Premio Racconti nella Rete 2016 “Il Cornetto” di Antonio Fiore
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016Mi svegliai bene.
Avevo fame.
Scesi nella hall dell’albergo già pregustando la colazione.
Il buffet era pieno di roba: un’autostrada di frutta, corn flakes, torte, crostate, uova, pancetta. C’erano perfino le alghe per i clienti giapponesi.
Il cameriere si avvicinò e gli ordinai un cappuccino: “Ben caldo”, dissi.
Afferrai un cornetto e mi sedetti, aspettando il cappuccino.
Arrivò presto.
La schiuma fumante era bianca e densa come una colata di neve depositata sulla bocca di un geiser islandese.
Presi il cornetto per un’estremità.
Lo calai nella tazza lentamente.
Il cornetto parlò. “Troppo bollente”, disse.
“A me piace così”
“Che cazzo, così fa male, però”
“Beh, passa presto, il dolore”
Lo estrassi dalla tazza e lo avvicinai alla bocca.
“E ora che vorresti fare?”, chiese.
“Indovina”
“Non ti fai un po’ schifo?”
“No”
“Anche Rita te lo diceva”
“Cosa?”
“Che inzupparmi nel cappuccino è una cosa ignobile e volgare. Che fai schifo. Che poi ti cola il latte dalla bocca”
“Quindi cosa dovrei fare?”
“Non lo so con esattezza. Ma lei ti amava”
“Sì. Sì, mi amava. Me lo dici solo perché hai una paura fottuta di essere mangiato”
Aprii la bocca.
“Vaffanculo, non lo fare! Dai, tagliami col coltello”
“OK. Sai che faccio? Ti butto fuori dalla finestra e ti lascio in pasto ai gatti, brutto stronzo”
“No! E poi, lei arriverà, tra poco”
“Come fai a saperlo?”
“Non ti preoccupare: lo so e basta”
“Sei proprio un cornetto stronzo”
“Non sono ciò che sembra: questo è evidente”
“Bene: in fin dei conti, non me ne frega un cazzo. Quando lei verrà, ti ficcherò a forza nella sua bocca”
“Allora mangiami tu. Lo preferisco”
Sorrisi: “Lo immaginavo che eri un cacasotto”
“Sì, hai ragione, un po’ lo sono: è il mio destino. Non mi va di soffrire. Comunque lei è cattiva, lo sai”
“Io lo so meglio di chiunque altro. Lo so talmente bene che l’ho lasciata”
“A me risulta che ti abbia lasciato lei”, rispose, e mi parve perfino di vederlo sogghignare.
“Ma che ne sai tu, di cos’è successo, brutto cornetto rompicoglioni che non sei altro?”
“Lasciamo perdere. Sai che ti dico? Eccola: chiarisciti con lei”
Rita entrò nella sala: come al solito, aveva un’espressione ingrugnata.
Mi vide.
“Ciao, Antonio”
“Ciao, Rita”
“Anche tu qui?” ci chiedemmo in contemporanea.
“Io sono qui per il Congresso medico: ho una relazione”
“Anche io: devo fare un articolo per la rivista”
“Beh, allora buon lavoro”
“Sempre simpatico, eh? Potresti almeno chiedermi come va”
“Già. Come va?”
“Va benissimo. Sto con lui, ora. Stiamo bene insieme”
“Ok. Ok. Ti dispiace se mangio il mio cornetto?”
Rita scoppiò in una risata. “Sempre alle prese con un cornetto, eh? Ti ricordi quel giorno, all’Elba? Ti stavi sbrodolando come un neonato, e non riuscii a trattenermi dal dirtelo: eri buffo e, soprattutto, molto fine”
“Si. Lo ricordo. Lo ricordo bene”
“E allora? Cosa fai con quel cornetto in mano? Mangialo, no?”
Non aspettava altro che assistere di nuovo allo spettacolo del cappuccino colante lungo la mia guancia, e sgocciolante dal mento sul tavolo: non le diedi la soddisfazione.
“Preferisco risparmiarti la scena” – risposi – “Piuttosto, ne vuoi assaggiare un pezzo?”
“No. Mi aspettano a quel tavolo. Anzi, vado. Mi ha fatto piacere”
“Ah, ti aspettano lì. Capisco. Vabbè, ciao”
“Ciao Antonio. Mi ha fatto piacere”.
Ruotò su sé stessa.
“Rita?”
“Si?”
“Tu, mi amavi?”
Rimase ferma un istante, senza girarsi: poi, se ne andò.
Non so quanto tempo passò, ma il silenzio fu rotto dal cornetto: “Beh, hai fatto un figurone”
Me l’ero dimenticato: ce l’avevo ancora in mano, sospeso sulla superficie della tazza, con le ultime gocce che continuavano a precipitare sulla superficie della schiuma, scavando dei tunnel profondi.
Lo guardai.
Sulla sua superficie butterata, una stria di zucchero semisciolto aveva una forma a mezzaluna che somigliava alla bocca senza denti di un vecchio, deformata in una risata.
“Già”, risposi “ho fatto proprio un figurone”
“E ora, cosa pensi di fare?”
Ci pensai solo un secondo.
Inzuppai di nuovo il cornetto nel cappuccino oramai tiepido.
Lo affondai completamente, immergendo perfino le dita della mano, impregnandolo di caffèlatte al punto di svuotare quasi del tutto la tazza.
“No! Mi affoghi” urlò
Aprii la bocca più che potei, e me lo spinsi tutto dentro, a forza, sentendo la pasta che si schiacciava contro le mie gengive, il palato e la parete della gola.
Provai l’ebbrezza di fiumi di cappuccino che sgorgavano tra i miei denti e mi schizzavano fuori dalle labbra, colandomi lungo le guance, e giù lungo il collo.
Sentii i rigagnoli scendermi tra i peli del petto, e proseguire fino ad arrestarsi nell’ombelico.
Lo masticai lentamente, con gusto.
Le ultime parole che gli sentii dire furono “Lei non ti amava, stronzo”
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ahaahahahahah. Viva il cornetto dell’ammore
Sono contento che ti abbia divertito: è un vecchio racconto un po’ autobiografico!
Aahahaah!!! Mi ha ricordato uno dei tanti, sarcastici ed esilaranti monologhi di Woody Allen nelle sue pellicole più vecchie. Molto carino!
Grazie! 🙂
Cioccolato, marmellata, crema o vuoto? Ahahahahaa…divertente!!!!
Non ci avevo mai pensato, a dire i vero! 🙂
Bel racconto, mi è proprio piaciuto. Non è facile scrivere un dialogo così lungo senza ” sbandare “, ma tu vieni giù liscio e sicuro, sorprendendo e facendoci fare un bel sorriso. Bravo!
Lo trovo divertente e simpatico. Lo stile frammentario, dovuto alla presenza per lo più di dialoghi, non penalizza troppo la lettura e questo depone a favore dell’autore che è riuscito a rendere scorrevole i dialoghi che è una delle cose più difficili nella scrittura. Io, ad esempio, non ci riesco mai. È semplice, non particolarmente profondo, ma chi l’ha detto che un bel racconto debba per forza parlare di temi importanti? Bravo!
Mooolto carino!
Una volta di più, dopo La Balena Piaggiata, mi sono proprio divertita, di gusto (non per il cornetto). E non è facile! Ora corro a leggere il terzo racconto.