Premio Racconti nella Rete 2016 “Dentro Anna” di Elena Panzera
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Anna si guarda allo specchio. Ha venticinque anni. È pallida, ha la pelle come la luna. Si tocca la faccia. Ha una faccia pulita e fresca, morbida, rassicurante. Il trucco e l’età non l’hanno ancora stravolta. Rimane ferma così, con la sua faccia tra le mani. Si domanda che volto avranno i suoi quarant’anni, e poi i cinquanta. Si domanda se si ricorderà ancora di questa faccia giovane e liscia, che fa compagnia alle mani, che si sposa a meraviglia con una giornata di sole. Forse diventerà brutta. Sotto i suoi occhi si gonfierà un cerchio verdognolo e stanco, e il suo sorriso sarà incorniciato da due pieghette profonde, ai lati della bocca. Anna non vorrebbe mai conoscere quella donna; quella che avrà dimenticato la faccia che tiene stretta tra le mani adesso, per non perderla. Vorrebbe evitarla come un cattivo incontro per strada, rigirarsi in fretta e non incrociare il suo sguardo. Invece lei la noterà, anche da lontano, la rincorrerà per toccarle la spalla e le dirà ‘Anna, io sono qui.’
Anna ha una bella faccia, oggi. Un giorno non l’avrà più. La sua faccia potrà solo ricordare la bellezza, come un libro che parla di poesia. Vorrebbe farsi una fotografia, immortalare i suoi occhi marroni e guizzanti, perfettamente vedenti, i denti un po’ storti ma bianchissimi, i capelli neri e lucenti, corti, che le lasciano il collo scoperto. Vorrebbe ricordare il suo seno alto e bello, piccolo, immacolato, le gambe forti, la pancia candida e tesa. Ma non lo farà. Prevede già lo schiaffo che le darebbe, quella foto, tra trent’anni.
“Che cosa fai?”
Anna si volta con calma. Non si vergogna di trovarsi nuda, in piedi, davanti allo specchio. Avanza sicura nella penombra fino al letto, conoscendo ogni centimetro di quella sua piccola stanza. Si stende sul letto con un gesto gentile, pieno di dolcezza, e si allunga a baciare le labbra di Giulia, la sua compagna. Il letto è caldo e invitante ma Anna rimane sopra le coperte; il suo corpo ha un piccolo brivido, che le piace.
“Sei buffa” dice Giulia. “Proprio buffa.”
“Perché sono buffa?”
“Da quanto tempo ti guardi allo specchio?”
“Da un pezzo.”
Giulia sorride. Chissà cosa pensa, Anna non lo intuisce quasi mai.
“Vieni sotto le coperte, su.”
Anna ubbidisce. Giulia si stringe contro di lei col suo pigiama di pile rosso, troppo grande. Le piace dormire in quell’involucro spesso e bollente, anche se Anna dice che di notte la cuoce pian piano, come una patata. Giulia è se stessa in modo splendido, con Anna, e Anna la ama disperatamente per questo. È sempre stata così, raffreddata e perennemente stanca, coi capelli lasciati crescere a caso e un rossetto esagerato sulle labbra. È bellissima e in qualche modo lo sa, perciò si concede qualsiasi tipo di estrosità e trascuratezza.
“Devo studiare” dice Giulia con un sospiro. “Devo studiare tutto il giorno.”
Anna le bacia gli occhi. “Povera piccola.”
“Non ne ho nessuna voglia.”
“Allora non farlo.”
Giulia la guarda col naso all’insù. “E tu resterai a casa con me?”
“Non posso, lo sai. Devo lavorare.”
Giulia annuisce senza ribattere, ma Anna sa che quella frase la fa sempre arrabbiare. Non se la prende con lei per questo. Non le spiega che deve lavorare per vivere, né quanto sia ingiusto che lei gliene faccia una colpa. Giulia vive in un mondo parallelo e pieno di sogni, in cui tutti dovrebbero studiare letteratura e arte, affrontare spinosi argomenti sull’essenza della vita e su Dio, apprezzare la buona musica, parlare tre lingue. Anna lavora in un bar da quando ha sedici anni, e per i primi tre si è sognata tazzine e bicchieri quasi ogni notte. Ha le mani bianche d’acqua e di saponi e un mal di schiena precoce e cronico. Il suo è un lavoro monotono, in cui gli umori passano di volto in volto e si succedono a seconda della fascia oraria, ma sono quasi sempre li stessi. Forse è frustrata per questo, ma ha bisogno che Giulia non ne sappia niente, che non lo capisca. Le lascerà il suo spazio per costruire un mondo migliore, sorveglierà la porta affinché nessuno possa disturbarla mentre assolve a questo compito divino: rimanere una giovane donna piena di speranze e di sogni. Le persone come lei non cambiano il mondo; le persone come lei osservano le persone come Giulia mentre lo fanno. Deve pur esserci un luogo in cui conservare un po’ di leggerezza, di illusione; un luogo in cui spogliarsi della banale immanenza del mondo e immaginare che qualcosa di più fantastico e illuminante sia ciò che è davvero importante, più delle tazzine, più dei calici allineati sugli scaffali di legno o dei cucchiaini lucidati ogni sera. Quel luogo, per lei, è Giulia.
Anna guarda l’orologio. Sono quasi le sette, ma fuori è ancora buio. La stanza è illuminata da una lampada a terra che manda una tenue luce rossastra. Il letto, addossato alla parete, è morbido e grande. Anna l’ha comprato due anni prima, quando si è trasferita in quella mansarda. La casa è piccola, tutta spalmata sul sottotetto del quinto piano di una palazzina vecchia come il mondo. Una cucina, un bagno, una camera da letto, il soffitto coi grandi travi di legno. Il tetto è troppo basso e c’è una sola striscia al centro della casa, larga un paio di metri, in cui si può davvero camminare eretti. A Anna è piaciuta subito. Tutto quel legno le dà l’idea di abitare in un nido.
Quasi le sette. Il bar aprirà solo tra un’ora. C’è tempo per fare l’amore, se Giulia vorrà. Anna le sorride coi suoi denti incasinati e belli, e Giulia sguscia fuori dal suo pigiama rosso. Ha freddo, all’inizio. Il corpo di Anna è tiepido, più freddo del suo. Anna le sfrega le braccia e la schiena, le avvolge la vita con una gamba. Si domanda cosa ci sia di più bello del corpo di Giulia in una mattina d’inverno, così accogliente e soffice e caldo. Il suo corpo non è asciutto come quello di Anna. È generoso, pieno di curve ampie e tenere rotondità che si offrono ad essere accarezzate, morse ed amate. È un rigoglioso corpo rosa e bianco. Anna lo ascolta e lo capisce perfettamente. Gli parla, anche. Sussurra in silenzio sul corpo di Giulia parole che Giulia non capirebbe. Lui le risponde inarcandosi e contraendosi, tremando un poco, risvegliandosi.
Le sette e quarantacinque. Anna tuffa le gambe in un paio di jeans, si infila una felpa, un cappello e una sciarpa. Giulia è in cucina con una tazza di caffè bollente che tiene con entrambe le mani. Ha di nuovo il pigiama di pile. Se lo terrà addosso tutto il giorno, non studierà, perderà tempo. Anna ci spera. Ogni volta che Giulia resta a casa, ogni volta che ritarda la sua uscita dal nido, Anna tira un sospiro di sollievo. È un giorno più per lei. Anna sa che un giorno Giulia uscirà di fretta, coi libri tirati in borsa alla rinfusa, i capelli biondi sparsi sulla fronte, le gote arrossate; dirà qualcosa di appena poco originale durante una delle sue lezioni di letteratura, o di filosofia; senza nemmeno pensarci si fermerà fuori dall’aula, dopo, a parlare col ragazzo carino che ricorderà quella frase che ha detto, che le dirà quanto è intelligente, e bella, e piena di vita. Si fermerà solo cinque minuti, la prima volta. Poi si fermerà di nuovo, molto più a lungo. Neanche allora Anna ce l’avrà con lei. È giusto che Giulia viva, che faccia l’amore, che abbia dei figli. Sarebbe un delitto non farle avere dei figli, impedirle di cullarli tra le sue belle braccia, di cantare loro una canzone assurda. Quando si sarà stancata di sentirsi libera di fare tutto, di amare gli uomini come le donne, di dormire dalla sua ragazza un po’ più grande che abita in una mansarda e le dà un piacere lancinante, quando l’elettrizzante scoperta del poter fare tutto avrà perduto il suo fascino di novità, allora Giulia asseconderà la sua vera natura di donna che ama gli uomini e la normalità, che ama sentirsi protetta e venerata da un sesso più forte, di una sensibilità meno pungente. Sarà languida e bellissima, lo sarà sempre. Ma per adesso, fino a quel giorno, Anna godrà delle sue carezze, delle sue parole così erudite e infantili, dei fianchi e del suo seno che un giorno saranno di un altro, ma che oggi, così ferocemente e brevemente giovani, sono solo suoi. Giulia le sorride con uno sguardo colpevole mentre soffia dentro la tazza.
“Mi sa che oggi sto a casa” dice.
Anna le prende la mano, sforzandosi di non ridere.
“Domani però devi andare. Sennò rimani indietro.”
“Domani vado.”
Mentre esce di casa Anna si ferma un istante davanti allo specchio. Le sembra già di essere un’altra. Il suo viso è cambiato, non è più lo stesso di poco prima. Forse, dopotutto, non sarà così male, tra trent’anni.
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Ottimo racconto. E’ un racconto molto profondo che tratta tematiche molto forti. Come tutti i racconti profondi che scavano nell’animo e nelle paure umane una volta terminati aprono le porte al proprio dialogo interiore.
Ma questo racconto riuscito ad essere anche un racconto bello da leggere per il suo stile, cose non sempre facile dato che racconti con le medesime tematiche risultano molto pesanti. Ironico al punto giusto come nella bella frase:
–Le piace dormire in quell’involucro spesso e bollente, anche se Anna dice che di notte la cuoce pian piano, come una patata.–
Ottimo nelle descrizioni come :
—Il suo è un lavoro monotono, in cui gli umori passano di volto in volto e si succedono a seconda della fascia oraria, ma sono quasi sempre li stessi
A Anna è piaciuta subito.— e nella descrizione dell’appartamento di cui è facile crearsi un’immagine in testa.
Anna è la figura protettiva e razionale. Se possibile come consiglio costruttivo aggiungerei un paio di altre similitudini come quella della patata, ironiche ed eloquenti.
Per Alessandro Boschi.
Grazie mille per il tuo commento, farò tesoro del consiglio che mi hai dato e vedrò di farmi venire in mente qualche altro paragone in stile “patata bollente”!
Brava Elena, hai scritto un racconto veramente interessante da tanti punti di vista: è ben scritto, scorrevole, con un mix intenso di malinconia e ironia, e poi Anna è proprio un bel personaggio, un po’ troppo saggia forse per la sua età, ma originale e convincente. Su un muro della mia città è riportata una frase di una santa ” Chi veramente ama, volentieri soffre”, e il tuo racconto sviluppa molto efficacemente questo tema. Complimenti.
Per Patrizia Scialoni.
Mi ha fatto molto piacere leggere quello che hai scritto: grazie! In effetti Anna è particolarmente ‘saggia’ per la sua età, ma sono stati gli eventi (immaginari) della vita a farla uscire presto dal suo bozzolo, come spesso accade. Ancora grazie mille!
Amore , paura, coraggio, rispetto, c’è tutto questo nel tuo racconto. La paura di perdere l’amore e il coraggio di rispettarlo, qualora dovesse perderlo.
E’ un bellissimo messaggio!
Grazie mille Barbara! Sono contenta che ti sia arrivato!