Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2016 “La mongolfiera” di Vincenzo Liguori

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

«Perché non facciamo un giro in mongolfiera?» disse lei.

«Le mongolfiere non esistono più» risposi io senza aprire gli occhi. Stavo prendendo il sole disteso sull’erba del parco.

«E quella cos’è?» disse lei indicandone una. Aveva ragione. Mi sollevai, misi gli occhiali da sole e guardai anch’io la mongolfiera. In molti misero gli occhiali da sole per guardarla. Un’enorme mongolfiera colorata era proprio a una decina di metri da noi. Era tenuta ferma al suolo con funi annodate a paletti conficcati nel terreno. Un uomo saltò all’interno dell’abitacolo della mongolfiera e aprì la valvola del gas. Il fuoco diventò più forte e diede calore al pallone. Fece rumore. Il calore teneva gonfio il pallone perché riscaldava l’aria al suo interno. È la fisica, pensai.

«Allora, cosa ne dici di andarci a fare un giro?» ripeté lei.

«Perché dovremmo fare un giro su quella cosa?» domandai io.

«Per guardare la città dall’alto» disse lei.

«La città è sempre la stessa, anche se la guardi dall’alto» dissi io. Non mi sembrava per niente una buona idea salire a bordo della mongolfiera per lasciarsi trasportare dal vento chi sa dove.

«Ma tante cose non si vedrebbero da lassù» disse lei.

«Per esempio?» le domandai.

«La cattiveria» rispose.

L’uomo aprì di nuovo la valvola del gas e diede un’altra fiammata all’interno del pallone. Fece rumore. Il pallone si gonfiò.

«Nemmeno qui c’è cattiveria. Guardati intorno» le dissi continuando a osservare la mongolfiera dai miei occhiali da sole.

«Tu non capisci» disse lei pretestuosamente. «Sei troppo attaccato alla materia e al concetto di gravità».

«Adesso cosa c’entrano la materia e la gravità?» le dissi io.

«Pensa alla leggerezza che c’è lassù e lo capirai» disse lei alzando gli occhi al di sopra della mongolfiera che era sempre legata al suolo e controllata a vista da una discreta quantità di persone con gli occhiali da sole. Io non replicai. E per un po’ ce ne stemmo in silenzio, tutti e due, mentre io cercavo di pensare alla leggerezza che c’è lassù.

«Da ragazza sono stata violentata» disse lei improvvisamente e con la stessa rapidità del fuoco che l’uomo sputava dentro il pallone aerostatico.

«Non me l’avevi mai detto» dissi io sorpreso.

«È successo tanti anni fa. Cerco di dimenticarlo» disse lei sforzandosi di dimenticare. Ma si capiva che non ci riusciva. Aveva gli occhi bassi e strappava ciuffetti d’erba dal prato.

«Vuoi parlarne?» domandai cambiando tono della voce ma soprattutto guardando lei che strappava ciuffetti d’erba dal prato.

«No, mi giudicheresti male» disse lei tornando a guardare la mongolfiera mentre io già da prima avevo smesso di guardarla.

«Giudicarti male? Come può venirti in mente una cosa simile?» dissi un po’ risentito.

«Scusa, non mi va di discuterne, adesso» disse lei cambiando espressione e apparendo più risoluta.

Allora infilò una mano nella borsa. Prese un paio di occhiali da sole e un tubetto di crema protettiva. Mise gli occhiali e si spalmò la crema sulle braccia. I suoi piccoli peli si colorarono di bianco. Poi l’uomo della mongolfiera diede ancora calore al pallone che si stava sgonfiando, ma io sentii soltanto il rumore perché non lo guardavo. Guardavo soltanto lei e i suoi piccoli peli bianchi. Il pallone tornò gonfio come prima, suppongo. Lei frugò ancora nella borsa con la mano unta di crema protettiva. Tirò fuori un pacchetto rosso. Dal pacchetto rosso tirò fuori una sigaretta e l’accese. Dalla sigaretta tirò del fumo. Mentre lo disperdeva nell’aria, mi domandò: «Tu credi nell’Aldilà?».

«C’ho creduto, sì, da bambino» le risposi.

«E poi?» insistette lei.

«Poi mio nonno è morto e mia madre è venuta a svegliarmi perché dovevo andare a scuola» le risposi con un po’ d’ironia per cercare di alleggerire la conversazione.

«A volte io credo che sia soltanto una parola» disse lei. «Usiamo le parole per chiamare le cose, che chiamano altre cose e così via» concluse con il fumo che le usciva dalle narici.

«Può darsi» dissi io cercando di seguire il suo ragionamento.

«Eppure, senza le cose non esisterebbero le parole, ci hai mai pensato?» disse con una certa supponenza.

«Non prima di colazione» risposi io.

Poi mi voltai di nuovo a guardare la mongolfiera e pensai che il caldo che cominciavo a sentire dipendesse dalla fiamma che l’uomo continuamente sparava all’interno del pallone aerostatico.

«Hai dell’acqua?» le chiesi. Ma lei rispose che l’aveva usata per bagnarsi i capelli. In fondo alla bottiglia di plastica ce n’era appena un dito, ma la utilizzò per annegarvi la sigaretta.

Per fortuna arrivò una brezza fresca che aveva il profumo del mare, anche se il mare non era da nessuna parte. Forse l’avrà portato la mongolfiera, pensai. Chi sa dov’è stata prima di arrivare qua, mi chiesi. Una folla di curiosi si era avvicinata al pallone e qualcuno faceva domande all’uomo che aveva in mano la valvola del gas. I bambini toccavano, tiravano, ridevano, strillavano, si appendevano alle funi. Erano gli unici che non avevano gli occhiali da sole, anche se la loro pelle aveva vistose strisce bianche di crema protettiva. Per evitare che il tempo passasse inutilmente, mi sforzai di rivedere ancora il mio concetto di gravità e di ripensare alla leggerezza che c’è lassù. Ma mi sentivo lo stomaco pesante e avevo l’alito cattivo. Intanto lei si era stesa accanto a me e con un dito puntato al cielo, seguiva i contorni di una nuvola.

«E se fosse Dio?» disse abbassando la mano all’istante e portandosela alla fronte.

«Di chi parli?» le domandai.

«Della mongolfiera» rispose lei.

«Sarebbe sensazionale» dissi io credendoci un po’.

Ma questo avveniva prima che un improvviso sbuffo di vento scuotesse il pallone. Una fune si staccò e la mongolfiera fece un giro su se stessa. C’era una grande scritta nera sul suo tessuto colorato. Era la réclame di una nota marca di pannolini per bambini.

 

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4 commenti »

  1. Racconto lieve, che lascia in bocca – o meglio nell’animo – un sapore gradevole e indefinibile. Mi è piaciuta l’ironia sottile e il senso di vuoto interiore, così dominante in questi nostri tempi, che conduce a dei dialoghi acrobatici e surreali.

  2. Mi è piaciuto moltissimo sia per la delicatezza e l’efficacia dello stile che per la tematica. Sono rimasta un po’ male per il fatto che sia così breve, sembra un bell’incipit di un romanzo. Complimenti!

  3. E’ un racconto leggero il tuo, che sembra galleggiare nell’aria come la tua mongolfiera, che probabilmente però non volerà mai, ancorata a terra dai protagonisti stessi della storia. Hai presente il quadro di Gustav Klimt ” Il bacio”? Ecco, i tuoi personaggi me lo hanno ricordato: lì c’è un uomo con una veste decorata con dei rettangoli che cerca di baciare una donna con una veste decorata a motivi tondeggianti… Sembrano vicini, ma in realtà la distanza che li separa è enorme… Come i tuoi personaggi, che sembrano parlare addirittura una lingua diversa. Sembrerebbe scontato che un uomo e una donna possano volare insieme, ma da un po’ di tempo in qua la cosa non sembra più così facile… Complimenti e grazie per gli spunti di riflessione.

  4. Lezione di leggerezza. Per me, perfetto, in tutti i sensi. Non c’è neanche una virgola che non mi sia piaciuta.

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