Racconti nella Rete®

25° Premio letterario Racconti nella Rete 2025/2026

Premio Racconti nella Rete 2012 “Buoni sentimenti” di Toni Ciaramella

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2012

Comincio a scrivere senza sapere dove vado a parare. Mi capita spesso, anche se, dietro,  un’idea c’è sempre, seppur vaga. A chi mi sta leggendo la cosa interessa poco perché il suo sforzo non cambia. Gli si sta presentando uno scenario sorto dai miei pensieri e per una qualche ragione ha deciso di fare lo sforzo di superare il decalage iniziale che esiste tra le mie intenzioni e le sue attese, che sorgono sempre, anche nel lettore più distratto o svogliato. Come quando ci facciamo convincere a visitare un museo, scelto da lei, per ragioni sue, e la seguiamo senza sapere bene perché. Per debolezza contingente, così la spiega lui – perché in questo momento è apparso lui, quello che si accolla i miei pensieri – convinto che questo accada per una improvvisa fiacchezza morale. E’ abulico, trascina i piedi indolente e si capisce come abbia poca voglia di portare avanti il mio discorso, che pure é nato senza tante pretese.

Si sono conosciuti al Whitebar. Si era portato via il suo accendino d’oro e quando é tornato per restituirglielo, era tardi, lei lo aspettava sulla porta del bar e, dopo i ringraziamenti, lo ha invitato a casa sua. In questo caso non si tratta di un museo, ma ugualmente la segue svogliato, sulla minimorris rosso cupo che lei guida sicura nelle strade della notte, mentre la gonna le sale sempre più su. E’ mio lo sguardo che osserva con crescente interesse quell’accenno di nudo, anche se per me è arrivato il momento di togliermi definitivamente di torno.

Si é fermata in una  piazzetta cupa e silenziosa, sotto l’alto cavalcavia che unisce le due coste della città. Le ombre si dibattono nell’oscurità mentre la silhouette deformata del ponte segna le facciate delle case. Il traffico, in alto, rado e afono, sprizza piccole luci che non arrivano a terra. La città è quieta, felpata. Le alpi fanno ombra e incutono muto rispetto. Parcheggia, tutto in una sola manovra. Là sotto c’è la tipografia di mio padre, e indica un piccolo capannone sulla destra, mentre apre con fragore di chiavi il portone, sproporzionato rispetto al resto. Nell’androne, che confina col cielo, parte una scala che in due rampe, lunghe, a vista, raggiunge un corridoio esterno, una specie di verone. Rimane impalato con lo sguardo perso in alto. Tu viens? sollecita lei e per la prima volta a lui viene voglia di parlare. Larghi batuffoli di nuvole scorrono leggeri, illuminati dalle luci che superano le alpi. Come i dischi che Twombly ha disseminato sull’azzurro intenso che ricopre la sala dei marmi antichi al Louvre. Il primo pittore moderno ammesso al consesso mondiale della pittura dei secoli scorsi. E’ questa l’immagine che gli ha fatto venire voglia di dire qualcosa, ma niente, perché lei, in cima al verone, sta agitando il corposo mazzo di chiavi per richiamarlo all’ordine. Sale e conta gli scalini, una vecchia abitudine, bassi, comodi, ma troppi, basterebbe alzarli di qualche centimetro per ridurne decisamente il numero. Ha già aperto la porta di casa e, affacciata a quella specie di balcone, con tutte le sfumature erotiche che l’italiano assume nella bocca di una francese, gli sta chiedendo Romeò, Romeò, sei tu il mio Romeò? Il richiamo lo coglie alla fine della scala e lo blocca. Ma Shakespeare glielo fa fare l’amore a Romeo e Giulietta oppure, come successe a Spoleto, fra i due tutto fu rinviato al dopo teatro, quando il marito di lei, il regista, li colse sul fatto e diede fuoco alla stanza? Si é seduto sull’ultimo scalino, ed è lì che lo coglie la debolezza contingente, una condizione che arriva sempre nei momenti meno opportuni. Lei l’osserva e sul volto  le scorrono i fotogrammi di un film proiettato a velocità infinita, nuvole e sole e poi ancora nuvole e di nuovo sole presto sopraffatto dalla notte che sopraggiunge in un amen, un’intera gamma di sentimenti srotolata in un attimo. Alla fine, a mo’ di benvenuto, decide per un Allora conosci le abitudini della casa. Abitudini? Quando Jean Claude non mi trova, siede sull’ultimo scalino e aspetta. Tuo marito?, prova lui, certo di sbagliare. No, sono divorziata, anche se lui lavora ancora nella tipografia con mio padre. Dovrebbe farle la domanda successiva, ma non gli viene. Allora lei affonda il colpo. Jean Claude fa il falegname e viene a trovarmi quando vuol fare l’amore. Se non ci sono, aspetta come te sull’ultimo scalino. E’ il tuo … lavoro? No, no, insegno lingua e letteratura francese in una scuola per stranieri. Un hobby, una passione amatoriale, e sorride soddisfatta della definizione. Non sa se essere più sorpreso per le cose che sente oppure per il tono, pacato e sereno, che le accompagna  Ma incomincia a pensare di aver trovato la donna che può risolvere il suo problema. Non osa l’approccio diretto, e allora chiede e Jean Claude che ti da in cambio? Amore, i falegnami fanno bene l’amore, e poi mi racconta i fatti della gente. Fa riparazioni nelle case. Il tuo amante, allora? No, e le scappa un sorriso, è uno del giro che mi provvede di amore e di storie. Tengo una rubrica settimanale sul giornale cittadino e se non fosse per loro non saprei che scrivere. Ma non ci sono problemi tra loro? Come fanno a sapere che sei … disponibile? Non devi pensare a una folla. Sono tre o quattro, a seconda dei periodi, e poi c’è il vecchio professore che abita su in alto, sulla collina, che vado a trovare ogni quindici venti giorni. Quando non sono disponibile, come dici tu, spengo la luce e loro capiscono. Si accorge del lampioncino sulla porta, ancora acceso, e la guarda come a dire  e io? E’ una situazione nuova, dice lei, e poi s’inizia sempre con un racconto, un fatto. E’sorpresa dalla prontezza con cui inizia, senza preavviso, e  dopo un attimo gli siede a fianco, sullo scalino, con Cosina, la gatta, acciambellata in grembo.

E’ una storia che conosco bene perché riguarda un mio caro amico. La madre lo vorrebbe sposato e da tempo sponsorizza una ragazza, bella, per la verità, la conosco anch’io,  ripetendogli ad ogni occasione che oltre al resto è anche di buoni sentimenti. Ma quando lui le chiede se anche le intenzioni sono buone, la madre non sa dargli risposta. Ma che storia è questa? Che sia gay? No. Lo conosco bene. Sostiene che i buoni sentimenti sono come le ricchezze conservate in cassaforte mentre le intenzioni, buone o cattive, sono danaro in tasca già destinato ad una spesa, decisa o quasi. E’ qui che lo coglie il dubbio. Qual’è il rapporto tra sentimenti e intenzioni? C’è tanta gente ricca, mi dice, che non spende, avara da morire e in qualche caso anche ladra.

Cosina ha abbandonato il grembo di lei per stendersi tra le scarpe di lui. Le piaci, commenta sorpresa, sarà per la voce, è così che sceglie gli amici.

Ma questo è soltanto l’antefatto, continua lui. Alcune sere fa, era già a letto, quando al telefono  qualcuno, una lei, gli ha chiesto se era l’italiano che aveva incrociato qualche ora prima nella hall. Alla risposta affermativa, gli aveva confessato che non riusciva a dormire. Occupava una stanza sullo stesso piano. Aveva preso la vestaglia ed era andato a bussare alla porta. Avanti ed era entrato. Lei non si era mossa dal letto.  Allora lui aveva preso una sedia, si era seduto al suo fianco e aveva cominciato a parlare. Non gli piaceva? Non glielo ho chiesto, ha tenuto però a precisare che quando aveva avuto la telefonata, non aveva pensato al sesso. Incredibile, con quello che si dice degli italiani. Aveva capito quello che intendeva la signora, ma era più interessato all’intenzione che al sesso che ne era l’oggetto, sue parole testuali. C’é differenza? Gli ho fatto la stessa domanda e ha tenuto a puntualizzare che  se le occasioni di fare sesso capitano, non capita tutti i giorni che una signora manifesti le sue intenzioni in  maniera così chiara. Per questo aveva cominciato a parlare. Parlare di che? All’inizio le solite cose, chi sei, chi sono e così via fino a quando, esaurito il tempo del dire, sarebbe dovuto iniziare quello del fare, ma, pensando di aver riscaldato a dovere l’atmosfera, le aveva chiesto quello che gli premeva sapere. Dato che le tue intenzioni non lasciano dubbi, potrei sapere quali sono i tuoi sentimenti? Cosa?! E’ quello che ha esclamato anche lei, gettando all’aria le coperte, completamente nuda, a ulteriore conferma delle intenzioni. Allora aveva provato a farle capire che, per ragioni assolutamente personali, niente a che fare con lei, la signora, da tempo cercava di stabilire in che rapporto fossero tra loro sentimenti e intenzioni e dal momento che le sue intenzioni … Non l’aveva fatto finire. Abbandonato il francese per lo spagnolo, sempre nuda, l’aveva spinto fuori dalla stanza a parolacce, con le quali l’aveva inseguito anche nel corridoio.

Ride di gusto, in piedi vicino alla balaustra, mentre la gattina, annoiata, è rientrata in casa. Lui tace, mortificato dalla risata di lei, che lo guarda dall’alto in basso. Poi, con falso rammarico nella voce, gli dice: è un vero peccato che stasera non ci sia lui qui al posto tuo,  altrimenti avrebbe potuto farla a me la sua domanda. E’ scattato in piedi e con un lampo di speranza negli occhi le chiede e tu cosa avresti risposto? Lo vedi quell’interruttore sulla destra? Lui si gira. Perché non spegni la luce?

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1 commento »

  1. Mi è piaciuto davvero molto. In bocca al lupo!!!
    Linda

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