Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2012 “Più grigio del grigio” di Lorenzo della Frattina

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

Gli occhi grigi dello zio Ulisse nessuno li aveva mai visti, neppure nei chiaroscuri di inesistenti fotografie, poiché lo zio era innominabile come ogni matto che si rispetti, confinato da anni in una stanza forse linda come lercia di un non precisato manicomio. Ad ogni domanda sul misterioso parente subentrava un silenzio grigio e pesante come una colata di piombo, una colata che deviava il corso delle parole verso altri discorsi più ameni di quella presenza ingombrante e bigia come un macigno nelle nitide dinamiche familiari.

Degli occhi grigi l’aveva saputo un nipote, controllando, in segreto da tutti, i documenti dello zio nella grigia polvere dell’archivio del Distretto Militare, quei documenti dove, tra carnagione olivastra e capelli crespi, nella burocratica descrizione somatica sul foglio matricolare si parlava degli occhi grigi . Lo zio Ulisse matto no, non lo era nato; lo era diventato al tempo di guerra per lo scoppio di un ordigno che l’aveva frastornato; lui era rimasto obbediente e silente per molti mesi, quando una sera grigia e piovosa, d’ispezione nella piazza d’armi, la mente gli era improvvisamente esplosa in un luminoso fragore . Senza tanti ma né tanti perché, l’avevano internato; una commissione gli avrebbe liquidato forse una grigia inutile pensione lasciandogli la vita rinchiusa dietro un potente grigio lucchetto che avrebbe forse reso ancora più grigi quegli occhi.

Una piovosa grigia domenica a tavola, il tentativo di chiedere oltre su quello zio dagli occhi cerulei fu inesorabilmente e definitivamente chiuso da un pugno sul desco che fece tintinnare stoviglie posate bicchieri e anche gli animi: un pugno, quello del padre nonché fratello del matto di casa, che avrebbe voluto essere un sigillo plumbeo poiché sullo zio Ulisse calasse ora allora e per sempre il più impenetrabile silenzio precludendo ora, allora e per sempre ogni futura ventura domanda.

Il rabido pugno fu il meccanismo propulsore nella ricerca su dove fosse lo zio : pescando qui e là in paese nel grigio mare melmoso dei si dice ma non si deve dire, oltre all’addizione e la sottrazione delle varie frammentarie grigie informazioni, tutto ciò lo condusse all’ospedale psichiatrico di una cittadina per il vero non molto lontana, una cittadina come tante che disseminano la pianura e, nell’androne del manicomio, un giovane grigio insulso compito dottorino lo condusse in un parlatorio illuminato da una luce fioca, una luce da ossario in cui spiccavano per contro brillanti gli occhi grigi metallici dello zio Ulisse, che tutto sembrava fuorché un matto, tolta una lieve impercettibile balbuzie e, in quel tetrume, fu davvero lo zio una presenza luminosa con i suoi piccoli grandi racconti intercalati da artificiali sbadigli di qualche cupo inutile sedativo. Si lasciarono così, al termine del colloquio, senza certe promesse di rivedersi; lasciò dunque alle spalle il grigio stabile sotto un grigio cielo di nubi procellose infrante da saette all’orizzonte.

Mesi dopo, decise di ritornare a trovare lo zio ; il solito dottorino nel suo insulso magro grigiore gli disse che lo zio era venuto meno, di colpo. Una sera, durante un furibondo temporale, il viso era trascolorato in un pallore ancora più grigio del grigio e s’era accasciato in un sonno così profondo da non poterne trovare il ritorno . Avevano telegrafato ad un non specificato familiare e nessuno s’era presentato alle esequie frettolose prima che lo interrassero nel civico cimitero, dove andò a trovarlo. Si soffermò a lungo su quella grigia pietra con il solo nome ed il cognome e, per un lungo infinito attimo guardò in alto verso il cielo dell’ora del tramonto, certo anche lui stesse osservando chissà da dove quei colori che ora erano tutt’altro che grigi.

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