Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2017 “La foto perfetta al 100%” di Alessia Chiappini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2017

Guardai il letto, c’era il mio corpo vestito con un pigiama di seta, ed io mi sentivo veramente bene.
Vidi parlare il medico con mia moglie Lucia.
“Signora dobbiamo dichiarare il decesso”
“Ma no dissi io ma non lo vede? Sono qui mi guardi, sono qui!
Nessuno si voltò, nessuno mi sentì, continuai:
“Dottore, dottore, professore venga qui controlli bene, venga qui mi dia una scossa, mi risenta il polso, controlli le narici, apra la mia bocca; gli occhi gli occhi, lo vede sono aperti, su stiamo scherzando? Io quest’anno debbo fare la crociera, debbo andare a pesca con Alberto. E poi è la vigilia di Natale, non posso davvero rinunciare ai Tortellini in brodo”
Il dottore non si girò, così gli andai di fronte gli diedi uno scossone sulle spalle, lo scrollai ben bene, o meglio pensai di scrollarlo ben bene ed invece le mie mani oltrepassarono il suo corpo, non toccai nulla della sua carne, ottenni solo la caduta della sua penna dal taschino.
Ci riprovai, ancora una , e poi un’altra volta e la penna ricadde e lui se la rimise apposto per tre volte poi disse:
“ Signora per cortesia mi chiude la finestra? C’è troppa aria in questa stanza”
Mi guardai le mani e guardai il corpo nel mio letto:
La stanza sembrava un ospedale e mia moglie scoppiò a piangere avvinghiata all’infermiere
“E no, Lucia, cavolo un po’ di rispetto, se proprio devi abbracciare qualcuno abbraccia nostra figlia”
Non ci pensai due volte andai lì per dividerli ma non riuscivo a toccare la loro carne , li oltrepassavo solamente, però mi accorsi che muovevo l’aria e infatti ne mossi così tanta che l’infermiere infastidito disse :
“Signora andiamo di là questa stanza è troppo ventilata”
“Come c’è troppa aria?” replicai io “Sei tu che devi prendere aria bello, smamma da casa mia”
Gli girai intorno come una furia tanto da fargli spostare il parrucchino sulla testa .
“Capito l’infermiere fa tanto il ganzo con mia moglie e poi non ha neanche un capello in testa”
Dopo un ora se ne andò il medico con la sua stilo in mano e se ne andò l’infermiere con in mano un ciuffo di capelli.
Lucia esterefatta e confusa salutò il medico e diede la mano all’infermiere.
“E ora che succede? Che si fa?”
Marina cominciò a fare qualche telefonata ed ad ogni nuovo numero ripeteva con aria triste e sommessa “papà è morto”
Nel pomeriggio la casa si riempì di gente, vennero lo zio Roberto con i fiori, la zia Fiorella con una croce comprata a Gerusalemme e la zia Evelina con gli amaretti di Guarcino.
Pensai che la cosa era proprio seria e ora ci sarebbero state tutte una serie di rogne da sbrigare: chiamare i becchini, scegliere la cassa da morto, la foto da mettere sulla lapide e poi la frase per il defunto estinto da inserire sul ricordino e naturalmente preparare tutto l’occorrente per il funerale e la sepoltura.
Mia figlia era una brava insegnante, ma non sapeva organizzare questo genere di cose, ne tantomeno Lucia, lei preparava i Tortellini a Natale , l’abbacchio al forno a Pasqua e le frappe a Carnevale ma di morti e funerali non se ne intendeva davvero.
Ma io si io sapevo quello che volevo, almeno da morto pretendevo le cose ben fatte.
Andai in salotto dove le vicine intonavano la nenia di un rosario e con mia grande sorpresa vidi lo zio Paolo in camicia nera accompagnato dal suo lurido, minuscolo cagnetto con il manto nero.
“Noo!!!!” esclamai,” via i cani da casa mia, e soprattutto via i seguaci sostenitori del fascio.
Il cane abbaiò, gli urlai
“Zitto cane nero” e lui abbaiò di nuovo e fece per venirmi addosso
“Accidenti!, ma questa specie di topo mi vede e mi sente”
“ Su bello a cuccia vai a farti deportare dallo zio Paolo, su vai”
Intanto lo zio Paolo si mise spaparanzato sul mio divano con Marina a scegliermi la foto per la lapide e il ricordino, prese in mano un book che avevo fatto in recenti viaggi con Lucia e cominciò a sfogliarlo insieme a mia figlia, dicendo:
“Questa si questa no, questa forse”
Pur essendo già con tutto il corpo nella fossa, mi sentii morire di rabbia
“Marina no!!!! Figliola! la foto più bella è nel cassetto in camera da letto, la mia foto da pescatore con lo sguardo fiero e con un enorme carpa ai piedi”
Si poteva togliere la canna e tagliare la carpa ma quella era la foto per il mio funerale perfetta al 100 %
Lo zio Paolo intanto estrasse dal book, una stampa del mio cinquantesimo anno di matrimonio:ero in abito nero, con lo sguardo da merluzzo stanco per una giornata di festeggiamenti fuori porta e lui con la foto in mano disse:
“Credimi Marina questa è perfetta”
“ Perfetta??, Ma tu sei un vigliacco fascista che si sta vendicando di un defunto socialista?
Ero morto e già ero stanco adirato e infuriato, come se non bastasse cominciarono ad entrare i becchini dalla porta per adagiare il mio corpo nella cassa, mi voltai e vidi un orrenda cassa di faggio con i maniglioni argentati e un drappo di seta rossa all’interno.
Ma chi la voleva quell’orribile cassa? Il Mogano , quello era il mio legno preferito, per i maniglioni potevo soprassedere ma sul mogano non me la sentivo proprio di contrattare.
Ero morto perché ero morto, ma in più morto per la foto e ora morto anche per la bara.
Qui la cosa era seria, dovevo almeno recuperare la foto nel cassetto e farmi cambiare bara.
Intanto il capo dei becchini mise il mio corpo bello e imbellettato nella cassa, con appoggiato alle spalle un paravento con l’immagine di un Cristo enorme con una faccia un po’ scarna e sofferente ed infine due lumini laterali.
Dopo tutti i soldi che avevo guadagnato mi meritavo il meglio , la bara migliore, la foto migliore e magari un po’ di gente migliore che mi omaggiasse.
Non avevo scelta decisi che avrei dovuto agitare così tanto il mio corpo da fantasma e creare un po’ di vento per cambiare le cose.
Mi misi a correre intorno alla bara a gran velocità, i lumini oscillarono, ma niente di più, intanto l’orribile cagnetto fascista sembrò puntarmi, mi venne un idea, l’idea del morto che parla.
“Vieni cagnetto, vienimi a prendere , dai su fammi vedere cagnetto bello”
Il minuscolo cane scattò dai piedi del divano, facendo lo slalom intorno ai lumini e cercando di puntarmi il posteriore, davvero poverino non riusciva a mordermi, mordeva aria ma continuava a farlo perché era un cane stupido, era il cane dello zio Paolo.
Così stupido che andò a sbattere addosso al paravento che crollo dritto sulla bara.
“Mio Dio”, esclamò Lucia
“ Cristo Signore, Gesù Bambino della Misericordia Santissima, Madonnina bella, ma che è successo???”
Dopo aver menzionato ogni sinonimo di Dio con qualche Madonna costatò che il marito morto era salvo ma la cassa decisamente ammaccata.
Davide il capo becchino era ancora in casa ed assistette al fatto e misfatto
“Signora bella che vogliamo fare??”
“ E che vogliamo fare??” soggiunse lei
“Come che vogliamo fare?” dissi io “Si cambia bara e si prende una in mogano, la migliore”.
Lucia disse: “Davide faccia come ritiene opportuno scelga lei e metta bene mio marito”
Nel giro di mezz’ora rientrarono i becchini portando una cassa in ciliegio con maniglioni d’oro e un drappo di seta color ocra all’interno.
Appena la vidi urlai quello che nessuno sentiva:
“Non ci siamo, di mogano avevo detto di mogano ma possibile che nessuno mi accontenta??”
Ormai la bara era andata,ed era andata proprio male, ma la foto no quella dovevano ancora sceglierla.
Mentre i becchini rimisero il paravento ed anche i lumini, la zia Fiorella che ancora non aveva posato il crocifisso di Gerusalemme, lo pose proprio ai piedi, della cassa, andò da Lucia e si complimentò per la nuova bara scelta, poi si complimentò anche un vicino di casa e poi anche un altro parente.
Tutti facevano le condoglianze a Lucia, tutti omaggiavano più la cassa che il contenuto e nessuno che andasse a fare la carezza al mio viso nella bara.
Andai e mi accarezzai da solo, dal mento alla fronte alle gote, come ero bravo a farmi le carezze e con quanto trasporto amoroso le facevo.
Il cane fascista dopo essere stato incolpato di tutta la confusione creata, fu buttato fuori.
“E no bello ora mi servi per prendere la foto nel cassetto”.
Con una folata di vento riaprì la porta di casa.
Lo feci rientrare, era così piccolo che nessuno se ne accorse, intanto zio Paolo si era addormentato sul divano.
Io dovetti passare alla mossa successiva eliminare il book con il ritratto delle mie orribili foto e aprire un cassetto in camera da letto.
In salone intanto sembrava essere tutto sotto controllo : zio Roberto supervisionava quello che dichiarava essere un capolavoro di bara in ciliegio, le vecchiette del vicinato iniziavano il secondo rosario, lo zio Paolo era fuori uso e Marina preparava caffè e serviva amaretti.
Passai all’azione: ricominciai a correre nel salone per creare ancora aria in movimento, le pagine del book fotografico appoggiato su un tavolino si mossero a ventaglio, il cane fascista non risparmiava nessuna cosa che si agitasse all’improvviso.
In meno di cinque minuti si mise in bocca tutto il portafoto e lo distrusse.
A questo punto non rimaneva che prendere la mia foto perfetta al 100%.
Detto fatto, sempre volteggiando riuscii a portarlo in camera da letto mentre Lucia cercava lo scopettone per sbatterlo fuori casa.
“Cagnaccio distruttore vieni qua che fai una brutta fine e ora appena si alza lo zio Paolo ognuno a casa sua!!”
Mi affrettai a salire sul comodino ed a istigare il piccolo cane.
Di nuovo si accanii su di me, di nuovo morse solo aria, ma il suo sbattere frenetico fece cadere il piccolo cassetto in basso
“Bingo, sono salvo”, la mia faccia fiera da pescatore era bene in vista sul libretto della licenza da pesca
Lucia con la scopa in mano lo vide subito e per paura che facesse la stessa fine della bara e del book , lo raccolse immediatamente.
“Bello di casa, quanto sei bello”
Il cane cominciò a scodinzolare
“Via cagnaccio non ce l’ho con te, Marina ! Marina! Vieni qua tesoro guarda che ti faccio vedere guarda la foto di papà, fiero e contento, si potrebbe metterla sul ricordino”
A Marina piacque l’idea, piacque a Lucia ma soprattutto piacque a me.
Si erano fatte le otto.
Lucia svegliò lo zio Paolo e lo invitò ad andarsene con il piccolo cagnaccio.
Mi piacque che lo zio Paolo venisse cacciato, il cagnaccio invece era divenuto un po’ meno cagnaccio forse aveva imparato ad essere un cane socialista.
Marina e Lucia rimasero da sole, si fecero una minestrina, mi sedetti a cena con loro, infilai le dita nel brodo e le tirai fuori asciutte, era divertente e lo feci per tutta la durata della cena.
Lucia si alzò, chiuse bene le finestre e disse:
“ Che strano Marina è da stamattina che entra un po’ troppa aria bisognerà che faccia controllare gli infissi”

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11 commenti »

  1. Ascolta un po’..ma se sei (uh! Pardon ! ) ..dicevo . Se il tuo protagonista e’ morto, come fa a sentirsi morire dalla rabbia???? Domanda filosofica.altra domanda esistenziale: che razza è il cagnaccio?? Terza domanda (psicoanalitica) :ma perché tanta importanza per una foto?? E’ così poco chic…vuoi mettere una bella pietra con l’edera! A Firenze si dice :Ganzissimo!

  2. Racconto divertente al 100%

  3. Cara Laura ti ringrazio vivamente per i piacevoli commenti.
    Il morir di rabbia è logicamente di interpretazione ironica poiché per l’appunto è un vero morto!!!
    Il cagnaccio non ha importanza di che razza sia importa che sia coprotagonista che ribalta in tutti i sensi una situazione che diviene un impresa roccambolesca.
    Comunque nel mio immaginario è senz’altro piccolo e mordace e imprevedibile forse come un chihuahua!!
    La foto ha importanza e come chi di noi non vorrebbe essere ricordato al meglio proprio a cominciare da una bella foto!!
    Ti lascio solo pensare hai commenti che spesso facciamo nel vedere le foto esposte sulle lapidi!!!
    Lusingata per gli apprezzamenti ricambio al 100%

  4. Alessia, mi hai incuriosita e ho letto anche gli altri tuoi due.
    Il soggetto di questo poteva sembrare già sfruttato e invece tu l’hai rinfrescato benissimo e quindi brava doppiamente. Ho proprio riso al “come ero bravo a farmi le carezze e con quanto trasporto amoroso le facevo”.
    Mi piace il tuo umorismo dissacrante e leggero. Tanti complimenti.

  5. Lettura scorrevole e avvincente. Geniale e simpatica storia che mette il sorriso sulle labbra dalle prime parole fino alla fine. Complimenti

  6. Molto divertente! Di fantasmi è pieno il mondo ma questo ha un suo speciale perché di simpatia e ironia. Ben pensato!!

  7. Un divertente e leggera danza macabra!

  8. Mi ha fatto ridere e sorridere! Ed evviva il cagnaccio 🙂

  9. Amaramente bello il tuo racconto. Originale l’idea del morto vivente che parla e che però purtroppo é morto e quindi riesce solo a spostare l’aria. E quant’é difficile per chi resta! Oltre al dolore inevitabile per la perdita di un caro, anche le rogne burocratiche di funerali, visite di persone gradite e non, sepolture e via dicendo. Ma così é se vi pare … Complimenti!

  10. Alessia, complimenti per il brio, per l’originalità dell’idea e lo humour un po’ nero con cui la trasmetti al lettore!

  11. Piacevolissimo e naturalmente costruttivi i vostri commenti.
    Esorcizzare la morte è un tema molto visto in letteratura e anche nelle pellicole cinematografiche, ma la commedia della vita dopo la morte stessa in questo racconto è focalizzata soprattutto su chi resta.
    I Morti nell immaginario possono fare le cose più strane ma sono i vivi che poi ridicolizzano o estremizzare negativamente il naturale corso degli eventi.
    Capiamo tutto ciò quando sperimentiamo la prima volta l’assenza qualcuno.
    Siamo più in pace quando il funerale è andato bene e riguardiamo la foto sul ricordino compiaciuti di aver fatto è scelto bene per chi non può più scegliere; naturalmente al 100%

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