Premio Racconti nella Rete 2022 “Quel treno del sud” di Francesco Lastaria
Categoria: Premio Racconti nella Rete 2022
Era una fredda sera di febbraio e Luca affrettava il suo passo tra i vicoli stretti del borgo inseguito da una valanga di pensieri che affollavano la sua mente; le mani infilate nelle tasche del cappotto,il bavero alzato, avvertiva sul suo volto scarno l’umidità che penetrava nella sua pelle,nelle sue ossa provocandogli una sensazione di freddo pungente.
La luce della luna piena che si stagliava sull’azzurro del mare attirò la sua attenzione nel mentre svoltava nella piazzetta e per un attimo i suoi pensieri si fermarono e sentì il bisogno di affacciarsi sulla terrazza per ammirare lo spettacolo che si presentava ai suoi occhi : proprio lì dov’era …. – ma quanto tempo fa’ ? – era con Daniela…quanti ricordi.
Erano tornati da una serata in casa di amici e lui si era offerto di accompagnarla a casa; l’aveva ammirata tutta la serata: i suoi occhi azzurri creavano un piacevole contrasto con i suoi capelli bruni,un corpo esile ,abbronzato, un velo di trucco che faceva risaltare la sua bellezza naturale,la curva del piccolo seno che si intravedeva nella scollatura del suo vestito a fiori;stavano ridendo di una sua battuta ,forse un po’ stupida, e si trovarono d’improvviso su quella terrazza, sotto la luce gialla di quel lampione che li illuminava, intimidita dallo splendore della luna.
Fu allora che i loro sguardi si incrociarono, che le loro mani si toccarono ,che i loro occhi si socchiusero e le loro bocche si fusero in un languido bacio.
Un vociare chiassoso di ragazzi lo distolse dai suoi pensieri e a passi svelti riprese il suo cammino ; era suonata la mezzanotte dal campanile della piccola chiesetta quando aprì l’uscio di casa e si avviò verso la sua stanzetta:
” Luca, sei tu?”…” Si dormi mamma, che è tardi”.
Entrò nella sua cameretta ,accese la luce e si guardò intorno , sulla parete bianca facevano bella mostra foto di tanti anni fa’: lui e Daniela in riva al loro mare blu, suo padre in alta uniforme da carabiniere , l’ultima foto prima che venisse ucciso in quel tentativo di rapina , affianco una medaglia d’oro al valore;erano passati oramai dieci anni ,era un ragazzo di diciassette anni,studente liceale di belle speranze e d’un colpo tutta la sua vita cambiò e d’improvviso tutto il carico e la responsabilità della famiglia ricaddero sulle sue spalle; dai banchi di scuola all’officina dello zio il passo fu breve e le sue mani affusolate che accarezzavano i tasti di quel vecchio pianoforte si sporcarono del grasso delle auto riparare; dieci anni ed ora era capo reparto in Fiat a Mirafiori, una valigia di cartone,le lacrime di
sua madre e quel treno che lo portava così lontano!
Anche Daniela era venuta alla stazione quel giorno ,non una parola lungo tutto il percorso ma solo la sua mano che stringeva la mano di Luca quasi a volerlo trattenere :”non partire” sembravano dire i suoi occhi che mai erano stati così luminosi ,poi le sua bocca sfiorò quella di Luca e mentre il vecchio capostazione urlava “Signori ,in carrozza” dalla sue labbra quasi in un soffio uscirono quelle parole “non sarà uno stupido treno a separarci,ricordalo”.
Quella notte il suo sonno era stato agitato, forse la tensione della ripartenza,il suo breve permesso era finito e la sera sarebbe ripartito alla volta di Torino;la luce pallida del sole che filtrava attraverso le imposte lo svegliarono e la sua attenzione fu attratta da quei rumori familiari che provenivano dalla cucina , mentre l’aroma del caffè si spandeva nella stanzetta rammentandogli i tempi del liceo “Alzati Luca o farai tardi a scuola”; d’un balzo fu giù dal letto e si avviò verso la cucina quasi come se il profumo di quel caffè fosse l’odore della preda fiutata da un cane da caccia.
In un attimo fu alle spalle della madre e la sollevò da terra come faceva quando era ragazzo e quel peso era sempre più lieve, quel corpo consumato dal dolore e dalla solitudine più completa da quando anche lui era partito….
Quel giorno , come gli altri due di quel breve periodo di ferie, passò in fretta …era stato tutto così breve ma non poteva mancare da casa in quei giorni . Il trascorrere di tanti anni non avevano sopito il dolore per la morte del padre in quella fredda mattinata di febbraio.
E venne la sera e ancora una volta,l’ennesima in quei cinque anni di lontananza la mamma lo
accompagnò alla stazione. Il vecchio capostazione era andato in pensione ed un giovanottino
biondo,tutto orgoglioso della sua divisa, urlò il suo “Signori, in carrozza” riportando il giovane Luca a Torino,nella sua fabbrica.
Il viaggio di ritorno gli sembrò breve; è strano come ci si allontani velocemente dalle cose care e come lungo ed interminabile sembra il tempo quando invece ti accingi a raggiungerle.
Capitolo II
Il suo primo giorno in fabbrica, in quella città a lui così ostile e così fredda, gli parve un ritrovarsi a casa, tante erano le voci ed i dialetti del sud che si incrociavano; ricordava ancora gli scherzi e le battute dei compagni di lavoro e la pacca sulle spalle di quel gigante dai capelli bianchi che stranamente, per un gioco del destino, festeggiava il suo ultimo giorno prima di andare in pensione “Forza guagliò, mò tocca a te, fagli vedere a questi polentoni che sapimmo fa’.
Quel sorriso gioviale che celava anni di dura fatica gli ricordarono il padre e gli dettero quella spinta ,quello stimolo a far bene quasi avesse raccolto i frutti di un’eredità, un regno da difendere:l’orgoglio di essere lavoratori, di esser meridionali.: forza Luca e lui andò avanti e seppe farsi amare dai compagni e ben volere dai superiori.
Quante volte era tornato a casa su quel treno del Sud e tante ne era ripartito:la stazioncina del suo paese lo accoglieva ogni volta nel suo grembo e un insieme variegato di colori, di profumi e di sapori per lui familiari prendevano il posto del grigiore della fabbrica e della freddezza di quella catena di montaggio.
Quella sera di agosto sulla spiaggia erano soli e Luca e Daniela passeggiavano sulla riva del mare; di lontano una musica li raggiunse , un disco di Peppino di Capri “stanotte stu cielo e stu mare te fanno chiù bella…” si ritrovarono a ballare goffamente sulla sabbia ma per loro era una pista da ballo e loro erano Fred e Ginger .Fu l’incanto di quella notte , quel cielo stellato,lo splendore di quella luna “Scegli una stella …è la stessa… è la nostra..” e poi il frusciare del mare coprì i loro teneri sospiri, il vento accarezzò i lunghi capelli bruni di lei e come un flebile giunco il suo corpo cedette alle carezze ed ai baci di Luca sempre più audaci e il buio della notte li protesse dagli sguardi indiscreti del mondo. E a Luca vennero a mente quei versi di Prèvert, ,quei versi che lui amava leggerle in quelle sere d’estate,
mentre la madre in cucina era intenta a creare quei piatti che sapevano del sapore e dei profumi della sua terra
” I ragazzi che si amano si baciano
in piedi contro le porte della notte
…………………………………………….
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Sono altrove lontano più lontano della notte
Più in alto del giorno
Nella luce accecante del loro primo amore”
E poi quei pomeriggi assolati, le pazze corse in riva al mare , le passeggiate in bici – lei sulla sua Graziella – quei gelati in piazzetta scambiandosi baci al sapore di crema e cioccolata.
E poi la tristezza delle ripartenze nell’ansiosa attesa di un nuovo ritorno e quel treno, quello stupido treno che mai avrebbe potuto dividerli.
Capitolo III
Erano passati tre lunghi anni ed era la vigilia delle ferie, quell’afoso agosto, quando il capo del personale lo convocò nel suo ufficio unitamente al dirigente del reparto e con un fare paternalistico gli consegnò la lettera di promozione a capo reparto con una stretta di mano ed una pacca sulla spalla, che per niente ricordava quella ricevuta dal vecchio compagno di lavoro, il gigante buono dai capelli bianchi.
Con il cuore in gola quella sera ripartì da Torino alla volta del suo borgo marinaro, ansioso di trasmettere la sua gioia a Daniela e d’un tratto si ritrovò a sognare una vita insieme senza l’affanno di quei ritorni. Ma la stanchezza ebbe il sopravvento e i suoi occhi si chiusero mentre sul suo viso si disegnava un sorriso.
Si risvegliò per l’improvviso arrestarsi del treno oramai in prossimità della piccola stazioncina, gente che gridava, che correva giù dal treno;uno strano presentimento lo aggredì ed in pochi passi guadagnò l’uscita e di corsa raggiunse la testa del treno:a terra in una pozza di sangue affianco alla sua Graziella giaceva Daniela oramai priva di vita ; quel maledetto passaggio a livello incustodito aveva fatto un’altra vittima!
Un corpo straziato,un vestito a fiori tanto simile a quello di quella sera sulla terrazza del borgo e quelle parole flebili che ancora risuonavano nell’aria “Non sarà uno stupido treno a separarci,ricordalo”.
E poi il rientro in fabbrica,la catena di montaggio ,i compagni di lavoro e il triste sferragliare di un treno che risuonava perennemente nella sua mente fino a farlo impazzire: quel treno, quello stupido treno gli aveva rubato Daniela!