Premio Racconti per Corti 2014 “Giochi di bimbi” di Liliana Murru
Categoria: Premio Racconti per Corti 2014Sembrava un’altra Parigi. Lontana dalla frenesia dei Grands Boulevards, dalle file interminabili davanti ai musei, dal traffico incessante di chiatte e Bateaux-Mouches lungo la Senna, Place des Vosges appariva come un’oasi di pace. Mi sono seduta su una panchina, all’ombra degli alberi che offrivano un po’ di refrigerio dal caldo soffocante di agosto. Di fronte a me, all’estremità di un grande bac à sable *, due bambini in calzoncini e canottiera erano intenti a costruire un castello. Palette, secchielli, rastrelli, formine e macchinine rallegravano il grigio uniforme della sabbia. Ho lasciato vagare lo sguardo oltre le cime dei tigli: le facciate di mattoni rosa e pietra bianca sormontate da tetti d’ardesia blu si alternavano, quasi identiche, come in un insolito gioco delle differenze.
L’ho vista arrivare con passo incerto, la manina saldamente tenuta al passeggino. Avrà avuto si e no un anno. Indossava un bel vestitino bianco a maniche corte bordato di pizzo e sandaletti dello stesso colore. Ho pensato a quando, molti anni prima, anch’io portavo mie figlie ai giardinetti, vestite come due bamboline. Il papà si è seduto a fianco a me, ha estratto un libro in inglese dalla borsa e ha cominciato a leggere, con nonchalance. La bimba ha tentato, invano, di slacciare i sandaletti poi, sollevando una delle gambe, ha fatto capire alla mamma che quei cosi che aveva ai piedi non le servivano più. Finalmente scalza si è diretta traballando verso il bordo della vasca e, voltandosi verso la madre, ha sorriso soddisfatta nel momento in cui l’ha raggiunto: fremeva come una tartarughina che, appena uscita dal guscio, sente potente il richiamo del mare. Nulla l’avrebbe più fermata, nemmeno l’altezza del bordo. Senza esitare si è voltata per scendere all’indietro, come fanno tutti i bambini. La mamma si è seduta accanto a noi sulla panchina. La bimba si è messa carponi e ha raggiunto alcuni giochini di plastica sparsi sulla sabbia lì intorno. Ha preso un secchiello, l’ha girato e rigirato tra le mani, ci ha guardato dentro, si è rovesciata addosso quel po’ che conteneva. Di colpo l’ha lasciato, il suo sguardo catturato da un altro oggetto, poco distante. L’ha raggiunto in un attimo. Possibile che non l’avesse mai visto prima? Mi sono chiesta. Forse non di quel colore. Quello era di un bel arancione vivo, invitante. L’ha afferrato con le sue manine minuscole e, senza pensarci due volte, l’ha portato alla bocca. Lo ha assaggiato, curiosa, da una parte, poi dall’altra. La madre non ha battuto ciglio. Non ho potuto fare a meno di sorridere: molte mamme italiane avrebbero urlato inorridite. In fondo, lo avrei fatto anch’io.
D’improvviso uno dei due maschietti si è voltato verso la bimba, l’ha guardata stupito.
“Ma hai visto cosa sta facendo?” ha detto richiamando l’attenzione dell’amichetto che non si era accorto di nulla.
L’altro bambino ha osservato la scena, divertito. “Beh, che problema c’è?”
“Che schifo!” ha ribattuto il primo. La bimba non aveva smesso un attimo di succhiare l’infradito di gomma arancione di uno dei due ragazzini, quasi stesse gustando il più delizioso dei lecca-lecca.
“E dai, lasciala stare! Ma non vedi com’è felice?”
*Vasca di sabbia destinata ai giochi dei bambini nei giardini pubblici
Mi manca Parigi…
Scrittura semplice,
racconto carino.
Una polaroid colorata
al gusto di..infradito.
🙂
Brava Liliana, mentre leggevo il tuo racconto sentivo crescere dentro di me la curiosità di proseguire. Una bella città come Parigi vissuta da dei bambini piccoli in un luogo di svago, risveglia in me e penso in altri molti sentimenti. Complimenti di nuovo
L’immagine di una bambina felice che succhia un infradito? Troppo bella! Sottile il confronto psicologico dei genitori della bambina e dell’io narrante. Strepitose le battute finali dei due bambini. Racconto breve che trasmette tante emozioni.
Roberto, la storia è vera, ho avuto il piacere di assistere a questa scena qualche anno fa. Ho sempre pensato di trasformarla in una storia ed ora eccola qua. I dialoghi sono proprio quelli reali. Ho lasciato il finale aperto a qualunque soluzione. Grazie
Grazie Marco per il bel commento.
Maurizio, l’infradito doveva essere davvero gustosa. E’ stata una scena troppo dolce, penso continuamente a quei bambini, beata innocenza. Grazie
Ahh… Paris! Così frenetica e così trapuntata di oasi di pace. Viva le infradito!
concordo con Maurizio… una polaroid immediata, colorata e dolcissima! 🙂
Grazie, Maria Cristina per il tuo simpatico commento. Aggiungerei, Vive la vie!
Ti ringrazio Laura, e grazie ancora Maurizio per l’idea della Polaroid, è un commento che apprezzo molto. 🙂
Delizioso. I bambini comoscono bene la libertà, ma noi troppo spesso gliela facciamo dimenticare…
Grazie, Mara. E’ proprio così, a loro basta davvero poco per essere felici.
Scrivi disegnando immagini, sembri una pittrice, direi proprio un’impressionista. Pensa che leggendo il tuo racconto mi è venuto in mente un bellissimo quadro di Renoir, che anche se è intitolato “the two sisters”, io l’ho sempre visto come una mamma e una bambina. La mamma rilassata che guarda lontano godendo della pace del parco e la piccola con gli occhi furbetti che già pensa alla prossima marachella come…succhiare delle infradito di gomma!
Caro Giuseppe, touchée. Per una che adora gli Impressionisti questo è un vero complimento. Ho avuto il privilegio di assistere ad un delizioso spaccato di vita in una delle piazze più belle di Parigi. Ancora grazie.
Piccolo scorcio su marachelle infantili e sulla possibilità di un genitore di non interrompere la felicità di un bambino che scopre il mondo attraverso un infradito.
Carino davvero!
Angela Lonardo
Grazie Angela, mi piace pensare che in quegli istanti i bambini siano semplicemente bambini, liberi di esplorare e di “assaporare” il mondo.