Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2013 “Jonathan delle Stelle” di Maria Santa Tilli (sezione racconti per bambini)

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

Jonathan abitava su una stella, Silerma, molto vicina alla Terra  tanto vicina che lui sognava di poter volare fino a quella sfera luminosa mentre seduto sul raggio più a sud – dondolando i piedini nel vuoto – guardava gli infiniti puntini luminosi che lo circondavano. Jonathan era un bambino costretto, come gli altri abitanti della stella, in condizioni di sudditanza dai Tudok provenienti da un meteorite buio ed arido, che periodicamente venivano a razziare i fiori che qui crescevano rigogliosi. I Tudok  erano di corporatura minuta, ricoperti da una sottile corazza formata da tanti cerchi tenuti fra di loro da una morbida trama di steli di margherite tanto che nessuno sapeva come avessero la pelle e l’unica cosa che si poteva vedere bene erano gli occhi, bellissimi, stretti come fessure di verde intenso circondati  da piccole palline blu  che fungevano da ciglia. Indossavano, sopra la corazza, una specie di scafandro al centro del quale emergeva una lunga proboscide con la quale aspiravano i fiori i cui steli servivano per tessere le loro corazze ed i petali erano cosparsi sopra le rocce del loro inospitale asteroide per rendervi la vita più accettabile. Era   tradizione che i preziosi fiordalisi venissero raccolti solo dagli abitanti di Silerma, messi in grandi ceste di cristallo e consegnati al Re che li faceva conservare in grotte fosforescenti sconosciute ai Toduk.

I Sillini, temevano molto i Tudok   perché inutilmente aggressivi e  non   rispettosi delle tradizioni antichissime che accompagnavano la semina e la raccolta dei  magici fiori anche se, i Venerandi, raccontavano che un tempo, i due popoli  vivevano in  amicizia. Cosa  era successo per cambiare così tanto le cose, era un segreto che nessuno poteva né chiedere né sapere, solo il buon Re ed i suoi familiari n’erano informati ma tutto si confondeva fra sogno e realtà ed ormai più nessuno ricordava quei giorni felici.

 

La stella di Jonathan era molto fertile anche se aveva poca acqua, per questo veniva rifornita del prezioso minerale  con delle astronavi ampolle, dai loro amici fraterni, gli Gnauti. Questi abitavano Arbas, un pianeta allo stato liquido costellato da fiori di loto talmente grandi che, al centro dei loro petali sorgevano le città  collegate fra loro, da lunghi ponti di cristalli luminosi tanto che, visto dallo spazio sembrava avvolto da una  trina splendente.  I cristalli venivano estratti nelle miniere di Silerma dai Bukis, abitanti del sottosuolo e dati in cambio della preziosa acqua. D’aspetto dolce ed accattivante, gli Gnauti avevano grandi  occhi neri con ciglia lunghissime che terminavano, come per i Tudok, in tante palline colorate.     Le donne si distinguevano dagli uomini per i capelli raccolti in tante treccine a loro volta attorcigliate a  “ lumachella “  e trattenute da stelline di cristallo  che, incorniciando il viso formavano come una corona.

 Grazie alle ampolle-astronavi, i Sillini potevano coltivare la loro stella di fiori bellissimi fra i quali i rari fiordalisi  che dovevano essere piantati e colti solo su disposizione di Magnum il  governatore  del Re in quanto oltre che indispensabili alla vita su Silerma, avevano anche la caratteristica di spandere nello spazio vicino  pollini e colore.

 Quella sera se ne stava come il solito incantato a guardare giù quando all’improvviso una flotta di piccole ampolle spaziali gli passò vicinissima, tanto vicina che lo spostamento d’aria lo fece precipitare nel vuoto.

 Jonathan cadeva cercando con le braccia di equilibrarsi nuotando nell’aria. Aveva paura ma anche una gran curiosità perché consapevole di avvicinarsi a quei colori e quel mondo tanto sognato.

All’improvviso lo avvolse un gran freddo, i pensieri si affollavano nella sua testolina, pensava alla mamma ed al  babbo, a quanto lo avrebbero cercato invano ed al loro dolore. Pensava agli amici che lo avrebbero atteso nel giardino dei fiordalisi inutilmente, se li immaginava là dove ogni giorno si recavano a giocare, vicino al gran pozzo d’argento abitato dall’arcobaleno ma, via via che si allontanava dalla sua stella e si avvicinava alla sfera luminosa un dolce tepore lo avvolse e la paura piano piano si sciolse come per magia. Chiuse gli occhi e si lasciò  andare.  Il suo stupore fu grande nell’accorgersi che la sua caduta non era più precipitosa  ma stava planando dolcemente. In un attimo si trovò seduto in mezzo ad un cespuglio profumato, si guardò in giro ed in alto vide una grande sfera luminosa del colore dei suoi occhi e poi fiori sconosciuti, profumi dolcissimi e creature volanti mai viste. Era caduto proprio in un posto bellissimo!

 

 Mamma, vado in giardino a giocare !  Mentre diceva questo Annina era già fuori nel bel giardino inondato da uno splendido sole. La palla saltellando finì nel cespuglio di lavanda dal quale si levò un gridolino soffocato e saltò fuori, un po’ indolenzito Jonathan che, quando vide la bambina emise uno strano suono, fra lo spaventato ed il divertito. Non gli era mai capitato in vita sua di vedere una bambina tanto graziosa ma con le orecchie così ridicolmente piccole e con le mani ed i piedi senza quelle deliziose ventose che lui aveva.

 Annina era rimasta a bocca aperta  perché quel bambino era molto carino ma le orecchie erano veramente troppo grandi e rotonde, come le frittelle della mamma  pensò, e le manine, con quelle ventosine verdi erano davvero poco comuni, per non parlare dei capelli color arancio che gli scendevano a frangetta fin sugli occhi, questi grandi e rotondi di un giallo intenso. Tuttavia, nonostante il reciproco stupore, i due bambini si sorrisero e Jonathan sentì quel particolare  pizzicorino sulla punta del naso come gli capitava ogni volta che provava simpatia per qualcuno ma era anche un po’ timoroso perché non sapeva come comunicare con la strana bambina che aveva davanti.

 Annina lanciò la palla in alto, e Jonathan nel tentativo di prenderla allungò un braccio ma nel fare questo piccolo gesto si trovò a volare a mezz’aria. Non capiva cosa gli stesse succedendo, mai   aveva volato e non era certo un bello spettacolo vederlo fare capriole ed annaspare nel tentativo di darsi un equilibrio. Era tanto il suo stupore che non riusciva ad emettere nessun suono mentre tutto intorno al giardino si riempiva delle “Oh “  di stupore di Annina che battendo le manine gridava: Bello, bello, come fai, dove hai imparato, anch’io, anch’io voglio anch’io!

 

Jonathan cominciava ad essere stanco di quella ridicola situazione quando una bellissima farfalla gli si posò sulla spalla e dondolando le antenne, come solo le farfalle sanno fare, gli sussurrò, “  Non preoccuparti e non avere paura, il vuoto per noi non esiste, è bellissimo lasciarsi andare sentirai che sensazione d’immensa libertà !” Così dicendo lo accarezzò dolcemente con le ali  abbassando le antennine con complicità. Se è tutto un sogno, si disse Jonathan spero di non svegliarmi ma ecco all’improvviso un fremito percorse tutto il giardino e delle ombre scure si allungarono tra le siepi.

 “Annina, vieni a casa che si sta facendo buio!”  Quel richiamo così simile a quello della sua mamma quando si attardava a giocare nel giardino dei fiordalisi, lo riportò alla realtà. Si guardò intorno smarrito cercando qualche riferimento noto ma vide soltanto quella strana bambina che lo guardava mentre a ritroso tornava verso la porta di quella che doveva essere la sua casa, e quell’oscurità che diveniva sempre più fitta e paurosa.. “Adesso arriveranno i Tudok e mi porteranno sul loro triste meteorite” pensò Jonathan e la paura, l’invase dalla testa ai piedi facendogli battere gli unici due dentini che aveva davanti mentre la porta si chiudeva alle spalle di Annina che non era affatto convinta di aver sognato, come le stava cercando di spiegare la sua mamma.

Nel giardino tutto si stava preparando per accogliere la notte, ma nonostante la paura, Jonathan non riusciva a smettere di pensare agli straordinari eventi che gli erano accaduti e si chiedeva preoccupato  cosa sarebbe successo ancora.

Fece un po’ girare le orecchie a destra – segno di nervosismo – si fece coraggio e svolazzò curioso nel giardino sempre più stupito di questa sua nuova, inaspettata  capacità. Aveva ragione la farfalla, era molto bello volteggiare libero e senza peso. La tutina di fili di fiordaliso intrecciati che gli aveva tessuto la mamma, lo proteggeva bene dal freddo che stava scendendo e mentre volteggiava lasciava una scia luminosa di polline profumato.

 Pensò che doveva essere per forza un sogno, un bellissimo sogno in cui tutti i desideri potevano realizzarsi, così cominciò a desiderare che tutto ciò non finisse mai dimenticandosi dei Tudok, che non potevano certo esistere un sogno tanto bello. Questa certezza lo rasserenò e timidamente si mosse in direzione della casa di Annina.  Si accostò ad una finestra illuminata ed all’interno vide un bel fuoco danzante docile dentro una strana cavità.  Mai aveva visto il fuoco ardere sottomesso, sul suo pianeta era temutissimo perché, inarrestabile e selvaggio, scioglieva i  pochi ghiacciai causando delle terribili inondazioni e carestie ma qui………..che fosse  un prodigio?  Alla fine decise di non stupirsi più di fronte a niente di quel che avesse visto in quel meraviglioso luogo. Sbirciò ancora nella casa e vide che la strana bambina sedeva insieme a due altre persone, un po’ buffe come lei ma molto grandi ed ad un’altra “cosa” piccola e pelosa che mangiava da una scodellina posta sul pavimento. Non riusciva ad immaginare chi fossero i due giganti e tanto meno la “cosa” pelosa ma, mentre la prudenza gli suggeriva di andare via, la curiosità lo teneva incollato alla finestra e quale non fu il suo stupore nel vedere quelle creature cominciare a mangiare, ridere e scherzare mentre, se lui fosse stato li, avrebbe avuto un gran terrore dei due giganti. Cercò di attirare l’attenzione di Annina per dirle di fuggire, ma guardandola vide che i suoi occhi erano felici e sereni e ne fu turbato. Già, i suoi occhi. Che strano pensò, tutti gli occhi che ho visto fino ad ora sono di colore giallo, o neri come quelli degli Gnauti o verdi come quelli dei Tudok. Possono essere di un giallo luminoso o spento, di un giallo arancio e picchiettati di bianco ma, mai mi è capitato di vedere degli occhi così azzurri. Mooooolto strano!

Ho sempre saputo che d’azzurro ci fosse solo il cielo, pensò Jonathan, si vede che Annina ha per occhi dei pezzetti di cielo, si vede che le persone che abitano questo pianeta hanno negli occhi il cielo! Questo lo confortò molto perché persone con quei colori non potevano certo essere cattive e in ogni modo a quel punto era talmente stanco da non avere quasi più paura e facendo un grande sbadiglio si staccò  a fatica dalla finestra luminosa e si avviò, un po’ volando, un po’ sbattendo qua e la verso il cespuglio di lavanda Vi si accovacciò e ripiegando le rosee grandi orecchie sul visino chiuse gli occhi cercando di dormire. Il. Giardino intorno a lui fa percorso da un sussurro lieve: Jonathan dorme, entriamo nei suoi sogni e culliamolo, povero piccolo solo e spaventato!

 Su Silerma, Cheri, la mamma di Jonathan lo stava cercando disperatamente. Era stata nel giardino dei fiordalisi, aveva chiesto agli amici del suo piccolo ma nessuno lo aveva visto. A  poco a poco si fece strada nel suo cuore la paura che potesse essere stato rapito dai Tudok ma, questo non era mai successo. Quei visitatori si limitavano a depredarli delle riserve dei fiori e punivano solo chi non collaborava ma, non avevano portato via mai nessuno. Allora dove poteva essere il suo bambino!

Le ventosine in cima alle dita di Cheri erano diventate rosso fuoco, colore che assumevano quando era sul punto di piangere me lei, come tutti gli abitanti di Silerma, era molto forte sul piano emotivo. Come avrebbero potuto altrimenti resistere allo strazio ed alla disperazione di vedersi portare via quei fiori dai quali dipendevano tutte le cose su Silerma!? D’improvviso un lampo le attraversò la mente: bisognava andare a chiedere al grande Gaal, il saggio che abitava in cima alla Roccia dei Pensieri. Solo lui poteva ritrovare Jonathan ma arrivare al suo cospetto  era molto impegnativo: si dovevano scalare i propri pensieri e più loro erano dolorosi più la strada si costellava di difficoltà. Cheri  aveva molti ricordi dolorosi risalenti alla sua infanzia, quando i suoi genitori furono condannati a lavorare nelle miniere dei cristalli perché si erano ribellati ai Toduk e lei che era molto piccola si salvò solo perché si nascose nella tana d’Astrid, la talpa verde che abitava sotto  la sua casa. Astrid la allevò amorevolmente fino al momento in cui fu troppo grande per stare nella tana e dovette uscire nel mondo superiore. Non fu facile tornare a vivere in superficie, era sola e nessuno si ricordava di lei ma conobbe Hu-Ki suo marito e dopo poco nacque Jonathan riempiendo la loro vita d’energia e felicità! Questi pensieri le procurarono difficoltà veramente grandi nella scalata della Roccia: si trovò davanti al fuoco ed all’abisso, al ragno saltante che la obbligo a cambiare sentiero tante volte ed al camaleonte nero che le rivolse domande dolorosissime, al vuoto ed alla sabbia viva, ma l’amore e la speranza di ritrovare il suo bambino l’aiutarono a superarli tutti e presto fu al cospetto di Gaal.

 

Questi aveva una lunga barba a strisce verdi e gialle, segno di gran sapienza, le orecchie erano ricoperte di peluria raccolta in tante treccine che gli ricadevano sul collo, gli occhi erano gialli spruzzati di bianco, le ventose sulle estremità avevano il colore dei fiordalisi segno che aveva raggiunto la saggezza dei  Padri, ed era seduto al centro di due tronchi di platano(pianta rarissima) scavati  ed incrociati.

 

Appena vide Cheri le fece cenno di avvicinarsi e girandosi verso la Sfera dell’Infinito vi poggiò sopra le dita e disse: Ti aspettavo, il nostro Jonathan si trova sul pianeta abitato dagli Umani. Esseri strani  a volte imprevedibili. Vi è caduto accidentalmente e non ci sono grandi speranze di  riportarlo indietro, l’unica remota speranza è la prossima concomitanza del passaggio fra noi e la

Terra (così si chiama il pianeta degli Umani) del Vento Solare  evento che accade ogni mille dei nostri anni e che scatena tempeste terribili, tanto spaventose da accendere il fuoco nel pozzo dell’arcobaleno, un fuoco selvaggio che tutto divora facendo rivivere per pochi minuti la magia di un ponte luminoso e colorato sospeso fra noi e loro. Tutto questo accadrà fra poche ore e non abbiamo nessun  modo di comunicare con Jonathan né di proteggerlo, possiamo solo sperare che la polvere di fiordaliso di cui è cosparsa la sua tutina gli renda visibile il prodigio. Vai Cheri, vai a ricoprire la tua casa di petali e sabbia, racchiudi queste tre conchiglie nel palmo della tua mano e con Hu-Ki aspetta, aspetta fiduciosa. Quando le conchiglie cominceranno a muoversi, il prodigio avrà inizio………

 

Baldo, il cagnolino di Annina si grattava la schiena come il solito contro il cespuglio più grande del giardino, aveva già avuto il suo latte ed ora aspettava che Annina uscisse per giocare un po’ con lei. Il sole era già alto e le creature del prato si andavano via via svegliando. Una scossa più forte delle altre strappò Jonathan ai suoi sogni e prima ancora di rendersi conto di cosa stesse succedendo si trovò a planare verso il basso. Le orecchie si misero a muoversi freneticamente, il che significava che era spaventatissimo, mentre i suoi occhi incrociavano quelli della “cosa pelosa” che aveva visto in casa di Annina la sera prima. Lo stupore di uno si riversava negli occhi dell’altro poi, come rispondendo ad un segnale, tutti e due schizzarono uno a destra ed uno a sinistra del cespuglio cercando rifugio alla  paurosa visione che avevano appena avuto. La “cosa pelosa” emetteva un suono a dir poco terrorizzante e Jonathan al colmo della disperazione cominciò a muovere le braccia in su ed in giù e così si accorse di nuovo di volare.  Oh volare. Volare, alzarsi e riabbassarsi, fare capriole nell’aria, rincorrere le farfalle ed assistere dall’alto al risveglio dei fiori con tutti quei loro meravigliosi colori! Ce n’erano alcuni a forma di campanelle di un rosa tenerissimo ed ogni volta che Jonathan li sfiorava lasciavano cadere una goccia di rugiada che toccando terra si solidificava e trasformava in tante perle multicolori che rimbalzando sul prato si attaccavano agli steli d’erba e rami degli alberi, rendendo tutto fiabescamente luminoso. Altri invece si piegavano infastiditi scuotendo le foglie con disappunto alla vista di quel buffo bambino volante così stranino e rumoroso. Bastava un piccolo movimento ed era in alto, in basso a destra o sinistra o faceva capriole. Era stupito e divertito, tutto gli sembrava una favola, la “ cosa  pelosa” lo guardava muovendo la coda velocemente e facendo dei piccoli balzi nella speranza di poter prendere il volo ma non riusciva a fare altro che dei ridicoli ruzzoloni perciò, con il naso sporco d’erba e foglie decise di desistere e limitarsi a guardare quel bambino così poco comune. Ooohh  che gran magia, pensava Jonathan, se potessero vedermi i miei amici, la mia mamma……… la mia mamma!…….

Di colpo le ventosine divennero pericolosamente rosse. Stava per piangere. La sua mamma, la sua stella, il  babbo, i suoi amici,  tutto gli mancava in modo molto doloroso. Qui era fantastico ma non era il suo mondo, gli mancavano persino i Tudok la cui insensibilità era poca cosa rispetto alla solitudine da cui si accorse di essere circondato. Avere tutte queste meraviglie non serviva a niente se non poteva condividerle con chi amava, se non poteva avere vicino i suoi affetti, i suoi amici, la sua Stella bella e difficile ma, della quale conosceva tutto ed era conosciuto da tutti. Qui non lo conosceva nessuno, erano incuriositi da lui ma non sapevano proprio chi era!  Una lacrima tonda tonda rotolò giù  ma non fece in tempo a toccare la sua guancia che una piccola tortora bianca con la sua ala gliela asciugò  beccandolo lievemente sul nasino per farlo sorridere.  Mi chiamo Alma, disse la tortora  e ad ogni  beccata nasceva sul viso di Jonathan  una stellina d’argento così che poco dopo era tutto ricoperto di stelle luminose. Specchiandosi nello stagno si vide così buffo che non poté fare a meno di scoppiare in una risata fragorosa e liberatoria. Danzando si rotolava sul prato  con la tortora  che lo guardava teneramente e le stelline, ad una ad una, si  spensero facendolo tornare roseo e paffutello come prima.

 

All’improvviso si alzò un vento caldo ed umido mentre delle nuvole minacciose si avvicinavano velocemente, tutto il prato fu percorso da un sussulto di paura. I fiori chiusero rapidamente i loro petali e l’erba si piegò verso terra mentre gli alberi scuotendo le foglie lanciavano l’allarme agli ultimi scoiattoli che si attardavano fra i loro rami.  Vieni presto, ci dobbiamo riparare, sta per arrivare il Vento Solare e se non troviamo presto un rifugio saremo in gran pericolo!… Così dicendo la tortora spingeva decisamente Jonathan verso la caverna della fontana, a destra della casa di Annina dove i due giganti correvano in giro a sbarrare finestre e porte. Per essere “loro” così agitati ci deve essere un gran pericolo, si disse Jonathan e saltellano e svolazzando scompostamente seguì la tortora. Dal cielo scendeva rapidamente un’oscurità cupa ed un grandissimo silenzio era calato sul giardino, un silenzio che faceva paura tanto era carico di tensione.  Jonathan si guardò intorno cercando di vedere l’interno del rifugio e fu sorpreso di scoprire che tanti occhi lo guardavano dall’oscurità ma non n’ebbe paura perché riconobbe la farfalla che agitò le antennine per salutarlo e poi con lui c’era la sua amica Alma. Trovò un angolino vuoto e vi si adagiò.

Fuori si stava scatenando una tempesta terribile, vento e lampi spazzavano il prato, una pioggia rabbiosa martellava tutto intorno ed il buio si faceva sempre più fitto. Non aveva mai visto nulla di simile ora all’improvviso c’erano anche degli spaventosi rumori provenienti forse dal cielo e Jonathan cominciò a tremare dalla paura. La farfalla se ne accorse, le volò vicina e posandosi sul bordo delle sue orecchie (sembrano una pista d’atterraggio pensò) gli parlò dolcemente descrivendogli cosa sarebbe successo di lì a poco e cioè che la tempesta sarebbe finita e sarebbe comparso il prodigio dell’arcobaleno che per pochi attimi avrebbe collegato il prato con l’universo. Una moltitudine di colori, un ponte radioso sul quale si raccontavano le più disparate leggende come ad esempio che tramite quel ponte si potesse raggiungere una stella di nome Silerma, una stella abitata da piccoli esseri che vivevano con i fiori e per i fiori, una stella giardino d’inimmaginabile bellezza ma, disse la farfalla sono solo leggende perché mai nessuno poté andare a vedere in quanto il prodigio dura solo pochi attimi.

Jonathan era attonito, la bocca senza volerlo gli si era aperta e gli unici dentini davanti brillavano nell’oscurità, non riusciva ad emettere nessun suono ma n’era certo, la farfalla stava parlando della “ sua”  stella, non c’erano dubbi. Una gran felicità, lo invase perché comprese che c’era una possibilità di ritornare a casa anche se remota, anche se difficile ma si poteva tentare! La sua tutina di steli di fiordaliso cominciò ad emettere delle piccole scariche di luce che gli facevano un lieve solletico costringendolo ad alzarsi e muoversi verso l’esterno. La tempesta si stava placando,  vide che anche le altre creature si stavano muovendo per uscire all’aperto così salutò con un lieve bacino la farfalla e si lasciò trasportare da quell’energia.

 

Su Silerma Cheri e Hu-Ki avevano diligentemente cosparso la loro casa di sabbia e petali come aveva detto il saggio Gaad e si erano seduti sul dondolo della serenità nella attesa degli eventi. Cheri stringeva con forza nella mano le tre conchiglie ma queste rimanevano inesorabilmente ferme facendo crescere nel suo cuore l’angoscia ed il timore di non poter più rivedere il suo amatissimo Jonathan.  D’improvviso, mentre il cielo diventava rosso ed un vento sibilante cominciava a percorrere tutta la stella, le conchiglie cominciarono a ruotare sempre più velocemente e Cheri seppe che il prodigio aveva avuto inizio ma, seppe anche che sarebbe durato pochissimo perciò prese per mano Hu-Ki e cominciarono a girare nella stanza del sacro cerchio girando in senso contrario a quello delle conchiglie creando così un vortice positivo e benevolo che, oltre ad opporsi alla tempesta avrebbe protetto la casa ed i suoi abitanti. Il  Vento Solare   nella sua potenza distruttiva, aveva raggiunto il giardino dei fiordalisi e di qui il pozzo d’argento dove, protetto da un coperchio di steli dormiva l’arcobaleno.  In un attimo gli steli furono spazzati via e si sentì nell’aria un lunghissimo lamento. All’arcobaleno non piaceva essere svegliato così violentemente ma nulla poteva opporsi alla furia di quel vento e raccolti in gran fretta tutti i suoi colori si sentì lanciato in basso, spinto ed attratto verso un punto luminoso che andava facendosi via via più grande fino a diventare una sfera, un mare, un continente, un giardino. La corsa dell’arcobaleno finì nel prato di fianco alla casa di Annina e si conficcò nel terreno spandendo intorno i suoi magici colori. Vieni a vedere Jonathan, chiamò la tortora, vieni a vedere che meraviglia, è tornato l’arcobaleno! Jonathan non solo era già fuori ma ricordando le dolci parole della farfalla si dirigeva volando all’impazzata verso quel ponte di magia ed incurante delle incognite e del pericolo vi si “appiccicò” con le ventosine appena in tempo perché, esaurita la spinta del vento solare già l’arcobaleno si stava distaccando dal prato per tornare al pozzo d’argento impaziente di riprendere il suo sonno.  Jonathan si trovava come all’interno di un grande imbuto sfavillante di luci e colori. Intorno a lui ruotavano tante cose come in una macchina del tempo, la talpa Astrid, il saggio Gaad, gli Gnauti con i lunghi capelli brinati, i Tudok con i loro strettissimi occhi verdi e le lunghe proboscidi svolazzanti. (Sono buffi, non mi fanno più paura sono così impacciati) Tutto questo saliva veloce verso l’alto immerso in una luce accecante ed a un sibilo, un acuto rumore di fondo che non riusciva a decifrare…….un suono…….un richiamo….

 

Jonathan svegliati!! Svegliati bimbo mio, è ora di tornare a casa!! Jonathan non capiva cosa stesse succedendo ma… allora era stato tutto un sogno, non si era mai mosso da Silerma. La farfalla, la tortora, la cosa pelosa non erano mai esistiti !  E’ mai possibile pensò guardando giù verso quella sfera luminosa che mi sia sognato tutto? Cheri lo guardava con espressione dolce e severa insieme…. Vieni Jonathan e ricordati che se non starai attento un giorno o l’altro finirai per cadere verso quella luce, sei troppo imprudente…. Così dicendo si girò per avviarsi verso casa e non vide quindi lo stupore negli occhi del suo bambino che scendendo dal raggio della sua Stella per seguirla si era trovato impigliata nella tutina una soffice piuma bianca. Bianca e soffice come quelle della dolce tortora Alma. Un sorriso furbetto gli illuminò il visino e capì di non avere sognato ma ebbe anche la certezza che tutto doveva rimanere un segreto per preservare la pace e la diversità del suo mondo e di quella sfera luminosa.

 Jonathan era diventato grande e la saggezza cominciava a dare i suoi frutti. Sulla la punta della piuma mandò un bacio al suo “sogno luminoso”  e saltellando rincorse la mamma impaziente di tornare a casa ed al suo piccolo amato mondo.

 Da sud uno stormo d’astronavi-ampolle  si avvicinava preparandosi all’atterraggio ed inondando di una lievissima rugiada i giardini di fiori multicolori. Gli Gnauti erano tornati a portare la gioia su Silerma, le creature del pianeta d’acqua e quelle della stella giardino formavano l’armonia, un’armonia deliziosamente profumata ma, come c’è il fuoco e l’acqua, il male ed il bene, l’armonia non può esistere senza il caos e così Jonathan salì un altro gradino nella scala della saggezza:  Capì che anche i Toduk erano necessari, fu certo che non potevano essere solo  predatori  senza cuore dovevano avere  un’altra funzione e posizione nel suo universo e si ripromise di conoscerli meglio.   Ma questa è tutta un’altra storia………

  

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2 commenti »

  1. ho trovato questa storia un po’ troppo lunga e “intricata” per i miei gusti tanto che, devo ammetterlo, l’ho lasciata a metà. L’idea però non è per niente male.

  2. A me il racconto è piaciuto molto.

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