Racconti nella Rete®

24° Premio letterario Racconti nella Rete 2024/2025

Premio Racconti nella Rete 2013 “Ninochka” di Alessandra Ponticelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013

“Grazie di tutto, signore”, disse Ninochka mentre raccoglieva le ultime cose.

“Grazie a te. Senza il tuo aiuto io e mia sorella non ce l’avremmo mai fatta”.

“Sono stati due anni faticosi, ma belli”, riprese lei rilassando il grazioso volto rotondo in un grande sorriso.

“E ora dove andrai?”, aggiunse lui indolentemente.

“Non lo so; cercherò un altro lavoro. Don Antonino mi ha detto che qualcosa, forse, salterà fuori”.

Ettore la guardò. “Occhi color del mare”, così la chiamava tra sé, era davvero bella. Tanto bella da togliere il fiato. Adesso che la mamma era morta, se ne sarebbe andata e non l’avrebbe più rivista.

La giovane ucraina ripiegò meticolosamente il plaid di pile che era servito a coprire le gambe paralitiche della vecchia durante il giorno e lo sistemò con amore nell’armadio.

Lui la osservò da dietro.

Era stato un idiota. Perché non aveva mai trovato il coraggio di provarci?

“Devo chiudere le persiane?”, chiese lei dolcemente.

“Sì, grazie”, assentì pronto Ettore.

Ninochka aprì la finestra.Guardò le linee scure delle montagne stagliarsi nella notte, i bagliori opachi della luna, la strada deserta e livida che saliva dal fondovalle e si tirò dietro le imposte.

“L’aria è gelida e sembra che voglia rinevicare”, disse.”Povera signora! Proprio ieri sera mi aveva detto che non ne poteva più del freddo…e pensare che l’estate prossima sognava di ritornare, dopo tanto, finalmente, a Lignano”.

Dalla manica del pullover estrasse un fazzoletto e si asciugò in fretta una lacrima.

“Che vuoi farci…tutti dobbiamo morire un giorno o l’altro”, sentenziò Ettore, allargando le braccia.

Il suono vibrante del campanello si dilatò sulle pareti.

“E ora chi è?”, chiese l’uomo perplesso.

“Vado a vedere”, rispose Ninochka lasciando scivolare la borsa sulla sedia a rotelle, già sistemata in un angolo a fianco del letto.

Zia Teresina entrò e si diresse come un fulmine in cucina.

“Cara, ancora qui? Ed Ettore? Dov’è Ettore?”, urlò mentre si sfregava le mani sopra la stufa a legna sulla quale borbottava un vecchio paiolo di rame traboccante d’acqua.

“Stavo sistemando le ultime cose…”, aggiunse timidamente la ragazza.

“Ma Ettore? Dov’è finito, Ettore?”, ripeté la donna.

“E’ di sopra. Devo chiamarglielo?”, domandò, con un filo di voce, Ninochka.

“Oh sì, gioia, sei veramente un tesoro”.

Il rumore del passo pesante dell’uomo che scendeva si amplificò sui gradini di legno delle scale.

“Zia, che ci fai qui? Lo sai che sono le due? E’ forse successo qualcosa?”.

Lei ebbe un’espressione di meraviglia.

“Perché? Che c’è di male? Sono venuta a dirti che è stata davvero una bella cerimonia. Non sai come sono contenta per tua madre. Dopo tutto se lo meritava”.

Lui si girò di spalle e si passò una mano sulla testa completamente glabra.

“Hai ragione”, replicò a capo basso, “ma non potevi aspettare domani?”.

Stizzita, zia Teresina iniziò a battere ossessivamente il suo elegante bastone di mogano sul pavimento.

Ninochka le chiese se voleva una tazza di caffé.

“A quest’ora? No, piccola, per carità. Non dormirei”.

Nel frattempo Ettore aveva iniziato a torturare con due dita la chiave della credenza.

“Non mi do pace! Ci siamo dimenticati di metterle tra le mani il rosario d’oro che le aveva regalato tuo padre. Almeno tu, per dio, potevi pensarci!”, riprese lei.

“E’ vero, zia”, rispose lui, sbadigliando.

“Non potrò mai perdonarmelo. Mai”, ripeteva in continuazione zia Teresina mentre Ninochka l’accompagnava alla porta.

“Arrivederci, cara. E buona fortuna”, disse l’anziana donna, intanto che, con cura, si agganciava la lunga stola di visone che aveva adagiato sulle spalle.

La giovane la salutò con un abbraccio, poi rapidamente corse di sopra, per recuperare la borsa.

“Ah, è qui?”, esclamò, sorpresa, vedendo Ettore.

Immobile, seduto su una sedia, la fissò senza dire niente.

“Bene, allora se non ha più bisogno di me, io vado e, ancora tante, tantissime condoglianze, signore”.

L’uomo si alzò. Era troppo bella per lasciarla andare via. L’afferrò, la strinse a sé e la scaraventò sul letto.

Ninochka iniziò a gridare.

“Calmati. Non vogli farti del male”, le sussurrò all’orecchio.

“Aiuto! Qualcuno mi aiuti!”, urlò, disperata, la ragazza.

A Ettore non erano mai piaciute le donne che lo respingevano. Non le aveva mai sopportate. E “Occhi color del mare” gli ricordava la sciacquetta che due anni prima aveva dovuto far fuori al margine di una strada. Non era stata di certo colpa sua se era finita così.

“Ma chi si credeva di essere? In fondo era solo una puttana”.

“Qualcuno mi aiuti!”, continuava a gridare Ninochka.

Mentre le premeva il cuscino di sua madre sulla bocca, lui la guardò con schifo.

Lei si dimenò, inutilmente, fino a che i suoi occhi limpidi e chiari non si spensero nel gran freddo di una notte italiana.

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5 commenti »

  1. Finale a sorpresa.
    E’ un delicato racconto delle situazioni che si verificano all’interno di un’abitazione all’indomani del funerale di una donna anziana ammalata. Ci sono le situazioni tipiche di prevaricazione a danno di un uomo celibe da parte della zia (nubile) molto diverse dall’atteggiamento di servizio e di attenzione di Ninochka, una giovane donna di origine ucraina che esprime la dedizione di badante di migliaia di donne. E’ la vittima di un serial killer.
    Complimenti Alessandra e ciao.
    Emanuele.

  2. Sorprendente.

  3. Una storia scritta molto bene. La bella descrizione dei personaggi e dell’ambiente, rendono il racconto molto piacevole nella lettura. Complimenti Alessandra!

  4. A Emanuele: grazie per l’apprezzamento e per avere sintetizzato così bene la storia.
    A Maria Cristina: ti ringrazio di cuore e sono felice che ti abbia colpito!
    A Giorgio: il tuo gentile commento mi lusinga.
    Aggiungo un affettuoso saluto a tutti e tre, augurandomi, davvero, che i vostri racconti entrino tra quelli selezionati per la vitoria.

  5. Naturalmente ” vittoria”.

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