Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2016 “Tracce invisibili” di Nicola Barca

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Mio padre riempiva lo spazio tra il sedile posteriore dell’auto e gli schienali dei sedili anteriori con coperte, sino a creare un giaciglio più largo. Lì io e mio fratello, sdraiati, affrontavamo il lungo viaggio notturno.

Ogni estate direzione Salento. Con i piedi di Daniele vicini al mio viso guardavo le stelle scorrere nel lunotto posteriore.

Dormivo poco, incantata da quello spettacolo, lentamente mi alzavo in volo per far parte del buio infinito, sino a scorgere l’alba. Allora, intorpidita, mi sollevavo per assistere al risveglio di una terra scura, generosa, spaccata in zolle enormi e ulivi a perdita d’occhio, e infine il mare.

Ora, seduta sulla panca della barca, ascolto le grida dei gabbiani, avverto il calore del sole sulla pelle, il vento tra i capelli, il profumo del mare. Danzo al ritmo delle onde, sento lo sciabordio dell’acqua sullo scafo, una mano penzola fuori, rinfrescata dalla spuma marina. E’ come se mi stessi diffondendo nell’aria, sono acqua, cielo e sole.

Stiamo tornando a riva. Io e Giulia abbiamo fatto il giro delle spiagge.

All’arrivo calano una piccola passerella, traballa sotto la spinta delle onde, ha i corrimano di corda, stringo con la sinistra quell’intreccio tortuoso di fili, è umida, ne respiro il profumo. Nell’altra mano il mio bastone bianco. Come sempre in queste circostanze percepisco gli sguardi perplessi, l’apprensione, la tentazione di offrirmi aiuto. Ma avanzo sicura, con la testa alta.

Percorro pochi passi sul molo, mi fermo, il vento profuma di fichi, uva, angurie e pesce.

Giulia mi sfiora l’avambraccio, torno tra i vedenti.

Percorriamo a piedi una stradina a picco sugli scogli, tra la parete rocciosa e il muretto un paio di metri. Cammino sicura.

Puntiamo il nostro accampamento, perché così lo immagino: asciugamani, ombrellone, borse e zaini, borsa frigo, il sacchetto dei rifiuti e un materassino mezzo sgonfio, tenuto fermo da un ramo di pino. A pochi passi da quell’oasi disordinata Giulia sbalordita esclama: – Chiara, c’è una rosa sul tuo asciugamano.

In ginocchio sul telo caldo accarezzo la rosa: che meraviglia, è velluto fresco, sembra  sbocciare nella mia mano e il suo profumo pare accarezzarmi anche la pelle.

– Ehi, accidenti, chi sarà lo spasimante? Forse uno dei ragazzi di fianco a noi. Quello moro continua a guardare. E’ strabello. Hai fatto colpo Chiara, che dici gli sorrido? Lo saluto? Oddio si è alzato.

– Dai, Giulia, smettila. Che sorridi e saluti, mi vergogno.

– Uffi, sta andando al bar, magari a prenderci un gelato.

Giulia è incontenibile, non pensa ad altro che ai ragazzi.

– Senti siamo qui, se vuole chi ha lasciato la rosa si farà vivo.

– E’ bello il tuo ragazzo sai?

– Ma che ragazzo Giulia! Sei matta. – Scoppio a ridere, le do un pizzicotto sulla coscia, protesta diffondendo allegria nell’aria densa di voci, musica e profumi di creme solari. Le voglio bene, è la mia migliore amica.

– Te lo descrivo?

– Facciamo così, se viene ad agganciarci, poi me lo descrivi d’accordo?

Passiamo il resto della giornata sdraiate al sole o immerse nell’acqua. La sera, cariche come muli, sbuffando, arrancando sull’asfalto che comincia a rilasciare un calore colloso e soffocante, arriviamo all’auto di Giulia.

Percepisco le lamiere di tutte le vetture del parcheggio, l’asfalto è ancora molle. Quando Giulia apre il baule sembra abbia spalancato lo sportello di un forno.

Entrando emettiamo gridolini e risate. D’improvviso Giulia tace.

Ha il respiro accelerato. Ho quasi la sensazione di sentire scivolare sulla sua pelle goccioline di sudore freddo.

– Giulia che c’è?

– C’è una tua foto sul tappetino, tra i tuoi piedi. Sei tu appena fuori dal cancello della scuola. Prima non c’era, ne sono sicura.

Poco convinta sussurro: – Forse ti è scivolata dalla tasca o dalla borsa.

– No! Io le tue foto le ho nel cellulare. Ti pare che le stampo e me le porto in giro?

Sento la sua mano infilarsi tra i miei piedi. Aspetto in silenzio che dica qualcosa. Parla Giulia, ti prego.

– E’ recente. E’ sicuramente lo stesso che ha messo la rosa sull’asciugamano. Chiara non mi piace questa storia. Non può essere un ammiratore, è il comportamento di un maniaco.

– Ma che dici, dai! E’ solo un ragazzo molto timido, stai tranquilla.

Rido sforzandomi di ridere, Giulia non ci casca.

L’autostrada scorre sotto di noi, un viaggio silenzioso, fino a che l’odore e il frastuono di Milano ci accolgono, donandoci una sensazione di sicurezza.

Ho perso la vista gradualmente. Fino a tre anni vedevo quasi come gli altri, ricordo alcune immagini: libri illustrati, il viso di mia madre, le stelle, la terra arsa da cui ulivi centenari succhiavano il sole e il mare del Salento. Poi colori sempre più confusi, non distinguevo più le sfumature, fino a vedere ombra e chiaro e infine solo buio.

Domani compirò diciotto anni.

Ogni giorno al termine delle lezioni mi fermo da Stefania. Ha un carretto gelati su tre ruote, davanti alla scuola. I suoi sono biologici, adoro la frutta, sento i semini delle fragole sotto i denti, a volte anche pezzettini di semi di limone. Prepara anche gelati al gusto di fiori e in inverno, invece, vende crepes favolose, dolci e salate.

Rinfrescata da anguria e frutti di bosco, mi dirigo verso casa. Conosco ogni crepa del marciapiede, ogni semaforo, le voci dei tassisti in sosta, i profumi che ogni negozio diffonde: pane e focacce, caffè, salumi, l’odore aspro delle medicine e delle essenze. Infine a casa il profumo dei Calicanti del nostro giardino.

Daniele sta per arrivare, ha diciannove anni ma ha la maturità di un tredicenne. Siamo così diversi.

Apparecchio e preparo anche per lui, come sempre. Ho un ricordo molto vago del suo viso, a sette anni già il buio mi avvolgeva. Ogni tanto sfioro con le dita i suoi capelli, la fronte, il naso, la bocca. Gli piace sentirsi vedere. E’ un maschio, sono coccole mascherate.

Entra ridendo, è allegro, intuisco che l’esame di Anatomia è andato bene. Scompigliandomi i capelli con la mano sudaticcia, mi dice: – Ciao sorellina, ultimamente spacchi, sai? Hai fatto colpo su un altro ragazzo. Ormai ogni giorno qualcuno mi chiede di te. Ho detto che ti concederò solo in cambio di una sorella altrettanto gnocca.

– Allora resterai single a vita, stupido, non c’è nessuna gnocca come me!

Scoppiamo a ridere, mi abbraccia forte, mi accoccolo tra le sue braccia, resterei così per sempre.

La mamma è mancata poco dopo Natale.

Dopo pranzo, nella mia camera, apro lo zaino, oltre a libri e quaderni sento qualcosa di soffice.

La riconosco immediatamente, calda e leggera, la sciarpa che mi aveva regalato la mamma a Natale. Ci tenevo tanto, non mi capacitavo di averla smarrita. Ho ripercorso nella mente quella mattina centinaia di volte. Quell’abbraccio d’amore sul collo diretta a scuola, le lacrime al rientro a casa, senza la sciarpa. E ora vedo l’istante a lungo sfuggito. Mi accarezzo il viso con quel dolce calore, profumi. La esploro con il naso per tutta la lunghezza, riconosco ogni odore, vedo tutte le azioni, sento le emozioni, sollevo la testa e mi domando: perché?

Chiamo Giulia: – Ciao, ricordi la sciarpa che avevo perso? Qualcuno me l’ha messa nello zaino. Ma tranquilla, ho capito chi è. Non c’è da preoccuparsi. Domani ti dico.

– Come hai capito? Chi è? Dimmi subito maledizione, mi fai innervosire quando fai così!

– So chi è ma non il perché. Ti dirò tutto domani sera.

– Ma come hai fatto a capire? Una rosa, una fotografia e la sciarpa, bòh. Io non ci capisco nulla.

– Perché tu vedi.

All’uscita da scuola mi libero a fatica dall’interrogatorio di Giulia, prendo la solita direzione ma, poco dopo, torno indietro.

Seduta sullo sgabello chiedo un cono, gusti fragola e limone.

Sembra che il solito baccano cittadino sia scemato, rumoreggia altrove, un silenzio improvviso assiste sorpreso all’incontro. Appoggio sul banco del carretto la sciarpa di cashmere, non è certo la stagione. Nessun commento. So che siamo solo io e lei. Il ritmo del cucchiaino che mescola il suo caffè accelera per poi interrompersi di colpo. Una mano fredda dolcemente sfiora la mia, la prende, la tiene e con un soffio di voce Stefania sussurra: – Non pensavo, non volevo, credo, che arrivassi a me, Chiara, forse non così presto, scusami.

– Perché?

– E’ da anni che ti seguo sai? Sono qui ogni mattina, solo per guardarti, per ascoltare la tua voce, per vederti crescere, per starti vicino. Almeno quei brevi momenti.

– Perché, Stefania?

– A quindici anni, ero una ragazzina sai? E non in gamba come te. Un’amica di mia madre non poteva avere figli, ne aveva già adottato uno, desiderava non fosse figlio unico. Io non me la sentivo da sola, non ero neanche certa di chi fosse il padre, troppi ragazzi, troppo alcool, troppo stupidi. E non potevo, non volevo, non quello. Eri dentro di me, Chiara. Non ho mai smesso di piangere, ho paura di aver consumato così i tuoi occhi. Quando ti hanno staccato da me, mi sono spezzata. Un vuoto così profondo e buio…perdonami Chiara.

Accompagna la mia mano sul suo viso, una lacrima scivola sul mio braccio, brividi, la sento avanzare delicata sino al gomito, poi cade silenziosa sulla sciarpa.

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9 commenti »

  1. Che bel racconto, delicato e commuovente. Bravo davvero

  2. “Non si vede bene che col cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi.” Mi ha fatto pensare all’amore, quello vero!
    Bello!

  3. Grazie, è un sollievo leggere i vostri commenti.
    Non sono pratico qui, infatti non so se sto rispondendo a Ottavio o Barbara, così per ora considero entrambi.
    Ho iniziato a scrivere da meno di un anno e ne ho 51! Devo bruciare i tempi. L’idea per questo racconto mi è venuta visitando l’Istituto dei ciechi di Milano. Ho partecipato al Percorso nel buio. Appena possibile mi butto nella lettura degli altri racconti, sono davvero curioso.

    p.s.: se c’è modo di rispondere a ciascuno singolarmente mi spiegate come si fa?

  4. Sono curioso anch’io. come si fa?

  5. Ciao Nicola, davvero lodevole l’esperienza che hai fatto, piacerebbe anche a me.
    Riguardo la domanda che hai posto, credo basti scrivere: In risposta a: ed inserire il nome dell’autore a cui vuoi rispondere personalmente.
    Spero di esserti stata d’aiuto. Ti invito a leggere il mio racconto.

  6. Bravo Nicola, mi piacciono i racconti con il ” finale a sorpresa” e il tuo è molto particolare. Fa proprio piacere leggerlo!

  7. E’ veramente bellissimo! complimenti! bella la storia, belli i dialoghi, l’ìambientazione, la sceneggiatura….anche molto emozionante!

  8. Grazie Cinzia, felice davvero ti sia piaciuto. E’ il racconto che mi ha intrigato di più…

  9. Racconto sorprendente ed emozionante, bella inventiva!!!

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