Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2010 “Ritorno alla realtà” di Barbara Boccacci Mariani

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2010

Era buio, troppo buio. A malapena riusciva a scorgere il profilo degli alberi. Sotto i suoi piedi gli aghi di pino scricchiolavano e si spezzavano. Ora aveva paura. Si era persa.

Aveva corso fino a ritrovarsi senza più respiro. Aveva inciampato diverse volte sulle radici che affioravano dal terreno e si era messa ad urlare perché ogni volta le sembrava che qualcuno le afferrasse le gambe e la trascinasse negli abissi della terra. Era ricoperta di graffi che, ora, iniziavano a bruciare; la terra le si era appiccicata nelle aree dove il suo corpo era scoperto e sul viso, rigato dalle lacrime, le aveva disegnato una intricata rete di chiazze chiaro-scuro.

Proseguì a tastoni e le sue unghie andarono a conficcarsi in qualcosa di duro ma nello stesso tempo friabile. Tufo. Un rombo di tuono le squassò il corpo e grosse gocce di pioggia fredda le martellarono il capo. Dita intirizzite trovarono una vasta apertura dove lei si insinuò al riparo dal temporale e dalle voci che le sussurravano parole incomprensibili. Si acquattò per terra, tremante dal freddo e con le mani si coprì le orecchie. Cosa volevano da lei quelle voci? Provò a far scivolare via una mano dall’orecchio destro ma i sussurri ricominciarono più forti di prima e, impulsivamente,  se lo coprì nuovamente. Provò di nuovo con la sinistra. Ancora voci. Qualcuno o qualcosa cercava di attrarre la sua attenzione. Volevano farla impazzire? Strinse gli occhi talmente forte da vedere lumini di tutti i colori lampeggiarle dietro le palpebre. Si sforzò di pensare e alla fine si diede della stupida. Tolse le mani dalle orecchie e aprì lentamente gli occhi. Non erano voci. O meglio, era stata la voce del vento che sibilava tra gli alberi che l’aveva tratta in inganno, dandole l’impressione di parlarle. Tastò con le mani tutto intorno. La nicchia era ricoperta di muschio, morbido e umido. Il territorio circostante era pieno di tufo la maggior parte del quale ricoperto di muschio. Secondo la leggenda, secoli prima, la zona era dominata da un vulcano ma la Regina di Ghiaccio, il cui castello si trovava nelle vicinanze, era costantemente minacciata dal suo calore. Un giorno, sentendo il vulcano borbottare, intuì che stava per svegliarsi. La lava ed il calore avrebbero spazzato via in un batter d’occhio il suo regno. Ordinò così ai suoi sudditi di portarla in cima al cratere e una volta trovatasi sul bordo della bocca incandescente, con il solo gesto di un dito adunco, riempì il vulcano di ghiaccio. L’acqua gelida venuta a contatto con il calore del fuoco generò una inspiegabile sorta di risucchio ed il vulcano si richiuse su se stesso sprofondando nelle viscere della terra. Il vulcano preso alla sprovvista in quanto mai si sarebbe aspettato che la Regina osasse avvicinarsi tanto, aveva intanto cercato di colpirla con lapilli di lava incandescente che, sempre secondo la leggenda, sarebbero state lacrime versate per l’inaspettata sconfitta che stava per ricevere. Le lacrime si erano stratificate dando forma a una serie innumerevole di piccole colline di tufo. La Regina, felice per la vittoria, ricoprì l’area con tronchi di ghiaccio. Ma giunse il “Re Calore” che sconfisse la Regina di Ghiaccio sciogliendo il suo regno e tramutando i suoi tronchi in rigogliosi alberi. Ebbe origine così un fitto bosco di pini intervallato da  rocce tufacee. Ma le leggende, si sa, sono dure a morire e così ne nacquero altre che narravano di streghe, riti occulti e magia nera che venivano celebrati nel bosco, di sacrifici umani e di gente impazzita che aveva ucciso, senza rendersene conto, i propri cari.

Ma lei, Karen, che tutti gli amici chiamavano Kerry aveva paura e non voleva credere a queste cose, non adesso.

Pensando alle leggende e rivivendole nella sua mente si era distratta ed i battiti del suo cuore ed il respiro erano tornati regolari. Cercò di guardarsi intorno ma vedeva solo buio. Ma da cosa era fuggita? Perché si era inoltrata nel bosco? Improvvisamente vide rosso. Rosso sangue. Sangue ovunque. La sua mente si mise a galoppare in cerca di una spiegazione. Sì. Ora ricordava tutto.

        

 

Parcheggiò il SUV sullo spiazzo erboso davanti al villino. Il sole stava scomparendo dietro gli alberi. Scese e prese le buste di carta, contenenti le provviste per il fine settimana, che aveva sistemato sul sedile posteriore della vettura. Tenendo una busta per braccio, appoggiate al petto, si diresse verso la porta. Sentiva un cerchio alla testa. Arrivata sulla soglia notò che la porta era socchiusa. Strano. La spinse con la punta della scarpa ed entrò. Era buio. Andò in cucina ma si bloccò sulla porta a soffietto. Per terra, un tappeto di cocci: piatti, bicchieri, perfino una bottiglia del suo vino preferito il cui odore aleggiava nell’aria. Una fitta di dolore le attraversò le tempie. Calpestò i cocci, quasi lanciò le buste sul tavolo e corse nello studio. Vuoto. Salì le scale di legno che portavano alle camere da letto. Si fermò davanti a quella matrimoniale, si fece coraggio e aprì la porta. Un urlo squarciò il silenzio. <<MarK!>>

Mark, il marito di Karen, era riverso a terra accanto al letto in una pozza di sangue. Sul ventre dilaniato vi era incuneata un’ascia insanguinata. Karen girò su se stessa, scese le scale di corsa e andò nel ripostiglio degli attrezzi. La porta era spalancata e l’ascia che di solito si trovava appesa ad un gancio nel muro, non c’era più. La testa le scoppiava. <<Sono stata io!!>> urlò Karen <<Sono stata io?>> si guardò le mani <<come posso aver fatto una cosa simile?>> ma intanto che se lo chiedeva una serie di immagini si affacciavano alla sua mente. Avevano litigato, lei e Mark, ed erano volate parole pesanti. Poi avevano iniziato a volare anche i piatti. Ora ricordava vagamente anche la muscolosa schiena di Mark che avanzava su per la scala. Poi il nulla. La prima cosa che ricordava subito dopo la figura di Mark era il minimarket giù in paese. Si rivide afferrare una bottiglia di vino, il suo preferito, dallo scaffale in alto e la commessa alla cassa che le sorrideva. Ma cosa era successo tra i due eventi? … Le leggende! Era tutta colpa delle leggende! Tutto si confuse, le immagini si sovrapposero. Si girò terrorizzata e scappò via. Corse verso il bosco e vi si inoltrò.

Karen chiuse gli occhi piangendo e singhiozzando, si appoggiò all’umido muschio e scivolò in un sonno agitato.

 

 

 

Un brusio la svegliò.

Aprì gli occhi, una lama di luce si insinuava attraverso la finestra. La sveglia annunciava con il suo trillo insistente che erano scoccate le 7:00. Giulia si guardò intorno, vide il puzzle incorniciato e appeso al muro che ritraeva le isole Maldive, l’ i-pod nano color verde mela in bilico all’angolo della scrivania, i jeans e la maglietta nera con la scritta “A Beautiful Lie!” sistemati sulla sedia. Erano i vestiti che aveva indossato la sera prima quando era uscita con la sua amica Laura per andare al cinema. Avevano optato per un film horror. Durante la notte la sua mente le aveva fatto rivivere in sogno una parte del film, la più terrificante, attribuendole la parte della protagonista.

La prossima volta che andiamo al cinema, pensò, sarà meglio scegliere un film d’amore. Giulia allungò una mano e pose fine al brusio della sveglia con un sorriso.

Una lacrima brillava ancora sulla sua guancia.

 

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1 commento »

  1. da leggere tutto di un fiato…brava

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