Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2013 “Uon uon bzzzbzz uon uon bzzzbzz uon uon” di Stefania Pillon

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Tutti sanno chi è, ma nessuno l’ha mai visto. Tutti conoscono le sue abitudini, ma nessuno saprebbe dire con certezza quando sarà dove e a che ora. Tutti ne parlano sempre e, questo sì, proprio tutti sanno benissimo perché.

«È un birbante!» dice la piccola Sofia.

«Non so cosa sia, ma se lo prendo, lo attacco per le orecchie al muro!» commenta Arturo.

«Ci fa penare tutte le sere quel demonio!» aggiunge la Rosina.

Un mistero in paese. C’è chi ha provato a indagare: ho certi “amici”, ma anche loro non sanno niente. C’è chi si è appostato, ben nascosto, una notte, un’altra notte, ma niente, nemmeno una traccia. Sembra che faccia apposta. Poi, magari, la notte successiva, eccolo là, quella canaglia! I bambini sono terrorizzati, non dormono più. È nelle orecchie, nella testa e pure nei sogni. Le madri pregano tutti i santi, spengono candele, sbarrano finestre, gettano acqua sul fuoco della stufa (non si sa mai che dal camino…).I padri scavano buche sotto i tavoli e preparano nascondigli. I vecchi, seduti sulle panche nelle corti, scuotendo la testa sembrano dire: tante ne abbiamo viste, ma questa proprio ci mancava.

All’osteria del paese non si parla d’altro. I bicchieri tintinnano sui tavoli e le teste imprecano verso il cielo. «Non bastavano i tedeschi, per la miseria!», «Bisognerebbe mettersi là, aspettare e quando passa tirargli con lo schioppo», «Non ti bastano cento schioppi, te lo dico io! È una roba mai vista!».

Al lavatoio le donne si confidano presentimenti e paure, ognuna ha le sue idee per difendere la casa, ognuna a modo suo scaccia il terrore. La Ilda ha preso chiodi e martello e ha sbarrato tutte le finestre. La Marietta ha lavorato una settimana a far trecce di stracci per tamponare le fessure. La Emidia, invece, ha detto: «Via il dente, via il dolore» e manda tutti a letto prima che faccia scuro così non serve spegnere luci e tutti quei mestieri. «Perché se vede anche un filo di luce, è il finimondo!», «Ah, non si può, non si può proprio!», «Basta una volta, eh! Basta una volta!».

Anche i bambini nei cortili delle case hanno in merito le loro teorie. Il piccolo Ermanno ne è sicuro: è il Babau in persona, non può essere che lui. Per la Giacometta è un orco dispettoso che si diverte a fare tanta paura ai bambini e non li lascia dormire. Enrico, il figlio di Mario, è l’unico a sapere com’è fatto perché il suo papà l’aveva visto dalla montagna.

«E com’è? E com’è?» chiedono tutti in coro.

«È una cosa nera nera, tanto grande che quando passa nasconde perfino le stelle!»

«Ohhh!» tutti in coro.

«E ha una coda lunga come una biscia e ali grandi così!»

«Ohhhh» tutti in coro.

Di solito passa al principio della notte e arriva improvviso quando non te lo aspetti. O meglio, le prime volte non te lo aspetti, poi ci fai il callo e lo aspetti sempre, e se una sera non passa, quasi quasi ti viene una certa rabbia perché in tempo di guerra – che già ce n’è da patire – non c’è bisogno di inutili tormenti.

Qualcuno ha provato a correre fino alle gallerie della ferrovia per trovare riparo sotto le grandi volte, ma ci vuole un fiato da corridori per arrivarci prima di sentire il ronzio all’orizzonte e poi vai a saperlo se lì si sta più al sicuro che in casa. Certo è, comunque, che a star fuori al buio sapendo che arriverà, c’è da farsi il segno della croce e sperare che tutto vada bene. Perché il buio ha il difetto che non si vede niente e la percezione di ciò che accade attorno è tutta sfalsata. Un fruscio delle foglie alle spalle ti fa schizzare il cuore, il volo di un pipistrello muove l’aria che pare un drago, un grillo che trilla col suo trillo ti ottura le orecchie e se lo ascolti per ore rischi di ritrovartelo anche nel sonno, il trillo.

Dentro casa, invece, diventa un’impresa capire quello che accade fuori: i muri e le finestre, per quanto rotti e sgangherati, attutiscono il suono. Allora bisogna stare fermi, zitti e muti, non battere ciglio, se possibile limitarsi nel respirare perché anche l’aria che entra ed esce dal naso fa rumore e potrebbe confondere le cose. C’è chi si mette a cena prestissimo e dopo si apposta, per avere almeno un boccone sullo stomaco. C’è chi invece assolutamente no, neanche da sognarsi di mangiare. La tensione è tale che andrebbe tutto di traverso.

All’ora più o meno stabilita – che coincide su per giù con il momento in cui la sera è già sfumata nella notte – cala il silenzio e inizia un rituale di movimenti: soffia, spegni, sbarra, tappa, chiudi. Poi, tutti vicini nel nascondiglio. Chi non ha il nascondiglio sta sotto il tavolo. I più coraggiosi vanno a letto nel paglione e sarà quel che sarà. La concentrazione è altissima. Quando uno avverte qualcosa, lo si capisce da come trattiene il respiro. Il dubbio che sia o non sia lui, in quel frangente, lascia ancora qualche spiraglio: magari è un tarlo che gratta sul legno, o una bestia che passa fuori sulla ghiaia del cortile, ogni ipotesi – anche la più bizzarra – diventa in quel momento valida e possibile. Ma quando, lontanissimo, arriva (è lui, non c’è dubbio), è un irrigidirsi delle schiene. Cominciano i primi cedimenti: i più piccini piangono lacrimoni stringendosi alle ginocchia dei genitori; in un sussurro riparte la litania per i santi; i ragazzi più grandi provano a stare al mondo e tengono duro, cercando di imitare i padri e i vecchi che paiono già rassegnati. Si avvicina lentamente ed è un’agonia che dura…no, non si sa quanto dura. Pochi istanti? Minuti interi? Certo è che fa saltare anche le lancette degli orologi. Si sta lì, dove si è, e che vada tutto bene. Non si sa se è vicino, se è lontano, se è alto, se è basso, se è a destra o a sinistra. Può passare dappertutto, può arrivare dappertutto. Rimane un mistero anche capire che cosa vuole fare. «È quello, no? che ti manda fuori di testa!» dicono in molti. Gira di qua, gira di là, si allontana, si avvicina, un giorno c’è, l’altro no, a volte arriva che ormai è notte, altre volte capita quando appena si è fatto scuro. Arriva, passa e va via. Nessuno sa com’è fatto perché nessuno l’ha mai visto con i propri occhi, ma tutti, proprio tutti lo sanno riconoscere in un baleno.

«È una specie di…uon uon bzzzbzz uon uon bzzzbzz uon uon» dice il piccolo Enrico che lo sente nelle orecchie anche di giorno e non ne può più.

In paese lo chiamano Pippo[1], forse per sdrammatizzare. Non si sa chi per primo gli abbia dato quel nome e perché abbia scelto proprio Pippo. Poco importa. Ciò che è certo è che il giorno in cui lo pigliano, gli fanno passare a suon di botte la voglia di ronzare.

 


[1] Pippo era il nome popolare dato agli aerei da ricognizione notturni che durante la Seconda Guerra Mondiale compivano incursioni solitarie, specialmente nel nord Italia. Lo schema ripetitivo delle incursioni (l’arrivo in volo radente sempre alla stessa ora nel buio della notte) e l’inspiegabilità delle rappresaglie, diedero luogo a diverse leggende, che andarono a intrecciarsi con i fatti reali, a volte anche drammatici, di cui Pippo fu protagonista. La presente storia è liberamente ispirata alle testimonianze di parenti e conoscenti che durante la guerra ebbero modo di vivere in prima persona gli eventi narrati.

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16 commenti »

  1. Racconto molto carino, ben scritto e coinvolgente fino alla fine. I miei complimenti.

  2. Grazie, Giovanna.

  3. Molto bella la storia, mi ha ricordato i racconti di mia nonna, che di “Pippo” parlava spesso come di un qualcosa di misterioso.
    Indubbiamente scrivi bene, Stefania. Mi piace in particolare il tuo utilizzo di più voci e più punti di vista, come una rincorrersi di focalizzazioni…e la cosa migliore di tutte è che la tecnica non oscura le emozioni che trasmetti. Brava.

  4. Ti ringrazio Alicia per il commento e la lettura che hai dato al mio racconto.
    Le voci del ricordo su “Pippo” sono tante e la mia idea di partenza era proprio quella di provare a farle rivivere per restituire un quadro – per quanto possibile – verosimile, almeno dal punto di vista delle emozioni trasmesse.
    Di nuovo grazie!

  5. Mi sembra scritto dal miglior Buzzati. Tanti complimenti Ste! Sono veramente impressionata.(Devo ancora scoprire se c’è qualcosa che fai in maniera mediocre. eheh)

  6. Mi piace proprio!
    Ma mi piace talmente tanto che vorrei averlo scritto io!
    E’ un tema su cui lavoro con la mia compagnia teatrale (amatoriale), quello della guerra, e questo racconto mi apre una porta su una “lettura” più originale dell’argomento.
    Brava!

  7. Chissà che cosa ne penserebbe Buzzati di Pippo, in effetti. Sarebbe un ottimo spunto per una delle sue storie di misteri.
    La strada è ancora tanta da fare, ma il paragone un poco mi fa arrossire!

  8. Mi fa piacere che il mio racconto possa essere stimolo per nuove idee. Il tema della guerra non è così facile da avvicinare, il rischio di cadere nella retorica o nell’impiego di immagini inflazionate è sempre all’orizzonte.
    In bocca al lupo per la vostra compagnia!

  9. Davvero un bel racconto.
    Mi piace l’argomento, il modo in cui l’hai trattato, le diverse voci che si alternano ed il delizioso titolo.
    Complimenti.

  10. Complimenti, la storia parla da sola, non serve aggiungere altro, ironico ma profondo dato l’argomento trattato…che bello sì!!

  11. Complimenti Stefania per la vincita! Credo che in quei momenti, effettivamente, tutti abbiano detto e fatto così!!! MIERITATISSIMA….

  12. Ti ringrazio Eleonora, è una storia che sento molto sia per il tema trattato sia per le persone che con i loro ricordi hanno contribuito ad ispirarmi.

  13. Brava ti sei ispirata in modo grandioso e hai reso tutto fantasiosamente competentemente completamente !
    Grazie
    Brava
    Complimenti!

  14. Grazie Emanuela, mi fa piacere che il racconto riesca ad “arrivare” alle persone.
    Non è una storia facile, soprattutto perché non l’ho vissuta in prima persona, ma ho cercato di farmi ispirare dalle parole.
    Leggerò presto il tuo racconto, come tutti gli altri, e poi ci vedremo a Lucca!

  15. Molto bello, compimenti! Si entra subito nella storia e si legge tutto d’un fiato, grazie allo stile incalzante e ironico

  16. spruzz spruzz BANGG BANGGGGGG BUBIIIIII BUBIIIIIIIIIII

    potrebbe essere uno stimolo adeguato per un racconto altrettanto originale???? COMPLIMENTI!!!!!

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