Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti per Corti 2017 “La partita” di Giorgio Marconi

Categoria: Premio Racconti per Corti 2017

Il sole aveva bussato da qualche ora alla finestra sopra il letto, trovandolo, come sempre, già sveglio.

Giulio, 81 anni ben portati, sta fissando il soffitto.

«Che ingiustizia svegliarsi tanto presto quando non si ha davanti che una giornata uguale alla precedente. Oggi però non è così. È sabato. E la capacità di fare una bella presa non scema con l’avanzare dell’età: anzi si affina».

Questo pensa, mentre si alza.

Ad accoglierlo dentro un’altra giornata sono la foto sul comodino della moglie passata a miglior vita tre anni prima, la sua fede, proprio sotto il ritratto, e il ghigno ondeggiante della dentiera nel bicchiere.

La colazione dura il fugace lampo di un caffè.

La barba, invece, è un’operazione più laboriosa. Il rasoio da barbiere va maneggiato con estrema cura, come pure schiuma e pennello, della serie: “Et voilà ragazzo: spazzola”.

Ci vogliono dieci minuti buoni. Ora, davanti allo specchio, c’è un’altra persona: la pelle del viso è ragionevolmente liscia «come il culetto di un neonato» bisbiglia compiaciuto. L’effervescente pizzicorino del dopobarba lo fa sentire bene, vivo. Almeno di sabato. Gli piace quella sensazione di rinascita.

Lo sguardo si posa sulla lavagnetta di plastica bianca bordata di rosso. Sotto le foto di due anziani, fissate con le puntine, col pennarello rosso è scritto il resoconto delle loro sfide a carte:

Osvaldo 265 – Giulio 262

L’ultimo sabato aveva perso. Denari, primiera e settebello: tre punti.

«21-19 Gioco partita incontro» aveva sentenziato Osvaldo.

«Te lo ricaccerò in gola quell’odioso sorrisetto da vincente» sussurra Giulio con rabbia.

Sorrisetto che ancora lo scherniva dalla foto sulla lavagna!

La sfida lo rinvigorisce, quel sentimento di competizione riaccende in lui parte del giovanile entusiasmo.

 

Sono le 13.

Alle 14:30 deve essere al piccolo bar teatro della loro sfida. Non vuole correre rischi.

Il regolamento recita che, se allo scoccare delle ore 15 all’orologio “ufficiale”, quello a forma di gatto Isidoro, sopra il bancone del bar, uno dei contendenti non è presente, l’altro vince la partita e si aggiudica il punto di quel sabato.

Nella sua mente prende forma il ricordo di quella volta che aveva varcato la soglia del caffè appena trenta secondi prima che la coda-lancetta di micio Isidoro avesse completato il suo ultimo giro verso la tacca delle quindici. Era successo al battesimo di Marco, l’ultimo dei suoi nipoti. Il rinfresco si era protratto oltre il tempo che aveva preventivato. Che corsa in taxi! Il tassista lo guardava dallo specchietto come fosse stato pazzo: un anziano signore in doppio petto e scarpe lucide con gli occhi fuori dalle orbite a sbraitare stizzito, vaneggiando qualcosa su un regolamento infame, un gatto di nome Isidoro e un rivale sputacchioso in un assolato, sonnolento pomeriggio primaverile.

«Una pastina in brodo per oggi può andar bene. Meglio stare leggeri: si tiene la mente più sveglia!»

È in piedi, davanti allo specchio, sta sistemandosi il bavero della giacca grigia. Il tempo di pettinarsi e scende in strada. Ha la chioma quasi del tutto bianca. Qualche raro capello protesta ostentando orgogliosamente l’antico colore corvino.
A passi lenti si dirige verso il bar.  Passi da vecchio. In realtà avrebbe potuto agevolmente accelerare, ma perché arrivare tanto presto?
Il sole primaverile è ancora alto e, quando Giulio entra nel bar, si sente un po’ accaldato. Saluta con un cenno della mano Gianni intento ad asciugare le tazzine, dietro il bancone. Il ragazzone ricambia il saluto e sembra sorpreso di vederlo.
Gianni accenna ad apparecchiargli un caffè «Offro io… un caffè ti farà bene…»
Giulio declina:  «Grazie, vado subito nel retro».

Il retrobottega del bar è vuoto. C’è solo una giovane ragazza, jeans attillati, aspetto piuttosto appariscente, che chiacchiera al cellulare tra un sorso di caffè e l’altro. Giulio neanche la nota, si siede al consueto tavolo in un angolo e sistema la zeppa di legno, che porta sempre da casa, sotto una zampa per consentire una certa stabilità. Mentre la coda di gatto Isidoro tocca le 14:55, Giulio si diletta a mescolare il mazzo di carte indugiando in coreografie degne di un vero prestigiatore.

Sono le 15:05.

La ragazza in jeans, pagando il caffè, si rivolge al barista «…ma quello nel retro non è Giulio? Che ci fa qui? Non pensavo sarebbe venuto. L’altro ieri l’ho visto al funerale di nonno Osvaldo».

Il barista risponde con una smorfia interrogativa e un’alzata di spalle porgendole il resto.

Giulio sta riponendo il mazzo di carte nel suo astuccio.

Indugia qualche secondo nel ricordo dell’amico, poi scaccia con uno schiaffo una lacrima che sta colando vicino al mento, come fosse un insetto fastidioso.
Si alza, fa scivolare il mazzo di carte in una tasca ed esce.

Gianni sta preparando la schiuma di latte per il cappuccino e rischia di ustionarsi per rispondere al saluto di Giulio che infila l’uscio senza indugiare oltre.

Ha qualcosa da fare.
Mezzora dopo è in poltrona nella sua giacca da camera bordeaux.

Prima di accendere il televisore getta un’occhiata soddisfatta alla lavagna:

Osvaldo 265 – Giulio 263

Altri tre sabati e sarebbe passato in testa.
Un’ombra percorre il suo volto.

«E poi?»

Non è il momento di pensarci. Non ora.

Deve tenere duro e vincerà lui quella partita.

Loading

6 commenti »

  1. Bravo, intenso ed emozionante.

  2. Ho apprezzato particolarmente la prima parte del raccono; dettagliata, attenta… come se l’autore conoscesse bene ogni singolo gesto.
    Il finale, commovente. Bravo.

  3. Una delle mille facce dell’amicizia, impreziosita dall’età. Tanta malinconia secondo me, ma ben raccontata. Complimenti!

  4. Caro Giorgio. Mi era sfuggito questo corto…ma è bellissimo! E tutto ciò che parla di vecchi e solitudine a me è particolarmente caro, perché vedo mio PADRE.
    Ti faccio tantissimi complimenti.

  5. Complimenti Giorgio per questo tuo soggetto che, in ogni sua parola, sembra già vissuto. L’ho immaginato e ora aspetto di vederlo! In qualche modo, pare che la morte e il dolore della perdita si possano beffare.

  6. Giorgio, ho finalmente letto il tuo testo. E’ così bello e commovente, tenero di quella tenerezza che ti dona la vecchiaia quando la accetti, continuando però a giocare la tua partita con il desiderio di esserci. La ripetitività diventa un po’ un’imitazione dell’eternità e dà un senso alla solitudine. Una delle pagine più belle che ho letto in questo luogo virtuale e virtuoso. Ci vedremo a Lucca, spero!

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.