Premio Racconti nella Rete 2013 “Un’altra giornata sta per cominciare” di Alessandra Ponticelli
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2013
My life’s blossom might have bloomed on all sides
Save for a bitter wind which stunted my petals
Mi sono alzata alle cinque stamani. E’ stato il silenzio a svegliarmi. Il silenzio che avvolge spesso il mio pensiero e la mia casa. Un brivido freddo ha attraversato il mio corpo. E’ arrivato l’autunno, mi sono detta. Dall’armadio ho preso una vestaglia. Il ricordo è andato al giorno in cui nacque il mio bambino. Era una fresca mattina di marzo. Me la sono messa. Ho acceso la luce, ho percorso un breve tratto di corridoio e mi sono fermata. Lo faccio ogni giorno. Ho alzato lo sguardo. Mio figlio era lì e mi fissava. Immortalato nella fotografia che preferisco. E’ in viaggio verso l’aeroporto. Sorride mentre sta parlando al cellulare. Quante cose ci siamo detti da quando mi ha lasciata.
E’ una telefonata infinita la nostra, eterna come l’amore che ci lega. Una conversazione che si rinnova ogni mattina, un fluire di reciproche sensazioni nel quale le parole, seppur mute, narrano un lungo romanzo mai concluso. I suoi occhi sono sempre più belli. Scuri come quelli di suo padre, generosi e malinconici allo stesso tempo. So bene che non lo rivedrò. Mi osserva. Gli racconto cosa farò oggi. Lo seguo in questo lungo viaggio che non ha fine. Pare volermi chiedere che senso ha la vita e quando arriverà finalmente a destinazione.
Non posso rispondergli.
Continua a guardarmi, col telefono in mano, mentre le sue esili dita affusolate sembrano allungarsi verso di me, infrangere il vetro che ci separa, spingersi in avanti per toccare il mio viso. Sono carezza speciali le sue, una lieve brezza che spira dal mare dei ricordi.
Mi volto. Come una sentinella silenziosa lo osservo mentre riemerge dall’acqua. Avrà a malapena sei anni, è felice, e mi saluta con la mano. Non posso dirgli quante cose sono cambiate. Nel mondo. Nella nostra casa. Del dolore che intride le pareti, dei singhiozzi che rompono la quiete della notte.
” Dov’è il babbo?”, mi chiede.
” E’ di là. Dorme”, gli dico.
La sua bocca accenna un sorriso. Non può fare a meno di illuminarsi quando si parla di suo padre. Un amore assoluto il loro. Un amore che non ha bisogno di parole.
Gli racconto che la gente è stanca, stanca di pagare per gli errori degli altri. Che il sole non è più quello di prima. E nemmeno la pioggia. Che le stagioni sono impazzite. Che nessuno ha ancora fermato la follìa degli uomini. Che i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi, mentre la fame cresce nel mondo. Che i nonni se ne sono andati. Tutti. Che io e il babbo siamo rimasti soli, qui, in questo mondo che non ci appartiene più, un mondo distratto che non sa più leggere nel cuore degli uomini.
” Mamma, non mollare”, mi dice, ” continua a sognare, a perderti nella profondità di quel futuro che abbiamo aspettato insieme. Nel paesaggio accogliente della memoria, dove non esistono diversità, ma soltanto colori”.
Lo farò.
Lo farò, perché ho ancora molte cose da scoprire. Tutte quelle in cui credevi tu.
Un’altra giornata sta per cominciare. Asciugo l’ultima lacrima di questa mattina uguale alle altre. Vado in cucina. Apro la serranda e preparo il caffé. Il buio si dissolve, mentre all’orizzonte vedo l’alba che sta nascendo.
…che dire Alessandra, non ci sono parole per confortare un dolore così grande….
Eleonora, grazie.
In queste righe hai avuto la capacità di fotografare il dolore (attraverso l’immagine di una foto): credo che riesca a pochi.
Grazie, Bettina. Un caro saluto.
Bellissimo racconto.
‘un mondo distratto che non sa leggere nel cuore degli uomini’
Quanta verità c’è in questa frase…..
Oggi abbiamo perso tutto, ancorati a cose materiali che non danno valore al nostro vivere.
Il dolore di una persona merita rispetto ed è difficile riuscire a vivere con esso, può essere deleterio, al punto da distruggere la nostra esistenza.
Ma l’Autrice, dopo essersi per un attimo lasciata andare, ci porge un grande insegnamento.
Conclude il racconto con ‘vedo l’alba che sta sorgendo’, una speranza, una speranza nuova.
La vita offre sempre un’altra possibilità, anche quando sembra impossibile, anche quando la notte sembra non finire mai, ma presto l’alba sorge e con essa i nostri sogni
protesi verso un mondo migliore, dove la vita sia piena di valori umani che rendono accettabile e bellissimo questo nostro viaggio terreno.
Grazie per non esserti lasciata andare, sei un grande esempio da seguire.
Grazie, Raffaele, per il tuo commento positivo e generoso.
Un racconto molto coinvolgente: ogni parola viene letta dagli occhi e catturata dal cuore.
Giuliana, ti ringrazio molto per il tuo gentile apprezzamento.
Un racconto scritto molto bene. Commuove come la protagonista cerca di sopravvivere al grande dolore, ataccandosi ad una fotografia che gli permette ancora di rendere più viva possibile, una vita non più viva. Complimenti Alessandra!
Grazie mille, Giorgio.
Poche parole per descrivere un dolore enorme che si concede comunque, alla fine, un filo di speranza. Bello.
Grazie, Silvia. Grazie di cuore.
Racconto bello e toccante. Sei stata molto brava.
Grazie, Giovanna.
Stupendo racconto Alessandra……..in toni molto delicati sei riuscita a farmi commuovere….brava!
Grazie!
Il più grande complimento suona addirittura riduttivo per quello che sei riuscita a scrivere…non mi vergogno a dire che mi sono anche commosso. Inutile aggiungere altro, semplicemente meraviglioso!!!
Ti ringrazio, Alessandro, per il bel commento.
Un dolore che non trova fine nelle notti e nei giorni che si susseguono lasciando intatta una profonda ferita e aperta come gli occhi davanti al respiro del mondo che vive.
Grazie. Ti abbracciò. Emanuela
Ti abbraccio
Grazie, Emanuela.
Non si dovrebbe sopravvivere ai propri figli.
Mai.
Chi l’ha detto possedeva una grande saggezza. Va contro la natura, è un evento che sconvolge una vita come un terremoto, si porta via la parte migliore di tutto quello che sei stata ma anche tutto quello che avresti potuto essere.
In lui, in lei.
E’ uno strazio che non si può raccontare, che ti strappa le viscere e stringe la gola in una morsa, che il figlio sia adulto, adolescente, infante, oppure mai nato.
Un’istantanea che fotografa il dolore di una madre in maniera tanto realistica da risultare commovente.
Resta da augurarsi, Alessandra, che certi dolori trovino pace, assieme alle care salme, ‘poco sotto la terra, dove ogni anno è un tappeto di fiori, e dove la vista è così dolce’, come scrive un nostro collega che forse qui si riconoscerà, nella chiusa di un racconto.
Ti abbraccio,
Nikki
è come tra medici
Grazie mille!
Si dice che la parole aiutino a guarire. Forse . Qualcuno dice che il tempo aiuta. Forse. Il dolore, come la terapia, si costruisce su misura, ognuno ha il suo, e il tuo racconto è da solo un buon inizio di cura. Spero possa aiutare chi ne ha bisogno. Brava.
Grazie, Silvia!
Bello e commovente.
Ciao.
Emanuele
Grazie, Emanuele.
Auguro a chiunque di poter continuare a sognare. Ho esperienza personale sulla funzione terapeutica del racconto per chi scrive ma soprattuto ritengo che sia inestimabile insegnamento per chi ascolta.
Grazie, Maria Cristina, per avere letto e apprezzato il mio racconto.