Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2022 “Comete di maggio. Oltre l’ordine del tempo e la giustizia di tutte le cose” di Luigi Michetti

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022

Mi chiamo Arrigo Posente e sto sempre con la testa tra le stelle. Sono un astrofisico, astrofilo per hobby. Ho ben piazzato sul terrazzo tutti i miei binocoli, telescopi, piccoli radiotelescopi, marchingegni vari, per scandagliare tutte le onde elettromagnetiche che dall’universo riescono a giungere fino a me, con una potenza ineguagliabile rispetto al passato di soli pochi secoli fa.

In questo maggio del 3010, ultimo anno del primo decennio del secolo più violento della storia dell’umanità, alla faccia del terrore che ha insufflato morte nelle nostre anime, sempre parte dell’universo vivo, stiamo qui, io e Raimondo, a goderci il tramonto dal mare, piuttosto che restare chiusi in casa, ormai, da tre mesi, perché qualcosa gira nell’aria, non si sa bene come, e mortifera la vita avvolge intero il pianeta, quando in questi giorni di maggio la cometa Halfey sfiorerà, fino  a baciarla, quella di Oswein, al loro passaggio la notte del 19 maggio. 

Ma quando Osservo il cielo riesco ad eliminare le cose superflue della vita, che mi appesantiscono, che mi fanno stare sempre lì a giudicare. Essì, riesco ad abbracciare l’universo e percorrere l’eternità. Questo, solo questo, è il mio rapporto con le stelle, con le profondità visibili o immaginabili del buio cielo. Sento allora dentro di me la rapida trasformazione di tutte le cose; di colpo abbraccio l’intera mia esistenza, che poca è rispetto all’infinito immenso, prima della nascita, a cui séguirà infinito il tempo, lo spazio e le cose dopo la morte del mio corpo, dei nostri corpi. 

Penso spesso alle due comete, a come sono diverse. Halfey è periodica, Oswein invece no, farà un solo giro e non la rivedremo mai più, Halfey è un oggetto trans-nettuniano e viene dalla fascia di Kuiper, più vicina al disco diffuso e periodicamente si avvicinava a noi dalla più lontana nube di Oort, dopo migliaia di anni, e di certo non sarebbe mai più tornata. 

Forse per questo, ma anche per non si sa quante altre cose, strisciava in noi la convinzione che all’alba di quel giorno il mondo sarebbe finito, perché la cometa di Halfey passando tanto vicino alla terra ci si sarebbe schiantata contro, sterminando l’umanità per intero. Molti erano già stati i suicidi. 

Folle era ogni cosa, a cominciare dai quotidiani del tempo, in Italia come nel resto del mondo. L’alibi della scia venefica della cometa, che la terra avrebbe attraversato all’alba del 19 maggio, generò ogni sorta di annuncio pubblicitario: “Si vendono bottiglie di aria pura, da usare durante l’attraversamento della scia venefica”.

Le due comete avevano portato sventure, già da diversi giorni, fino al 19 maggio, quando era previsto l’impatto tra le due. All’alba di quel giorno, esattamente alle ore 3 e 20, il mondo sarebbe finito. Questa era una delle versioni più accreditate, ma non meno nefasta era l’ipotesi che la Halfey passando tanto vicino alla terra, avrebbe esalato quel gas mortale, tale da sterminare l’intera umanità. Seguirono storie di ogni tipo, dalle disperazioni suicidarie, alle peggiori truffe. Nonostante tutto, era una serata meravigliosa. Lo spettacolo sarebbe durato poco. 

Tempo un’ora e l’Halfey sarebbe tramontata da Ovest, filo mare, preceduta da Mercurio, seguita dalle splendide Pleiadi, e dalla luminosa Aldebaran, della costellazione del Toro.

Questa sera, però, io e Raimondo ce ne stiamo beatamente sdraiati sulla sabbia del mare a goderci lo spettacolo. Nonostante tutto, è una serata meravigliosa. Si vede il tramonto di Mercurio, seguito dalle splendide Pleiadi, e dal sanguigno occhio della costellazione del Toro, la gigante rossa Aldebaran. Mentre Toro e Pleiadi scendevano sotto l’orizzonte del mare, parlammo di come le persone divenissero folli al solo pensiero della morte. Surreale, certo era surreale, il modo in cui noi continuavamo ad essere calmi, mentre tutti temevano di morire. Raimondo, più filosofo di me, sempre sdraiato sulla spiaggia giustificava la paura della morte, dicendo che sì, poteva essere normale averne, e che comunque tutti abbiamo paura di morire, citando Epicuro: «è con lo stesso timore della morte che ci rendiamo impossibile la vita; morte e vita in fondo cosa sono? Se non le due facce della stessa medaglia?». 

Questa sera parliamo tanto, di tutto, sdraiati con gli occhi ad un cielo così rassicurante e bello, ancora di più, per quella sua luminosità della via Lattea, come mai si riusciva a scorgere da tempo. In fondo qual’è il problema? Tanto sta notte non succederà niente, certo è vero però che, più o meno, tra quattro miliardi di anni, il sole, la nostra luminosa e calda stella gialla, collasserà su se stessa, e tutto ciò che faremo avrà l’orizzonte della velocità della luce. Allora non potremo che considerarci già un’infinitesima parte, all’ennesima potenza, di quelle polveri e gas, che insieme alla nana bianca, daranno vita ad una splendida e coloratissima nebulosa planetaria, fievole residuo del luminoso sole che fu. 

La nostra stella nel finire la combustione nucleare, in parte collasserà su se stessa, ed esplodendo si mangerà tutti i suoi pianeti e satelliti, asteroidi, comete e grossi sassi orbitanti. 

Raimondo! cosa faresti tu in quei 8 minuti e 19 secondi, quando la materia solare raggiungerà le nostre esistenze segnate per sempre? 

Raimondo risponde con una scrollata di spalle, perché secondo lui poco importa quello che farò io, noi tutti, perché quello che conta è non essere morti facendo finta di essere vivi. Ecco, prendi per esempio queste ultime settimane, la gente ormai vaneggia. Abbiamo poco di che preoccuparci della fine del nostro Sole, ora che sta arrivando la cometa di Halfey, la gente è impazzita, ma veramente. Perché cosa poi? Perché un grosso sasso ghiacciato, che perde pezzi ad ogni giro di 76 anni, più o meno, sta volta passerà così vicino alla nostra terra, sì da avvelenarci tutti quanti. Almeno così dicono giornali, riviste specializzate ed esperti. 

Dalla nostra spiaggia, sdraiati e beati, godevamo già di tutte le stelle di Orione, con la sua cintura, la meravigliosa nebulosa M42,  nursery di almeno 700 nuove stelle, dando spettacolo di quella fucina proto-stellare che era. 

Non meno spettacolare appariva la costellazione dei Gemelli, dove spiccano Castore e Polluce, ma anche le altre componenti a momenti lasciavano trasparire la loro doppiezza. Nonostante la meravigliosa contemplazione in compagnia del caro amico Raimondo, lui non potè fare a meno di  lanciare quell’invettiva che prima o poi sarebbe uscita dalla sua gola: «Codardi, incoscienti, vigliacchi. Tutti i giorni dovreste avere queste reazioni, per il solo fatto di essere venuti al mondo, così, solo perché è accaduto. E poi lo dovrete lasciare di colpo, subito, immediatamente, senza neanche un avviso di sfratto. Perché non strepitate soprattutto di questo traffico perpetuo alle vostre spalle. Unica consolazione il mantenimento della specie? Una specie di razza umana che desidera anche quello che non può desiderare, e più l’agogna e più questo si allontana».

Le 3 e 20 sono passate da un pezzo, e tutto è andato come doveva andare. Io e Raimondo, fino all’alba, restiamo a guardare ancora il cielo che lentamente ci mostra altre stelle, altre costellazioni,  altri asterismi. 

La sera dopo, da abitudine, vado a letto presto. 

Mi sveglio sempre almeno un’ora prima dell’alba e facilmente vado a dormire poco dopo il tramonto. Dell’emozione che mi provoca ancora una volta il sole d’un nuovo giorno, tanto poco ne parlo, quanto amo vivere quest’esperienza tra disorientamento e illusione di una staticità inesistente, fatta di quel miracolo che si ripete ad ogni sorgere della nostra stella, che pur essendo stata sempre lì, ruotando noi su noi stessi per un po’ di ore, quasi la dimentichiamo. E poi c’è la magia della notte, che tutto ricompone.

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1 commento »

  1. Scritto interessante, il cielo invita sempre a porci domande.

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