Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “La fuga di Martina” di Ilaria De Marinis (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

In una grande città, al numero 7 di via Pisa, c’era un grande palazzo e dietro la finestra centrale dell’ultimo piano c’era… un naso. Sì, un piccolo e delizioso naso. Questo nasino apparteneva a una bambina molto curiosa di nome Martina. Quel giorno la piccola guardava imbronciata le gocce di pioggia che ticchettavano contro il vetro. “La pioggia proprio non mi piace… tutto diventa grigio, i colori spariscono…” pensava tra sé la piccola. Scese dallo sgabello accanto al davanzale e si sedette sul suo lettino dalle lenzuola azzurre. Mancavano pochi giorni al suo settimo compleanno. Sarebbe stato un giorno diverso, importante, e Martina lo sapeva. Per la prima volta avrebbe vissuto una vera avventura, ma non aveva paura, tutto era stato studiato nei minimi dettagli: il piano era pronto.

Era un brutto giorno d’inverno quando i signori Leonetti avevano scoperto che la loro figlioletta di quattro anni e mezzo aveva una brutta malattia. Presero i dovuti provvedimenti, e Martina, che conosceva così poco del mondo, fu rinchiusa, come una principessa prigioniera, tra le mura del suo castello. La mamma le aveva spiegato che nel corpicino di ogni bambino ci sono dei valorosi cavalieri bianchi pronti a difenderlo da tutti gli attacchi; nel caso di Martina, però, i cavalieri erano stati sconfitti, e ora erano così pochi da non riuscire a proteggerla. La piccola sperava che presto sarebbero arrivati i rinforzi, e nel frattempo osservava il mondo da lontano. Ciò che attirava di più la sua attenzione era il parco della città. Dalla sua finestrella riusciva a vedere le cime degli alberi che ondeggiavano al vento e mille immagini stuzzicavano la sua fantasia: fiori di tutti i colori, prati di erba soffice, farfalle che volavano liete, ma soprattutto voci di bimbi che giocavano spensierati e liberi all’aria aperta. Quanto le sarebbe piaciuto far parte di quel mondo ricco di sorprese… Immersa in quei sogni ad occhi aperti trascorreva ore e ore a disegnare i suoi adorati fiori e poi, orgogliosa, appendeva le sue opere alle pareti della cameretta, che ormai era un’esplosione di colori. Col passare degli anni pian pianino le forze della bimba erano aumentate. Martina aveva chiesto più volte alla mamma di portarla a giocare nel parco, ma la risposta era sempre stata negativa; e così, tra un “sei troppo debole”, un “non è ancora il momento” e un “vedremo più in là”, i giorni erano trascorsi ed era arrivata la vigilia del suo settimo compleanno.

Erano le nove di sera. La piccola, furtiva, prese le chiavi di casa che il papà, dopo essere rientrato dal lavoro, aveva riposto sul comodino. Si guardò intorno: nessuno si era accorto di nulla; allora sgattaiolò in fretta nella sua stanzetta e nascose le chiavi nella cesta dei giochi. Poi con aria innocente diede la buonanotte ai genitori e si coricò nel suo morbido lettino, felice ed emozionata per la giornata che l’aspettava.

Alle otto in punto suonò la sveglia. Martina in un battibaleno saltò giù dal letto e si precipitò in cucina per la colazione. La mamma e il papà erano già andati a lavoro e con lei in casa c’era solo Rosalia, tata e donna tuttofare.

Se c’era una cosa a cui Rosalia non avrebbe mai rinunciato era la sua soap opera preferita. Ogni mattina seguiva la nuova puntata senza lasciarsi sfuggire neppure il più piccolo particolare. Martina aveva scoperto che il giorno del suo compleanno (fortunata coincidenza) avrebbero trasmesso una puntata speciale di circa due ore e mezza: quale occasione migliore per attuare il suo piano.

Dopo la colazione la bambina tornò in camera sua e finse di giocare. Poi, verso le dieci, si vestì e preparò il suo zainetto mettendoci tutto l’occorrente: bottiglietta d’acqua, caramelle, cioccolatini, biscotti, i soldi che la nonna le aveva regalato per Natale, un cappellino e la cartina della città che il papà le aveva insegnato a consultare. Mancava poco, e finalmente per due ore sarebbe stata libera. Quando sentì la sigla della soap opera prese le chiavi di casa che aveva nascosto e di soppiatto attraversò il corridoio per raggiungere la porta d’ingresso. Rosalia stava stirando e aveva alzato il volume del televisore per non perdere una sola parola dei suoi beniamini. Questo facilitò le cose: la donna non si accorse del rumore della porta che cigolò e non vide i due occhi furbetti che la osservarono prima di scomparire al di là delle mura di casa.

Martina scese le scale in fretta. Quando si trovò davanti al portone le tremarono le gambette: ancora un passo e avrebbe disubbidito ai genitori… E se avessero scoperto la sua assenza? Se non fosse tornata in tempo? Questi dubbi l’assalirono, ma il desiderio di libertà vinse su tutto. Con la sua manina delicata spalancò il portone, e la luce del sole, che splendeva alto nel cielo, le illuminò il viso. Martina estrasse la cartina dallo zainetto e, stringendola tra le mani, senza perdersi d’animo si incamminò verso il parco. Suo padre non si era mai insospettito alle mille domande su come raggiungerlo e non immaginava affatto che la sua figlioletta preparasse un’evasione. La piccola attraversò con prudenza le strade, chiese indicazioni a un’anziana signora che le aveva rivolto un sorriso affettuoso e infine, dopo un quarto d’ora, raggiunse il parco.

Grandi alberi sovrastavano l’entrata e un sentiero di ghiaia divideva il prato. In lontananza vide cani scorrazzare felici sotto lo sguardo vigile dei loro padroni. Camminò lungo il sentiero osservando i fiori che mille volte aveva disegnato: ve n’erano persino di più belli. Raggiunse infine la zona dei giochi: alti scivoli, giostrine e altalene brulicavano di piccoli esploratori come lei, che giocavano con gli amichetti o con le loro mamme. Mentre guardava incuriosita tutto questo una mano le si posò sulla spalla facendola sussultare.

«Ciao!» le disse un bambino dagli occhi castani e vispi.

«Ciao…» rispose Martina, un po’ intimidita.

«Vuoi giocare con me? Mi chiamo Luigi.»

Martina restò per qualche secondo in silenzio, poi con un sorriso annuì e disse:

«Io sono Martina.»

Luigi la prese per mano.

«Vieni, andiamo a provare la giostrina rossa. È nuova, l’hanno montata solo ieri.»

Martina lo seguì. Erano mano nella mano. Da anni non aveva contatti diretti con i bambini della sua età; aveva atteso a lungo quel momento, e ora che era arrivato le sembrava tutto così strano… Per la prima volta, però, si sentiva davvero felice, come non lo era mai stata, si sentiva viva, forte, sicura. Per la prima volta era una bambina come tutti gli altri.

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9 commenti »

  1. Questo racconto non mi sembra molto adatto a un pubblico di bambini; mi ha un po’ intristito… (Ma questo è solo un mio modesto parere).
    Paola Cavallari (“In viaggio”)

  2. Ciao Paola, ti ringrazio per aver commentato il mio racconto. Questo testo di certo fa pensare. Nella realtà ci sono storie simili a quella da me raccontata, e non bisogna sottovalutare i piccoli lettori. Io credo sia molto importante che conoscano i sentimenti, le paure e i desideri di chi può apparire ai loro occhi ‘diverso’, e allo stesso tempo dar voce, speranza a chi in prima persona può trovarsi in una situazione analoga. I bambini sono i primi a porsi mille domande quando percepiscono qualcosa come strano, diverso, e sapere cosa può immaginare un loro coetaneo li aiuta a comprendere meglio le situazioni. Riguardo alla tristezza che il racconto ti ha trasmesso penso piuttosto che sia attraversato da un senso di speranza e di voglia di vivere. Ovviamente, i sentimenti suscitati da ciò che si legge variano da lettore a lettore; in ogni caso ciò non ne fa un racconto inadatto a un pubblico di bambini: in fondo la mia Martina può essere considerata una moderna Raperonzolo, rinchiusa nella sua torre da una malattia anziché da una strega cattiva. Non ho ancora avuto modo di leggere il tuo racconto, lo farò nei prossimi giorni e lascerò un mio commento sincero. Grazie ancora. Ilaria De Marinis

  3. Cara Ilaria, il mio voleva essere solo un parere ‘letterario’. Mi rendo perfettamente conto della malattia che, purtroppo, colpisce tanti piccoli e della necessità di coinvolgere emotivamente su questo problema, altri bambini molto più fortunati della tua ‘Martina’. Forse, per sdrammatizzare l’argomento, e renderlo più fruibile a un pubblico di bambini avrei usato un tono un po’ più brioso, frizzante, usando magari degli animali parlanti… insomma uno stile, un po’ meno malinconico.

  4. Cara Ilaria, mi piace la linearità, l’asciuttezza di stile del tuo racconto, mi piace il modo in cui sa accendersi improvvisamente, mediante un rapido zoom su un dettaglio che schiude profondità inattese – ma sempre in punta di penna, quasi sottovoce : il nasino dietro il vetro, le gambette di Martina che tremano davanti al portone oltre il quale si apre quel mondo in cui ha sempre desiderato immergersi e che ora, finalmente, è lì, a portata di mano, la luce del sole che le illumina il volto, le manine della bambina che stringono la cartina della città… Apprezzo questa semplicità, questo rifiuto di fronzoli, di circonvoluzioni inutili: la stessa semplicità che rende il finale particolarmente toccante. E’ un racconto sincero: e questa dote lo rende capace di incontrare la sincerità dei bambini, di parlare al loro cuore puro, di farli pensare. In bocca al lupo, Ilaria!
    Domenico Andriani

  5. Un racconto delicato, sussurrato… come deve essere una storia come questa che ci suggerisce che un bimbo può essere malato nel corpo ma non nell’anima. Racconta l’apparente fragilità della esile Martina contrapposta al suo coraggio di fuggire, di varcare la soglia e lanciarsi nel mondo con tutto l’entusiasmo e la Forza Vitale dei bambini… non a caso a 7 anni, momento in cui nella vita di un bambino si apre una nuova fase di ricerca, scoperta, confronto con l’altro. Tanto importante perché porta alla adolescenza, quando dovremo accettare che i figli che crediamo nostri spiccheranno il volo.
    Forse può anche essere un momento di riflessione per noi genitori, a volte troppo attenti e asfissianti o, al contrario, presenti fisicamente ma assenti di fatto perché assorti e assorbiti da altro. Sordi e ciechi di fronte alle richieste dei bambini. Che vogliono uscire e permettere alla luce del Sole di illuminare i loro visini.
    Bravissima, Ilaria. Complimenti!
    In bocca al lupo!

  6. Grazie Marcella, grazie Domenico, per i vostri commenti così profondi. Sono davvero felice che il mio racconto vi abbia comunicato delle emozioni e che abbiate colto pienamente il suo messaggio. Grazie di cuore.

    Ps: Cara Marcella, ho letto il tuo racconto, è molto bello. Troverai a breve il mio commento. Complimenti e in bocca al lupo anche a te!

  7. Un racconto che mi ha emozionato, ho sentito le emozioni di Martina, ho respirato i suoi profumi fuori da quella porta, e la gioia che ogni bambino ha il diritto di provare. Brava Ilari..mi sono alzato e ho applaudito a te e Martina!! Baci!!:-)))

  8. Grazie mille Sabino, sono contenta che ti sia piaciuto. Un abbraccio. 🙂

  9. Il finale sembra premiare Martina che può giocare con Luigi al parco. Ma Luigi è solo al parco? Il gesto di disobbedienza di Martina è poco probabile e ,se attuato, sarebbe la dimostrazione del fallimento dei metodi educativi dei genitori di Martina. Ilaria, questo è il commento di un papà e prendilo come tale.
    Il racconto è ben congegnato ed è la rappresentazione della società: i genitori che lavorano e si avvalgono della collaborazione di una “Tata”, l’età della ricerca dell’ autonomia che si abbassa sempre più e, anche, la voglia sorprendente di affrontare le situazioni, come narrano le telenovelas o i racconti a puntate con protagonisti i bambini o i ragazzi.
    La “fuga di Martina” non la giustificherei come un bisogno di assaporare la vita all’aria aperta o come bisogno della libertà. Ci sarebbero tante domande da porre ai genitori di Martina e a noi stessi per il bisogno di libertà dei nostri figli. E il fatto che si parli di “bisogno” è già il problema.
    Credo che la forza del racconto sia nel provocare i genitori e gli educatori in un dibattito sulle situazioni – limite.
    Ciao.
    Emanuele.

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