Premio Racconti nella Rete 2013 “Il segreto del lago – Vilia” di Elisa Sala
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013-Ciao, ciao! Aspettatemi.
– Ancora un bacetto al papà.
Giulio raggiunse di corsa la figlia che si stava sporgendo dal finestrino del Suv in partenza. Baciò la sposa affettuosamente e allungò uno scappellotto bonario allo sposo.
Rimasto solo sull’ampio piazzale li seguì con lo sguardo fin che fu possibile.
Dopo aver salutato gli ultimi invitati, si avviò verso il lago per assaporare il tramonto in solitudine. Il sole rosso nel cielo violaceo stava incendiando le cime degli alberi.
Giulio era un uomo molto attraente. La figura atletica i lineamenti dolci quasi infantili, e due magnetici occhi grigio azzurri giocavano ancora a suo favore. Il tempo lo aveva appena sfiorato.
Arrivato, si sedette sul bordo di un tavolino di pietra mezzo consumato dal tempo, guardò il paesaggio che si rifletteva nel lago: solo qua e là guizzi di pesci a caccia di moscerini animavano lo specchio immobile. Il salice vicino mosse i lunghi rami. Non c’era alito di vento.
L’uomo accese una maledetta sigaretta, si volse a guardare la facciata severa dell’albergo ingentilita da affreschi e le montagne lievemente innevate.
Che ci faceva in quel posto?
Un senso di malessere lo colse.
Perché avesse acconsentito con entusiasmo alla decisione della figlia nella scelta di questo albergo se lo stava chiedendo ancora.
Capiva le esigenze della ragazza. Il luogo era stato la loro dimora per un lungo periodo. Lo scopo era stato di tenere una bimba lontana dall’assenza non voluta della madre. Ovviamente la bambina subì il fascino di un nuovo modo di vivere e quel che fece ora piegare l’ago della bilancia: conobbe il ragazzino che poche ore prima aveva sposato.
L’albergo allora fu anche protagonista di un altro incontro.
Giulio conobbe una donna che gli fece dimenticare in breve tempo la moglie. La loro fu una unione della carne e dello spirito e come le cose più belle ebbe una fine. Il ritorno a una vita normale e una lunga permanenza all’estero contribuirono a spezzare una bella intesa.
Ebbe altre donne, ma ritornare in questo luogo, aveva riaperto una ferita. Cercò di sorridere.
Ovviamente la figlia, egoista come la maggior parte dei ragazzi, non aveva mai avuta nessuna voglia di avere altre donne per casa, e aveva avuto banco nelle scelte del padre.
Rabbrividì, pensando al futuro e piano piano tornò sui suoi passi.
Il tramonto aveva lasciato spazio in quell’ora che tutto si fa grigio, e i ricordi tornarono amari.
Attraversò il ristorante senza fermarsi, aveva mangiato poco durante il pranzo nuziale. Sentiva solo il bisogno di bere. Non voleva pensare al ritorno a casa, la sua bellissima dimora immersa in un grande giardino al centro della città, ma da orariccadi ricordi lasciati dalla figlia così disordinata e solare. La ragazza aveva in buona parte riempito la sua vita.
Avrebbe trovati ad aspettarlo il gatto di casa e la vecchia Bettina ormai sorda come una campana.
Il segretario ancora in servizio vedendolo attraversare la hall lo chiamò, gli consegnò una busta e gli porse la chiave.
Raggiunto il bar, Giulio si sedette su una di quelle poltrone basse e accoglienti: si fece portare del whiskey irlandese e del ghiaccio. Lui lo preferiva liscio, ma non a stomaco vuoto. Voleva ricordare momenti che aveva chiuso a doppia mandata e negato a ogni evidenza.
Al primo sorso riconobbe la sua marca preferita, ricordò un viaggio a Kork e la sua iniziazione al non torbato sul posto. Si accomodò meglio, aprì la busta e subito la annusò: un profumo intenso di muschio e viole lo avvolse e lo fece precipitare nel passato. Dispiegò con ansia il foglio e corse alla firma.
Lo aveva intuito, era tornata Vilia!
Si precipitò alla reception, il portiere che aveva sostituito il segretario non seppe dargli una spiegazione precisa. Ricordava una bella donna con un velo dorato sulle spalle, e sicuramente era nel gruppo degli invitati degli sposi.
Inoltre, dopo avergli consegnato la busta aveva chiesto il numero della sua stanza.
– Il numero della mia stanza?- Chiese ansioso l’uomo.
-Sì signore…
Giulio, incredulo si precipitò nella camera che aveva ospitato la figlia. Arrivò ansante.
La vetrata che dava sul balcone fiorito era aperta e le tende vaporose ondeggiavano: s’intravedeva il blu della notte. C’era solo il vestito da sposa buttato sul letto, un’esplosione vaporosa di veli di tulle. Lo prese con mani tremanti e lo depose sulla poltroncina. Una giarrettiera rossa appesa alla maniglia, gli fece ricordare che era un portafortuna regalato alla figlia.
Il cuore gli batteva all’impazzata.
Guardò ovunque, ma della donna nemmeno l’ombra.
Stanco, decise di andare a letto. Si spogliò, fece una lunga doccia, si coricò lasciando aperta l’ampia finestra, cercando quel profumo, e si assopì.
Aprì gli occhi a un rumore improvviso e vide Vilia che lo guardava sorridendo. Cercò l’interruttore, ma lei lo fermò.
– Non ti basta la luce della luna?
– Sei proprio tu!
— Certo, non sono un fantasma, guarda ho ancora il tuo anello.
– Mi hai fatto morire, senti il mio cuore…
L’uomo le prese la mano e se la pose sul petto. Come non ricordare la piccola mano, l’anello troppo grande e il suo profumo così intenso.
La donna sciolse veli e bottoni; il vestito le scivolò al suolo.
Giulio intravide sullo specchio la sua silhouette: sembrava una ninfa, incredulo spostò le lenzuola scese e sentendosi girare la testa aprì le braccia, lei gli si rifugiò baciandolo, e lui ritrovò la sua bocca e come un assetato avrebbe voluto berla assaporandola come un vecchio vino d’annata. Una voglia intensa lo avvolse e lei come allora gli si offrì tutta.
– Il mondo fu solo loro.
Un raggio di sole svegliò Giulio che felice allungò la mano. Si alzò di scatto, il lenzuolo era freddo. E Vilia? Di lei nemmeno l’ombra.
L’uomo ispezionò la stanza.
Non trovò nessuna traccia della sua presenza.
Poi sfilò il lenzuolo, fra le pieghe stropicciate ritrovò l’anello, lo annusò, l’intenso profumo di viole e di muschio invase la stanza.
No! Non poteva lasciarla andare.
Dopo essersi infilato dei jeans e una maglietta scese per chiedere al portiere di notte se la avesse vista.
– Si calmi signore, le posso assicurare che da qui non è passato nessuno. Forse la signora che cerca è una nostra cliente.
– Non lo so, credo di sì, era una mia vecchia conoscenza.- Rispose
– Potrei sapere il nome?
Giulio cercò di calmarsi.
Un cameriere gli portò un caffè- si sedette e… – Sì, si chiama Vilia De Sordi.
Il vecchio portiere pensoso fece una lunga pausa, aspettò che l’uomo si calmasse e sottovoce lo invitò a seguirlo.
– Ora vedrà da sé.
I due entrarono in una stanza del primo piano.
Il buio li accolse e il portiere accese il lampadario.
Egli si trovò all’improvviso di fronte al ritratto in grandezza naturale di Vilia, seduta sotto il salice.
– E’ lei, Vero?- Chiese sottovoce il portiere.
–Sì è lei!- Rispose con voce rauca.
–Non si chiamava Vilia, ma era la signora Laura. La chiamavano scherzosamente come la ninfa perché sembrava appartenesse a quel mondo. Da più di trentanni riposa sotto il salice del lago, proprio quello del quadro.- affermò il portiere.
– Potrei rimanere solo?- Chiese un emozionato Giulio.
– Certo, ma la prego, quando esce chiuda la porta e mi porti la chiave.-Rispose il portiere avviandosi alla porta.
L’uomo ancora sconvolto si avvicino alla tela, fissò il bel viso e a lui sembrò che gli sorridesse, no!
Poi guardò le mani, le bellissime mani di Vilia appoggiate in grembo. E solo ora comprese che era stata veramente lei. Il dito che aveva portato l’anello aveva una fascia sbiadita. Giulio aveva ancora l’anello chiuso nel pugno, lo aprì e il profumo di viole e di muschio invase la stanza.
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Per Giulio, il matrimonio di sua figlia è l’occasione di tornare in quell’albergo vicino al lago, fonte per lui di vividi ricordi.
E’ stato il luogo dove si era rifugiato con la sua bambina, subito dopo la perdita della moglie.
Ed è il luogo che lo lega al ricordo di una donna importante, che ora ricompare, attraverso le sembianze di una presenza eterea, ma per lui ancora molto intensa.
E’ un racconto sentimentale, con qualche tratto esoterico.
E’ narrato molto bene, ma, per essere apprezzato per quanto vale, necessita di una lettura attenta.
E anche di una rilettura.
Sono contento di averlo letto, riletto e molto apprezzato.
Quel è narrato molto bene, mi gratifica. L’ho collocato in un grande albergo lacustre, per ricordare un mondo che ormai si è smarrito nelle pieghe del tempo.
Grazie, troppo buono.
Io, per un po’ non posso essere presente, ma dopo cercherò di leggere anche gli altri.
E ora? Buon Natale