Premio Racconti nella Rete 2016 “Il bar del parco” di Paola Salino
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Si era seduta al tavolino di un bar: da lì poteva guardare all’esterno al di là della grande vetrina. Nel parco i rami degli alberi si piegavano sotto il vento dell’autunno, le foglie colorate roteavano nell’aria e scendevano coprendo tutto il terreno e confondendo aiuole e sentieri.
Federica aveva ordinato un caffè: a lungo aveva girato il cucchiaino nella tazzina. Quando si era decisa a berlo era quasi freddo.
Lei si fermava spesso in quel bar mentre aspettava che la figlia uscisse da scuola. Quel giorno era arrivata con molto anticipo, ma si sentiva così stanca che aveva pensato di potersi fermare e riposare un momento.
Il martedì Luigi, il suo figlio più piccolo, era a pallavolo e sua figlia Carlotta restava a scuola fino alle 18,30.
Le piaceva quel bar: era al centro di Vercelli in una piazza piccola e tranquilla, laterale alle vie importanti e che pochi conoscevano. Il piccolo parco con gli alberi e le aiuole facevano immaginare di essere in campagna.
Davanti ai suoi occhi un’immagine netta e chiara di tre anni prima.
Sedeva allo stesso tavolino, stava bevendo un caffè e aspettava con ansia che suo marito la raggiungesse.
Finalmente lo aveva visto arrivare dall’altra parte della strada e parcheggiare veloce infilando la macchina in un piccolo spazio libero con una ruota sul marciapiede.
Lo aveva visto scendere dall’auto, prendere la giacca dal sedile dietro e indossarla con un movimento lento, quasi di danza, girando su se stesso. Sul viso un sorriso accennato, gli aveva ricordato quando tanti anni prima lo aveva conosciuto, giovane scanzonato e allegro. Aveva pensato che da tanto non lo vedeva così. In realtà da tempo non le capitava di osservarlo.
La vita di tutti i giorni, il lavoro, i figli l’avevano fatta correre da un impegno all’altro…
Questa immagine tante volte in quei giorni le si era ripresentata alla mente. Ne aveva capito solo in seguito il motivo.
Massimo aveva guardato verso i tavolini del bar, lei aveva alzato la mano e lui l’aveva vista subito. Quando le si era avvicinato era tornato l’uomo di sempre: serio, preciso, pensieroso.
Insieme si erano incamminati per giungere alla scuola e per partecipare alla riunione di presentazione ai genitori del piano didattico proposto alle classi prime.
Suo marito era stato come al solito sicuro di sé, attento, interessato. I dubbi rimanevano a lei: si chiedeva se avevano fatto la scelta giusta, se sua figlia si sarebbe trovata bene in quel liceo privato.
– Ero una donna felice a quei tempi! Lavoravo, badavo ai figli, alla casa…- Si era ritrovata a pensare Federica.
Era davvero riuscita ad organizzarsi bene: aveva due figli, lavorava come segretaria in uno studio medico, gestiva la casa e la famiglia. Gli spazi per lei erano pochi ma aveva da sempre sognato di far famiglia e di occuparsene. Ogni tanto era stanca, presa dai tanti impegni, ma si sentiva contenta e realizzata. Era questo il suo ruolo: quello per cui si sentiva importante, soddisfatta di se stessa, riconosciuta dal marito.
Lui si era laureato a pieni voti. Il suo lavoro di commercialista lo impegnava parecchio: professionista capace aveva avuto una carriera veloce ed era, insieme ad un collega, responsabile di uno studio riconosciuto e stimato. Tutto questo però non lo ostacolava eccessivamente dal dare una mano in casa, dallo stare con i figli.
Lei, che era riuscita a fatica a finire ragioneria, si sentiva spesso in soggezione di fronte a lui, si zittiva, non discuteva.
I figli erano tutto per lei, riempivano la sua vita, i suoi pensieri. Era una madre apprensiva e attenta che si preoccupava tanto per loro -a volte troppo- si diceva ogni tanto.
Il marito in casa accettava quanto da lei organizzato.
Tante volte si era detta che era stata fortunata a trovare un uomo come il suo, lo amava ma gli impegni difficilmente lasciavano spazi a loro come coppia.
In quell’anno la vita di Federica sembrava procedere velocemente da un impegno all’altro, giorno dopo giorno: era venuto Natale, arrivata la primavera, finito l’anno scolastico. In quel bar erano andati, appena usciti i risultati, a festeggiare la promozione di Carlotta.
Federica era tranquilla, contenta della vita che conduceva, sicura della normalità che avvolgeva giorno dopo giorno la sua famiglia. Sicura di avere al suo fianco un marito che la amava.
Massimo in quel periodo aveva dovuto dedicare maggior tempo al lavoro: era diventato più distratto nell’organizzazione di vita e nell’impegno nei confronti dei figli, più spesso fuori casa.
Federica non ne era preoccupata.
In quei giorni lui le aveva accennato di avere un cliente svizzero con cui aveva trattative riservate e complicate. Per questo aveva dovuto recarsi più volte in Svizzera.
Lei lo sentiva più taciturno e più impegnato. Aveva più volte cercato di parlargliene ma senza successo.
-Bisogna lasciarlo tranquillo. Non dargli fastidio!- si diceva.
Altre volte Massimo appariva più presente e attivo nella vita di famiglia, aiutava Carlotta a studiare, portava Luigi a pallavolo.
Federica allora si tranquillizzava, un’ombra però le rimaneva in fondo al cuore senza che lei ancora riuscisse a distinguerla.
In estate tante cose erano capitate.
Massimo aveva deciso di aprire uno studio a Losanna aiutato da quel cliente di cui le aveva parlato. Questo avrebbe richiesto una sua presenza in Svizzera più assidua dall’autunno.
Avevano trascorso, come facevano ogni anno, le vacanze dai suoceri a Castiglione ma lui aveva dovuto recarsi spesso a Vercelli e a Losanna lasciandola sola.
Federica cominciava a sentire sempre di più su di lei il peso della famiglia.
Un sabato pomeriggio quando lui era arrivato per il week-end avevano avuto una pesante discussione: lei gli aveva portato i suoi dubbi, le sue preoccupazioni, la richiesta di essere cauto.
Massimo si era arrabbiato e di colpo si era messo a gridare forte attaccandola. Lei non lo aveva mai visto così.
Si era zittita decidendo di non parlarne più. Si sentiva offesa, svilita, arrabbiata.
In autunno Massimo era spesso a Losanna: parlava con foga di migliori guadagni, di riconoscimenti ufficiali delle sue capacità professionali… Non parlava della sua famiglia, dei suoi figli, sembrava tranquillo che Federica avrebbe continuato a sostenere senza problemi la vita familiare.
Lei non era più riuscita a dirgli nulla. D’altronde tutto sembrava per lui facile e possibile, lavorare tra Vercelli e Losanna un gioco da ragazzi…
Le preoccupazioni e l’amarezza sembravano assediare solo lei, non la lasciavano dormire, le occupavano i pensieri. Aveva paura che le cose non sarebbero andate bene come il marito diceva.
Lui appariva tranquillo, sicuro, ma anche come sospeso, collegato ad un’altra realtà.
Le sembrava a tratti di non riconoscerlo più, lo sentiva lontano. Quando Luigi gli chiedeva maggiore attenzione si spazientiva.
Federica pensava spesso che le energie e la passione del marito gradualmente migrassero oltre confine.
In realtà i viaggi di Massimo in Svizzera non avevano intaccato troppo la vita familiare, avvenivano di solito vicino ai week-end. In questo modo Federica poteva più agevolmente far fronte alla sua assenza.
Tutto era stato moderatamente tranquillo fino a che un fredd nnmhgo lunedì di novembre Federica era stata chiamata mentre lavorava. Luigi aveva avuto un incidente a scuola. Lo avevano portato in ospedale.
Lei era corsa in pronto soccorso: dovevano operarlo d’urgenza per una frattura scomposta al femore.
Aveva cercato tante volte di chiamare il marito a Losanna ma il suo cellulare era spento. Si era resa conto di colpo che non aveva il numero telefonico del nuovo studio. Affannata aveva cercato la segretaria a Vercelli ma neanche lei aveva il numero.
Nel giro di 5 minuti Massimo aveva richiamato: si era fatto spiegare cosa era successo, le aveva detto che sarebbe partito il prima possibile.
Per fortuna l’operazione era andata bene, anche Carlotta l’aveva raggiunta in ospedale.
Erano poi arrivate le insegnanti di Luigi preoccupate, l’amica di Carlotta.
Era stato importante per Federica sentire le persone intorno a lei.
Quando Massimo era giunto a metà pomeriggio lei aveva detto senza emozione:
-Siamo riusciti a farcela da soli!
Era stato solo nel silenzio della notte che un pensiero si era fatto spazio nella sua mente.
La segretaria le era sembrata in imbarazzo… come poteva non avere a portata di mano il numero dello studio di Losanna?
Da quel momento Federica era diventata più vigile e attenta. Voleva capire di più.
Se chiedeva al marito qualcosa sulla Svizzera otteneva sempre risposte gentili, ma che a lei sembravano troppo evasive.
Così aveva cercato di avere più informazioni dalla segretaria, dal suo socio: non tutto era così lineare come faceva credere Massimo.
Aveva così pensato che in Svizzera suo marito si occupasse di affari sospetti e segreti di cui era meglio non sapere.
Ma anche questo non la convinceva del tutto.
Un’idea remota l’aveva sfiorata ma non voleva in realtà tenerne conto e preferiva lasciarla nascosta e distante.
Fino a che, qualche mese dopo, aveva deciso di andare a Losanna.
Si era così trovata di fronte a quello che tanto temeva: c’era uno studio, ma era in un gran bell’appartamento e nell’appartamento c’era una gran bella donna, occhi scuri, capelli neri, forme sensuali.
Non aveva reagito con rabbia come si sarebbe aspettata. Una sensazione di nausea e di disgusto le aveva preso la gola – La sentiva ancora! –
Con lucidità aveva pronunciato poche parole:
-Buongiorno, sono la moglie di Massimo, immagino che lei sia la sua puttana!
E al marito che stava uscendo dalla doccia aveva detto che non gli avrebbe più permesso di mettere piede a casa, avrebbe preparato lei tutta la sua roba e l’avrebbe portata nel suo studio.
E così aveva fatto. Aveva impiegato più giorni per inscatolare tutto con zelo e precisione, per cominciare ad accettare la realtà. Il suo cuore era diventato di ghiaccio, impermeabile ad ogni dolore.
Aveva messo in mano la separazione ad un avvocato, chiesto e ottenuto l’affido dei figli. Aveva perso il suo uomo.
Una sensazione di schifo la assaliva spesso da allora le rare volte in cui pensava a questa storia o quando era costretta a riparlare con lui.
Al bar del parco in un oasi di silenzio i pensieri corrono nella sua mente: si rende conto che non è consueto per lei ripensare al passato. I figli, gli affanni e l’organizzazione del presente di norma riempiono tutta la sua mente…
I ragazzi stanno uscendo da scuola. Ecco Carlotta! si ferma un istante, ha un ragazzo al suo fianco, gli sorride, lo saluta. Lui le prende il viso e la bacia sulla bocca.
Federica senza accorgersene accenna un sorriso, dopo tanto tempo un po’ di tenerezza le riscalda il cuore…
![]()
Sai qual è il punto che mi disturba in questa storia? Il fatto che il lettore dopo poche battute si accorge subito che il marito vuole fare il furbo, mentre l’ingenuità della protagonista continua per parecchie righe., e poi sia all’inizio che verso la fine traspare un po’ di malinconia da parte della donna per la perdita del suo uomo ( che comunque appare proprio uno come tanti, senza niente di speciale ). Racconto scritto bene, scorrevole, ma la storia dell’ennesima donna cornuta che si accorge per ultima di esserlo, non mi sembra molto originale…