Premio Racconti nella Rete 2013 “Onivorisione” di Daniel Zorrilla
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013«Il commissario non torna stasera!»
Quando l’agente Ennio Nardi irrompe di colpo nell’ufficio, il suo collega Roberto Cassano sobbalza e dalla sua mano scappa il panino al prosciutto che era riuscito a mangiare quasi fino a metà. «Cosa?»
«Il commissario non torna fino a domani» ribadisce Ennio con gli occhi che brillano di eccitazione.
«E allora?» farfuglia Roberto con la bocca piena, mentre raccoglie da terra i resti sparsi della sua cena. Quindi rimette il tutto accuratamente nella carta stagnola e riprende il suo lavorio di mascelle. «Allora?» ripete facendo il broncio.
«Allora, stasera posso prenderlo e fare la prova con mia moglie» Ennio si incammina verso la porta.
«Prendere cosa?»
«L’apparecchio. L’onirovisore.»
«Cosa…» urla Roberto ed è mancato poco per che sputasse tutto il boccone. «Sei impazzito?!»
Ma Ennio è già sparito nell’altro ufficio, quello del commissario Ruffo. Apre la cassa forte ed estrae un aggeggio simile ad un fon. Quando preme un minuscolo pulsante rosso, l’apparecchio emette un lieve ronzio. “Le batterie sono cariche!” Ennio è euforico. Con un paio di mosse decise, avvolge l’onirovisore in una borsa di nylon nero.
Roberto entra e chiude la porta. «Che hai intenzione di fare?» grida sbarrando gli occhi incredulo.
«Starò fuori solo un paio d’ore» fu la risposta.
«Non puoi portare fuori quel coso! Se scoprono che hai preso l’onirovisore, siamo morti tutti e due.»
«Nessuno lo scoprirà» rimbecca Ennio con un sorrisetto superbo. «Farò presto. Devo vedere ciò che mia moglie sogna. Chi mi assicura che non mi tradisce? Non vedo l’ora di scoprire coi miei occhi ciò che passa per la sua testa quando io non ci sono.»
«Solo perché sei uno sciocco e te la fai con altre donne, puoi pensare che tua moglie sia capace di tradirti. Quella santa donna! Non so proprio come faccio a essere il tuo amico. Sei proprio un cafone. E, per giunta, spericolato.»
«Se vuoi, quando scopro che mia moglie mi tradisce, te la lascio. Sposatela se ci tieni tanto.»
«Proprio un villano, sei!» sbraita Roberto fulminandolo con gli occhi.
Ignorando l’invettiva, Ennio s’infila il sacco sotto il braccio avviandosi verso la porta. Roberto cerca di fermarlo.
«Non andare via. Lo sai che è un reato portar fuori quel maledetto apparecchio, e, soprattutto, usarlo per scopi personali. Quella macchina è top secret. Era meglio se non l’inventavano nemmeno. Per adesso ce l’abbiamo solo noi, in tutta Italia. Se l’opinione pubblica la scopre, scoppia un putiferio.»
«È notte inoltrata. Chi vuoi che mi scopra?» Ennio si stringe nelle spalle. «Il commissario torna domani. Io starò fuori solo un paio d’ore. E non dirmi mai più che mia moglie è una santa e io un villano.»
Ennio apre la porta dell’ufficio e se la squaglia col prezioso bottino. Roberto rimane impietrito, fissando il corridoio che si intravede dietro l’uscio. Manca poco alla mezzanotte, e a quell’ora tutti i locali della Questura sono immersi in un silenzio sonnacchioso.
Nel frattempo, Ennio è salito sulla Fiat, accende il motore e, un secondo dopo, la vettura parte a tutta velocità alla volta del suo appartamento, situato in uno dei quartieri della periferia nord di Milano. La vettura sfreccia su strade deserte dove i semafori aprono e chiudono un solo occhio giallo. In una ventina di minuti, Ennio raggiunge il palazzone moderno dove abita con la moglie. Attraversa un cortiletto interno e apre il portone che dà accesso all’ultima scala. Il suo appartamento si trova al primo piano. Apre di sottecchi la porta d’ingresso e attraversa in punta di piedi il soggiorno in penombra. Quindi imbocca un piccolo corridoio guadagnando la camera da letto dove Marianna Santi, sua moglie, dorme profondamente.
Ennio si siede sul ciglio del letto e ascolta con attenzione il respiro lieve, quasi impercettibile di Marianna. Il viso della donna ha un’aria angelica. Per un attimo Ennio prova un senso di colpa. “Come ho potuto dubitare della mia mogliettina?” Finché non avverte un lieve tremolio nelle palpebre chiuse della donna. “Sta sognando!”
Con estrema cautela, l’agente estrae l’onirovisore dalla borsa di plastica, e punta la parte più stretta, quella che ricorda la canna di una pistola, contro la tempia destra della donna. Premuto il pulsante rosso, l’apparecchio si mette a ronzare dolcemente. Ennio attende qualche minuto. Non vede l’ora di tornare in ufficio e vedere sullo schermo del computer le immagine oniriche che l’onirovisore sta “succhiando” dalla testa di Marianna. Gli occhi della donna accelerano le loro vibrazioni con alcuni picchi spasmodici. “È nel più bello del sogno. Forse sta sognando qualche avventura extraconiugale” rimugina Ennio guardandola storto. “Maledetta! Fra poco tuo marito scoprirà tutta la verità!”
Ad un tratto, Marianna si gira nel letto, sbatte la testa contro l’apparecchio e di colpo apre gli occhi. «Cosa fai, amore?» farfuglia scorgendo la figura di Ennio nella debole luce giallognola che penetra dalla finestra.
Ennio ha nascosto velocemente l’apparecchio dietro di sé. Chinandosi in avanti, stampa un piccolo bacio sulla guancia della moglie. «Ho fatto un salto per assicurarmi se stessi bene» spiega accarezzandole i lunghi capelli scompigliati.
«Tesoro!» esclama la moglie godendosi le coccole del marito prima di piombare nuovamente nel sonno. Silenzio. Marianna ha riacquistato l’immobilità spensierata dei dormenti. Ennio esce dall’appartamento e torna di corsa in Questura.
È difficile descrivere l’espressione con cui l’agente Roberto fissa Ennio al suo ritorno. Nel suo sguardo c’è un misto di stupore, diffidenza, sollievo. Ennio ignora quegli occhi inquisitori che lo seguono appresso mentre penetra nell’ufficio del commissario Ruffo.
Ennio accende il computer e infila la spina dell’onirovisore nell’apposita porta USB. Dopo qualche secondo, lo schermo si annerisce. Gradualmente sullo sfondo nero affiorano delle macchie grigiastre, che a poco a poco si aggregano a modellare pareti, mobili, e infine il soffitto di un appartamento.
«È casa mia!» esclama Ennio meravigliato.
Gli agenti si avvicinano allo schermo avvertendo che sullo sfondo si apre una porta, attraverso la quale l’agente Ennio Nardi in persona penetra nel suo alloggio con fare disinvolto. L’Ennio vero osserva meravigliato la sua immagine mentre attraversa il soggiorno illuminato da una luce soffusa, misteriosa. Si domanda come può distinguere così bene la sua figura malgrado la scarsa luminosità della scena. Ma subito ricorda che sta guardando un sogno. L’agente lascia l’appartamento chiudendosi la porta alle spalle. Qualche secondo più tardi, dalla porta d’ingresso penetra un uomo senza volto. È alto e massiccio. L’intruso si muove di soppiatto, reggendo un coltello a serramanico. Fa qualche passo verso la stanza da letto e si arresta di colpo, sentendo dietro la porta d’ingresso un rumore di passi.
L’intruso si volta e avanza lentamente verso la porta. In mezzo allo schermo compare all’improvviso la figura di Marianna. La donna è a pochi passi dall’intruso. Tuttavia non sembra avere paura. L’intruso è vicino alla porta, il coltello stretto in pugno. Si sente la voce di Ennio che mormora: «Marianna». L’intruso solleva il coltello sopra la sua testa. La porta si riapre. Il tempo sembra essersi cristallizzato. Trascorre un intero minuto che sembra interminabile. Le grida improvvise di Marianna rompono finalmente il silenzio: «Uccidilo! Fallo una volta per tutte! Falla finita! Uccidilo!» Quando Ennio varca la soglia, l’intruso spicca un salto da dietro la porta aperta e affonda il coltello nel petto dell’agente. Dopo in gola, nel ventre. L’agente riceve i colpi senza reagire, pacificamente. Dopo un breve fruscio, la scena si interrompe e sullo schermo compare il segnale di fine registrazione.
I due agenti si guardano a bocca aperta.
«Io la ammazzo, quella cagna!» urla Ennio fuori di sé.
«Stai calmo!» Roberto afferra il collega per un braccio.
«Quella bastarda di mia moglie mi ha fatto uccidere» urla Ennio cercando di divincolarsi. «È un’assassina.»
«Ma, idiota, tu sei ancora vivo!»
«Non significa niente. Ciò che conta è l’intenzione. Lei ha spinto quell’uomo a uccidermi. È il suo sogno. Il suo subconscio ha confessato: mi vuole morto.»
«I sogni non sono mica veri!» sbraita Roberto.
«E meno male! Altrimenti… Ma io gliela faccio pagare, questa» Ennio aggrotta la fronte e stringe le mascelle.
«Cosa pensi di fare?» Roberto è diventato pallido in viso. «Non hai nessuna prova contro di lei»
«Come no? Ho il suo sogno» negli occhi di Ennio brilla una scintilla sinistra.
Roberto riflette qualche secondo. «Non so se un sogno possa bastare come prova…» Poi all’improvviso strilla: «Non vorrai mica che sappiano che ti sei portato a casa l’onirovisore!»
«È l’intenzione ciò che conta» mormora Ennio tra sé, senza più badare al suo collega. «Vado a prendere mia moglie. L’arresterò per tentato omicidio.»
«Vengo con te» si affretta a dire Roberto.
I due agenti escono dalla Questura, saltano in macchina e partono a tutto gas. Ennio accende la sirena.
«Sei matto?» grida sottovoce Roberto. «Sono le due di notte. Sveglierai tutto il quartiere.»
«Non c’è tempo da perdere. Dobbiamo arrivare subito. Non possiamo lasciar scappare l’assassina.»
«Altro che! Con tutto questo baccano farai scappare tutta la popolazione di Milano.»
«Va bene!» sospira Ennio con aria rassegnata, prima di spegne la sirena.
«Stavo pensando…» riprende Roberto dopo qualche minuto. «Se accusi tua moglie di omicidio, dovrai presentare delle prove.»
«Ce le ho, le prove.»
«Si ma… non puoi mica tirare in ballo l’onirovisore! Tutto il mondo scoprirebbe che in Italia si fa uso illecito di quell’aggeggio. E non parliamo di ciò che accadrebbe se il commissario venisse a sapere che l’hai sottratto dalla sua cassa forte e te lo sei portato a casa. Mentre eravamo in servizio! Mentre lui era assente! Contro le sue esplicite disposizioni! Contro la legge! »
«Me ne sbatto. Mia moglie è un’assassina. Ha tentato di uccidermi.»
«Ma siamo sicuri?» Roberto fissa il suo collega con gli occhi sbarrati.
«Ma certo!» esclama Ennio storcendo le labbra. «Vuoi rivedere il suo sogno?»
«No!» urla Roberto. «È stata un’esperienza atroce. Non eri bello da vedere, steso sul pavimento, tutto insanguinato… E Marianna che urlava come un’isterica.»
L’auto arriva davanti alla porta del palazzone e i due agenti scendono e precipitandosi verso l’appartamento al primo piano. Mentre Ennio gira la chiave più volte nella toppa, Roberto si rende conto di essersi aspettato di trovare l’appartamento aperto. “Macché, la porta era stata aperta nel sogno” riflette scuotendo la testa con un sorriso di sollievo. “Ho avuto un lapsus.”
Ennio è riuscito ad aprire la porta senza far rumore. Entrano. L’appartamento si presenta in modo abbastanza simile a come l’avevano visto nel sogno. Solo un po’ più buio. Giunti in camera da letto, trovano Marianna profondamente addormentata.
«Svegliati, vigliacca!» tuona Ennio.
Marianna apre gli occhi, tardando qualche secondo a scrollarsi il sonno appiccicoso. Gradevolmente sorpresa, saluta con voce impastata. «Amore» sussurra gettando le braccia intorno alla vita del marito. «Che bella sorpresa! Mm… Mi sa che ho fatto un brutto sogno…» commenta stiracchiandosi.
«A dir poco!» sbraita Ennio. «Bastarda! Te lo faccio pagare io, il tuo sogno. Minimo dieci anni di galera.»
«Ma…»
Ennio afferra la donna per le braccia strappandola dal letto con un violento strattone. Con un paio di mosse le mette le manette per poi spingerla verso il soggiorno. Roberto estrae una pistola e la punta contro il suo collega.
«Fermati! Da qui non esci. Prima dobbiamo parlare.»
«Parlare? Di cosa?» Ennio tiene ben stretta la donna, avvolgendole la cintura con un braccio. «Non ti immischiare in questa faccenda, Roberto» urla innervosito. «Non abbiamo niente di cui parlare noi due.»
«Invece sì.»
«Di cosa?»
«L’onirovisore. Non ci sto. Saranno guai anche per me.»
«Cosa succede?» mugola Marianna, cercando di divincolarsi dalla stretta che le stritola il torso.
«Fai come ti pare.» Incurante della pistola, Ennio spinge la moglie fuori dall’appartamento. Dietro la coppia cammina Roberto, con aria contrita, la pistola penzoloni nella mano abbassata.
Ennio spinge la moglie all’interno dell’auto. I due agenti salgono e subito dopo la macchina parte con un lungo stridio di pneumatici.
Alle sette del mattino il commissario Ruffo arriva in Questura, un po’ sorpreso di non trovare Ennio e Roberto nel loro ufficio. “Saranno andati a prendere un caffè, dopo una lunga notte di servizio.” Apre la porta del suo ufficio, entra e si arresta di botto. Ennio, Marianna e Roberto sono seduti con aria affranta e annoiata. Nel vedere il commissario, i due agenti si mettono in piedi e salutano rispettosamente. Marianna rimane seduta. Il commissario avverte esterrefatto che la donna è ammanettata.
«Questa donna è in arresto» spiega Ennio con voce stanca.
«Questa donna è sua moglie, agente» ribatte il commissario Ruffo, sempre più perplesso.
«Questa donna ha tentato di uccidermi» piega Ennio in tono aspro.
Ruffo osserva l’espressione abbattuta di Roberto. Inutile chiedergli spiegazioni, non sembra nemmeno in grado di parlare. Poi guarda Ennio. Questo confessa: «Ho preso l’onirovisore e l’ho portato a casa mia. Per questo so cosa stava sognando mia moglie. Lei stesso lo può vedere con i suoi occhi. Mi stava uccidendo. Lei lo sa che quell’affare elettronico non mente.»
Ruffo va su tutte le furie. «Maledetti! Come avete osato portarlo fuori da questo ufficio? Ennio, questo è insubordinazione. Una gravissima indisciplina. Un delitto.»
«Commissario,» interviene Roberto in tono rispettoso « se lei punisse Ennio, questi le farebbe causa. In questo modo si verrebbe a sapere dell’esistenza dell’onirovisore… e saremmo tutti nei massimi guai.»
Ruffo rimane in silenzio. Riflette. La situazione è alquanto spinosa. «Ennio…» dice finalmente addolcendo il tono della voce. «Ennio, facciamo ciò che è meglio per tutti. Dimentichiamo l’accaduto.»
«Io non dimentico niente» urla Ennio fissando sulla moglie uno sguardo furibondo. «Questa qua ha tentato di uccidermi. L’ha sognato, che è peggio. Dormivo accanto a una potenziale assassina senza saperlo. Non intendo transigere.»
«Ma, che caspita sta succedendo?» urla Marianna. «Sarò io a denunciarvi, tutti quanti. Oppure… è tutto uno scherzo? State scherzando tutti, non è vero? Ragazzi, se è così, fatela finita. Io sono stanca e mi fa male il braccio.»
Il volto del commissario Ruffo si illumina: «Certamente!» esclama lanciando agli agenti occhiate furtive. «È tutto uno scherzo!»
«Niente scherzo» sbraita Ennio. «Potevo essere morto a quest’ora. Questa donna è un’assassina. Una mina vagante. Non può rimanere a piede libero. Guardate la registrazione del suo sogno, e poi vediamo se avrete ancora voglia di scherzarci su.»
Ennio collega l’onirovisore al computer e fa partire la sequenza onirica. Ruffo e Marianna contemplano a bocca aperta le terribili immagini. Roberto ha gli occhi chiusi. Ennio fissa indispettito la punta dei suoi stivali.
«E questo cosa significa?» Marianna è perplessa.
Roberto e Ruffo rimangono in silenzio.
«Questo è ciò che hai sognato stanotte» sbotta Ennio.
Marianna non capisce ancora.
«In questura abbiamo un apparecchio che ci serve a leggere il pensiero» spiega Ruffo con voce dolente. «Si chiama “onirovisore”, e fu creato qualche anno fa in Germania. Con quella macchina si possono registrare le scariche elettriche del cervello e trasformarle in immagini e in suoni, in linguaggio digitale. Alcuni medici tedeschi già lo usano per “vedere” i sogni dei loro pazienti. Ecco perché chiamano questa tecnica “onirovisione”, letteralmente “visione dei sogni”. Grazie a questo apparecchio l’interpretazione psicanalitica ha fatto passi da giganti. Non ci vuole molto per capire gli enormi vantaggi che questa invenzione può offrire alla polizia nella lotta contro il crimine. Le immagini dell’onirovisore valgono più di qualsiasi confessione… Ma fatto sta che l’uso di questa tecnologia, malgrado i suoi innegabili vantaggi e l’utilità che potrebbe avere nei campi più disparati, non è stato ancora autorizzato dalle autorità, per ragioni etiche… Perciò lei non aveva mai sentito parlare prima dell’onirovisore. In verità, nessuno lo conosce, tranne alcuni addetti alle forze dell’ordine e pochi medici. Quindi, suo marito prese l’apparecchio, andò a casa vostra e registrò il suo sogno mentre lei dormiva ignara.»
«Come hanno potuto inventare una cosa simile?» strepita Marianna con crescente indignazione. «Quella macchina è veramente in grado di leggere i nostri pensieri? È orribile! Non ci rimane più alcun rifugio. Avete commesso il più grave crimine contro l’umanità. Avete invaso la coscienza di ogni individuo. Avete profanato l’anima umana. Solo uccidendomi potrete evitare che io vi denunci.»
«Caro Ennio,» il tono del commissario Ruffo è conciliante « la situazione è assai critica. Non ci resta che un’alternativa: cancellare la registrazione di quel maledetto sogno. Senza prove, la parola di sua moglie non avrà alcun valor per i giudici, e saremo tutti salvi.»
«Manco morto!» sbraita Ennio con occhi fiammeggianti. «Quella registrazione è l’unica prova che ho del tentato omicidio di mia moglie.»
«Ma sarai idiota?» Ruffo perde le staffe e si scaraventa su Ennio. Roberto interviene riuscendo a malapena a evitare che il commissario strangoli il suo collega. Marianna attende l’esito della lotta con aria sprezzante. Ennio spinge col piede il commissario, che si allontana annaspando, trascinandosi dietro Roberto, che gli stringe il busto in un abbraccio veemente. I due uomini cadono a terra con fragore di libri, fascicoli e soprammobili. Nel frattempo Ennio ha afferrato l’onirovisore. Con gesto fulmineo estrae dall’apparecchio un piccolo aggeggio oblungo, una memoria USB, se l’infila in tasca e scappa via.
Ruffo e Roberto si alzano accusando forti dolori in più parti del corpo. Stringendo i denti, Marianna prova in vano a liberarsi dalle manette, ma senza risultato. Emette un urlo di rabbia, stringendo i denti. Il commissario Ruffo si avvicina alla donna e le scioglie le manette. «Può andare, signora. È tutto finito.»
«Andrò subito, ma a denunciarvi, tutti quanti» grida Marianna indignata.
«Ma come, Marianna?» ansima Roberto. «Adesso ci manca la prova del tuo “tentato” omicidio. Ci manca anche la prova che dimostra il delitto di Ennio: la sua furtiva e illecita intrusione nella tua mente durante la scorsa notte. Il caso è chiuso.»
«Siete tutti dei delinquenti. E io non intendo demordere» protesta Marianna. «Vi denuncerò per violazione della privacy. Per abuso di potere.»
«Rifletta, signora» interviene Ruffo. «Non ha alcuna prova. Come può accusarci se non ha niente. Né registrazione né onirovisore. Faremo sparire tutto prima che lei riesca a uscire di questo ufficio.»
Marianna guarda i due uomini con profonda repulsione. «L’onirovisore c’è ancora…» mormora.
I due uomini la fissano in allerta.
«Dovete distruggerlo» dice Marianna. «Solo allora accetterò di tacere.»
«Signora!» geme il commissario.
«Immaginate cosa capiterà là fuori, quando la gente scoprirà tutto…» osserva Marianna in tono minaccioso. «Un pandemonio.»
I due poliziotti la soppesano con aria abbattuta.
«Succederebbero cose terribili…» continua Marianna. «L’umanità non vi perdonerebbe mai.»
Con gesto solenne, degno dei grandi eroi della mitologia olimpica, Ruffo afferra l’onirovisore e lo alza in alto come fa un giocatore di pallacanestro che si accinge a lanciare la palla. Soffocando un gemito, scaraventa l’apparecchio contro il pavimento, con grande frastuono metallico. L’apparecchio si frantuma in mille pezzi che si spargono su ogni angolo del locale. «Ecco, signora!» esclama profondamente avvilito.
Qualche anno dopo, a Roma, dalla stazione di Termini esce una donna col viso parzialmente coperto da un fazzoletto di seta colorata. Sulle strade è in corso una violenta sparatoria. La donna percorre di corsa la via Giovanni Giolitti. Alcuni spari risuonano alle sue spalle, ma lei non si ferma. Diventa solo più cauta. Accostandosi ai muri in rovina, raggiunge l’angolo con via Daniele Manin e svolta a sinistra, cercando di non inciampare nelle macerie con le sue scarpe a tacchi troppo alti per quei tempi convulsi. Raggiunge la via Filippo Turati e inizia una corsa non troppo impegnativa. Poi di colpo scatta in una corsa veloce. Guadagna l’hotel Ariston e vi penetra alla svelta. Gli alberghi sono tra i pochi luoghi chela Guerra CivileGlobale, come la chiamano i giornalisti, ha voluto risparmiare, insieme ad ambasciate e consolati.
La donna si ferma ansimante nell’atrio dell’hotel. L’antico edificio ha perso il suo antico splendore: non è più il luogo brillante e accogliente di un tempo. La donna si scopre. All’usciere sulla soglia mostra una tessera di riconoscimento, che per gli addetti alla sicurezza dell’albergo significa che la donna è un soggetto “in grado di spendere” e al di sopra di ogni sospetto.
Alla reception sussurra il suo nome: «Santi. Marianna Santi.»
L’usciere inarca un sopracciglio. Da dietro una scrostata reception, un uomo che indossa una divisa un tanto logora, annuisce indicando all’usciere di lasciare entrare la signora. Senza guardare la donna, l’uomo in divisa scrive il suo nome su un registro. Quindi alza gli occhi e l’informa con uno sguardo serafico: «Un signore l’aspetta alla camera quattordici.»
Un attimo dopo, la donna è in piedi davanti alla porta della camera. Batte due colpetti sul battente e attende qualche secondo.
«Avanti!» esclama Ennio spalancando la porta.
Marianna entra e si guarda intorno. Si ritrova in una modesta camera arredata con semplicità. Ennio le offre una coppa di whisky ed esclama con foga oratoria:
«Udite, udite! Per colpa dell’onirovisione, imperversa in tutto il mondo una devastante guerra civile! Questa fantastica tecnologia è stata rivelata al popolo da una tale signora Santi, paladina della lotta per la sua abolizione definitiva, ma anche impossibile: due aggettivi che, accoppiati, fanno soldi!»
«Zitto!» sussurra la donna. «Sei impazzito? Hai bevuto troppo. »
«Il fuggiasco Ennio, invece» riprende l’oratore in tono pacato «servendosi della sua registrazione illecita del suo omicidio, conduce una strenua lotta a favore dell’onirovisione, tecnologia del futuro che migliorerà le nostre vite. Per il popolo, Ennio e Marianna sono nemici acerrimi. Ma in realtà sono due perfetti ipocriti! I più grandi bugiardi del pianeta!»
«Non è colpa mia» si giustifica Marianna «se le cose sono andate in questo modo. Prima o poi l’onirovisione si sarebbe diffusa nel mondo. Non bastava mica che il commissario Ruffo distruggesse il suo onirovisore, per debellare definitivamente questa perfida tecnologia… Ma adesso non abbiamo più bisogno di litigare» Marianna si avvicina a Ennio e gli afferra una mano. «Per fortuna non sei più arrabbiato con me.»
Presi a braccetto, si avvicinano al letto e si baciano a lungo.
«È tutto merito di quello psicanalista» dice Ennio con un sorriso di riconoscenza. «Lui mi fece capire qual era la vera interpretazione del tuo orribile sogno. Tu mi avevi ucciso perché soffrivi tanto all’idea che io fossi ucciso! Nel tuo sogno, inconsciamente, mi uccidevi per “liberartene” dalla paura che ti rodeva ogni sera prima di andare a letto. Mi uccidesti per non permettere che un altro lo facesse. Un omicidio d’amore. Ah, le sottigliezze della mente umana!»
«Ma il signor Ennio si guarderà bene, per il resto della sua vita, dal rivelare la verità, non è vero?» Marianna scandisce le parole, come per fissarle bene nella mente di Ennio. «Questo piccolo particolare deve rimanere nascosto al pubblico. Nessuno può sapere che Ennio e Marianna si sono riconciliati.»
«Beh…» Ennio è illuminato da una subitanea ispirazione. «E se raccontassimo la versione reale dei fatti?»
«Sei matto?» urla Marianna. «Le nostre rispettive lotte non avrebbero più senso. E poi, ci arresterebbero. Rischiamo un linciaggio popolare!»
«Oppure… nell’immaginario collettivo la nostra storia potrebbe assumere contorni del tutto nuovi. Le testate dei giornali reciterebbero: riconciliazione tra i due acerrimi nemici grazie all’amore! I politici di tutto il mondo coglierebbero la palla al balzo. “Si apre una nuova strada verso la pace!” proclamerebbero i nuovi visionari. Sai bene quanto il popolino sia sensibile a queste banali illusioni.»
«E dopo?»
«Stai tranquilla» la rassicura Ennio. «La guerra contro l’onirovisione ormai non si fermerà mai più. I nostri affari sono al sicuro.»
«Mediterò la tua proposta» gli promette Marianna. Per il momento, si accontentano di trascorrere una piacevole serata. L’indomani dovranno tornare alle loro rispettive lotte, e chissà quando si rivedranno, furtivamente, in un altro albergo non ancora abbattuto dalla Guerra Civile Globale?
Prima di fare l’amore, accendono la televisione. Ci sono notizie di scontri, di proteste popolari contro l’onirovisione, di manifestazioni da parte del mondo scientifico a favore dell’onirovisione. Il pianeta è immerso in un conflitto smisurato. I partiti politici e le autorità religiose cercano la via del dialogo, ma gli scontri armati non si fermano.
«Amore, è così noiosala TV!» protesa dolcemente Marianna.
Ennio si alza dal letto, attraversa la camera e si mette a frugare nella sua valigia appoggiata su una vecchia poltrona. Estrae un modernissimo onirovisore e lo collega a una porta USB dietro lo schermo del televisore. Quindi torna a letto e, con un sorriso malizioso, punta l’apparecchio contro la sua tempia. Sul televisore compaiono delle immagini indefinite, bizzarre. Ci sono loro due, Ennio e Marianna, che corrono in un campo fiorito dai colori inverosimili. Ad un certo punto piccano il volo slittando su un cielo rosa. Si rimpiccioliscono divenendo due puntini neri, per poi infilarsi in una gigantesca orchidea dalle forme labirintiche. In seguito, si tuffano in un lago, dove sguazzano tra pesci che salutano al loro passo con voci sibilanti.
Le fantasie di Ennio suscitano l’ilarità di Marianna. Ad un tratto, la donna afferra l’apparecchio puntandoselo contro la tempia. Adesso tocca a lei trastullarsi con l’immaginazione.
«Non farmi brutti scherzi» Ennio alza l’indice in segno di finta minaccia. «Preferirei che tu non mi uccidessi un’altra volta…»
Entrambi ridono spensierati, consacrandosi per un paio d’ore alla pratica illecita dell’onirovisione dei propri pensieri. Infine passano dalle idee all’azione. In preda a un’irrefrenabile eccitazione, si buttano a capofitto in un duello a base di baci, carezze e punzecchiature, fino a piombare esausti in un sonno profondo, gremito di immagini oniriche che sfuggono al controllo del loro moderno onirovisore.
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