritto bene, hai un ottimo stile, c’ e’ una spiccata ironia di fondo, hai caratterizzato un buon personaggio , una discreta trama, bello il finale a sorpresa e giusta la morale che mi ricorda un pò quello che diceva sempre mia nonna: ” A forza di fare i furbi si finisce per trovare uno più furbo di te che ti frega! “. Complimenti Marco!

  35. Cara Gloria, grazie. Ho letto con piacere il tuo commento intelligente e simpatico. Quanto al proverbio, non c’è nulla di più adeguato.La vita sorprende di continuo, non sempre positivamente! Grazie ancora.

  36. Ho letto con piacere il tuo racconto, sono di quelli che mi amo particolarmente perché asciutti, crudi, che tengono il ritmo, hanno riguardo per il lettore, non lo fanno perdere per strada (che, penso, debba essere in qualche maniera tra le ossessioni principali di chi scrive, se non la prima). Parole scelte con cura, personaggi e trama ben delineati, compreso il finale volutamente aperto. Il narratore non interviene, si limita a fotografare, registrare, utilizza l’ironia cono misura, e questo – quando si parla dell’umanità delle persone senza essere mossi dall’esigenza di darne una lettura etica o morale – è un fatto assolutamente positivo. Complimenti davvero.

  37. Molto carino. Scritto bene. Umoristico ma di grande attualità. Di precipizi e discese senza freni ( in abissi senza senso) ne sentiamo tutti i giorni.
    Il protagonista alla fine è doppiamente vittima di se stesso.

  38. Grazie Giovanni. Credo davvero che, scrivendo, dobbiamo farci da parte e preparare la strada per il lettore. Sono contento che tu abbia apprezzato l’assenza di moralismo, sempre un po’ in agguato in tutti noi. Grazie ancora.

  39. Cara Marta, ti ringrazio per le belle parole. L’attualità e l’osservazione dei cambiamenti in corso nella società, sono fra i principali stimoli alla mia voglia di scrivere.

  40. Caspita, il finale è quasi un delitto e castigo al contrario. Originale e raccontato bene, anche se meriterebbe uno sviluppo di qualche pagina in più per essere davvero più credibile.
    Bravo!

  41. Grazie Alessio! Analisi interessante.

  42. Caro Specy, siccome in questo sito molti si rammaricano per questo o quel mancato vincitore(mmmmmh …) anch’io voglio dirti che il tuo fra i ‘seri’ DOVEVA esserci, questo secondo il mio personalissimo punto di vista..La TOFANA mi ha molto colpito.Ci saranno di sicuro molti altri avvelenamenti , questi servon di sicuro.Domani si corre il palio..per i contradaioli e’ più importante che non vinca il nemico che vincer loro stessi.quindi..allegria! Alla prossima ! W la Tofana !

  43. Cara Laura, ti ringrazio. La vita è davvero piena di sorprese. Ieri ho ricevuto una proposta di pubblicazione del mio primo romanzo. Insomma mai arrendersi. Fallo anche tu. Buona fortuna!

  44. In bocca al lupo per tutto!!

  45. In bocca al lupo anche a te! Buona fortuna!

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