Premio Racconti nella Rete 2016 “Respirare appena” di Luna Aiello
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016L’aereo delle undici e un quarto stava per decollare. Lo guardavo prendere il volo mentre le ginocchia rimanevano piegate, sotto il peso dei gomiti, mentre il libro che mia sorella mi aveva regalato a Natale giaceva immobile sulla mia valigia: fermo lì a ricordarmi di quel viso pallido e dei due occhi furbi che porgendomi una busta della libreria di Holmes mi dicevano: “Questo ti piacerà di sicuro“. Se solo lo avessi mai aperto. Magari mi sarebbe davvero piaciuto come diceva lei.
Un aereo parte, e io resto dentro l’aeroporto a guardarlo decollare. Penso alla sua corsa, al momento in cui si stacca da terra e i passeggeri sentono il vuoto nello stomaco, la terra non più sotto le loro scarpe, il senso di impotenza… la paura.
Mi chiedo dove starà andando quell’aereo. Mi chiedo se tutte le persone che sono a bordo sono lì per un motivo valido. Se qualcuno sta tornando a casa, se qualcuno sta scappando, se qualcuno é semplicemente salito, senza troppe aspettative, solo per partire, partire e non tornare più.
Sento le gambe doloranti, ma non mi muovo. Dove posso andare, d’altronde?
Se solo tu fossi qui con me, ora. Forse a quest’ora staresti dormendo sul mio petto, perché lo so quanto odi le attese. Forse avresti preso uno dei miei maglioni dalla valigia perché in questo aeroporto l’aria condizionata é troppo forte e siamo comunque a Dicembre, ma tu saresti l’unica ad accorgertene. Avresti parlato tutto il tempo dei regali comprati per i nostri amici, per mia madre e per Gemma, per tuo padre e tua madre. Avresti parlato della paura che hai degli aerei, solo per convincerti che parlarne ti possa fare bene. Ti avrei stretta a me, per il freddo, per la paura, perché ti amo. Avresti guardato il tabellone ogni cinque minuti, impaziente di tornare a casa. Avresti comunque avuto qualcosa da rimproverarti, perché ci sono tante cose che avremmo potuto vedere e tante cose che avremmo dovuto fare prima di tornare a casa, ma il tempo é poco e le città troppo grandi. Le tue aspettative troppo alte e la tua curiosità spropositata.
Chiamano il mio volo e quasi non ho voglia di prenderlo. Potrei rimanere qui a guardare aerei partire e tornare, valigie scorrere da una parte all’altra sul nastro, le hostess sorridere in modo freddo e distaccato.. a pensare a te. A cosa starai pensando. A cosa starai facendo in questo momento.
Ora che io sono qui, e l’idea di te mi paralizza. L’idea delle tue mani sulle mie guance e delle tue labbra sulle mie, l’idea dei tuoi capelli sparsi sul cuscino e della tua faccia rilassata, l’idea dei tuoi occhi lucidi davanti ad un’opera d’arte.
Mentre l’idea di te mi sta paralizzando.
Mentre l’idea di te mi sta rendendo sempre più debole.
Tu cosa stai facendo?
Stanno chiamando il mio volo, ma non so se riuscirò a prenderlo.
Stanno chiamando il mio volo, ma allora perché io sento solo il tuo nome?
Perché sento solo la tua risata, nella mia testa? Perché?
Mentre io sono qui, a lottare con il ricordo di te, tu, dove sei?
Con chi sei?
Cosa stai facendo?
Alla fine mi alzo. Prendo le mie cose e mi avvicino all’imbarco.
Sai perché ho deciso di prenderlo questo aereo? Perché Dicembre senza di te è ancora più freddo, e l’aria condizionata in aeroporto, comincia a dar fastidio anche a me. Perché ho tanto ancora da dare e un libro ancora incartato da leggere. Perché, in fondo, l’idea di volare mi è sempre piaciuta.
Sto tornando a casa. La terra mi manca sotto i piedi e un vuoto si prende il mio stomaco.
Dove sei tu mentre io ti penso fino a sentirmi male?
Con chi sei tu mentre io nego la mia presenza a chiunque?
Cosa stai facendo tu mentre l’unica cosa che riesco a fare io é chiedermi cosa tu stia facendo, adesso?
Dove sei tu mentre io solco l’Oceano a bordo di questo volo in ritardo?
Con chi sei tu mentre io sono solo anche con me stesso?
Cosa stai facendo tu mente io fatico persino a respirare?
Stai andando avanti? Stai solo andando avanti?
Se é questo che stai facendo, ti prego, torna indietro e insegnalo anche a me. Ti prego, torna indietro e porta un po’ di pace nella mia testa. Ti prego, insegnami a dimenticare dei dolori insistenti e degli amori impossibili.
Ti prego, insegnami a rialzarmi da solo. Ti prego, insegnami a curarmi le ferite. Ti prego, insegnami a guardare negli occhi la persona che amo e a lasciarla andare. Ti prego, se tu puoi, se tu ne sei capace, ti prego, insegnami a dimenticarti.
Perché mentre tu sei da qualche parte nel mondo, con qualcuno che non conosco, e stai andando avanti, io sono qui, e non riesco a respirare.
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Scritto molto bene. Ti entra dentro e ti lascia una grande emozione. Complimenti
Grazie mille!
Più che un racconto sembra uno sfogo, una lettera scritta coi pensieri.
Ben scritta e con delle belle immagini, forse a volte l’uso della ripetizione diventa esagerato, ma non disturba.
Bello.
La mia paura era esattamente quella di risultare fin troppo ripetitiva, ma sono contenta che la cosa non disturbi la lettura! Grazie mille per il commento e le belle parole
Un crescendo di emozioni da cui il protagonista ne esce sopraffatto; emozioni che hai saputo molto ben descrivere
Sono felice che ti sia piaciuto! Ti ringrazio
Credo che la lista di domande finali e la supplica conclusiva siano un po’ troppo incalzanti, destabilizzando l’immagine che uno si fa del protagonista nella parte iniziale. All’inizio abbiamo un ” sano” patimento d’amore, che poi diventa sempre più pesante, quasi paranoico. E alla fine invece di essere solidale con lui mi viene quasi da pensare ” E certo che ti ha lasciato! Come si fa a sopportare uno così?”. Detto questo ti faccio i miei complimenti per avere scritto questa storia, e avermi fatto rivivere l’età Dei Grandi Patimenti d’Amore, Brava!
Grazie per aver letto il mio racconto e aver lasciato un commento. Alla prossima 😉
Emozionante, malinconico, introspettivo! E’ l’amore…!