Premio Racconti nella Rete 2016 “La cornice” di Luisa M.C. Sala
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016La grande vetrata ad angolo colpiva immediatamente l’attenzione, ma ancora più, stupiva un pianoforte a coda, verniciato di blu che riempiva l’interno di quella porzione di perimetro trasparente: atmosfera surreale, muri che parevano sospesi perchè la casa era in rifacimento.
Fuori un cantiere in azione con travi, carriole, ferri, mattoni, sacchi vuoti. Dentro: interruzione del tempo e quello strumento che assorbiva polvere e luce, ecco perché si notava il blu. Veniva voglia di scoprire a chi appartenesse quella casa.
Questa curiosità aveva rapito l’attenzione di Elena, che passando di lì ogni giorno, aveva intravisto quel pianoforte che tanto si scontrava col disordine fuori.
..
La persona che aveva acquistato la casa si chiamava Karl Rubenn, pelle chiarissima con tratti esotici, capelli biondi e corti, occhi verde-bronzo. Le sue origini sprofondavano nella mitologia. Una miscela esplosiva di geni evidenti e nascosti. Un incrocio nordico e latino. Danimarca e Perù. Infine, era spuntato sulla terra lui, Karl che ora a trentadue anni, come da copione classico per coloro dalle radici sparse, aveva cambiato molti luoghi: Canada, Giappone, Argentina, Africa. Sapeva suonare vari strumenti.
Non eccelleva tecnicamente in nessuno ma ultimamente, la tastiera bianca e nera lo appassionava. Ingombrante per il suo stile di vita ma indispensabile. I ritmi musicali erano nati con lui. Aveva studiato musica. Non s’era fatto sfuggire quel dono di natura ma non era famoso. Non ancora o forse, mai. Aveva insegnato musica, quello sì e l’esperienza lo aveva reso particolarmente cinico. Aveva notato che la gente tendeva a considerare la musica come un passatempo.
O sull’Olimpo degli osannati o nessuno. Aveva tentato di spiegare le sfumature fra quei due estremi ed aveva suscitato un vespaio. Conclusione: dimissioni.
Tutto questo accadeva in Europa, così partì per il Giappone da dove scappò dopo due settimane. Luodo non adatto al suo temperamento.
Raggiunse quindi l’Africa. Forse l’odore del caldo, le dilatazioni orizzontali dei rami degli alberi d’acacia, qualcosa insomma gli era scattato dentro. Aveva conosciuto alcuni ragazzi inglesi ed adattandosi ai loro tempi riuscì a cogliere aspetti di vita che non aveva mai immaginato, ma nemmeno l’Africa faceva davvero per lui.
C’è da dire che in Karl, il concetto di vita era alquanto squilibrato: da una parte sognava l’avventura perenne, dall’altra si immaginava al riparo in una casa con oggetti suoi.
Adorava ridere. L’idea del pianoforte nacque in Italia quando accompagnò quei suoi amici britannici per un breve tour europeo.
Si innamorò dell’atmosfera italiana. Salutò i compagni di viaggio, trovò una sistemazione. Era un tipo fortunato. La famiglia gli aveva lasciato un patrimonio interessante e senza sperperare sapeva girovagare fra sogni, ambizioni, doveri, ecco perché poteva scegliere spesso, ma questo è affare del destino. A lui era toccata una certa via e non si crogiolava nell’ossessione che qualcuno poteva stare peggio o meglio di lui. Semplicemente si adeguava a ciò che la vita gli aveva dato. Riduttivo definirlo sfrontato. Occorre trovarsi in certe situazioni per sferrare giudizi. Karl era come era.
——–
Elena non era una viaggiatrice. Abitudinaria si sentiva al sicuro fra forme conosciute e strade semplici. Viveva sul lago di Garda e preferiva muoversi in motoretta. Lavorava in un vivaio perché era capitato. Non aveva mai sognato grandi futuri.
Amici di una vita, scuole regolari, poco inglese, poco tedesco, nulla di altre lingue. Occhi scuri, capelli lunghissimi sempre lucidi. Ci teneva.
Alcuni suoi amici la chiamavano “l’orientale per via degli zigomi marcati e gli occhi abbastanza allungati. Per quanto ne sapesse, era italiana da generazioni.
Adorava i ristorantini della zona, gli aperitivi. Le piaceva lo stile europeo. Troppe notizie la infastidivano. A modo suo era bizzarra. Non si alterava visibilmente.
Minimalista, a casa sua l’atmosfera era netta: pochi colori, poche forme.
Seguiva corsi di yoga e taiji. Quando le capitò di notare il pianoforte in quella casa che dava sulla strada che frequentava ogni giorno, le accadde qualcosa dentro. Una sorta di immaginazione involontaria ed incontrollabile.
A questo punto è logico per la storia, intuire che Elena conoscerà Karl, che fra loro nascerà una passione od un equivoco, che i due cambieranno il mondo e che magari Elena diventerà una viaggiatrice. Forse Karl, con lei arriverà al punto di realizzare il suo sogno abbozzato di famiglia. Potrebbe anche starci che Elena abbia nascosto una passione per la musica fino a questo momento.
Intrecci discutibili. Pappagalli policromi che parlottano mentre tutto intorno gira.
Karl ed Elena non si sono conosciuti.
Karl ha lasciato la casa che Elena ha notato, da più di un mese, dopo aver imballato tutto ciò che gli pareva fondamentale. Il pianoforte non rientrava più nella lista delle priorità. Sarebbe rimasto lì quale eredità di un momento solcato.
Ora è già in Canada anche se dovrà ripassare in Italia per definire certi dettagli sulla vendita.
La burocrazia può giocare brutti scherzi a chi è abituato a scivolare in discesa, ed a volte i brutti scherzi si tramutano in spettacolari occasioni.
Il Canada è la destinazione che si era prefissato nell’ultimo periodo, dopo una chiamata di un parente di sua madre. Le sue origini, il suo sangue lo ha condotto là. Nulla di più, nulla di meno.
—–
Il giorno in cui Elena, con coraggio, aveva deciso di entrare e chiedere informazioni, non vide altro che scatoloni e polvere.
Toccò il pianoforte, fece un giro intero intorno, sfiorò la tastiera e per pochi minuti si lasciò sedurre dall’incanto di quella massa lucente. Per quel che ne sapeva poteva appartenere ad un vecchio, ad una donna in carriera, ad un bimbo prodigio. Forse era stato un semplice decoro. Capita.
Aveva indugiato alcuni secondi davanti una cornice bianca che stava sul pavimento. Fece passare la sua mano attraverso il vuoto in mezzo. Rise. Una strana risata. Ritirò il braccio e poi lo introdusse nuovamente. Vide un chiodo sulla parete dietro il pianoforte e fu naturale appendere quella cornice. Non stava affatto male in quel contesto. Un vago senso dell’infinito, ma Elena non era un’intellettuale. Aveva pensato in quei termini giocando con i dettagli dell’istante.
Poco dopo Elena uscì riprendendo la medesima strada di sempre per andare al suo solito lavoro. Avrebbe chiamato la sua amica più tardi per raccontarle quella pausa sognante. Una cornice appesa al muro seguendo l’istinto.
Aveva avuto il coraggio di spruzzare un sogno entro un limite decorato. aveva osato, secondo i suoi standard di pensiero e questo l’aveva inebriata lungo il midollo. Entrare, spiare, toccare.
Karl ed Elena non si sono incrociati. Non sospettano dell’esistenza l’uno dell’altra. Ma tutto potrebbe ancora accadere.
C’è mancato poco questa volta.
Potrebbe ancora accadere.
Qualcosa nell’aria lo prevede.
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Carinissimo questo coso!!! Mi son proprio cosata ! E se cosi anche i miei ,di cosi, coseremo insieme !
Luisa,perdonami non era per il tuo racconto il commento! penserai che son assurda, ma ho sbagliato a digitare! Complimenti anche per tuo , di sicuro, ! Ma ignora quello sopra, è per un nostro collega, diciamo così .
Il tema è simile a “Mancarsi”, un piccolo e raffinato romanzo di Diego de Silva, anche se l’ambientazione è completamente diversa. Mi è piaciuto, complimenti
Grazie! Che commenti appetitosi… Una nota per Laura: fosse per me dovresti essere fra i vincitori per i racconti umoristici! Sono stata vista ridere e la faccenda si è dilatata!
Cara Louise Mary Hall (Luisa Maria Sala)…ma come sei carina!! E gentile! Questa volta il commento mio è proprio per il tuo racconto che ho apprezzato molto perché mi ricorda (ho questo viziaccio, cioè di pensare sempre a qualcosa d’altro mentre leggo)la Serendipity…cerchi una cosa e ne trovi un ‘altra ,per caso..tutto può accadere ma non è mai un caso diceva C.G.Jung.allora penso che chissà se mai ci incontreremo per caso , e comunque sbagliando inizialmente l’invio di un commento, per caso,parlando di un coso, ci siamo conosciute e non è un caso!! Riguardo al mio umorismo, son contenta il mio raccontino ti abbia sollazzato un pochino…per caso hai letto anche l’altro, un po’ tristino??
L’ umorismo nasce dalla disperazione a volte!!! Ahaha!
Omaggio a Mrs & Mr Serendipity -non caso
Gaffes e figuracce m’hanno spesso accompagnato
e più m’arrabbiavo più queste s’affaccendavano.
Un giorno invece -non saprei dire perché- mi misi
a ridere per ciò che avevo combinato.
Da quell’istante tutto è cambiato.
Meno penso con rigidità e più tutto al meglio va
Grazie Laura, grazie mille
Maybe Serendipity s’affaccerà prest-ly
????
Omaggio a Mrs & Mr Serendipity -non caso
Gaffes e figuracce m’hanno spesso accompagnato
e più m’arrabbiavo più queste s’affaccendavano.
Un giorno invece -non saprei dire perché- mi misi
a ridere per ciò che avevo combinato.
Da quell’istante tutto è cambiato.
Meno penso con rigidità e più tutto al meglio va
Grazie Laura, grazie mille
Maybe Serendipity s’affaccerà prest-ly
????
Mi piace pensare al seguito di questo racconto con l’incontro tra Karl ed Elena. La vita spesso è spietata ma in un racconto tutto può ancora accadere.
Bello!
Proprio carino, il nocciolo in questa grande linea: Intrecci discutibili. Pappagalli policromi che parlottano mentre tutto intorno gira.
Marzia, ti ringrazio per averlo letto… In effetti, a questo concorso, ho inviato testi sperimentali: senza trame, senza intrecci, senza personaggi definiti dove ognuno può immaginare qualsiasi cosa. Grazie ancora,