Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2010 “Non avrai mai Will” di Anna Giraldo

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010

E’ già notte, il tempo è passato come un brivido e la pioggia ha ripreso il suo fluire.

Tutto, intorno, è tranquillo, stabile, silenzioso.

Tranquilla è la cascata di gocciole. Muta e regolare, insiste a riversarsi sulla terra tarpandone il respiro.

Tranquillo è l’orizzonte lattiginoso, cancella i profili della città ormai lontana.

Il prato è un mare incolore di acqua serena appena increspata dal vento. L’erba percossa e piegata muove di vita propria e ondeggia, si confonde con il cielo. E il cielo, le nuvole lo dipingono di un azzurro un po’ smorto che incupisce di secondo in secondo. Sono meno opprimenti, più pallide, le nuvole ora.

Dal muro si vedono le luci della città accendersi come candeline ed il suo contorno tornare nitido di luce in luce. Sul prato, curvi come fiori appassiti, si accendono lampioni gialli, un po’ ovunque, uno anche qui, vicino al muro. Ed ora che è acceso, proietta un cerchio di luce a terra. Brillano i deboli steli d’erba, spossati dalla pioggia e dal vento. Brillano come vetri infranti.

 

Will, respiri contro il quadrato di muro freddo, un passo dietro il lampione. Osservi i cerchi giallognoli aprirsi uno ad uno sul terreno percosso, scoprendo a chiazze il mare di frantumi taglienti su cui poggiano i tuoi piedi. I lampioni incombono su di te, sono sentinelle. Fissi le gocciole cadere e cadere e poi rimbalzare, con uno scintillio di sguardi sull’immobilità delle cose.

Sei solo.

Ti senti cadere, cerchi una presa nel muro, dietro di te, ma è liscio. Allora chiudi gli occhi. Il muro è una superficie bianca ripida e tu giaci supino su di essa. Tutto intorno è il vuoto. Hai il desiderio di rialzarti, ma non puoi. Ti senti cadere.

Trattieni il respiro. Riapri gli occhi.

Dal muro vedi le luci della città e cerchi di luce di lampione sparsi ovunque, uno anche qui ad un passo dai tuoi piedi. Ancora ti senti cadere.

Non hai visto tracce del cacciatore da qualche ora. Eppure è vicino, si è insinuato fin dentro il cuore.

Hai vagato tutto il tempo, poi hai deciso di fermarti qui, ad assaporare la mestizia della solitudine di questo giardino in cui tutto è un po’ più morto che altrove, tutto è un po’ più pallido, tutto tende ad obliarsi nel nulla, nel sempiterno nulla.

Ti domandi cosa ci sia al di là del muro. Sei stato ovunque, sei fuggito da ogni dove, ma non sai immaginare il paesaggio dietro questo muro.

Altri lumi di altre città, altri lampioni, altri cocci a terra?

Oppure…

Un altro mondo, nascosto nella tenebra che cala? Un prato di viole! Il profumo di un prato di viole fiorite. Il sole! Nascosti sotto le tenebre, viole e sole. E pioggia che non sa scalfire i teneri petali.

Guardi il cielo. Possibile che il cacciatore sia ancora in agguato per balzare sull’anima stanca di chi si ferma?

E tu sei fermo, ora.

Strisci contro la parete fino al bordo, poi ti giri.

Un mare di viole? No! Solo città, lampioni e vetri infranti.

 

Tutta la vita, e oltre, si resta soli.

 

La città in lontananza ha acceso i suoi lumini. È tutto così fermo stanotte. Anche la pioggia è sospesa tra cielo e terra. Sono passati tanti giorni e tanti luoghi, c’è stato tanto clamore. Questa immobilità ti turba.

Se qui, ora, Will, tu potessi annullarti, confondere la mente fino a scomparire, qui, nell’assoluta indifferenza di questo mare d’erba e di pioggia, riposeresti il tuo corpo, calmeresti il tuo respiro, il battito del cuore, poi, con gli occhi chiusi, li ascolteresti affievolirsi fino a non percepirli più e con loro non percepiresti più gli occhi, poi il cuore e alla fine tutto il corpo. Non sentiresti più dolore.

Ti guardi nelle mani vuote.

Sei solo un uomo, in fondo, e qualcuno, non tu, ti ha condannato a priori. Non sei mai stato pulito, non sei mai stato innocente. Il cacciatore ti ha maltrattato dal tuo primo giorno di vita e tu, il tuo unico gioco, è stato combattere contro ciò che non si vince mai, prendere di petto i colpi che avresti potuto schivare e metterti ben in vista nei bersagli gialli dei lampioni per vedere più da vicino il tuo persecutore.

Tu prosegui diritto, deciso, abbattendo ostacoli, non importa se piove. Qualcuno dice che la morte si sconta vivendo. Ebbene Will, tu l’hai pagata con tutto questo dolore. Così il cacciatore verrà qui, ti troverà fermo, a cercare nelle tue mani vuote il segno della tua vita. Ti troverà assorto nei tuoi pensieri ribelli e ti prenderà.

 

Allora, corri! Corri via! Fin che sei in tempo!

Scappa lontano, oltre questo muro, lontano dalla luce gialla dei lampioni!

Si deve fuggire. Via. Sempre. Da ogni luogo, da queste luci, via, nel buio fitto della notte e forse il cacciatore non ti troverà.

Corri via, corri lontano, Will.

 

Ma egli è alle tue costole. Quale ghiotto boccone lo attende stanotte!

Per te scatena il temporale.

 

Corri via Will, ma in fondo al prato, dietro il muro, c’è un altro prato e poi un muro, poi un altro muro e un altro, un altro ed oltre ogni muro, ad un passo dal muro, c’è un lampione ed un cerchio di luce gialla scopre i vetrini sparsi a terra. Nitidi profili di città dietro ogni orizzonte e lampioni curvi su ogni prato e muri, sempre muri. Tutta la notte, nel temporale, scappi di muro in muro cercando una via d’uscita a questo assurdo gioco di specchi, ma più vai avanti e più comprendi che è una trappola, sei sempre nello stesso luogo e il cacciatore si avvicina per prenderti.

 

Poi, un’ora prima dell’alba, il temporale termina in un lungo respiro.

 

Ti fermi.

 

Ascolta. Il lento silenzio del buio cade, rimbomba nel vuoto di questo muro.

Lo senti? Il cacciatore chiama forte il tuo nome.

Ascolta il silenzio farsi più lento. Sfondarti il torace fino al cuore. Il silenzio ferma per sentire il fragore della tua caduta, batte con il tuo cuore, pulsa nelle tue vene, termina in un tuo sospiro.

Il buio risucchia le cose della vita (tu respiri, senti il muro premerti sulla pelle nuda, sudata, bagnata! Respiri nel vuoto silenzioso della notte), si è fermato un secondo per fermare la tua corsa dietro questo muro. È pesante. Pesa sulle cose perché non facciano rumore, per illuderti che non ci sono. Si fa lento, più lento, frena il tuo ansimare. Lento, lento. Si è fermato con te dietro questo muro. Lo senti scomparire nel vuoto, pesante più del cacciatore che ti osserva vibrare lento, pesante come il tempo. Il tempo finisce, per te, stanotte.

Il richiamo del cacciatore ti blocca il respiro, poi l’accompagna, poi ancora lo blocca.

Sei salvo!

Invece un suono, un grido, un sussurro, uno sfarfallio.

Ascolta, ascolta. Forse è solo il rumore del vento.

Ma il vento non si muove stanotte.

Senti! Si fa più deciso, forma una frase nel buio.

Il silenzio, furtivo, ti lascia.

Più forte! Cigola! Grida! Grida pesanti! Senti! Senti il buio diradarsi. Il tuo muro è trasparente.

Non sudare. Potrebbe sentirne il rumore!

Il muro vibra. Cade!

Non gridare! Non sussurrare.

Un fascio di luce fredda. Viene verso il muro, lo penetra, ti penetra. Tu resta qui. Respira. Ma potrebbe sentirne il rumore!

La luce spinge vorace dentro le costole ed oltre. La senti? Fredda impastarsi del tuo sudore? La senti? Scorre nelle tue vene. Sentila, vicina, vorace della tua immagine! Si fa più intensa, torna verso il muro, ti acceca. Ti acceca!

Non ti vedrà. Ti sentirà ansimare.

E’ un incubo!

Torna! Torna la luce, più forte! Ancora ti penetra fin dentro nell’anima.

Cosa, cosa? Aiuto! Ti prende! Non gridare!

E’ solo un sogno.

Controllo!

Una spina è nel cuore, la luce fredda è dentro te, nulla ti protegge.

E già la luce ritorna, scivola sul muro.

Ora si allontana.

 

Esci fuori.

 

Via da questo muro! Allo scoperto! Sotto il lampione!

Che reato hai commesso in fondo, William?

Fuori subito, qui non devi rimanere! Sotto il lampione, lo sfidi ancora, immobile, impassibile. Lo fissi negli occhi.

Fissi un punto davanti a te.

Autocontrollo!

Respira, Will. Respira ancora. Calma. Esci fuori, adesso, e non permettere al cuore di battere più veloce.

Bastano pochi passi. Cammina lentamente.

Ora corri!

Sei fuori! Sei sotto il lampione.

“Fottuto cacciatore! Tu non mi avrai!”

Puoi scappare!

“Non mi avrai!”

Puoi tornare indietro.

Oppure puoi alzare le mani e attendere che il cacciatore ti prenda.

Oppure puoi gridare.

Non serve, ma puoi gridare. Forse sveglierebbe il mondo.

 

Ti blocca il respiro ogni volta! Piantala di sudare! Non tremare! Respira. Piano, così. Rilassati.

E ora grida, con tutta la voce che hai in corpo, grida! Grida! Grida!

 

Il rumore ti assorda, secco, violento.

Grida sempre più forte, finché il mondo si sveglia!

Una luce accecante, un tonfo, mille tonfi. Il cadere roboante del tuono.

Will…

 

Il mondo è sveglio, al tuo capezzale, ora.

 

“Dove sono? È freddo.

Il respiro è pesante, sto tremando. E’ mio questo sangue caldo? E’ mio questo respiro affannoso?

Calmati! Perché voglio sentire il rumore del sangue che scorre giù da me e impregna la terra! Sento ancora l’eco delle mie grida. Sento freddo.

Il mio sangue si sparge a terra ed è già concime per nuova vita”.

 

“Non avrai mai Will.

Mi senti cacciatore?

Tu, Will non l’avrai”.

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3 commenti »

  1. un racconto appassionante… bel ritmo incalzante…. angosciante direi… mi ha fatto ricordare gli incubi di bambina… quando mi svegliavo impaurita e soffocata dal respiro per aver corso nel letto cercando di scappare dal mio inseguitore…. senza mai riuscirci veramente perchè poi il giorno dopo ritornava…. spero che will cominci a fare bei sogni!!!!!
    ..brava!

  2. bello bello bello
    ad un certo punto mi sentivo bagnato e sudato anche io.
    e alla fine mi sono sentito libero anche io.
    grazie

  3. Il racconto è coinvolgente, tiene sulla “lama”, la tensione sale lenta e inesorabile.

    Anna è riuscita ancora a suscitare in me una reazione emotiva.

    Complimenti.

    Stefano.

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