Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2013 “L’insegnante ungherese” di Barbara Codogno

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

E’ che avevo i denti storti. Così per non aprire quella mia bocca con i denti storti e grandi, con quei denti da scimmia che mi ritrovavo, io la bocca la tenevo chiusa. Parlavo poco, non ridevo mai e mangiavo pochissimo per non dover allargare, aprire, divaricare quella mia brutta bocca piena di denti storti. E’ che ero magra, troppo magra diceva il dottore. Per forza, io quella mia bocca la tenevo sempre chiusa per non mostrare i denti storti e gialli che avevo.
Così stavo crescendo storta anche io, così magra e storta che il dottore disse a mia madre che avevo la scoliosi e soprattutto le scapole alate ed ero molto grave, bisogna fare qualcosa signora!
Io, quando ho sentito di avere le scapole alate, subito mi sono sentita un angelo ma a scuola, dove tutti mi prendevano in giro perché avevo i denti storti e perché non mangiavo e perché non parlavo mai, mi hanno detto: scema! le scapole alate è una deformazione!
E infatti mi hanno mandato a fare la ginnastica correttiva.
Ci voleva la tuta da ginnastica ma in casa non c’erano tute da ginnastica  e allora mia madre accorciò le bretelle di una sua canottiera e mi mandò a ginnastica correttiva con quella e un paio di pantaloni corti estivi.
A dire il vero io stavo tutta storta e avevo le scapole alate perché mi stava crescendo il seno.
Io, quelle due protuberanze che spingevano e si libravano verso l’alto nutrendosi della mia carne, contro la mia volontà, nonostante non mangiassi, io non sapevo come fermarle.
E non le volevo.
Così curvavo le spalle e incassavo il collo dentro al torace per tenere nascosta questa mia carne che voleva diventare qualcosa che io non capivo.
E quella stupida di quella canottiera rabberciata non faceva altro che far risaltare quelle due entità a me estranee che mi stavano bucando il costato.
Quando mi presentai alla ginnastica correttiva l’insegnante la trovai molto bella ma ne ebbi subito soggezione.
Mi nascosi in ultima fila e facevo gli esercizi con le braccia che stavano aderenti al torace, perché volevo tenere ferma la canottiera.
Che sennò uscivano quelle maledette mammelle che hanno tutte le bestie, le mucche e le cagne.
E io, mi dicevo, anche se ho i denti storti e gialli, io una mucca non la voglio diventare.
Ma l’insegnante che era bravissima, perché era addirittura ungherese e aveva anche studiato danza, dicevano a scuola mia, seguiva da vicino tutti i ragazzi in questi esercizi per la scoliosi, così venne anche vicino a me.
Con voce delicata e un po’ straniera mi disse: che stai facendo? e prese le mie braccia e le allargò staccandomele da quell’unica entità che erano diventate con la canottiera.
Facendo così le bretelline cedettero sotto lo sguardo ungherese dell’insegnante e le due entità estranee ne approfittarono per respirare.
I ragazzini del corso di ginnastica correttiva si misero subito a ridere vedendo che oltre ad avere i denti storti e gialli e a essere magra e storta avevo anche due tette che mi uscivano dalla canottiera e si misero a dire che ero scema, come facevano sempre.
Allora l’insegnante li fulminò tutti. Disse: maleducati, cosa c’è da ridere? vi ho forse detto di guardare lei? fate i vostri esercizi e non ridete dei compagni, ma come siete stati allevati? e mi risistemò sulla spalla la bretellina che mi era caduta lungo il braccio.
Ecco, io da quel momento, l’insegnante ungherese, io l’ho amata.
Amavo la sua pelle chiara, le lentiggini concentrate tra gli zigomi e la punta del naso, i suoi occhi neri, le sue sopracciglia folte, la peluria che le vedevo scendere dalla nuca dove raccoglieva in una grossa treccia i suoi folti capelli color del sole quando va incontro alla notte e ride felice.
Io l’amavo.
E cominciai a rubare a per lei.
Rubavo soldi dal portafogli di mia madre per poterle comprare dei fiori e poi rubavo i fiori dai giardini dei vicini o li rubavo dalla vetrina in esposizione dal fiorista.
Per portarle dei fiori.
Lei prendeva i miei fiori, sorrideva e mi diceva grazie e quando mi diceva grazie le mie scapole alate si riempivano di piume bianche e io spiccavo il volo davvero, anche con la scoliosi.
Volavo nel cielo ed ero bellissima, così bella che persino Gesù Cristo si impietosiva mi faceva il miracolo e io i denti storti non ce li avevo più e quando tornavo sulla terra, finalmente, sorridevo con i miei denti bianchi e dritti che mi aveva dato il Signore e allora lei, l’ungherese, mi baciava sulla bocca, finalmente.
Ne ho prese tante per ‘sta storia dei fiori che neanche sto a raccontarlo.
Dalla vicina, dalla fiorista, da mia madre, tutti mi rimproveravano e mi chiedevano dove cavolo li mettessi, a cosa cavolo mi servissero ‘sti fiori.
Ma io non parlavo. Tanto non parlavo mai.
Un bel giorno a ginnastica correttiva l’insegnante ungherese arrivò con una scatola, due coppette e due cucchiaini. Io come sempre avevo depositato il mio mazzo di fiori sulla sua sedia e dallo spogliatoio spiavo con il cuore il gola il momento in cui lei avrebbe annusato i fiori e avrebbe sorriso.
Siccome sapeva che erano i miei fiori, dopo mi avrebbe detto grazie e allora io avrei fatto la ginnastica con molta attenzione e molto impegno e sarei guarita dalla scoliosi.
Quel giorno, quando la vedo arrivare con il pacchetto quasi svengo, tanto era grande l’emozione.
La vedo che scarta il pacchetto e che dentro alla scatola c’è del gelato e della panna montata.

Le rivedo ancora quelle sue esili mani graziose aprire il pacchettino del gelato come squartasse il ventre di una gatta gravida. Con quel piacere perverso e sottile che già bagna gli angoli della bocca.

La vedo ancora riempire le due coppette di gelato e poi aggiungerci quella panna soffice di nuvole e di cherubini.

E io, il cuore in tumulto, dietro la porta dello spogliatoio, che quasi piango, che sono lì per urlare: è per me! e correrle incontro, e baciarle i piedi, e dirle, anche io ti ho amato, da subito, dal primo momento, per sempre.

E così apro la porta e sto immobile, imbambolata e la guardo piena d’amore.

Poi non capisco il suo sguardo divertito e infastidito nel vedermi là, questa povera ritardata, questa scema, come mi dicono a scuola, con gli occhi gonfi di pianto e il labbro che pende.
E non capisco perché arriva la bidella, una brutta bidella gonfia coi capelli biondi tinti di giallo maggese.
E quando vedo l’insegnante ungherese porgere la coppetta alla bidella e le due che parlano sottovoce del preside e ridono e si scambiano confidenze, l’insegnante ungherese con quella grandissima stronza della bidella, che ha una figlia grassa d’aria e di niente che va anche male a scuola, quella, ecco, io prendo le mie cose ed esco in lacrime dalla palestra delle scuole medie per non tornarci mai più, dico.

Esco e bestemmio: dio, i santi, Gesù Cristo, l’amore, le tette, tutto… e giuro su me stessa che a costo di morire io mi tengo la scoliosi, le scapole alate e i denti storti perché tanto, non c’è nessun dio, non avrò mai nessun miracolo e l’amore, quello, fa veramente schifo.

Poi la vedo, la macchina verde smeraldo dell’insegnante ungherese e vedo anche un pezzo di ferro appuntito per terra, un poco più in là del muretto, giusto fuori la scuola.

Non so quante volte ho girato attorno alla macchina con il ferro appuntito conficcato nel verde smeraldo della carrozzeria, non so, ricordo solo che alla fine mi girava la testa.
Mentre incidevo la mia poesia d’amore sul cuore di lamiera dell’insegnante ungherese pensavo: stavolta mi sospendono, mio padre mi ammazza, sì, mi ammazzano di botte.

E poi facendo spallucce: e perché? tanto non sono una scema? non sono una ritardata, io? e poi, che mi fanno le botte, eh? che mi fanno? tanto io ce l’ho già la scoliosi.

Io ce l’ho già la deformazione.

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32 commenti »

  1. molto intenso. mi è piaciuto. 🙂 fairendelli

  2. sarà che mi piacciono i personaggi al limite, quelli fuori dal coro, i brutti anatraccoli che invece hanno un’anima da cigno, ma questo racconto mi ha spezzato il cuore. Lo stile asciutto, crudo e il finale punk mi hanno tenuto incollata al video. Complimeti. Barbara

  3. Crudele e splendido il “cuore di lamiera”…

  4. Un racconto veramente bello, tenero eppure feroce. Lo stile pulito ed essenziale descrive molto bene la dimensione emotiva adolescenziale. Le “scapole alate ricoperte di piume”: una visione davvero morbida e delicata… Ho letto anche altre cose di quest’autrice e per me è sempre sorprendente come riesca a trovare il linguaggio “giusto” per ogni racconto, per ogni invenzione. Sempre brava, Barbara.

  5. Racconto insolito, molto intigrante, che però sembra perdere qualcosa verso la fine.

  6. ops, sorry: intrigante!!

  7. Graffiante, come i grandi disperati amori adolescenziali che lasciano sfregi veri.

  8. d’accordo,sono le ultime tre righe, forse poteva essere più secco il finale. ma il resto eccellente. scritto davvero bene. bertino dice intrigante: ti riferisci forse alla tensione sessuale tra le due donne? è disponibile qualche immagine del viso dell’insegnante ungherese? 🙂 fairendelli

  9. Accidenti, ragazzi. Intanto grazie. Però… non toccatemi il finale! Vi prego! Il finale ha una parola chiave: deformazione. E’ la parola con cui si inizia. Inizio e fine si ricongiungono su questa parola.. Per quanto riguarda l’insegnante ungherese, non, non c’è nessuna foto ma ovviamente ognuno è libero di darle il volto che vuole!

  10. come sempre una soddisfazione, ti entra in un baleno, perchè più che leggere delle parole vedi delle immagini e senti le emozioni. io in verità ho pensato ad un’altro tipo di deformazione una specie di doppio senso. magari non c’entra ma a me è entrato questo. grazie b!

  11. avvincente, sorprendente, bello.

  12. nessuna foto dell’ insegnante ungherese? ma se ne crei una! la donna pare bellissima, la ragazza la ama e noi vogliamo, vogliamo vedere il viso. si scarichi qualcosa da internet che corrisponde alla visione della scrittrice e si dica dove poterla visionare. io non ho colto il doppio senso di cui dice polla. se si riferisce in astratto alla tensione sessuale e d’amore (di vero amore, il racconto è ripeto molto bello) non voglio neanche sentirne parlare, sono cose che infrangono la Grande Polarità dell’Universo. ciao. 🙂 fairendelli

  13. Una scrittura agile, disinvolta. Un racconto molto interessante e originale. Compliimenti!

  14. Monologo davvero bello e intenso. Mi ha catturato dall’inizio alla fine. Anche il finale ci sta.

  15. profondo e introspettivo. ci piace

  16. Barbara non de lude mai! Neanche nel racconto breve! Con i suo linguaggio essenziale, scarnificato, talvolta tagliente ci ricorda che esiste una realtà “altra”. E quando il lettore si illude di aver compreso lei con impeto fende uno squarcio e ci deforma la “nostra buonista” realtà. Complimenti Barbara!

  17. Vi ringrazio di cuore!

  18. E’ profondamente femminile. E’ allo stesso tempo crudele e dolce. Mi piace.

  19. Bellissimo, veramente profondo. L’ho letto quattro volte di seguito: scorre che è un piacere!

  20. Te la senti crescere in cuore, leggendo, la rabbia e la delusione per questa speranza d’amore tradita, per una ferita inferta con inconsapevolezza che brucia. Gli ultimi giri di punteruolo li ho incisi anch’io. Era da tanto che volevo farlo. Grazie Barbara, per la tua scrittura avvincente.

  21. Italo, Viviana, grazie!
    Maryou, non ti conosco ma il tuo commento mi ha particolarmente colpita. Gli ultimi giri di punteruolo… Puoi scrivermi a: anubi31@gmail.com se ti fa piacere. A me lo farebbe. Grazie.

  22. Il racconto è molto coinvolgente. Si corre dalla prima all’ultima parola. Tutte scelte in maniera perfetta, nessuna fuori posto.
    Sei davvero bravissima, complimenti!

  23. Non so che dire, mi lasci senza parole.
    Mi muovono molte emozioni i commenti della e nella rete. Sono sinceramente felice per questa calorosa accoglienza al mio racconto, grazie! Grazie a tutti.

  24. entusiasmante , coinvolgente, un linguaggio immediato, crudo, il personaggio prende forma e forza parola dopo parola con accelerazioni e rallentamenti ritmati . emozionante !

  25. ci si ritrova adolescenti….con tutte le paure e le insicurezze ingigantite, le emozioni amplificate, le speranze che sono certezze…impreparati alle delusioni, la rabbia smisurata…bravissima

  26. Molto bello, suscita emozioni. Il linguaggio è perfetto !

  27. Apprezzo la freschezza tagliente con cui è delineato il personaggio.

  28. Grazie Tommaso! Molto gentile!

  29. Racconto esemplare nella narrativa di Barbara Codogno. Una strana tensione che attravesa questo scritto e che ti tiene sulle spine per tutto il tempo della lettura, come in Céline o in un film di Hitchcock. Chiamerò questa tensione MALATTIA, in senso fisiologico più che morale. Abbiamo i denti gialli, le scapole scoliotiche, il rifiuto del proprio corpo.
    Pr quanto riguarda il rapporto tra Letteatura e Male (Bataille), mi pare di poter dire questo, che allla fine della malattia più grave si riesce a liberarsi con una scrollata di spalle e, in questo senso la letteratura di Barbara è assai terapeutica, oltrechè coinvolgente. Bravissima !

  30. Notevole. Chiunque faccia l’insegnate sa che è vero ed ha la macchina piena di graffi d’amore!

  31. …complimenti Barbara..il tuo racconto l’avevo letto ma il commento era rimasto nella “tastiera”. Toccante racconto di questa ragazzina che ricorda la nostra adolescenza…

  32. Mi è piaciuto il racconto, riconosco il tuo stile, brava Barbara la penna la muovi sempre con il cuore

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