Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2020 “La bottiglia” di L’Aura

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

Non l’avrebbe venduta certo per novecento euro. E nemmeno per mille. Dovevano far tintinnare i soldi uno ad uno, se la volevano. Una bottiglia come quella valeva di più, molto di più, era come un quadro d’autore, a darlo via per poco si faceva un danno all’artista. Il suo cliente era stato chiaro, chiarissimo: “Dottore, guardi che regalo le faccio, un vero gioiellino enologico, annata eccezionale e tiratura limitata, pensi che  i collezionisti potrebbero arrivare a duemila, duemilacinquecento euro per una bottiglia così.” Naturalmente il cliente glielo aveva detto per accrescere d’importanza il regalo, ma non pensava certo che il dottor Bellini avrebbe cercato di venderla davvero. E inizialmente infatti l’aveva portata a casa, dove sua moglie l’aveva riposta nella vetrina della sala insieme ad altre bottiglie buone in attesa dell’occasione giusta per essere stappate, qualche festa particolare, un pranzo con ospiti di prestigio, una cena di lavoro.

– “ E come mai te l’ha regalata ? “gli aveva domandato lei, mentre faceva spazio sul ripiano della vetrina.

– “Sta cercando di lisciarmi nella speranza che mi dimentichi dei soldi che mi deve, ma sta fresco! C’ha due estrazioni, un ponte nuovo, tre capsule di porcellana, una serie di carie e cariette e una pulizia dei denti. Ti pare che posso lasciar perdere? Altro che bottiglia! Se non mi porta tutti i soldi a carte da cento, la prossima volta gli tolgo il dente buono!“

“Ma scusa se non ha soldi, dove l’ha presa una bottiglia così?”

– “Gliel’avrà regalata qualcuno, figurati, d’altra parte fino ad un po’ di tempo fa aveva il ristorante, non te lo scordare.”

Per vent’anni il signor Cecchi aveva gestito un locale nel centro storico della città, fin quando al nuovo ispettore dell’Asl gli era venuto in mente che in cucina mancavano dieci centimetri per raggiungere l’altezza standard richiesta per l’esercizio dell’attività. Una cosa assurda, visto che in quel quartiere erano tutte vecchie cantine riadattate e tutti si trovavano nelle stesse condizioni. Così era iniziata una battaglia legale per contestare l’ordinanza di chiusura, ma, dopo sei mesi, mister Cecchi continuava a restare disoccupato.

– “ Però, che gentile, poteva anche non regalarti niente, invece il pensiero perlomeno  lo ha avuto!“  

– “ Ma quanto sei ingenua, vedi sempre il buono tu, scambi la furbizia per cortesia, ti fai incantare da tutti.”

– “E tu invece sei sempre diffidente, vedi il peggio dappertutto e sai perché? Perché ce l’hai dentro il peggio, e finisci per proiettarlo sugli altri”, gli aveva infine risposto lei con il solito tono stizzito di quando si sentiva criticata dal marito.

Antipatica”, aveva borbottato lui di rimando, ma solo dopo che lei era già uscita dalla stanza, perché non aveva alcuna voglia di litigare, dopo una giornataccia come quella. Nel pomeriggio, l’anziana signora Pucciarelli per quasi due ore gli aveva alitato in faccia quel fetore tremendo di cicoria andata a male, che le ristagnava perennemente in bocca. Una cosa da svenire, nonostante la mascherina igienica e le continue apnee a cui si era obbligato, mentre eseguiva il lavoro, costretto poi a girarsi di lato per ricaricare i polmoni con delle inspirazioni profondissime “haihaihai, dottore, che sospiri “ aveva osservato la Pucciarelli, interpretando quei respiri così rumorosi “ Ma che c’avete, le pene d’amore?”- “Ehh, signora mia, quale amore, i pensieri, i pensieri…”. E così gli era toccato anche inventarsi delle giustificazioni plausibili per coprire il vero motivo di quell’anomalo moto respiratorio. Non che gli mancassero i motivi veri di preoccupazione, almeno quel giorno. Il tecnico gli aveva sbagliato la dentiera dell’ingegner Carli, così aveva dovuto riprendere di nuovo l’impronta e fissare un nuovo appuntamento di prova al cliente, che aveva fatto un pandemonio, mettendo in allarme gli altri pazienti in attesa.

“Che incompetenza, che superficialità, non avete alcuna considerazione del cliente in questo studio.”

“Ma no, che dice ingegnere, sono cose  che possono capitare.. “

– “ E certo, domani crolla il ponte dell’autostrada mentre sua moglie ci passa con la macchina, e io che le dico? M’è venuto male, sà, capita…”

-“ Non esageriamo, ingegnere, non è certo così grave, via…”

“Non è grave-non è grave, ma lo sa che significa andare in giro con una dentatura provvisoria? Non riesco a mangiare, non riesco a parlare bene, le gengive mi si stanno gonfiando e tra un po’ nemmeno più la dentiera mi potrò mettere, mi toccherà andare in giro come Nonno Arzillo, senza denti!”

Alla fine si era calmato grazie all’intervento di Tiziana, che con il suo solito buonumore era riuscita a rassicurarlo su una pronta soluzione del problema. Tiziana era molto più di una segretaria, era una psicologa e un’ animatrice, intratteneva i pazienti quando il dottor Bellini era in ritardo, li rassicurava quando avevano paura, li confortava se erano preoccupati per qualcosa, come nel caso dell’ingegner Carli. Aveva fatto un buon acquisto davvero a sceglierla un anno prima, tra le dieci ragazze che si erano presentate al colloquio, rispondendo all’annuncio su facebook. Gli era piaciuta subito la forma dei suoi fianchi, stretti dentro ad un paio di jeans di velluto nero che avrebbe voluto sfilarle di dosso, appena l’aveva vista entrare dalla porta dello studio. In quel momento fece una promessa a se stesso, che non era ancora riuscito a  mantenere. Tiziana si era dimostrata un osso più duro del previsto, nonostante quell’aria disponibile che gli aveva letto in faccia al primo incontro. Aveva resistito con grazia a tutti i suoi reiterati tentativi di seduzione, buttandola sullo scherzo per non offenderlo. Ma lui si era offeso e molto, non era certo tipo da tollerare un rifiuto così, e l’avrebbe già mandata via, se i suoi clienti non l’avessero reclamata a gran voce, quando Tiziana era stata assente una settimana per un’ influenza stagionale. Allora si era reso conto di quanto gli fosse diventata necessaria per gestire lo studio. A malincuore si risolse di tenerla, almeno fino a quando non avesse trovato una sostituta adeguata. Così era passato già un anno, durante il quale lui aveva raggiunto a fatica un distacco emozionale dai fianchi di lei, a cui aveva imposto la copertura di un camice bianco. O almeno c’era riuscito fino a quel giorno, quando per la prima volta l’aveva vista baciare sulle labbra un giovane uomo alto e magro, che l’aveva accompagnata fino al portone dello studio.

Per caso in quel momento si era affacciato alla finestra per respirare una boccata d’aria prima dell’arrivo dei pazienti del pomeriggio, e la scena l’aveva colpito in faccia come un secchio d’acqua gelata. L’idea che Tiziana potesse dare a un altro ciò che tanto ostinatamente aveva rifiutato a lui, gli era davvero inaccettabile. Ma la cosa peggiore era che la scena di quel bacio gli aveva risvegliato il desiderio a fatica rimosso per tutti quei mesi, grazie ad un vero esercizio di autocontrollo costante, simile a quello dei fumatori quando smettono di fumare. Anche dopo anni, una semplice “tirata” poteva bastare ad azzerare anni di sacrificio. Vederla baciare quel ragazzo, era stato come dare una profonda aspirata ad una marlboro, si sentiva frastornato e su di giri, senza poter scaricare la propria eccitazione come avrebbe voluto, e questo lo rendeva nervoso come non mai. Sì, era stata davvero una giornataccia, una gran brutta giornataccia. Non aveva alcuna voglia di discutere con sua moglie anche quella sera. Doveva assolutamente concentrarsi su un pensiero positivo. Perciò indirizzò la mente alla sua preziosa bottiglia. A guardarla chiusa nella vetrina, la prima volta, gli era sembrata una come tante, senza alcun segno particolare che ne distinguesse l’eccezionale valore.

Certo, che qualcuno potesse spendere una cifra come quella per una bottiglia, tra l’altro di vino rosso – a lui piaceva solo il bianco, il rosso gli restava sullo stomaco !– gli era sembrata una vera assurdità, ma che gli appassionati se la comprassero per conservarla in bacheca senza berla, come un trofeo da mostrare agli amici, gli era sembrato davvero una cosa da matti. Che ti frega se un vino è eccezionale, se non te lo gusti? Magari ti hanno dato una fregatura bella e buona e tu nemmeno lo sai. Contento e coglionato. Mah! A pensarci bene però, anche a scolarsi duemilacinquecento euro in un colpo, ci voleva un bel coraggio. Considerando che con una bottiglia si riempiono circa quattro bicchieri da cucina e che un bicchiere lo si fa fuori con tre sorsi di media, significa che ad ogni sorsata ti ingoi quasi duecento euro. Accidenti, a pensarci ti andrebbe senz’altro di traverso! Comunque il problema non era il suo. A lui non interessava nè berla nè conservarla quella benedetta bottiglia, ma solo “li-qui-diz-zar-la”, scambiarla con un gruzzoletto consistente di argent, in parole semplici, venderla.

Andò nel piccolo laboratorio, dove conservava i “lavori”da installare sui pazienti, in un ambiente fresco e igienizzato. Lì, sopra il tavolo, c’era un pensile chiuso, dove riponeva, tra i vari lavori, quelli particolarmente delicati, come il nuovo ponte dell’ingegner Carli, oppure i soldi in contanti di qualche cliente anziano che di carte di credito non ne voleva sentir parlare. Solo lui ne aveva le chiavi, nemmeno Tiziana era stata ammessa al piccolo “tabernacolo”, i suoi fianchi erano, si, meravigliosamente seducenti, ma il fatto di non avergliene concesso il godimento, aveva pesato fortemente sulla decisione di escluderla dall’accesso. Era proprio lì, in quel piccolo secretaire, che aveva nascosto la bottiglia, sottraendola alla vetrina di casa, dove temeva che la moglie, per sbadataggine, l’aprisse durante un pranzo domenicale con i parenti, oppure peggio, che per dispetto gliela rompesse, scaricando magari la colpa su una  pallonata dei ragazzini. Le donne possono essere demoniache!

Aprì l’armadietto segreto e la guardò, senza rimuoverla dal ripiano. Era bella, doveva ammetterlo. Nella sua semplicità era bella, magnetica, aveva qualcosa che la rendeva speciale. Il prezzo, se non altro. Richiuse e si sedette al computer. Cliccò sul link “inserzione” del sito, per inserire ancora una volta, la terza, l’annuncio di vendita della bottiglia, con una base d’asta, stavolta, di duemila euro.”E speriamo che qualche matto si faccia un giretto on line questa sera”, sospirò il dottor Bellini mentre procedeva a disconnettere il computer. Guardò l’orologio a muro appeso sopra il mobile e si rese conto che l’ora di cena era passata da un pezzo, senza avvisare sua moglie dell’ennesimo ritardo. Mamma mia, e chi la sentiva, adesso! Sai che musica! “Non ne posso più, tu te ne freghi della famiglia, non hai rispetto per nessuno, lo sai che ti stavamo aspettando, specialmente i bambini, non potevi avvertire, non potevi almeno fare una chiamata? Ma che te ne frega a te! Tu pensi solo ai fatti tuoi, gli altri esistono solo in funzione tua” E così via, blablà, blablà, la solita solfa dell’egoista, che strazio, la sapeva a memoria, ma ogni volta che la riascoltava, si irritava come e più della prima. L’unica speranza era che se ne andasse a dormire prima del suo rientro. Con voluta lentezza per ritardare il momento del rientro, iniziò comunque a infilarsi la giacca. Poi spalancò la finestra e chiuse la luce. Cinque minuti di cambio per ossigenarsi il cervello. Cinque minuti.

Potevano bastare a lasciar scivolare tutti i pensieri negativi di quella lunghissima giornata. Potevano, ma non lo furono. Se una cosa può andare male, stai sicuro che lo farà: la prima regola di Murphy non sbaglia mai. Furono i cinque minuti peggiori di quella stramaledetta giornata, questo pensò in quel momento. Mentre apriva i vetri all’aria fresca, capitò che l’occhio gli cadde sull’angolo della strada a destra del portone. E lo rivide. Quel giovane che baciava Tiziana. Era ormai buio e dovette fare appello a tutte le sue diottrìe per mettere a fuoco quella macchia strana che si muoveva mollemente sotto al lampione. Porca miseria, ma erano proprio loro! E stavolta non si trattava di un bacetto a fior di labbra. Si divincolavano come due sedicenni in calore, avvinghiati tanto da sembrare un corpo solo, noncuranti di occhi indiscreti che potessero guardarli. Noncuranti specialmente dei suoi, a quanto sembrava. Ma con tanti posti che ci sono, quei due dovevano vedersi proprio sotto al suo portone? Questa era un provocazione bella e buona, gli sembrava. Lui ad ogni modo la percepì come tale e si infuriò, mentre richiudeva la finestra.

Ti licenzio-si-ti-licenzio!, esclamava a gran voce come se lei fosse stata li ad ascoltarlo. “Spudorati-sfacciative la faccio vedere io!” ripeteva camminando su e giù per la stanza come un forsennato. Sentì un calore attraversargli il corpo su per le gambe ed esplodergli nella testa. Non sapeva se fosse l’effetto della gelosia per quei fianchi meravigliosi profanati o piuttosto l’orgoglio per l’oltraggio subito. In entrambi i casi non la digeriva. Quella visione gli si era piantata nello stomaco come un ranocchio saltellante che lo faceva singhiozzare.

Da medico analizzò immediatamente che si trattava di una tensione al  diaframma tale da bloccargli quasi il respiro. Iniziò a sentire una pressione sul petto, una conseguenza della scarsa ossigenazione. Con una giornata come quella si poteva ben capire! Acqua, doveva bere un po’ d’acqua! Prese un bicchierino di quelli usati dai pazienti per il risciacquo, spinse il bottone sul braccio della poltrona e lo zampillo ci finì dentro in un baleno. Lo ingoiò. Che vita la sua pensò, tensione a studio, tensione a casa, aveva troppe responsabilità sulle spalle e nessun diletto. Che diamine, un uomo non può vivere di solo pane! Ci vuole anche un pò di companatico e Tiziana era il suo! Con quei jeans incollati che lo provocavano ogni giorno, si sentiva più vivo, aveva un desiderio per cui svegliarsi e andare a lavorare. Ma oggi quella stupida glielo aveva appena spento, umiliato. Meno male che aveva la bottiglia almeno, la sola a regalargli ancora qualche emozione in quei giorni grigi e tutti uguali.

Ritornò nella stanzetta dei lavori, guardarla di nuovo lo avrebbe calmato. Aprì lo sportello del “tabernacolo” con la destra, allungando la sinistra per prenderla. In quell’attimo sentì una fitta intensa al braccio e un formicolio gli invase di colpo il braccio. Cristo santo, non è che gli stava venendo un infarto, no? Il solo pensiero fece impennare i sintomi. Corse fuori dalla stanza per andare a cercare il suo smartphone, forse doveva chiamare qualcuno…”Aiuto, sto per morire, qui, solo, mi troveranno domani freddo e stecchito, oddiomamma oddiomamma..” Stava seriamente perdendo ogni autocontrollo, a metà fra il dolore al braccio e la paura di quel dolore. Lui era uno che la gente la curava, anche se solo ai denti, non era abituato ad essere un paziente, si sentiva fragile e spaventato come un bambino, non lo avrebbe mai immaginato! La testa era un campo di battaglia tra neuroni, chi spingeva per andare a destra, chi a sinistra, nessuno sapeva esattamente dove fosse il telefono…”Lo devo trovare, dove l’ho appoggiato, dove sta, oddiomamma oddiomamamma..

Dran, Dran, Dran! Fu allora che sentì scattare tre volte la serratura della porta blindata all’ingresso e di colpo si trovò di fronte colei che era causa della sua imminente dipartita. Anzi, “coloro”! Li vide in piedi nel corridoio, Tiziana e il suo giovane amante, la bocca semiaperta dallo stupore che lo fissavano increduli, non sapeva se di trovarlo là o di trovarlo in quelle condizioni, probabilmente tutte e due. Ma fu un pensiero-lampo. Poi la luce si affievolì, si spense, tutto divenne scuro, il corridoio  iniziò a girare a girare a girare…

Non sapeva dire quanto tempo fosse passato, ma sapeva che si sentiva felice. O quantomeno noncurante, rilassato, quasi allegro.. Il viso di Tiziana gli stava sopra, incorniciato dai quei riccioli ribelli.. “Che bel viso, ma allora non c’hai solo un bel culo, sei tutta ‘bbona” , pensò il dottor Bellini. Sta’ Tiziana era come il maiale, pensò, non si buttava niente..

Quella battuta, che gli echeggiava in mente senza uscire di bocca, lo divertì talmente, che gli prese a ridere, ma a ridere, da non poter smettere piu…”Dottore, meno male, ci ha fatto prendere una paura ! “Tiziana gli sorrideva rincuorata da tanto buonumore. “Ad ogni modo Paolo sta chiamando il 118, tra poco arriveranno, vedrà che andrà tutto bene” – ” Il 118 ? Perchè ? Chi è che sta male? “ chiese Bellini, con un sorrisetto beota stampato sulla faccia ” E poi chi è Paolo?” – “Ma come dottore, non si ricorda niente? C’è svenuto davanti agli occhi, ci siamo messi una paura! Eravamo saliti a prendere la giacca che l’avevo dimenticata nell’armadietto e l’abbiamo trovata cosi, nel pieno di una crisi di panico! ” Bellini non capiva, chi era in crisi di panico?  “Fortuna che Paolo, il mio amico, è psicologo, io pensavo che le fosse venuto un infarto, ma lui l’ha capito subito che non era, le ha misurato i battiti, la pressione…tutto sotto controllo, ringraziando Dio!”

Infarto, questa parola fu l’unica che lo colpi ,tra quelle che aveva pronunciato Tiziana, “infarto” gli suonava vagamente famigliare, un piccolo varco si aprì nella sua mente beata..alcune immagini gli lampeggiarono davanti, senza senso, per rispegnersi subito dopo. Era tutto cosi bello, la vita era bella, e lui era tanto felice… “Aveva solo una crisi di panico, ma brutta-brutta-brutta, dottore, ci voleva qualcosa per tirarla su, ha detto Paolo, per ridarle tono, meno male che c’era quella bottiglia..”Un altro lampo. Si, in effetti si ricordava di aver bevuto dell’acqua, ma era da un bicchiere, gli pareva, un  bicchiere della poltrona…quanto era ‘bbona Tiziana, ma poi chi era sto’ Paolo, pensava….lui non conosceva nessun Paolo…

“Dottore salve, come si sente, mi parli per favore!” Il viso dolce di Tiziana si era incredibilmente trasformato, i capelli si erano accorciati, il viso allungato, la mascella allargata e una stana peluria le era comparsa sulle guance…mio dio Tiziana sembrava un uomo! “Dottore, sono un dottore, mi chiamo Paolo, mi risponda la prego, ha avuto una crisi di panico, ma sta bene, stia tranquillo, i parametri sono a posto. Come si sente? Mi dica come si sente!” Anche la voce era tanto cambiata! Ma che stava succedendo? Poi quella strana voce da uomo continuò, ” Ma  questo qui è ubriaco, te lo dico io, è proprio ciucco, hai visto come se la tirava la bottiglia? Sembrava un tossico con la dose! Sicuro che il tuo dottore non sia un alcolista? ” – ” Ma no, cosa dici! – rispose la voce rassicurante di lei – mai trovato una bottiglia in giro per lo studio in un anno che ci lavoro, questa era la prima volta!”

Bottiglia, parlavano di nuovo di una bottiglia quei due, perchè erano in due, adesso li vedeva….che strana conversazione, non volevano capirlo che lui aveva bevuto l’acqua dal bicchiere, non dalla bottiglia.. “Chissà come ci era finita poi nell’armadietto delle dentiere..” era ancora Tiziana che parlava.. “Va bene che io di quello non ho la chiave e non ci ho mai guardato dentro, ma insomma, se ci fossero state altre bottiglie in giro, me ne sarei accorta, ti pare?

Qualcosa nella sua perfetta felicità cominciava ad incrinarsi, sentiva agitarsi un altro lampo nella testa, uno di quelli forti che squarciano il buio e preludono al temporale. “Certo però che doveva essere proprio buono quel vino, guarda come sta..”  Un tuono gigantesco rombò nella mente del dottor Bellini, e il temporale esplose  in tutta la sua irruenza. Il diaframma si tese rapidamente sotto ai polmoni, spingendo l’aria fuori come una catapulta ed un urlo carico di dolore, rabbia e delusione, partì dalla sua bocca spalancata, lungo e straziante come il suono di una sirena ” Noooooooooooooooooooooo, la mia bottigliaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa! “

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1 commento »

  1. Racconto simpatico, interessante il flusso di pensieri sull’attrazione morbosa verso Tiziana.
    Se posso permettermi di dare un consiglio “estetico” e una piccola critica costruttiva, trovo che sia una miglior impostazione dei dialoghi scegliere solo uno tra – e “” e utilizzerei il grassetto (o il corsivo) solo per i pensieri, in modo da evidenziarli nettamente dal parlato. Ho notato l’uso di .. o di …. che sono forme non corrette, i puntini vanno sempre in numero di tre.
    Buon concorso!

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