Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2016 “L’acqua” di Elena Pucci

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Nessuna luce e nessun colore. Ti senti estremamente leggera, quasi invisibile, quasi fossi scomparsa del tutto. Intorno a te il niente, nient’altro che puro e semplice niente. E’ stata quella parola. Deve essere stata lei. Complicata e imprevedibile è l’anima umana.

 

“Ahi!” esclamò Nora aprendo gli occhi all’improvviso. Era ancora assonnata mentre con una mano si massaggiava la fronte. Quella maledetta fotografia polverosa si era staccata dal muro e le era caduta in testa, svegliandola. Doveva essere andata esattamente così, perché una sorridente se stessa la stava guardando dal basso verso l’alto. Capelli lunghi incorniciavano un volto luminoso. Grandi occhi, nascosti da una macchina fotografica, fotografavano qualcosa che in quel momento non riusciva a ricordare. Amava quella cornice rossa in legno intagliato. Contrastava perfettamente il bianco e nero della fotografia. Fissò la foto, per un tempo che le parve lunghissimo, e poi l’appese di nuovo al muro e si girò per guardare il mare. Era una notte senza stelle; lo si poteva vedere dal minuscolo oblò appiccicato alla parete. Nora si girò verso destra e fece penzolare la sua testa proprio sotto di lei: Jared dormiva profondamente. Avevano discusso abbastanza. Ecco spiegato il motivo per cui non si era svegliata accanto a lui. Erano ormai alcune settimane che si rivolgevano appena qualche parola sussurrata.

Chiuse e aprì di nuovo gli occhi stropicciandoli con le dita. Morfeo dispettoso, invece che cullare il suo sonno, si era divertito a svegliarla. Adesso doveva trovare qualcosa da fare per calmare la rabbia e il dolore che immediatamente erano riaffioratati in lei; piccoli spilli conficcati dentro la pelle che sanguinavano vistosamente. Con la mano sinistra si toccò prima il collo e poi le spalle, contemporaneamente la mano destra scivolò sui suoi seni per poi scorrere lungo la pancia. Era sudata. Stiracchiò le gambe, intorpidite dalla posizione nella quale si era addormentata e dette un’ultima occhiata oltre l’oblò: nessuna stella, solo la luna luminosa che si specchiava nel mare di carbone. Voleva alzarsi, cercando di non svegliare Jared. Non aveva nessuna voglia di parlarci adesso. Appoggiò il piede sul primo scalino e scese piano, senza far rumore. Piedi nudi che appoggiano su un parquet caldo. Piedi senza calzini. Piedi spogliati di tutto. Un po’ come si sentiva lei in quel momento. Nessuna identità.

Senza il minimo rumore spinse la porta lasciando alle spalle quel piccolo rifugio di sonno e sogni.

Passi sicuri e decisi attraversavano un corridoio circondato dal buio. Conosceva fin troppo bene anche l’angolo più nascosto della sua abitazione galleggiante. Con entrambe le mani delineava i contorni di quelle pareti ruvide e sconnesse. Gli occhi si abituavano all’oscurità e mano a mano che avanzava riusciva a intravedere la panca di legno e il tavolino, dove sempre si sedeva da ormai 273 giorni.

Sgranò il più possibile gli occhi per riuscire a farsi strada nel buio. Immediatamente le venne voglia di bere e si mise a tastare con le mani il tavolino, in cerca di un po’ d’acqua. Era una notte d’estate, e l’aria calda le aveva seccato la gola. Trovò subito il bicchiere e la bottiglia accanto ad esso. Mancava solo un ultima cosa. Mancava un pennarello per scrivere un messaggio. Che idiozia, parlare con l’acqua. Nora se lo ripeteva ogni giorno da quando aveva iniziato quel rito propiziatorio, se così si può chiamare. Qualcuno, di cui non ricordava il nome, gli aveva raccontato che se aveva un dubbio, se stava poco bene, se voleva ardentemente realizzare qualcosa; avrebbe potuto chiederlo all’acqua, prima di berla. Così era andata e così lei faceva ogni volta da quando era partita. Prese il bicchiere e versò l’acqua al suo interno. Poi con entrambe le mani tastò ancora una volta il perimetro del tavolo e finalmente trovò il pennarello che utilizzava ogni volta che voleva parlarle. Fissò per qualche secondo il bicchiere e l’acqua al suo interno. Era davvero sicura di scrivere ciò che il suo cervello pensava? E se l’acqua l’avesse ascoltata davvero? Ciò che pensava era ciò che voleva ardentemente? Scrisse, con una scrittura grande e sinuosa. Poi bevve e mentre beveva cominciò una conversazione con se stessa. Pregò per lei, venerò quell’acqua che ogni giorno accompagnava la sua esistenza. Jared le diceva sempre che il suo unico neurone rimasto stava lottando per sopravvivere e lei non faceva niente di sensato per tenerlo in vita, anzi alimentava la volontà di ucciderlo al più presto.

Finito di bere posò il bicchiere ed entrò nell’unica porta che si trovava alla fine del corridoio. Avanzò piano verso la doccia. Si tolse gli slip e girò la manopola per azionare il getto dell’acqua. Innumerevoli gocce di liquido bagnato cominciarono a scenderle lungo il corpo. Più l’acqua la toccava, più lei si rilassava. Rabbia e collera sembravano a poco a poco abbandonarla per lasciar spazio ad uno stato di beata completezza. Era stanca di ogni cosa che ruotava intorno a lei. Era confusa. Desiderava ardentemente l’unica persona che non avrebbe mai potuto avere. Il fuoco dentro di lei bruciava e presto non sarebbe più riuscita a controllarlo. Lui avrebbe controllato lei, annientandola. Lo amava, ma non lo amava più come aveva amato fino ad ora suo fratello. Adesso lei desiderava il suo corpo e amava la sua voce, il sorriso, i suoi occhi; amava persino i suoi polmoni, i reni e lo stomaco.  Amava tutte le sue ossa, i muscoli, il suo sangue. Lei amava il suo cuore ed amava amarlo. Non lo amava più come si ama un fratello. Quel tipo di amore se n’era andato, scomparso, fuggito. Aveva lasciato la sua anima per sempre e adesso quel nuovo tipo di amore la faceva soffocare. E Jared amava lei allo stesso modo. Lei lo sapeva. Lei lo scopriva a guardarla di nascosto. Ladro ubriaco di vita, la ammirava con occhi incantati. Ma Jared è riflessivo, ponderato, misurato. Jared è la metratura di una stanza, Nora invece è il caos che vi è all’interno. Lui è religioso e crede nel potere del sangue. Due persone nate nel solito sangue non possono amarsi, o comunque non possono amare quel tipo d’amore. Non ci saranno mai unioni di corpi tra loro. Non esisteranno baci, ne carezze; lui non potrà mai toccarla, non nel modo in cui vorrebbe lei. Lui riesce a non desiderarla, lui riesce a farla sentire rifiutata. Lui l’ammira, la venera, ma ha deciso che non può averla e la sua mente si è auto convinta di questo e lui lo accetta. Nora e Jared sono fratello e sorella e non possono amarsi, punto.

Doccia bollente per scrollarsi di dosso ogni cosa. Acqua che scorre. Pensieri che le assillano la mente e tanta voglia di lui. Voglia che ogni giorno diventa ossessiva, compulsiva, insopportabile. Voglia di vomitargli addosso tutte le sue paure e tutto quell’amore che si tiene dentro ormai da troppo tempo. Così che infinite parole sono uscite dalle sue labbra solo pochi giorni fa. Lei gli ha sussurrato ogni cosa, ogni singolo pensiero. Lui adesso sa e questo sapere lo ha sconvolto, destabilizzato; ha ingarbugliato la sua mente con pensieri che adesso non sono più solo pensieri, perché parlandone gli ha conferito fisicità. Adesso sono reali. Mille parole sono uscite dalla sua bocca, come un fiume in piena che con forza annienta tutto ciò che incontra sul suo cammino. Nora è stata quel fiume. Jared non le parla da quel giorno. Solo silenzi tra di loro. Silenzi che fanno più male di ogni singola parola che potrebbe uscire dalle loro labbra. Girò la manopola della doccia e il getto d’acqua si spense immediatamente. Asciugò il suo corpo con un asciugamano bianco. Prese dal cassettino che si trovava in basso alla sua destra, un paio di slip ed uscì dalla stanza. Piccoli passi e salì le scalette che l’avrebbero condotta al cospetto della luna.

Fece capolino dalla piccola botola e la luce la invase. L’asciugamano che aveva annodato sopra il seno si allentò debolmente e cadde a terra. Riusciva a percepire l’estasi di quel momento. Ora era nuda. Gli slip che indossava mettevano in risalto la sua carnagione perlata che illuminata dalla luna sembrava quasi brillare. Cominciò a camminare.

Passi lenti, misurati, pesati, e intanto la mente vagava sospesa tra mille pensieri. Si fermò ad ascoltare la melodia del mare. Il movimento oscillatorio la cullava e riusciva a far scomparire tristezza e paura. Solo pensieri felici le ricoprivano la mente. Si fermò a prua. Le gambe leggermente divaricate, le braccia aperte. I capelli venivano mossi dal vento, gli occhi erano chiusi. Così lei salutava la luna, immobile. Ricordi impregnati di odori le invasero la testa. Quel giorno Jared l’aveva abbracciata, e in quell’abbraccio lei aveva sentito qualcosa di diverso. Cresceva qualcosa dentro di lei, edera appiccicata ad alberi stanchi.

A Nora mancava Jared. Quando erano solo Jared e Nora potevano stare un giorno intero abbracciati a guardare il mare e lei non sentiva questo bisogno che invece sente adesso. Non può toccarlo, non può sentire il suo respiro, quel respiro affannato di una persona immersa nell’amore. Non può nemmeno ascoltare i battiti del suo cuore. Può solo immaginare di stringerlo forte e di sfiorare le sue labbra. Sente la sua risata, ma non può toccarla. Jared è diventato un fantasma accanto a lei. Solo un ‘anima folle che gli siede accanto, invisibile e complicata, ma presente.

Passi lenti, misurati, pesati, si fermarono a raccogliere un asciugamano bianco caduto a terra e all’improvviso due mani si posarono sulle sue spalle a l’avvolsero dentro a quell’ asciugamano. Quelle mani non si limitarono ad avvolgerla, quelle mani la strinsero. Sentì il suo corpo a contatto con un altro corpo. Sentì quella voce, la sua voce e un sussurro ruppe il silenzio assordante di quel momento e di tutti i momenti precedenti:

“Devi coprirti, Nora!” Jared era dietro di lei. I loro corpi già parlavano e si sfioravano senza però toccarsi nel modo in cui lei avrebbe voluto; ma lui l’aveva abbracciata. Era già qualcosa.

Improvvisamente il bisogno di toccarlo fu disarmante, dissacrante, così da scollegare completamente il cervello da qualsiasi altro organo presente all’interno del suo corpo: cuore scollegato, fegato, reni, pancreas, tutti scollegati. I polmoni continuano a funzionare altrimenti lei sarebbe già morta. I muscoli non rispondono agli input che il cervello gli manda. Nora se ne sta ferma, immobile a guardare il vuoto e basta. Il cervello elabora l’azione ma non può risolvere il problema, quello rimane. Nora vorrebbe girarsi verso di lui, ma i suoi piedi sono incollati al pavimento e non si muovono. Colla sotto di lei che la tiene salda a terra. Paura di un suo sguardo. Paura di non volersi più fermare. Paura di andare oltre. Paura di morire amandolo.

Jared ruota il suo corpo delicatamente e lei gira il suo corpo con lui. Materia leggera, volteggia, quasi sospesa da terra. Ora lei è davanti a lui e lui davanti a lei. Ora lei lo guarda e lui a sua volta guarda lei. Ora lei sorride e lui muove la sua mano verso di lei e con un dito le sfiora la guancia, per spostare un ricciolo ribelle mosso dal vento. Ma quando lui la sfiora i loro corpi ormai traboccanti di passione, tormentati da una voglia incontenibile di toccarsi, sfiorarsi, sentirsi, non riescono più a pensare lucidamente e quando Nora lo tira a se, Jared dimentica il sangue che scorre nelle loro vene, un sangue che pesa come un macigno sui loro corpi. Lui dimentica ogni cosa. Adesso sono solo Nora e Jared. Le loro bocche si sfiorano ed un incastro perfetto improvvisamente si crea. Le loro lingue si toccano e sinuosamente cominciano a danzare accompagnate da un ballo meraviglioso. Morsi e baci, mentre le loro lingue comandano un gioco magico. E lei lo bacia, avida di passione, lo stringe e poi lo ribacia. Allontana la sua lingua per poi riavvicinarla e baciarlo di nuovo. Uno, due, sette, undici, quattordici, ventidue, ventisette, trentacinque, quarantasette, troppi baci. Nora ha perso il conto. Nora lo stringe a se con tutta la forza che possiede. Una mano immersa nei suoi riccioli scuri mentre con l’altra gli stringe i fianchi. Le mani di Jared rimangono immobili. A volte la stringono, ma non nel modo in cui lei stringe lui. Ma i suoi baci parlano da soli. La sua lingua si muove veloce leccandola. Lui la bacia ovunque. Sul collo. Nell’orecchio. Bacia i suoi occhi e le sue guance. Baci calmi, appaganti per poi tornare alla foga di prima. Ma lui è bloccato. Non riesce ad andare oltre. Ha paura. Una paura immensa di sciogliere per sempre quegli stupidi dogmi che gli sono stati imposti da piccolo. L’amore invece non ha sesso, né età. L’amore non ha religione, né obblighi. Unione perfetta di due anime folli, l’amore non conosce tempo, né tradizioni. L’amore è soltanto amore.

Improvvisamente Nora pensa a ciò che ha chiesto all’acqua: “Fa che non si avveri, fa che non si avveri, fa che non si avveri. Non adesso, non adesso, non adesso…”

C’è un bicchiere sul tavolo sotto coperta. C’è un bicchiere sul quale vi è scritta una parola. La calligrafia è decisa, il tratto è marcato. La parola SCOMPARIRE urla nel suo silenzio assordante per riuscire ad impedire…ma ormai è tardi. L’acqua esaudisce sempre ogni cosa tu voglia chiederle. Basta solo crederci e ogni tuo desiderio verrà realizzato. Volere è potere.

E così Nora svanì nel nulla lasciando solo un asciugamano bianco.

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3 commenti »

  1. Sicuramente è un racconto piuttosto forte, sia come tematica che come emozioni (contrastanti) suscitate. Mi piace lo stile, pulito.

  2. Ipnotico e crudele, forse addirittura spietato.
    Un argomento difficile ma trattato molto bene. Ti disgusta e non riesci a smettere di leggere.
    Complimenti.

  3. Grazie…per aver espresso in giudizio …sul mio racconto…molto apprezzato!!!!

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