Premio Racconti nella Rete 2013 “L’appuntamento” di Federica Caldi
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013«Buongiorno, ho un appuntamento.»
La bionda segretaria dietro al bancone della reception aveva iniziato a sorridere a Christian dal momento in cui le porte scorrevoli dell’ingresso si erano ritirate nei rispettivi anfratti e lo avevano proiettato in un salone dalle tinte verdi e oro degno di una delle ambientazioni narrate nelle novelle di “Le mille e una notte”.
«Buongiorno signore. Il suo nome, cortesemente?»
La procace signorina sbatté le ciglia ripetutamente spargendo nell’aria un pulviscolo microscopico costituito da mascara e rimmel cementificati, probabilmente posizionati intorno ai suoi occhi da settimane ed ormai idrofughi al latte detergente.
«Neri. Christian Neri.»
«Un istante che verifico» e spostò per la prima volta lo sguardo, abbassandolo, probabilmente con sforzo immane vista la pesantezza dell’impalcatura sovrastante, e focalizzandolo al terminale incastonato nel bancone come un diamante in un solitario.
Christian ne approfittò per guardarsi intorno. Lusso, lusso e ancora lusso. Colonne intarsiate da orafi stanchi di sputtanarsi diottrie su oggetti in miniatura, divanetti di pelle bianca pura come il culetto di un neonato cosparso di borotalco, tappeti orientali tessuti a mano da principesse compagne di corso della Sherazad protagonista delle novelle.
Quando aveva parcheggiato la sua utilitaria poco prima ed aveva osservato questa perla di palazzina si era chiesto da dove fosse spuntata, considerando che era sicuro di non averla mai vista prima ed era convinto di conoscere bene la sua città natale. Era in una delle zone che frequentava meno, eppure aveva una buona memoria: gli pareva avessero da poco fatto saltare in aria un vecchio capannone dove ora sorgeva, ma neanche la squadra di Extreme Makeover Home Edition avrebbe saputo costruire una tale meraviglia in poche settimane. Ed infatti aveva notato un cartello di lavori in corso, qualche attrezzatura edile ed una gru al di fuori.
Eppure c’era e lui vi si trovava all’interno.
«Posso chiederle se mi può dire di cosa si tratta?»
Dopo la breve perlustrazione, Christian si ricordò del motivo per cui si trovava lì. L’appuntamento. E di non avere la più pallida idea di quale fosse lo scopo e di chi lo volesse incontrare.
«Tra poco avrà tutte le risposte che cerca, signor Neri. Si può accomodare al piano superiore. Scelga le scale o l’ascensore, come preferisce. Mi auguro che l’appuntamento sia di suo gradimento» e con un sorriso da banner pubblicitario di uno dei più famosi studi dentistici della città, la segretaria porse una cartellina anonima a Christian e lo congedò, distogliendogli definitivamente l’attenzione come se ormai, terminato il suo compito, lui avesse perso tutto l’interesse che pareva avere fino a poco tempo prima.
Da quando aveva ricevuto quella strana mail, nella settimana precedente, Christian non aveva smesso di domandarsi cosa lo stesse attendendo.
“Egregio sig. Neri, la informiamo di un importante appuntamento il giorno 23 maggio alle ore 16 presso gli uffici della Sorte Corporation. Lei è stato selezionato dopo attenta valutazione del suo curriculum pertanto la invitiamo a non mancare perché questa è l’unica occasione che le possiamo concedere e che potrebbe cambiare il suo futuro. Certi della sua presenza, la salutiamo cordialmente”.
Pur non conoscendolo, questi misteriosi signori avevano saputo far leva sui suoi punti deboli: l’ingenuità e la curiosità. Per tutta la vita Christian era stato facile preda di furbi, opportunisti e manipolatori, che ne avevano spremuto la disponibilità e raggirato la fiducia, lasciandolo a volte in mutande altre completamente nudo a vergognarsi di se stesso. Ma non aveva imparato la lezione perché alla fine credeva che, prima o poi, qualcuno che conta avrebbe riconosciuto che nella vita i veri valori per arrivare in alto sono l’onestà e la bontà.
E questi signori gliene stavano proponendo una di opportunità di riscatto, una sola, dopo “attenta valutazione del suo curriculum”, che neanche si ricordava di avergli mandato. Certo, il pensiero che fosse una bufala era forte, ma tanto cosa aveva da perdere? La sua vita era già abbastanza disastrosa così e la prospettiva di cambiarne il futuro era veramente allettante. Poi magari gli avrebbero proposto la solita vendita porta a porta o il facile sistema di guadagno a punti o di spogliarsi davanti a una webcam (per qualcuno col gusto dell’orrido!).
In ogni caso, tanto valeva essere lì in quel momento anche solo perché da giorni soffriva per colpa del suo secondo punto debole: la curiosità.
Si mosse nella direzione indicatagli dalla segretaria. Non si pose neanche il dubbio se scegliere tra l’ascensore e le scale per salire al piano superiore e si diresse senza indugio al primo scalino. Aveva sempre odiato gli spazi ristretti.
Arrivato al primo piano, si ritrovò in un lungo corridoio, apparentemente interminabile, privo di porte e pareti a vetri. Solo quadri astratti e comode poltroncine per l’attesa. Non c’era nessuno e non si sentiva alcun rumore o voce. Senza porsi troppe domande, scelse una poltrona e vi si sedette. Davanti a sé una parete vuota, dalla tinta verde chiaro, con una lavorazione in gesso bianco di fiori in rilievo nella parte centrale che correva per tutta la lunghezza.
Si interrogò per un attimo su dove fosse il vano dell’ascensore. A destra aveva le scale, ma davanti a lui e per tutto il corridoio non vi erano altro che pareti più o meno addobbate. Non è che avesse posto grande attenzione all’ubicazione dell’ascensore a piano terra, eppure gli sembrava di esserci passato di fianco prima di salire le scale.
Poco interessato a svelare l’arcano, Christian era invece ansioso di aprire la cartellina che teneva saldamente in mano.
Era vuota.
«Ma che cavolo…»
Christian non fece in tempo a terminare l’imprecazione che dal nulla spuntò una seconda signorina, stavolta mora, perfettamente truccata e impomatata come la prima, sicuramente modella per lo stesso studio dentistico.
«Buongiorno signor Neri. Il suo appuntamento la attende. Può entrare da una di quelle due porte» ed indicò con leggiadria, quasi un movimento di danza, la fine del corridoio alla sua destra. «Scelga lei, come preferisce.»
Christian si voltò nella direzione indicata. Vide due portoncini apparentemente identici ed appaiati, simili agli ingressi di una reggia parigina, a cui prima non aveva fatto caso. Strano, considerando la loro imponenza.
«Scusi, cosa intende per…»
Sparita. Il corridoio era nuovamente vuoto e silenzioso.
«…scelga lei.»
Christian concluse la frase a voce alta, forse per convincere se stesso dell’assurdità di quello che gli stava capitando.
Era tutta la vita che, di fronte ad una scelta, aveva compiuto quella sbagliata. Non è che fosse mai stato molto fortunato. Però c’era sempre stato anche lo zampino del suo scarso intuito o, per meglio dire, della scarsa fiducia in sé, banale compensazione alla smania di fiducia negli altri.
Cosa poteva significare scegliere tra due porte? Magari la signorina intendeva semplicemente che vi erano due accessi alla stessa stanza, ma se così non fosse stato?
Si chiese se qualcuno, per l’ennesima volta nel corso della sua esistenza, si stesse prendendo gioco di lui. Di quel Christian bambino con l’apparecchio ai denti a cui la sorella maggiore attaccava le gomme da masticare durante la notte, di quel ragazzino occhialuto e secchione scontata preda dei bulletti della scuola, di quel giovane adulto innamorato della ragazza sbagliata scoperta nel letto del proprio migliore amico, di quel lavoratore dipendente costretto dal capo a turni massacranti per sopperire alle assenze ingiustificate dei colleghi.
Eppure, una volta tanto, voleva credere che dietro a una di quelle porte, o entrambe, vi fosse la sua occasione. Non sapeva perché, ma da quando aveva letto quella mail, aveva sentito che finalmente il riscatto sarebbe arrivato. Che il suo destino stava per giungere al crocevia di una svolta, grazie ad una “attenta valutazione del suo curriculum”.
Si alzò e si incamminò lungo il corridoio. Gli parve di percorrere chilometri prima di raggiungere quelle due porte. Erano veramente identiche, sfarzose anche se pacchiane visto che non si trovavano a Versailles, bordate della stessa tinta oro della sala a piano terra, prive di qualsiasi segno di riconoscimento. Parevano richiamarlo: “scegli me”, “no, scegli me”.
Christian chiuse gli occhi e lasciò che la sua mano andasse verso la maniglia che si sentiva di voler abbassare. Si mosse verso la porta di destra, ma poco prima di toccarla, riaprì gli occhi.
“Il mio intuito ha sempre fallito. Proviamo a non seguirlo, stavolta” ed aprì la porta di sinistra.
«Permesso.»
Christian si fermò sulla soglia, con la porta spalancata. La stanza era un ufficio direzionale, lussuosamente arredato come tutto il resto dell’edificio, eppure estremamente spoglio. Non c’era nessuno al suo interno.
Davanti a lui, una scrivania di mogano e pelle nera, priva di qualsiasi accessorio, ma con un foglio bianco con alcune scritte che vi troneggiava al centro su un tappetino protettivo.
Richiuse la porta e si incamminò nella sua direzione, ma venne distratto dalla vista della grande parete di vetro alla sua destra. Al di là di essa, poteva vedere la stanza che non aveva scelto ed appariva identica a quella in cui si trovava. Sulla scrivania, però, oltre ad un foglio bianco con delle scritte, c’era una valigetta. Si avvicinò alla vetrata e vi guardò attraverso, con le mani a coppa appoggiate vicino alle tempie.
La valigetta era piena di soldi.
Il foglio bianco era inclinato nella sua direzione e Christian, strizzando gli occhi, vi riuscì a leggere le scritte sovrastanti: “L’appuntamento con il signor Occasione”.
Sentì un rumore provenire da quella stanza e vide un uomo, sul fondo, uscire dalle porte di un ascensore posizionato direttamente al suo interno.
Era elegante, con un completo gessato ed una targhetta sul bavero. Parve non vedere Christian, che non si mosse di un millimetro, come paralizzato. Si sedette alla scrivania ed estrasse da un cassetto una cartelletta. Christian si sforzò ulteriormente per cercare di vedere, le dita ormai bianche prive di afflusso sanguigno, e riconobbe la propria foto. Era il suo curriculum. Insieme ad un contratto.
L’uomo si alzò e si mosse nella sua direzione, ma evidentemente il vetro era schermato dall’altra parte perché parve non accorgersi minimamente di lui. Si fermò a pochi passi dalla vetrata e Christian poté leggere alcune parole sul contratto: “per meriti personali”, “dopo anni di soprusi e ingiustizie”, “per la sua bontà e onestà”.
Ma soprattutto vide il nome sulla targhetta dell’uomo: Stefano Occasione.
Christian iniziò a tremare, incredulo. Si staccò dalla parete, si girò lentamente e si diresse alla scrivania che aveva a pochi passi. Le scritte sul foglio bianco si fecero sempre più nitide, fino a diventarlo completamente.
“L’appuntamento con il signor Destino”.
Non ebbe il tempo di porsi domande ma solo la frazione di secondo necessaria a sollevare la testa ed accorgersi della trave sollevata dalla gru fuori dalla finestra mentre si sganciava dalle catene e la sfondava, mandando in frantumi il vetro e quello che restava della sua sfortunata esistenza, colpendolo in pieno.
Christian non seppe mai che l’uomo nella cabina della gru, a cui sfuggirono i comandi, si chiamava Gianluca Destino.
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