Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Racconti nella Rete 2016 “Lettera ad Achille” di Sabrina Guglielmi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

(questa lettera l’ho scritta circa due anni fa quando avevo da poco iniziato il corso di laurea in Infermieristica, ero in ospedale ed è avvenuto questo episodio con un malato terminale che mi ha spiazzata e ha ispirato questo ‘’scritto’’)

Lettera ad Achille

E’ per te che alcune notti piango, nel logorante silenzio che mi circonda, oltre al buio che divora e porta pace, su di un cuscino umido, tutto quello che riesco a esprimere sono lacrime. Piangere per aver capito tutto, piangere per non aver capito niente. Piangere consapevole di non aver capito niente, piangere di fronte al tuo oro. Mi faccio molte domande, sono una ragazza molto curiosa, sai, e apprezzo questo aspetto di me, ma una delle tante cose che forse mai capirò è il tuo gesto. Guardo questa parola e penso che non si può definirlo semplicemente gesto, troppo poco. Lo paragonerei, che so, ad un altro big bang, perché mi ha causato una cosa simile nella testa e nel cuore.  Mi hai sconvolta, senza mezzi termini. Un male che ti divorava lentamente la gola, le tue corde vocali inizialmente più deboli, poi rosicchiate e distrutte e la tua voce dissipata nel tempo, un uomo senza più la sua voce, per sempre, per il tempo che gli rimane da vivere, per quel tempo prima del quale quel male non avrebbe ancora deciso di togliergli. Un uomo che aspetta di morire. Un dolore estirpante, una continua falciatura di cellule, aberrante al punto di fregarsene di qualsiasi altro dolore psicologico, seppur forte anch’esso. Un dolore che non può competere con il pensiero di lasciare una moglie, una figlia, un affetto, anche il più piccolo; tutto ciò non rappresentava nulla in confronto a quella morsa alla gola.  Ecco, un uomo così, in trappola in tutti i sensi, che non sa se sperare in un arrivo precoce dell’ora fatidica oppure che Dio gli dia la forza almeno quel tanto che basta per non sentirsi insufficiente, per provare a comunicare un’ultima cosa, giusto un altro po’ di tempo perché si ha paura in fondo di quello che c’è dall’altra parte. Tutto questo eri tu, in quei giorni di maggio. Io, dall’altro lato, una ragazzina di diciotto miseri anni, nel pieno della fioritura fisica e mentale, nel pieno e basta, capace di sorridere e infischiarsene dei disagi vissuti semplicemente perché a diciotto anni è tutto più facile da affrontare. Questo abisso tra di noi; ed io che vengo da te perché l’infermiera mi ha ordinato di misurare la pressione arteriosa ad un paziente moribondo. Non ad un cardiopatico grave, magari giovane, del quale sarebbe importante conoscerne la pressione. Nulla di tutto ciò. L’inutilità, la banale e offensiva quotidianità dentro questa azione meccanica, questo dovevo mettere in pratica io. Così, ho fatto quel che dovevo fare, ho comunicato i valori a tua moglie che ti era accanto, lei ha annuito semplicemente, gli occhi persi nel vuoto, mentre tu con degli occhi che non dimenticherò mai, grondanti di luce, di guerra, ti sei agitato, hai fatto di tutto per tirare fuori una parola che non riusciva a venir  fuori, la foga di quei gesti, la frustrazione del non poter parlare, un fuoco di determinazione si è manifestato davanti ai miei occhi, nei tuoi occhi. Non scorderò facilmente il tuo dimenarti, con vero e proprio impegno, come a farmi capire che dovevo assolutamente ascoltare quello che avevi da dirmi. Questa  parola l’ho poi appresa da tua moglie che con molta difficoltà alla fine è riuscita a capire: ‘’GRAZIE.’’  Un ‘’grazie’’ letteralmente sudato detto a me! Nessuno da rispettare in quanto medico, infermiere o altro, una ragazzina da rispettare forse solo come persona seppure qualcuno in questo sporco mondo se ne degna. E’ questo che mi fa piangere le notti. L’incongruenza. L’incredulità. L’abisso tra me e te. L’assurdità della situazione. Ma soprattutto la piena consapevolezza che io, nella tua stessa condizione, non mi sarei nemmeno sognata di sforzarmi in quel modo per ringraziare una infermiera  tirocinante, misera, magari anche scema, mah, chi l’ha mai vista..? che mi ha messo un manicotto al braccio un po’ svogliatamente per il caldo, un po’ pensando ai fatti suoi, un po’ sfruttando i miei ultimi e deboli battiti cardiaci per imparare. Io non l’avrei ringraziata, lo ammetto, mentre quelle forze già insulse mi stavano definitivamente abbandonando, per dire grazie ad una così. E’ questo che mi fa piangere, l’aver trovato l’oro in un giorno di maggio. Non riesco a definirlo in altro modo. L’aver trovato qualcosa che io sono consapevole di non avere in me, o di esser capace a procurarmi da me. Questo è trovare l’oro. Di te so solo il nome e che qualche giorno dopo questo episodio sei andato incontro alla pace, forse grazie anche alle mie preghiere che fossi corso rapidamente verso la luce, verso l’indolore. Una persona intensa, una, ma che è bastata a sconvolgermi quanto basta per piangere nei giorni successivi e saltuariamente fino a oggi, seppure a distanza di due anni. Sei diventato il fulcro della mia vita ‘’lavorativa’’, il perno, ciò intorno a cui ruota quello che faccio e che probabilmente continuerò a fare. Non sei morto. Ti sei trasformato nella passione che metto nei gesti, anche nel più debole dei sorrisi che farò ad un paziente domani. Ci sei tu l’ dentro. Perché è e sarà sempre il mio modo di ricambiare il tuo ‘’grazie’’ nel mio piccolo.

Buon riposo, amico mio.

S.

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8 commenti »

  1. Appassionata lettera, la tua, Sabrina, che commuove ad ogni parola. Scrivere è un’esperienza straordinaria, nella misura in cui ci consente di definire i confini delle nostre emozioni e ci offre la straordinaria possibilità di condividerle col lettore. E tu, mia cara, ci riesci ad ogni passaggio del tuo racconto. Brava.

  2. Grazie mille Maria!

  3. Cara Sabrina, forse posso capirti più di chiunque altro, visto che faccio l’infermiere da molti anni. La tua esperienza – che racconti col cuore – è fantastica ed emblematica nella sua semplicità. Spero non ti abbandoni mai questo spirito. Un abbraccio (virtuale e vigoroso).

  4. Brava, per la forza dei tuoi sentimenti e per l’emozione che hai saputo trasmettere. Tifo per te

  5. Molto toccante, davvero. Brava Sabrina!
    (FACCINA SORRIDENTE)

  6. Il tuo racconto è stato un’onda, che parte minacciosa già dall’orizzonte per ingrossarsi sempre più con la tua rabbia, la tua frustrazione, il tuo dolore e le tue lacrime infinite per venire a infrangersi qui, proprio sul mio cuore. Grazie per queste emozioni così intime che hai deciso di condividere con tutti noi.

  7. Il racconto non ha in se niente di forte, almeno nelle prime battute. Una descrizione. Ill dolore vissuto per prossimità. Il contrasto tra la malattia e la forza della giovinezza.
    Il finale è semplice ma d’effetto. Mi è piaciuto molto.

  8. Grazie @patriziascialoni e grazie a @danielevaienti

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