Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2010 “Non sono claustrofobica” di Musidora

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010

Quando è arrivato il momento di acquistare casa, non avevo dubbi su quale avrei scelto:

un appartamento in un grande condominio, possibilmente agli ultimi piani.

Come e dove si trovasse il palazzo  poco m’importava, l’unica cosa che ritenevo fondamentale era la presenza di un ascensore.

Si,  perché io amo gli ascensori.

E non è una questione di pigrizia mi creda…

Probabilmente troverà bizzarra questa mia passione, forse lei è uno di quelli che ne è addirittura intimorito.

Claustrofobico dicasi. Vizio terribile…

Ma lasci che le illustri il mio punto di vista  e sono certa che non solo  guarirà da ogni sua ansia, ma dopo le verrà un’incredibile voglia di prendere un ascensore tutte le volte che le si presenterà  l’occasione.

 

Per quanto mi riguarda, fin da piccola ne ho sempre nutrito una segreta attrazione, in parte alimentata dalla mancanza. infatti abitavo con la mia famiglia in una bella villa con tutti i confort, ma ahimè senza ascensore dato che era dislocata su un solo misero piano.

Quando andavo a trovare la nonna  ,invece, era motivo di grande gioia per me, non in quanto lieta di rivedere l’anziana parente, ma perché avrei potuto prendere finalmente l’ascensore, dato che abitava all’ottavo piano di un condominio popolare.  Quando salivo insieme a mia madre, lei mi lasciava premere il pulsante corrispondente al piano di destinazione,  e mi ricordo come mi rendesse felice allungare il braccio e schiacciare ,fiera del mio gesto, il tasto nero con impresso  un bell’otto.

Al momento di andarsene  l’azione si ripeteva, solo con una diversa latitudine e la consapevolezza amara che avrei dovuto attendere la prossima visita per viaggiare di nuovo in ascensore.

 

Entrando  nel vivo dell’emozione che mi suscita questo mezzo, devo confessarle che il mio più fervido desiderio  è di rimanervi bloccata all’interno.

Si, provi a rifletterci per un attimo…

Quale scusa migliore per assentarsi dal mondo se non l’essere bloccati in ascensore?

Sarebbe un felicissimo esilio spazio-temporale dallo stress metropolitano.

Un’esperienza nobile, per nulla angosciante, di bellezza quasi metafisica anzi!

E poi se non si suona l’allarme è possibile prolungare il periodo di latenza…

Con una simile speranza lei deve sapere che io prendo l’ascensore più e più volte al giorno…

 

 

 Quelle porte  d’inossidabile lega metallica, sono per me come palpebre che si aprono e chiudono solennemente sul pianerottolo.

 Il lieto Dlin Dlon che avvisa premurosamente quando si è arrivati a destinazione, è un suono vagamente celestiale.

Senza contare  la dolce sensazione di risucchio e vertigine che si ha nella fase di ascesa e quella di sprofondamento nel discendere. Sarà perché alla natura umana non è contemplato lo spostamento in verticale che tanto più  lo rende voluttuoso.

E come dimenticare il grande specchio interno che correda ogni ascensore che si rispetti! Una premura che la vicinanza forzata, e la luce clinica, rende una cortese crudeltà.

Il riordino della propria immagine infatti è solo una scusa. Quella che noi cerchiamo è la rassicurazione di esistere ancora, in quella cabina tanto ubiqua quanto utopica.

Si perché di fatto quando siamo in ascensore non siamo.

E quindi ci specchiamo per non morire, tra un piano e l’altro, nell’imbarazzo di non appartenere né alla terra né all’attico.

Perché di sicuro il movimento trascendente non ci appartiene.

E quello spazio ridotto, paradossalmente  così a misura d’uomo,  ci sembra disumano.

Mi soffermo sempre a verificarne la portata massima:

Quattro persone di solito. La trinità più un intruso.

Svariate decine di chilogrammi a disposizione di ognuno.

Una concessione troppo generosa penso sempre.

Ma d’altro canto la previdenza non è mai troppa:

Uomo avvisato, mezzo trasportato.

Sinceramente se dipendesse da me vieterei di salire in ascensore più di uno alla volta.

Mi sembra una questione di buon gusto. Non trova?

Non so a lei, ma niente mi disturba di più del condividere un piacere così sottile, come quello che mi dà un buon viaggio in ascensore, con un perfetto estraneo dislocato a pochi centimetri di distanza.

 Ogni sguardo è indelicato, ogni tentativo di conversazione un aborto.

Già… Tanto amo gli ascensori quanto odio spartirne lo spazio con qualcuno.

Soprattutto se il tizio in questione è tra quelli che, si vede subito, non amano prendere l’ascensore, lo fanno solo per un’ignobile forma di pigrizia.

O peggio ancora prendono l’ascensore, ma lo temono e s’innervosiscono.

Io i claustrofobici proprio non li sopporto, con quella loro paura così stupida e priva di fondamento.

Mi irritano terribilmente col loro nervoso, così quando ieri in ascensore quel tizio me l’ha confessato non ho potuto fare a meno di ucciderlo.

Almeno così la sua paura degli spazi chiusi sarebbe stata giustificata.

 

 

 

 

 

 

 

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