Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2020 “Perché gli uomini hanno i capezzoli?” di Giovanni Locatelli

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2020

Gran-Pa, perché gli uomini hanno i capezzoli?” chiesi al nonno entrando in cucina a balzelloni e subito mi accorsi che non se l’aspettava.

“Non lo so, tesoro. Perché non dovremmo averli?” rispose lui, grattandosi il mento e la relativa barba. Aveva begli occhi azzurri e dimostrava dieci anni di meno.

“Oggi abbiamo fatto Darwin a scuola e la Dorelli ci ha detto che gli organi inutili spariscono per via dell’evoluzione. E agli uomini i capezzoli non servono…”

“Si vede che al Signore faceva comodo fare un solo stampo. Ha messo i… cosi a tutti e due, per poi farli funzionare solo a Eva”, disse il nonno che aveva lavorato in fonderia tutta la vita.

“Cosa c’entra Dio? Mica siamo stati creati da Dio!”

“Ma sì, Dio, la Natura, quel che vuoi. Intendevo dire che chi ci ha creati così lo ha fatto per una ragione di comodità…”

“Allora poteva farvi anche il seno!” esclamai io, insistendo su un argomento che vedevo scabroso.

“Eh no, quello serve a distinguere gli uomini dalle donne quando gli uomini si fanno crescere i capelli… o quando le donne se li tagliano”, mi rispose lui ridendo, scompigliandomi la zazzera accorciata di recente, trovata una scappatoia con cui vincere l’imbarazzo.

“Tu e Darwin non andreste d’accordo… Ti sfido a scovare un altro organo inutile! Vedrai che non ti viene in mente niente. Solo i capezzoli degli uomini”, mi ostinai io, anche solo per ripetere quella parola mai pronunciata nella nostra famiglia.

“Non lo so tesoro… io ho fatto l’operaio, mica il dottore. Così sui due piedi mi sembra tutto utile… o forse… le dita dei piedi! Ecco magari quelle a pensarci bene non so a cosa servono…”

“Ad avere altre dieci unghie da pitturare”, risposi io, adeguandomi al suo livello di risposte. “E quindi vedi che anche le dita dei piedi servono solo alle donne? Siamo troppo giuste, noi!”

“Oppure le tonsille. Le tonsille te le tolgono e non cambia niente, quindi a che servono?” disse il nonno, glissando per distrazione o per sordità sulla nostra manifesta superiorità. “E pure l’appendicite la tagliano e fa uguale. Basta pensarci e salta fuori un sacco di roba che non sappiamo che farcene! Sarà così anche per i… bottoni degli uomini”, concluse il nonno, che capezzoli stentava ancora a pronunciarlo dopo cinque minuti di aperta discussione.

Con le tonsille e l’appendicite però ci aveva azzeccato, dovevo ammetterlo, ma siccome mi interessavano di più gli organi utili alle donne feci finta di non sentire le sue obbiezioni e portai avanti il mio ragionamento.

“Anche il lobo delle orecchie ha senso solo se ci metti un orecchino”, aggiunsi trionfante all’elenco dopo una riflessione piuttosto lunga. “Però gli orecchini se li mettono pure gli uomini. Ma lo fanno per copiarci, quindi restano un organo da femmine anche i lobi.”

“Vabbè, ma che ragionamenti sono? Se vai avanti di questo passo fra un po’ il polso serve per portare l’orologio!” aggiunse il nonno, che quando si trattava di stare allo scherzo era il numero uno.

“E chi l’ha mai nominato, il polso? Io no. Tu invece dimmi a cosa ti servono i peli sul petto. E quelli sulla schiena? Siete pieni di orpelli inutili, Gran-Pa, ammettilo!”

“Come parli difficile! Cosa sono gli orpetelli?”

Scoppiai a ridere per gli orpetelli, ma il mio obbiettivo ormai era un altro. “E poi anche lì davanti, siete fatti strani”, borbottai, indicando il suo addome.

“E te cosa ne sai di come siamo fatti lì davanti?” chiese lui, sospettoso.

“Nonno, ma cosa credi? A parte che c’è pieno di statue greche nei musei e sono tutti nudi… e poi mica vivo in monastero!”

“Sì, sì però non sta bene parlarne… e comunque, strani o non strani, siamo fatti così.”

“Siete fatti strani! Infatti i miei compagni sono più belli in costume da bagno che nudi…”

“Margherita, quand’è che hai visto nudi i tuoi compagni di scuola?”

“Massì Gran-Pa, in gita… è capitato…”

“E dove siete andati in gita? In un locale per spogliarellisti?”

“Dai nonno, devi modernizzarti anche tu, il medioevo è finito da un pezzo!”

“Margherita, stai attenta…” mi disse il nonno, preoccupato dalla piega che stava prendendo la nostra conversazione. E la mia vita.

Gran-Pa, a che età è giusto…”

“Giusto cosa…?”

“Giusto… giusto!”

“Non lo so Margherita… perché non ne parli con tua madre? Lei ha sicuramente più esperienza…”

“Perché lei ha i capezzoli come me. Io ne voglio parlare con qualcuno che li ha come i miei compagni!”

Il nonno prese un po’ di tempo per pensarci. Esimersi dal rispondere per pudore avrebbe voluto dire abdicare al ruolo di guida che aveva assunto dal divorzio dei miei genitori.

“Non ne ho idea… Ai miei tempi bisognava sposarsi… oggi la vedo difficile aspettare così tanto… ma tu sei troppo piccola!”

“Se ti chiedo dell’università, mi rispondi che sono troppo piccola? No, me ne parli, anche se poi non posso iscrivermi adesso…”

“Cosa vuoi che ti dica dell’università… mica l’ho fatta!”

“Uff! Era un esempio!” sbottai voltandomi di scatto, esasperata.

Ci rimase male per quella mia reazione brusca, il nonno, e restò in silenzio. Lui era seduto al tavolo, io non ero rimasta ferma un secondo: avevo preso un bicchiere, mi ero versata dell’aranciata, l’avevo bevuta in un sorso, mollando il bicchiere su un mobile.

“Cosa ti costa metterlo nel lavandino?” aveva commentato lui per senso del dovere, senza sperare di convincermi. “Tornando al tempo giusto, non ti so dire. Tua nonna ha aspettato me… e chissà se si è trovata contenta… con tua mamma non ne abbiamo mai parlato… trent’anni fa non si parlava di queste cose… di sicuro non ha aspettato di essere sposata… e forse ha fatto male… chi lo sa… io ho sgobbato come un mulo tutta la vita e adesso non ti so rispondere… magari qualcuno che ha studiato sarebbe capace, ma ho i miei dubbi… Tu deciderai a suo tempo, però mi raccomando, cerca di fare giudizio”, concluse il nonno, rassegnato a non potermi essere d’aiuto.

“Va bene Gran-Pa, non preoccuparti, farò giudizio… però ho ancora una domanda”, urlai d’un fiato prima di scappare. “A COSA SERVE IL PREPUZIO?”

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