Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2024 “Nodo Scorsoio” di Paola Fabbri

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2024

Tutti i nodi vengono al pettine! I proverbi e i detti popolari su di me hanno sempre avuto una gran presa e continuano a farlo. Poi sapete io i nodi al pettine lì conosco bene, perché  con i capelli stile afro che mi ritrovo ce ne sono venuti a migliaia a incastrarsi nel pettine nel corso della mia vita soprattutto quando la mia chioma era foltissima e lunga da coprirmi la schiena fino alle vertebre lombari. Io mi posso pettinare solo quando li lavo questi capelli, altrimenti sarei rimasta calva e a oggi li tengo corti proprio perché quelle vertebre che ho menzionato prima e le cervicali, non riuscirebbero più a tollerare il tempo che impiegavo per sbrogliare la matassa dei capelli che ricopriva la mia testa e si adagiava lungo la schiena.

Quella posizione a capo chino, come se chiedessi indulgenza per ogni nodo sciolto, come se stessi lì a espiare mentre mi prendevo cura della mia testa mi catapulta in una dimensione parallela: in uno scenario dove l’azione nella materia di sciogliere i nodi fa sì che me ne produca uno grosso in gola, che appena lo sento mi fa sbarrare gli occhi! Un po’ per osservare meglio e comprendere come mai è arrivata quella sensazione di soffocamento e commozione, un po’ per capire che sensazaione è. Allora sempre in parallelo nelle dimensioni da dentro a fuori e viceversa, mi sento un cappio intorno al collo che ha un vigoroso nodo scorsoio, così stretto e saldo che mi blocca lì in quel preciso momento e che vuole che i miei pensieri e movimenti siano altrettanto precisi e cauti, perché a seconda di come mi muovo ci posso restare secca. Eppure sono qui a usare acqua e balsami per favorire il processo di dissolvimento, a modulare i movimenti con il pettine perché si sfacciano quei nodi, non è poi un ambiente così arido! Anzi c’è del viscidume e mentre pettino, i nodi da sotto la nuca scivolano  in basso giù per la lunghezza dei capelli e qualcuno si dissolve, portando via dalla chioma un groviglietto di lunghi peli neri, che metto da una parte sul lavandino ad aspettare che abbia finito il lavoro.

Mi alzo un po’ pianino do sollievo alla spina e guardo quel mucchietto nero che ho iniziato ad accumulare per poi essere buttato via, reso.

Faccio piano perché il cappio è attaccato da qualche parte, sembra direzionato da essenze che hanno e non hanno a che fare con me e cerco di identificare l’ emozione che prima ho guardato con gli occhi sgranati ed ecco che riconosco, mi rinvengo! Sono stata sorpresa dalla paura, respiro, un sollievo mi agevola a continuare a pettinare, un briciolo di sicurezza che detrona subito la paura dal centro della scena e comincio a schernirla…-” Eh no cara mia! Non sei tu oggi la protagonista, sei falsa, menzognera e boriosa! Non ti lascio prima attrice, sei solo una maschera! Io lo so che c’è dietro, l’ho scovata! L’ho sentita mi ha parlato, mi ha voluto intaccare con tutta la sua violenza subdola e silente, ma oggi l’ho intesa, forza avanti vieni allo scoperto!”

Si presenta lenta lenta e titubante, si presenta rannicchiata, deforme e ingarbugliata come i ciuffi di capelli morti sul lavandino. Nonostante gli scrolloni del cappio; come fossero avvertimenti, sento dal profondo la rabbia che mi si inietta negli occhi, mi fa accelerare a respirare; il cappio stringe è comandato, ma la rabbia mi aiuta mi divincolo e la nomino: -” Vergogna!”- . Ecco ora sei sotto i riflettori e la luce ti brucia, lo stesso effetto dicono che faccia ai vampiri ma, oltre a lei non ne ho incontrati o non lo ricordo al momento.

Anche perché lei la vergogna è una grande regista, da il ruolo a tutti: all’insicurezza il principale, che mina ogni mio passo perché mi vengono e da insicura tentenno e mi impaurisco e commetto errori e fraintendimenti che avrei voluto evitare. Allora nel suo copione ci mette l’ ansia che mi prende perché voglio riparare, sottrarre a quel male gli altri le persone preziose che voglio solo proteggere, voglio vedere esprimersi, voglio essere libera di amare, con tutti i rischi, a tutti i costi.

Rilancia, mette sul piatto il rifiuto è diventata una partita a carte e vede e adesso ha trasformato la paura in terrore, che bastarda!

Affanno, controllo, respiro iniziano i mantra mi dominano la rabbia che sennò si tramuta anche lei e in distruzione. E da vampa torna tizzoni, c’è un’ atmosfera rossa, rosa e arancione come davanti al fuoco con nonna Iole che conta novelle e dice proverbi, mentre si gioca una mano a carte; sta a me a calare. Metto una mano sul cappio lo fermo, do io l’oscillazione, butto giù l’appeso che in quella posizione ci sa stare, prendo con le molle un tizzone governo il fuoco di preparazione per ardere quei ciuffi di vergogna e vederli bruciare di modo da liberare l’ amore che si è ammalato per perdonare un abbandono lontano, vissuto come un’ingiustizia, un tradimento. La vorrei torturare le vorrei fare innumerevoli cicatrici con i tizzoni e sentirla urlare, ma ho imparato qualcosa da lei, la terrò lì da usare a dosi infinitesimali, a mio pieno piacimento per i rapporti sociali e tenere a bada l’impeto di dire quello che penso quando non è autentico, la tengo lì la vergogna per evitare di evitare e svilire i miei simili, ci voglio riuscire. Allora mi avrà suo malgrado insegnato un po’ ad amare.

I nodi dai capelli per oggi li ho levati e si è formato un nido, mi faccio un turbante in testa, mi guardo negli occhi allo specchio, prendo i capelli e prima di buttarli nel cestino li guardo e mi chiedo da dove vengono, penso se nella mia linea di famiglia ci sia stato qualche schiavo nero deportato, incatenato al collo, venduto, violato, torturato, picchiato, triste, tanto triste per tutto questo, schiacciato, usato, terrorizzato, monetizzato, deriso, qualcuno che la vergogna avesse ucciso dentro, mentre lui portava semplicemente con se tanta ingenuità,  buona fede, forse ignoranza ecc…Ho pensato che la mia vergogna potesse essere stata sua e che mi arrivasse da lì.

In questo ultimo periodo per i miei capelli, nonostante adesso siano corti e decisamente convinti a comportarsi come gli pare, provo un amore di madre, provo l’orgoglio delle mamme di sperimentare l’ amore incondizionato e lo mando a quel mio avo schiavo nero deportato e usurpato in ogni parte del suo essere che, con grande generosità, vorrei dire misericordia, mi sussurra dentro da lontano che a tutto questo,( all’amore mancato, alla trascuratezza, il menefreghismo, la manipolazione, alla cattiveria che magari per sensibilità si può percepire dall’ esterno, ma che risuona dentro),si può provare a rispondere iniziando a avere un po’ di compassione per se stessi e provo ad iniziarmi ad amare . Fanculo vergogna!!!! Con immensa gratitudine. Grazie.

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