Premio Racconti nella Rete 2016 “Solo una leggera stretta al cuore…” di Davide Ceraso
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Corre sotto la pioggia. A perdifiato.
Sente il vento gelido pungergli la pelle nuda. Senza pietà.
Un brivido lungo la schiena bagnata.
Alla sua destra il fiume scorre lento. Silenzioso.
Vede la luce fioca del vecchio ormeggio di legno in disuso.
Attraversa la strada deserta.
S’infila nel portone spalancato. Senza fermarsi.
Urla un nome di donna. A squarciagola.
I passi riecheggiano dentro lo spoglio cortile di ciottoli.
Sale i gradini a due a due. In un lampo.
Rimane immobile sul ballatoio. Il fiato è corto. Ansima.
Bussa. Prima piano, poi sempre più forte.
Una ragazza apre la porta adagio e si ferma sull’uscio.
È vestita soltanto con una maglietta bianca. Informe.
Le arriva appena sopra le ginocchia. Gambe e piedi sono nudi.
La mano destra stringe il candido indumento all’altezza dello sterno.
Le cicatrici sulle dita appaiono più marcate, in rilievo.
Lui la guarda negli occhi scuri come la notte.
Vede che ha pianto.
Sul viso pallido ha macchie nere di mascara. I capelli scompigliati.
All’improvviso lui si avvicina e la bacia. D’istinto.
Lei rimane in silenzio. Una singola lacrima riga la sua guancia.
Si abbracciano.
Si stringono sempre di più, fino a quando non sembrano sparire uno dentro l’altra, fino a quando i due respiri non si fondono insieme, fino a quando i loro cuori non iniziano a battere all’unisono.
Il parto è programmato per la mattina presto. Martina ha dormito poco. L’agitazione. La paura. Ora è accucciata su di un letto freddo. Nuda. Trema. Un medico le inserisce un ago nella spina dorsale. Il dolore dura solo un attimo. Poi più nulla dall’ombelico in giù. La voltano supina. Sente che qualcuno le premere la pancia. Socchiude gli occhi.
Un lieve vagito…
Subito un altro più fioco…
Un’infermiera le porge un lenzuolo caldo. Ci sono due neonate avvolte all’interno. Le osserva. Sono le sue figlie. Le sue bambine.
Chiudo gli occhi e lascio che i raggi del sole mi scaldino la pelle. Sento in sottofondo lo sciacquio soporifero delle onde che si frangono sugli scogli. All’orizzonte s’intravvedono barche dalle vele bianche. Se non avessi viaggiato da Torino fin qua, potrei quasi confondere la spiaggia in cui mi trovo con il paradiso… Indosso il costume nuovo, quello rosa con le stelline luccicanti. Al polso ho un braccialetto di fili intrecciati. Al centro c’è il mio nome, Alice. Mi alzo. La sabbia soffice e fine mi titilla la pianta dei piedi. Mi tuffo e nuoto sott’acqua finché ho ossigeno nei polmoni. Quando riemergo, osservo la spiaggia e i monti stagliarsi subito dietro. Non vedo nuvole. L’acqua intorno a me è cristallina, di un blu intenso e…
…gelida. Non so perché mi sono fatta convincere a immergere i piedi. Odio il mare. Fin da bambina. Tremo. I raggi del sole non riescono a scaldarmi. Il rumore delle onde, un brusio costante e monotono, mi fa impazzire. Torino è un miraggio lontano… Voglio arrivi la sera per raggomitolarmi nel piumone. Al caldo. Uno stupido braccialetto legato al polso urla al mondo il mio nome. Erica. Me l’ha regalato mia sorella. Siamo gemelle. La osservo in lontananza mentre gioca con la mamma sul bagnasciuga. Non capisco il motivo della sua allegria. La vita è grigia. La vita è solo tristezza.
Il referto è secco come lo schiocco di un ramo spezzato dalla neve.
Gravidanza monocoriale monoamniotica con divisione tardiva dell’embrione dopo il tredicesimo giorno dalla fecondazione.
Martina lo rilegge attraverso lacrime salate. Lo consegna al medico. Poi si spoglia. Serra gli occhi mentre una sostanza gelatinosa si posa sulla sua pelle. È sola. Non ha voluto suo marito con lei. Il dolore di una mamma non può essere condiviso…
<< Hanno le dita delle mani unite fra loro… sono gemelle siamesi… una delle due ha un cuore poco sviluppato… l’altra, di contro, ha un cuore grande quasi il doppio del normale… mi dispiace signora, non so se riuscirà a portare a termine la gravidanza… >>
Martina apre gli occhi. Osserva in silenzio l’immagine nel monitor davanti a lei. Vede due sorelle abbracciate aiutarsi a vicenda.
<< Sono forti, dottore… vivranno… tutte e due… >>
Il pupazzo di neve si sta sciogliendo. Lo vedo piegato su se stesso, intento in un profondo inchino verso i bambini del parco giochi. Mi osserva dall’unico occhio di bottone rimasto. Il naso carota è in procinto di cadere. Lo saluto alzando una mano. Lui ricambia non appena il vento scuote il suo braccio di legno. Mi rattrista pensare che a breve sparirà per sempre. Ricordo quanto mi sia divertita a giocare con lui. Ero con mia sorella… Mi volto. Erica cammina accanto a me. La prendo per mano. Il brivido che provoca il contatto tra le cicatrici mi fa comprendere quanto sia forte il nostro legame. Sento il cuore battere forte… Saliamo sull’altalena. Mi spingo muovendo ritmicamente le gambe. Adoro sentire l’aria sul viso. Erica guarda in terra. Mogia. Vorrei farle capire quanto sia splendido il mondo… Sospiro. Pronuncio sottovoce il suo nome. Dondolo più veloce che posso e osservo i rami…
…far filtrare anemici raggi di sole che mi abbagliano fastidiosi. È il primo giorno di primavera. Nel Parco del Valentino aleggia il profumo dei fiori. Per me è solo un fastidioso effluvio dolciastro. Se potessi, rimarrei chiusa in casa fino a sera. Invece devo accompagnare Alice ai giardini, tra bambini ululanti e neonati in lacrime. Mi guardo attorno. Osservo un solitario pupazzo di neve dissolversi adagio. Vorrei essere come lui… poter svanire, diventare acqua e perdermi nella vastità di un mare lontano.
Un leggero chiarore si riflette sui palloncini colorati appesi al muro. Martina posa la torta sul tavolo e si fa da parte. Il proscenio è per Alice ed Erica. Le rivede distese nelle culle. Sono passati dieci anni da quel giorno… L’operazione è appena terminata. I chirurghi hanno separato le loro mani. Rimarranno vistose cicatrici. I cuori, invece, non possono essere curati. Hanno battiti irregolari e sono diversi tra loro. Come le due bimbe… Gli occhi di Alice, contornati da lunghi capelli biondi, irradiano gioia. Erica è pallida e silenziosa. Ciuffi corvini ricadono su spalle magre e ossute. È malata… Martina ripete che sarà l’amore a farla vivere… Poi, trattenendo una lacrima, si avvicina al tavolo e inizia a tagliare la dolce torta di cioccolato.
Il fiume scorre quieto. Questa notte non ho dormito. Erica sta male. Si spegne a poco a poco, come la luna piena davanti a me mentre s’immerge silenziosa nel Monte dei Cappuccini. Mia madre è convinta che il nostro amore la possa curare ma ora serve qualcosa di più… e lei ha solo vent’anni… Mentre sussurro il nome di mia sorella così come facevo sempre da bambina, mi sento toccare una spalla. Mi volto. Un ragazzo mi sorride. Poi china il viso puntinato di acne.
<< Sei la sorella di Erica? >>
Annuisco. È bellissimo nella sua infinita timidezza.
<< Credo… credo di essermi innamorato di lei… >>
La luna ci osserva. Cerca di rimanere aggrappata alla notte per ascoltare ancora qualche minuto le nostre parole.
<< Come ti chiami? >>
<< Francesco. Ho conosciuto tua sorella a scuola… >>
Gli chiedo perché ami Erica. Lui mi guarda con occhi verdi e risponde d’un fiato. Le poche frasi mi fanno battere forte il cuore… Forse Francesco è l’antidoto che può sconfiggere la tristezza di Erica. Sorrido pensando a quel grande e profondo…
…amore? Al solo pensiero cerco di non vomitare. Accanto a Alice c’è un ragazzo. Dice di amarmi… amarmi? Che follia… Gli grido contro che l’amore è solo una bugia creata per farci credere di vivere in un’illusoria felicità, un espediente senza una spiegazione razionale… l’amore non esiste, l’amore è finzione… Lui mi guarda senza dire una parola. Mia sorella mi abbraccia, dice che sto male… Mi scosto e la spingo via. Io non voglio aiuto, né tantomeno commiserazione. Voglio annegare nell’oblio della mia vita. Sola… sola… sola!
La verità, il più delle volte, ha mille sfaccettature. Martina lo sa bene… lei e suo marito erano inseparabili, ma è altrettanto vero che non hanno resistito a una gravidanza così difficile. L’amore è un vaso dal contenuto limitato, diceva sempre sua nonna, e Martina quando sono nate Alice ed Erica aveva bisogno di ogni goccia d’amore possibile. Ora, molti anni dopo, ripensa al passato nel buio della stanza. Le sembra ancora di sentire dei rumori. Come allora… Si alza preoccupata. La cameretta di Alice ed Erica è rischiarata da una tenue lucina. Uno dei due lettini è vuoto. Un tuffo al cuore. Quando i suoi occhi si abituano al chiarore, nota che Alice ha scavalcato le sbarre e dorme nel letto di sua sorella. Abbracciate. Insieme. Come prima di nascere. Si avvicina. Alice pronuncia nel sonno il nome di Erica. La protegge a suo modo dalla notte… Avrebbe dovuto capire già tutto quella notte… Sorride. Adesso che è lei stessa nonna, comprende che sua nonna aveva torto… l’amore, a volte, non ha limiti.
Alice ha deciso. Non potrebbe essere più pronta di così… È l’unico modo… non ci sono altre possibilità. Non ha paura.
Solo… solo una leggera stretta al cuore…
Sale sul parapetto. Il vento le scompiglia i capelli. Il fiume scorre impetuoso. Ne sente il fragore. Si volta spalle al baratro e…
…osserva la sua schiena nuda davanti allo specchio. Erica è pallida come non mai. Apre il cassetto e indossa una lunga maglietta bianca. Informe. Si corica sul letto avviluppandosi stretta nel caldo del piumone, come una farfalla dentro la sua crisalide. Socchiude…
…gli occhi e fissa la pista di tartan. Francesco ha i muscoli tesi allo spasimo. Allo sparo scatta in avanti. Corre rapido, osservando…
…il sole coprirsi di nuvole. Alice allarga lentamente le braccia. Sembrano grandi ali dorate. Chiude gli occhi. Sarò per sempre sua sorella… Poi il buio l’abbraccia e lei si lascia cadere all’indietro. La pioggia le graffia il viso. Urla a squarciagola la sua gioia…
…svegliandosi di soprassalto. Erica si muove nervosamente. Scalcia. Sbuffa. D’improvviso allarga le braccia e fuoriesce dal piumone. Gli occhi sgranati. La pelle macchiata da lacrime nere. Urla di dolore. Il ticchettio improvviso della pioggia invade il suo mondo…
…e il cielo si fa scuro. Francesco sente l’applauso del pubblico. L’arrivo è vicino. Allarga le braccia. Urla per lo sforzo…
…mentre la pioggia lava via i ricordi di occhi senza vita…
…mentre un cuore cresce dentro un petto e batte come gocce su asfalto…
…mentre lui, tagliato il traguardo, si avvia verso l’uscita e corre veloce nella strada deserta. Sotto la pioggia. A perdifiato…
Le note di un pianoforte arrivano da lontano. Erica le ascolta in bagno. Sola. A occhi chiusi. Quando li riapre, la linea blu è evidente. Urla di felicità. In silenzio. Esce dalla stanza e Francesco è lì. Non hanno bisogno di parole. Si abbracciano. Quello che riserverà la vita è un mistero. Hanno una sola certezza… Sarà una bambina… Alice… Si chiamerà Alice…
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Mi è piaciuto moltissimo. Sei molto misurata, elegante. Complimenti, sul serio. Spero vivamente di vederti pubblicata.
Scusa, ero convinto di aver visto un nome femminile quassù: cambia genere a quanto sopra scritto e il risultato non cambia;)
Un grande racconto. Devo ammettere che lo stile frammentario mi è piaciuto, ma forse ne hai abusato un po’ e la comprensione è diventata difficile. Avrei fatto meno avanti e indietro con la linea temporale. Per il resto è intenso, vivido e ha una trama molto interessante.
E’ una storia molto emozionante ed è avvincente il racconto dal punto di vista dei diversi personaggi.
Una scrittura particolare e coinvolgente che ha reso originale la trama. Complimenti
Davide, hai toccato corde emozionali molto profonde. Da lettrice mi sono anche commossa e donna ho provato una forte empatia con le protagoniste. La storia è raccontata in modo coinvolgente, e la tensione narrativa è forte dalle prime righe alle ultime. Hai talento, una cosa che non può insegnare nessuno. Si ha e basta. Bravo!
In questo racconto ci sono tante immagini interessanti e suggestive, che ci proponi a sprazzi, frammentandole, sparpagliate in qua e in là quasi in maniera casuale. A mio parere in questa maniera si perde un po’ di coerenza nella storia, lasciando qualche punto saliente avvolto nell’oblio ( Alice è morta? perché?). Hai una bella padronanza del linguaggio, e le tue descrizioni sono lodevoli, ma la sensazione di una storia ” amalgamata ” senza troppa attenzione mi è rimasta lo stesso.