Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2016 “La differenza che fa la differenza” di Carla Vinazza

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

“Perché questi signori hanno tutti il dito centrale alzato?”

Marcellino, confuso nella ressa della città a cui non è abituato, chiede alla mamma il perché di quello strano comportamento. Non sa neanche che quel dito si chiama medio e quel gesto ha un brutto significato; solitamente vive in campagna e per gran parte della giornata è affidato alle cure attente dei nonni, mentre i genitori si spostano verso la città per recarsi al lavoro.

Mamma Lidia, imbarazzata e decisa a non smontare in alcun modo l’incanto di quel bambino che avrà in seguito tutto il tempo per scoprire le brutture del mondo, decide di non rispondere promettendogli una spiegazione accurata quando avranno raggiunto casa.

Si guarda intorno Marcellino, con gli occhi sbarrati da una meraviglia che non è la stessa di quando vede sbocciare un nuovo fiore o una farfalla che svolazza tra l’erba. Sono occhi intimiditi e quasi spaventati da un frastuono che non conosce mentre cerca tra la folla altri bambini della sua età ma sono tanto diversi da lui, vestito con indumenti semplici e sicuramente fuori moda.

“Mamma, perché gli altri bambini hanno vestiti così diversi dai miei?”

Anche a questa domanda non segue una risposta e, da bambino intelligente quale è, capisce che non deve più chiedere nulla e che la mamma riempirà quelle incomprensioni in un momento più adatto.

In città tutti hanno quel telefono senza fili che anche i suoi genitori possiedono, ma che usano solo per le emergenze; non li ha mai visti camminare per strada e telefonare.

Dopo un pomeriggio intero di confusione, finalmente l’auto di Lidia si inerpica verso la collina dove il sole illumina di ombre basse e lunghe i vigneti vicino casa;  Marcellino sembra aver dimenticato tutte le stranezze viste in quel fuori programma di cui la mamma si è già pentita, sa però di avere in sospeso delle risposte che sono state promesse e non andranno disattese.

Riunita la famiglia intera intorno al tavolo della cucina, il bambino sembra ricordare improvvisamente quelle scene a lui non comprensibili.

“Papà, oggi in città ho visto dei signori che facevano delle cose strane e mamma ha detto che me le avrebbe spiegate con calma”

I genitori si guardano lanciandosi segni di intesa, indecisi se svelare il mondo che c’è oltre quei prati ancora incontaminati o lasciare che il figlio continui a vivere nella sua beata innocenza, pur se per poco. A breve andrà a scuola e queste cose le scoprirà da solo.

“Marcellino, quante dita ci sono in una mano?”

“Cinque, mamma”

“Tu sai il nome di ciascun dito?”

Alza la mano, se la guarda con attenzione, si tocca con l’altra ogni singolo dito come a fare mente locale.

“C’è il pollice e il mignolo”

“Sono solo due, e le altre dita?”

“Sono senza nome. Ma quei signori avevano il dito centrale alzato e non mi hai ancora detto cosa vuole dire”

“Dopo il pollice c’è l’indice, quello con cui indichi le persone, le cose che ti piacciono o qualcosa e qualcuno che non ti piace; ricordi quante volte lo hai fatto?”

Fa mente locale e ricorda perfettamente di averlo usato proprio per indicare quegli strani signori.

“Sì mamma, allora lo chiamo indice”

“Bravo, poi c’è il dito medio, si chiama così proprio perché sta nel mezzo e dopo c’è l’anulare. Quello è il dito dove io e papà teniamo l’anello del matrimonio”

Accenna un sì con la testa, ma sembra confuso; nessuno gli ha ancora detto a cosa serve quel dito e cosa significa quel gesto.

“Marcellino, hai mai visto me e la mamma fare quel gesto?”

Ci pensa un attimo, magari gli è sfuggito, ma non ricorda nulla di simile.

“No papà, come mai?”

“Prova a pensare a tutto quello che fai durante il giorno. Quante volte uso quel dito?”

Marcellino è in difficoltà; in effetti non sa dire esattamente l’uso specifico di nessun dito, ma è troppo curioso e qualcosa deve inventarsi.

“Me lo infilo nel nasino!”

“Quante volte però ti abbiamo detto che non si deve fare, in special modo in mezzo alla gente?”

Ci pensa, e pensa anche che gli hanno sempre detto che per fare quella cosa si deve usare il fazzoletto.

“Allora il dito medio non serve a niente, ma se non serve a niente perché ce l’abbiamo?”

Papà Renzo deve assolutamente mettere fine a questa storia, l’espressione di mamma Lidia è esplicita: non è il caso di entrare nei dettagli.

“Marcellino, dove sono attaccate le dita?”

Lui se le guarda ancora per bene, con fare critico.

“Alle mani?”

“Bravo! Se fossero staccate come potresti usare ogni singolo dito?”

Marcellino ci pensa, ci riflette e arriva alla conclusione che non potrebbe fare nulla.

“Le dita allora sono fatte per stare tutte assieme! Ma quei signori le altre dita non le avevano?”

Mamma Lidia gli prende la manina e gli piega tutte le dita tranne il medio.

“Forza, vediamo cosa riesci a fare solo con quel dito”

L’istinto è quello di portarlo alle narici, ma non si può fare, glielo hanno appena detto.

È in difficoltà, e comincia a pensare che ci hanno creato tutti quanti con un dito che non serve a nulla.

“Ti aiuto un pochino?”

“Sì mamma, grazie”, e glielo dice con un sorriso riconoscente che sostituisce quell’espressione di smarrimento e perplessità.

Lidia si avvina al suo viso e con le dita gli sfiora le gote, carezzandolo.

“Quante dita ho usato, Marcellino?”

“Tutte!”.

“Ecco, bambino mio. Le cose e le persone da sole non valgono nulla. Che carezza sarebbe stata se l’avessi fatta solo con il dito medio?  Che famiglia saremmo se tu, papà, mamma, nonna e nonno non fossimo legati insieme indissolubilmente dall’amore che proviamo?”

Marcellino ha smesso di guardarsi il dito medio, e con dita flessuose e agili come quando si compone una melodia al pianoforte ha cominciato ad accarezzare i volti di mamma e papà.

“Ora hai capito, Marcellino?”

“Si’, ho capito che quei signori non sono capaci di amare!”

Marcellino l’anno prossimo andrà a scuola e userà quella dita per mangiare da solo, per imparare a scrivere, per tenere il segno mentre leggerà, per alzarle tutte quante quando vorrà fare una domanda alle maestre, quando disegnerà, quando comincerà a fare le flessioni in palestra, quando si arrampicherà sulla scaletta dello scivolo o su quella della piscina.

Marcellino è un bimbo down che avrà tanto da insegnare agli altri compagni quando lo scherniranno perché non saprà ancora cosa significa quel dito medio alzato, e sarà proprio questo a fare la vera differenza tra lui e loro.

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18 commenti »

  1. Buongiorno Carla, ho trovato una dolcezza straordinaria in questo racconto. Semplicissimo, proprio come deve essere la comunicazione quando non è alla pari, mi ribadisce che c’è sempre un altro punto di vista.

  2. Dialoghi delicati, teneri, fatti di descrizioni semplici ma efficaci, per parlare a un bimbo delle storture del mondo. Brava.

  3. Grazie mille Lidia e Maria, le vostre considerazioni mi riempiono di gioia soprattutto per un motivo: non avendo figli e nipoti ( tranne quelli delle amiche strette che mi considerano come una zia) sono contenta di aver trovato un linguaggio comprensibile per loro. Anche se ammetto che, avvezza a un diverso modo di esprimermi, non e’ stato semplicissimo. Tutta esperienza che entra 🙂

  4. Non è facile utilizzare un linguaggio che sia per un verso comprensibile per bambini e, per l’altro, accattivante per gli adulti. Tu ci sei riuscita molto bene. Brava

  5. Grazie Ottavio! E’ la prima volta che provo a variare il mio stile e anche la prima volta in cui ho usato l’indicativo presente. Forse dovrei farlo più spesso

  6. buongiorno Carla, ho letto con attenzione il tuo racconto e la parte che mi è piaciuta molto è quella dei dialoghi. Da solo, quello scambio di frasi funzionerebbe come un racconto. Invece l’effetto sorpresa alla fine è spiazzante. In ogni storia. In ogni racconto. Per la brevità della narrazione e perché il lettore vuole avere il più possibile informazioni sui personaggi. Mi ha spiazzato perché durante la lettura mi ero già fatto l’idea del bambino, lo vedevo in un certo modo e sapere che è down ha mescolato le idee. Questo non vuol dire che il lettore non è pronto a cambiare idea durante la lettura. Secondo me, se avessimo saputo a un certo punto della storia, non troppo in là dall’inizio, che il bambino fosse down, la storia avrebbe acquistato più forza e dolcezza. E’ il mio modesto parere e quello che mi hanno ripetuto centinaia di volte i miei maestri scrittori 🙂
    In bocca al lupo anche a te (ho visto che hai partecipato anche all’edizione scorsa. Pure io, senza risultati)

  7. Cara Carla, dopo il tuo commento al mio piccolo racconto, sono andata a vedere se anche tu avevi scritto qui su Racconti nella rete, perchè mi faceva piacere leggerlo. Mi è piaciuto fin dall’inizio perchè la mamma in questione mi è sembrata subito una donna intelligente che non apre bocca tanto per. Sono andata avanti nella lettura brillante mi è scappato anche il sorriso; poi quando sono arrivata in fondo e mi sono trovata davanti che il bambino è Down, ho avuto una stretta al cuore, ma non di pietà è che tutti i bambini dovrebbero avere dei genitori come quelli del tuo racconto, perchè in modo puro e semplice hannofatto capire al figlio che la cosa importante nella vita è l’AMORE!!! E se tutti fin da piccoli imparassero veramente ad amare e non l’egoismo, la superbia, la rivalità che porta al voler primeggiare e imporre con la forza le proprie idee, forse potremmo avere un mondo migliore!!! E i veri diversi da schernire sono gli altri non Marcellino!!! Grazie Carla perchè hai scritto un bel racconto.

  8. Ciao Andrea, grazie per le tue parole e per avermi letta. L’idea era quella del colpo di scena finale proprio perchè il lettore non fosse influenzato dalla condizione del bambino. L’ho ” trattato” come tutti i bambini, forse un po’ meno disincantato degli altri; insomma l’ingenuita’ e la spontaneita’ dovevano essere le caratteristiche predomnianti. Grazie ancora e in bocca al lupo anche a te !

  9. Ciao Maristella e grazie anche a te per avermi letto. Mi piacerebbe che tutti i bambini fossero cosi’ delicati come Marcellino, scevri da ogni malizia e dall’utilizzo della tecnologia . Grazie ancora per le belle parole!

  10. Ciao Carla, complimenti per il tuo racconto. E’ molto delicato e riporta alle atmosfere fiabesche.

  11. Bellissimo, complimenti. Profondo e vero

  12. Grazie Eneigo e grazie Aurora per avermi letto e commentato! In bocca al lupo ad entrambi!

  13. Oh, se riuscissimo a capire l’importanza della differenza! Quel frammento di unicità che caratterizza ognuno di noi, spesso nascosto per paura o codardia.
    Mettere in circolo le nostre differenze, questo dovremmo fare, per arricchirci reciprocamente. Complimenti e in bocca ( sempre al solito ) lupo!

  14. grazie, Barbara!

  15. Sono sempre qui, a godermi la coltellata improvvisa che il tuo racconto mi ha infilzato a tradimento nel cuore. Hai colpito Carla, hai colpito in profondità sia nel finale ” a sorpresa” sia nel modo con cui i genitori, insieme e d’accordo, spiegano al bambino la questione. Abbiamo davvero oggi la voglia, il tempo e l’intelligenza di spiegare ai nostri figli le “cose” della vita in maniera così serena e pacata? Mi auguro vivamente di si. Grazie per l’emozione e complimenti.

  16. Un racconto che sa di incanto, educativo e dolce

  17. Scusate il ritardo, Patrizia e Laura.
    Grazie ad entrambe per avermi letto!

  18. Hai tentato di indagare un mondo troppo vasto per riuscirci nelle poche pagine imposte dal concorso, ma il tuo linguaggio mi fa capire che sei perfettamente in grado di approfondire l’argomento. Sarei curioso di leggere un racconto più lungo su questo tema.

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