Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2021 “Vendere magliette” di Maria Cristina Peruzzini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2021

Ron,  te le ricordi quelle palle giganti, trasparenti,  quelle che  erano  al luna park, quando eri piccolo, il luna park sulla spiaggia

Certo che se le ricorda, le odiava, quelle palle trasparenti. 

Ron,  adesso, chiusi in casa, è come se stessimo dentro una di quelle bolle, non si sta male, ci si sente protetti.  Non si può uscire ma noi stiamo bene lo stesso, vero?  

Ron pensa che non è vero, non si sta bene, ma non dice niente alla madre che, in bilico su un bracciolo del divano, picchia sui tasti del telecomando in cerca dei dati aggiornati relativi ai contagi. 

Qui dentro casa non può succederci niente, dice lei, e sembra felice. 

Ron ricorda quelle bolle trasparenti: quelli del luna park facevano entrare due bambini alla volta che nelle bolle cominciavano a rotolare e a scivolare sull’acqua della piscina artificiale. Ron dentro una di quelle palle trasparenti c’era entrato solo una volta e si era sentito soffocare mentre guardava sua madre che lei, sì, la vedeva, avrebbe voluto entrarci lei dentro quella palla. 

Non mi ascolti, stai ricordando?

Sì, sì, ma non c’era più rientrato, dopo quella volta. Odiava tutto ciò che aveva a che fare con il luna park. Però faceva contenta sua madre. Si metteva in posa per farsi fotografare sui cavallini della giostra, saliva sulle macchinine. Insomma a lui quelle cose così non erano mai piaciute ma non lo aveva mai detto perché sua madre non ci avrebbe mai creduto. 

Pensa a quanti pericoli, oltre al virus, si possono evitare stando chiusi qui dentro. Sua madre continua a parlare ma Ron vorrebbe dirle che in fondo stare chiusi in una bolla non è che eviti completamente i pericoli. La madre non ricorda, o fa finta di non ricordare, che cosa era successo al figlio della sua amica?  Si era preso la varicella stando chiuso per una ventina di minuti in una di quelle bolle con un altro bambino che aveva la varicella, magari solo in incubazione. La questione della varicella gli ricorda che deve studiare biologia.

“Vado di là a studiare biologia” dice perché è l’unico modo per riuscire a interrompere i discorsi di sua madre e poi biologia è la materia che ama, cioè odia un po’ meno delle altre. La verità è che ha una videochiamata con il suo unico amico, l’unico che gli è rimasto dato che, adesso che ci pensa, da un anno è come se fosse chiuso in una bolla. Indossa gli auricolari e si stende sul letto, sente i suoi piedi gelati perché dentro la stanza non arriva mai il sole. Sopra il letto incassato in un armadio pendono le lucine led che ha comprato su internet uguali a quelle del suo amico Leo, quello della videochiamata. Le ha messe su un mese fa con un adesivo ma si sono accese solo una volta e adesso pendono praticamente inutilizzabili. Perché voleva fare la videochiamata non se lo ricorda ma si tratta sicuramente di comprare qualcosa o di parlare di una ragazza, quella con cui Leo ha cominciato a scriversi su Instagram. È più probabile che si tratti della prima ipotesi. Eccolo è lui.

Sei vivo? Leo esordisce sempre così e poi aggiunge Studi sempre.

Certo che studia: se i professori telefonassero a casa sua come hanno fatto i professori di Leo ci sarebbe il rischio che a sua madre possa venire un infarto e non può immaginarsi nella bolla alle prese con sua madre che ha sentito dire dai professori che non studia. 

M’è venuta un’idea, dobbiamo dare una svolta alla nostra vita dice Leo, allora è chiaro che non si tratta della ragazza di Instagram. E se provassimo a comprare delle magliette e poi rivenderle?

Leo non è nuovo a queste proposte, una volta ha lanciato l’idea di comprare delle scarpe per poi rivenderle. È finita che non se ne è fatto nulla. Anzi, no, poi Leo le scarpe le ha comprate davvero su internet, un paio per lui, firmate. Si è fotografato e ha fatto girare le sue foto. Leo è fatto così, in realtà gli piacciono le cose firmate. Forse per lui è un modo per sentirsi vivo. Sì, perché sentirsi vivo, sembra proprio questo il problema.

Ehi Ron , mi stai ascoltando?

Sì, sì.

Possiamo comprare delle maglie e rivenderle.

Sentirsi vivo, pensa Ron, vivo e fuori dalla bolla. Lui non si sente vivo comprando delle cose firmate. Indossandole non si sente vivo. E neanche a starsene chiuso in una bolla. 

Mi ascolti?

Ah sì, sì, le magliette.

Però se ci pensa bene comprare le magliette potrebbe essere una buona idea, un modo per mettere un piede fuori della bolla. Si tratterebbe di  stabilire un contatto con quelli che le magliette le riforniscono; vedrebbe il pacco arrivare, dovrebbe mettersi d’accordo con Leo per la vendita. E poi dovrebbe chiamare qualcuno per vendere le magliette. Anche se non ne è proprio sicuro che gli andrebbe di contattare gente che non vede da un po’.

 Allora, siamo d’accordo? dice Leo

 Su cosa siano precisamente d’accordo Ron non lo sa. Deve ammetterlo, ha sentito la voce attraverso le cuffiette ma non ha ascoltato. Si tratterà di qualche dettaglio insignificante perché adesso l’importante è comprare quelle magliette.

Sì, sì, ho ascoltato.

Il numero della postpay, Ron.

Ah, sì, sì 346 53…

Il numero della postpay della madre lo conosce a memoria e riesce a ricordarlo anche se sinceramente sta pensando ad altro, e se il vetro della finestra non fosse altro che la superficie di una bolla gigante? E poi non ci crede che Leo abbia davvero ordinato quelle magliette. Magari tra qualche giorno Leo gli manderà una foto di lui che indossa una maglietta firmata. Di quali siano stati gli accordi se ne ricorda due giorni dopo quando un camioncino rosso si ferma davanti a casa.

Hai ordinato qualcosa? gli chiede sua madre mentre solleva la tendina bianca della finestra della cucina. L’uomo, sceso da un furgone rosso, ha sulle braccia un grosso pacco e con un balzo arriva al citofono. Le magliette, pensa Ron, e allora gli viene in mente quello che ha sentito due giorni prima dentro le cuffiette. Facciamo così Ron: ordiniamo, facciamo arrivare le magliette a casa tua e poi tu le vendi. Insomma hanno ordinato con la postpay di sua madre. Adesso gli viene in mente tutto, come in quei sogni in cui prima non ti ricordi niente e poi basta una parola e un’immagine e ti torna in mente tutto. È che le magliette Ron adesso non le vuole più, non ha nessuna intenzione di mettersi a telefonare agli amici per dire:

“Ho una maglietta da venderti”.

S’immagina come risponderebbero le sue amiche: Ehi Ron ti sei messo a vendere magliette, sei a corto di soldi?

Apre il cancello, firma sul tablet dell’uomo che ha un’uniforme dello stesso colore del camioncino sul quale risale. Ron prende lo scatolone e scende i ripidi gradini di cemento che portano nel garage.   È lì che, secondo sua madre, deve andare a finire tutto ciò che somiglia a uno scatolone. La luce del neon lo acceca. Quante magliette ci saranno nello scatolone? Duecento? Le guarda, non riuscirà mai a venderle. Si siede su una sedia e rimane a guardare la luce che rimandano le mattonelle gialle del pavimento. Forse quel giallo è la sensazione che prova sua madre quando pensa di sentirsi bene nella bolla. Lascia lì lo scatolone, spegne la luce nel garage. Mentre sale i gradini di cemento pensa che si sente ancora nella bolla e ci si sente ancora più stretto con tutte quelle magliette che non riuscirà mai a vendere.  

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