Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2016 “Il maleficio” di Ambra Pellegrini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

Erano settimane ormai che si erano allontanati dal sacro Tempio scavato nella Roccia, nella regione dei Laghi senza Tempo, per affrontare il viaggio di Transizione di Filgor. Una prova dura, resa ancora più difficile dall’avanzare del tempo. Maledicendo la vecchiaia che stava distruggendo i suoi poteri, Waarheid percorreva stancamente quel ripido tratto di strada, che da ore non mostrava loro che sterpaglie e desolazione. Il sole stava scomparendo, se non avessero raggiunto al più presto un rifugio, sarebbero stati costretti a passare la notte all’aperto. Ansimando osservò il suo allievo con una punta di invidia. Filgor avanzava senza mostrare stanchezza o preoccupazione.

– Wirt Waarheid!- gridò fermandosi di colpo ed indicando l’orizzonte – c’è una casa! –

Waarheid ingoiò della saliva inesistente e tossì polvere prima di riuscire a rispondere. Non amava chiedere ospitalità ai signori, ma si rese conto di non aver altra scelta.

– E sia – annuì – chiederemo asilo – si incamminò titubante.

Quando furono più vicini, Filgor provò un’irrazionale paura, tanto da temere che si trattasse di una Dimora Nefasta, come molte ve ne erano da dopo l’apertura dei Confini dei cieli che aveva sconvolto quelle terre. Stava per ritrarsi dal bussare, ma il suo maestro lo incoraggiò, senza mostrare alcun segno di ripensamento o timore. Colpì la porta con forza. Attesero alcuni secondi prima che un’anziana signora si decidesse ad aprire.

– Andatevene, maledetti mendicanti – li freddò burbera.

– Non siamo mendicanti – Waarheid le mostrò il simbolo dei Maestri della Verità, marchiato a fuoco sul palmo della mano destra. La donna sembrò non capire e richiuse la porta borbottando. Filgor abbassò la testa rassegnato ma non fece a tempo a fare alcuna domanda al suo Wirt ché la porta si spalancò mostrando una giovane donna. Stretti ricci ribelli, color mogano, incoronavano un volto dalla pelle diafana mettendo in risalto dei bellissimi occhi verde smeraldo.

– Vi chiedo perdono per l’ignoranza della mia domestica. Il mio nome è Purity e questa è la mia casa, siate i benvenuti – disse con voce affabile.

Filgor la fissò sospettoso e poi si voltò verso Waarheid in cerca di rassicurazioni ma rimase allarmato dalla vacuità che offuscava il suo sguardo. Quando lei li invitò ad entrare, avrebbe voluto opporsi, ma le tenebre stavano avanzando portando con sé i pericoli della notte.

– E’ ora di cena – li fece accomodare su di un comodo divano ed ordinò alla serva, che li osservava

con un misto di rabbia e compassione, di aggiungere due posti a tavola.

– Non dovete disturbarvi, a noi basta un giaciglio. All’alba ci rimetteremo in viaggio. –

– Nessun disturbo. Mangerete e poi dormirete nel letto più comodo della casa. Conosco le vostre nobili origini, il marchio che portate sulla mano me le ha rivelate. –

Waarheid si guardò il palmo come se lo vedesse per la prima volta.

– Il nostro è un ordine che prevede molti sacrifici mia signora, e il marchio a fuoco che lo rappresenta non è che il riassunto delle sofferenze che affrontiamo per imparare a riconoscere le menzogne del mondo esterno – Filgor ascoltava in silenzio, chiedendosi perché stesse dando tutte quella confidenza ad una donna, per di più sconosciuta.

– Immagino quanta sofferenza – gli prese la mano inginocchiandosi ai suoi piedi. La voce aveva un che di soave e magico. Filgor sentì un formicolio e la voglia di lasciarsi andare cullato dal suo suono. Deciso a non cedere, si rialzò in fretta, dirigendosi verso la porta.

– Siediti – gli ordinò Waarheid – Porta rispetto al tuo Maestro e alla nostra ospite.-

Filgor abbassò il capo, suo malgrado. Il codice di vita che gli era stato imposto impediva di disubbidire al proprio Wirt, almeno fin quando questo fosse stato padrone della sua anima, fin quando anche sul suo palmo non fosse stato inciso il marchio.

– Giovane signore – lei fece per toccarlo ma Filgor si ritrasse prima che potesse sfiorarlo – avete

qualcosa contro di me? – lo guardò in modo melenso.

– Non vi può rispondere – tuonò Waarheid – è ancora un Anhanger e gli è proibito parlare con le

donne! –

– Un Anhanger. Un allievo quindi, e come tale ti è proibito anche sfiorare qualsiasi donna –

Rise malevola, accarezzandogli una guancia. Filgor si contorse ma non riuscì a sfuggirle. Domandandosi perché il suo Wirt non stesse intervenendo, si gettò in ginocchio, con le mani incrociate dietro la schiena e il volto rivolto verso il maestro/padrone, in attesa della punizione.

– Lei ha buona conoscenza delle nostre leggi -Waarheid lasciò che la donna gli si sedesse sulle ginocchia.

– Temo che il suo Anhanger debba essere punito – lo fissò con occhi maligni, poi sussurrò qualcosa

nell’orecchio dell’anziano uomo, che annuì.

– La punizione sarà decisa dalla signora di questa casa e tu non potrai sottrarti!-

Filgor alzò lo sguardo implorante sul suo maestro, ormai consapevole che una malia lo stava vincendo, ma non poté fare altro che chinare nuovamente la testa in segno di obbedienza. Così come era stato educato a fare, fino alla fine dei suoi giorni. Doveva concludere quel viaggio e tornare al Tempio per dimostrare di aver superato il rito di passaggio, altrimenti sarebbe stato un reietto per tutta la vita.

La donna gli si avvicinò.

– Mi prenderò il tuo maestro e tu non potrai farci niente – gli sussurrò.

– Come punizione – disse con tono solenne a voce alta – durante la cena resterai qui, prostrato, ed

ascolterai. –

Filgor non capì subito, ma gli fu chiaro cosa intendesse quando udì i rumori e le parole provenienti dall’altra stanza. Non furono tanto gli apprezzamenti sul cibo e il soave profumo che giunsero per primi a tormentarlo e ferirlo profondamente, quanto i gemiti inconfondibili che seguirono. Il suo maestro si era corrotto. Si chiese come avrebbe potuto salvarlo, senza infrangere il codice. Il suo Wirt lo aveva lasciato in balia di quella strega, era a lei che adesso doveva obbedienza. Sfinito cadde addormentato sul pavimento.

Un tiepido raggio di sole attraversava la stanza, senza portare alcun calore. Filgor sentì qualcosa di ruvido e umido che gli sfiorava la guancia. Cercò di scacciarlo con la mano e rimase sorpreso quando un artiglio gli trafisse un dito. L’animale soffiò allontanandosi in fretta.

– Buongiorno – la domestica stava spolverando i mobili svogliatamente. Filgor, ancora assonnato, fu

quasi per risponderle ma poi si morse la lingua.

– Io sono Viola, al servizio di questa casa – si voltò porgendogli la mano. Lui rimase in silenzio a

fissare il pavimento.

– Saggio comportamento – si ricompose – Il tuo Wirt ha dato ordine di tagliarti la lingua, nel caso tu

dovessi nuovamente violare le regole – sentenziò.

La cosa non lo sorprese, sapeva che quella era la punizione per chi infrangeva uno degli Ylin Järjestys, i comandamenti supremi che regolavano l’ordine per gli adepti all’interno del monastero.

– Ma tu potresti sempre ribellarti – l’osservò inespressiva – quello stolto è uscito con la padrona, non

tornerà prima di sera. Vattene. Scappa lontano da qui. Tanto per lui non c’è più speranza – si morse le labbra per non aggiungere altro.

Filgor sentì un brivido percorrergli la schiena. Ascoltò quella voce come gli avevano insegnato gli anni al tempio, e scorse schegge di dolore, rassegnazione e verità, ma anche reticenza. Waarheid era in pericolo, ma c’era di più, qualcosa che lei non aveva il coraggio di dirgli.

– Vieni in cucina – la vecchia si incamminò verso l’uscita. Lui la seguì.

La stanza era piccola ma pulita, un profumo di cibo aleggiava nell’aria. Il suo stomaco brontolò violentemente. Viola lo udì e si fece sfuggire una risata cristallina da fanciulla.

– Siediti – gli indicò una sedia vuota. Filgor si accomodò. Un gatto grigio, dal pelo lungo e gli occhi

giallo oro, gli si strusciò alle gambe.

– Non sfiorarla, ti graffierà – disse versandogli una brodaglia dall’odore poco invitante.

-E’ la gatta della padrona, si chiama Argentea. Si fa toccare soltanto da lei – gli porse un pezzo di

pane secco e un bicchiere d’acqua. Filgor mangiò con un’avidità che non pensava di possedere. Le esercitazioni di Meditazione e digiuno fatte durante quegli anni lo avevano portato ad aver un controllo totale sul proprio stomaco. Ma gli ultimi eventi lo avevano destabilizzato.

Fu soltanto quando ebbe finito tutto che si accorse che la donna lo stava osservando sorridendo.

– Sei un bel ragazzo – gli disse sedendosi di fronte a lui – vorrei poterti aiutare – c’era dolore nella

sua voce.

– Ma non devi fidarti di me – si alzò di scatto – non posso mentirle, ha la mia vita nelle sue mani –

Filgor venne travolto per la prima volta da una visione: davanti a lui, negli abiti di quella vecchia donna, c’era una ragazza di poco più di vent’anni. Un’ombra dagli occhi giallo oro l’avvolgeva soffocandola. Passata la visione si sentì svuotato e confuso. Sapeva che sarebbero arrivate, con la maturità e la coltivazione del Dono, ma non pensava che accadesse prima della sua ordinazione a Maestro. Era forse un segno che le cose stavano andando più veloci del previsto?

Si alzò sorreggendosi al tavolo. La donna si voltò a fissarlo dubbiosa.

– Dove credi di andare? – disse burbera. Lui la guardò cercando di comunicare telepaticamente, ma

non vi riuscì. Spinto dalla visione, aveva sperato in qualcosa di più, ma era ancora presto per poter usare tutte le capacità dei Wirt.

– Vieni con me – gli fece segno di seguirlo – una volta rifocillato, mi hanno ordinato di rinchiuderti

nella stanza sul retro – lo fece entrare in uno sgabuzzino vuoto e senza finestre.

– Puoi sederti in terra – così dicendo uscì abbandonandolo al buio.

Quel posto ricordò a Filgor il luogo dove era cresciuto. I bambini come lui, gli eletti, venivano allontanati dalle loro famiglie e rinchiusi per giorni in un luogo del genere, senza cibo né acqua. Se riuscivano a resistere avevano accesso al Tempio e a tutto ciò che ne conseguiva. Un percorso quasi disumano che però ti portava ad avere un posto nel mondo, per cercare di ricreare la Regolarità del Corso della Vita. Portare ordine nel caos lasciato dal male.

Filgor si sedette a gambe incrociate e cercò di proiettare la sua mente oltre quelle mura. La sua essenza fece resistenza, ma poi qualcosa scattò dentro di lui e riuscì ad astrarsi. Il suo spirito era fuori da quella stanza. Libero di vagare per la casa della sua nemica.

Si aggirò smarrito nel corridoio, l’edificio era più grande di quanto avesse creduto. Entrando in una stanza vide Viola che piangeva seduta ad un tavolo. Ancora una volta il suo volto aveva i lineamenti di una ventenne. Argentea gli si avvicinò annusandolo poi gli soffiò ingobbendosi. I suoi occhi si accesero di una luce maligna e Filgor la vide dissolversi in nebbia mentre gli si avventava al volto.

– Stupida gatta cosa stai facendo – la donna si asciugò gli occhi. Argenta si voltò verso di lei e le si

strusciò alle gambe, avvolgendole di oscurità e facendola urlare dalla paura, implorando perdono. Filgor uscì, temendo di non riuscire a mantenere la concentrazione necessaria per non ritornare ostaggio del suo corpo.

Respirando a fondo si spinse un po’ più avanti nel corridoio. Alla sua destra c’era una porta chiusa a chiave, me quel genere di ostacoli in quel momento non lo preoccupavano. Cercò di entrare e si sentì trattenere da una barriera magica. Stava quasi per arrendersi quando finalmente riuscì a passare.

La stanza era piena di foto che ritraevano la rossa signora in compagnia di uomini di ogni età. Filgor fissò le immagini che presero a mutare davanti ai suoi occhi: in alcuni ritratti Purity sembrava avere molti più anni di quanto dimostrasse in altri, mentre il sorriso degli uomini al suo fianco, sfumava in smorfie di dolore e fiamme ardenti. L’emozione che lo travolse fu tale che venne risucchiato, dolorosamente, nella sua prigione.

Trascorsero alcune ore prima che Filgor riprendesse conoscenza. Quell’esercizio, molto al di sopra delle sue capacità, lo aveva sfinito. Quando aprì gli occhi una figura incombeva su di lui.

– Giovane, indisciplinato Anhanger – lo canzonò – che si diverte ad andare a giro per casa –

ridacchiò accarezzando Argentea, docilmente appollaiata tra le sue braccia.

– Pensavi che non me ne sarei accorta? La mia serva è inaffidabile ma ad Argentea non sfugge

niente –

Filgor rimase immobile, cercando di vincere il terrore che stava per sopraffarlo, impedendogli di pensare.

– Vuoi scoprire i miei segreti? – gli sussurrò appoggiandogli la gatta sul ventre. L’animale

cominciò a fare le fusa muovendo le zampe, come una donna che impasta il pane. Ad ogni tocco le unghie gli si conficcavano nella pelle.

-Argentea ti adora – l’accarezzò – singolare, solitamente odia gli uomini. Io invece li amo, non

potrei vivere senza.- Rise.

Filgor fece per alzarsi, ma il peso di Argentea sembrò schiacciarlo a terra.

– La tua sete di conoscenza è tale che hai sfidato gli ordini del tuo stesso Wirt non osservando i Ylin

Järjestys. Quindi la pena giusta per te è la morte. –

– Tu ci conosci troppo bene – si lasciò sfuggire Filgor, ritenendo che ormai il taglio della lingua

fosse l’ultimo dei suoi problemi.

– Non siete i primi che mi incontrano, lungo il viaggio dell’iniziazione. Vanificare i vostri sforzi da

paladini dell’ordine è una sfida per una portatrice di caos come me. Anche se devo dire che stavolta è stato fin troppo facile. Tra poche ore morirai e lo farai senza conoscere tutta la verità su quello che vi siete trovati di fronte. –

– Non è vero – la sfidò sfuggendo agli unghielli di Argentea – so molto più di quello che credi. Sento

dolore nella tua voce, risentimento e odio. Qualcuno ti ha ferito per portarti ad essere quello che sei.-

– Non saprai mai quanto – lo sfidò.

Filgor chiuse gli occhi. Vide una ragazza, allontanata con la forza dalla madre per mano del padre. I sentimenti erano sgradevoli come una poltiglia appiccicosa, nel suo isolamento forzato, voluto da un uomo geloso che abusava della sua virtù, la giovane si era avvicinata alle arti oscure, votandosi a Dei crudeli avvezzi a sacrifici umani. Purificava l’odio che l’animava, seducendo e bruciando gli uomini che incontrava sulla sua strada, in cambio riceveva giovinezza eterna e sapere.

– Quanti anni avete? – ansimò.

– Non si chiede ad una signora – rimase impassibile.

– So il vostro segreto, i sacrifici e la magia, ma non capisco il ruolo di quel vostro malefico

animale – le visioni non erano chiare.

– Argentea è parte di me. I suoi occhi sono i miei, le sue sette vite sono le mie. Anche grazie a lei,

posso prendere quello che mi serve –

– Viola – disse improvvisamente consapevole del significato di ciò che aveva visto.

– Sì – ammise orgogliosa – con le donne la seduzione non funziona, ci pensano la mia

Argentea e la sua magia, a succhiare la linfa necessaria per mantenermi così come mi vedi. Ma

adesso basta, mi hai tolto la gioia di farti morire senza sapere la verità, dovrò trovare un altro modo per torturarti. Stasera ti taglierò la lingua, per dimostrarti quanto rispetto il tuo ordine. Ma non odiarmi, ti privo di qualcosa di inutile, il tuo Wirt non ti può ascoltare, ormai sente soltanto la mia voce. Tornerò prima di quanto credi e non sentirai la mia mancanza – concluse melliflua uscendo e chiudendo a chiave la porta, lasciandolo di nuovo al buio, mentre un assordante rumore di fusa invadeva la stanza.

Waarheid varcò la piccola porta dopo poche ore.

– Alzati e taci – gli ordinò.

– No – consapevole dell’avvicinarsi della fine, non aveva alcuna intenzione di obbedire.

– Osi ribellarti? – Waarheid alzò la mano destra e gliela impose sulla fronte. La pelle di Filgor bruciò

come il fuoco costringendolo ad un urlo senza voce.

– Il sacro sigillo ti impedirà qualsiasi opposizione –

Spalancò la porta costringendolo ad uscire e gettarsi ai piedi di Purity.

– Cambio di programma. Ho trovato un nuovo modo per giocare con te – cinguettò obbligandolo ad

alzarsi, prendere in braccio Argentea ed incamminarsi verso l’esterno. Filgor percepiva la nebbia grigia che si irradiava dall’animale e la vita che piano piano gli stava risucchiando. In quello stato di parziale stordimento non capì subito cosa fosse l’enorme figura che gli si parò davanti appena uscito dalla porta sul retro, ma quando lo realizzò un pugno di gelo gli strinse il cuore.

– Che il rito inizi – ordinò Purity rivolta verso la sua serva. Viola attrasse verso di sé Waarheid e

cominciò a spogliarlo per poi lavarlo con acqua di rose.

– Vedi?- Purity girò attorno a Filgor. I capelli le ricadevano sul volto nascondendolo.

Filgor non poté fare altro che osservare l’uomo che aveva guidato la sua vita, mentre si lasciava incatenare e trasportare verso la pira, per poi adagiarvisi sopra senza opporsi. Ogni tentativo di intervenire gli procurava un dolore che partiva dal centro del marchio sulla sua fronte e lo paralizzava.

– Questa notte ci accoppieremo tra le fiamme e succhierò tutta la sua sapienza oltre alla sua vita.

Non riuscirai ad impedirlo – rise raccogliendo qualcosa da terra.

– Prendi questa – tolse Argentea dalle braccia di Filgor e gli mise in mano una torcia che accese

pronunciando una formula a voce alta.

– Appiccherai il fuoco e rimarrai ad osservare ogni mia mossa, dopo di che sarai per sempre al mio

servizio, così avrai a disposizione tutto il tempo che vorrai per pentirti delle tue azioni –

Filgor sentì il suo corpo muoversi, incapace di fermalo si lasciò travolgere dall’odio. Doveva assolutamente riprendere il controllo, sapeva di poterlo fare, glielo avevano insegnato fin da piccolo: sopportare e vincere il dolore, in ogni sua forma. A pochi passi dal catafalco sacrificale raccolse le forze ed evocò il suo Dono. Il fuoco che consumava la torcia era meno ardente di quello che lo stava bruciando dall’interno. Un dolore che dilaniava l’anima lo avvolse mentre, a sorpresa, cambiò direzione, dirigendosi verso Purity. Le sue vesti pregiate presero fuoco in un istante. Urlando la donna si precipitò verso le legna in un gesto estremo che illuminò la notte di una luce malvagia. Waarheid stava bruciando. Filgor, sfinito, corse verso il di lui e cercò di liberarlo, ma le catene glielo impedirono. L’uomo lo fissò.

– Fuggi. E’ andata come io ho voluto. Ti ho imposto il marchio perché questa fosse la tua prova

finale. L’hai superata. Il dolore che hai vinto, ti ha reso un Wirt. Torna al Tempio, ti accoglieranno come meriti. – Filgor osservò la mano destra dove era apparso il simbolo.

– Vattene – gli urlò la serva che fino a quel momento si era tenuta lontana dalle fiamme – non l’hai uccisa, tornerà. –

Filgor si guardò attorno e vide due occhi color oro sparire nella notte. Argentea si stava allontanando fondendosi con l’oscurità.

– Devo aiutare il mio maestro. Trovate le chiavi per liberarlo – urlò. Tra il fumo e il bagliore

delle fiamme, si accorse che la donna stava mutando nella ragazza delle sue visioni. Gli occhi di Viola si accesero di una luce nuova. Come se si fosse resa conto soltanto in quell’istante di cosa stesse succedendo, prese a frugare rabbiosamente nelle tasche della propria veste e ne estrasse una chiave.

– Tenete, proverò a lanciarvela – gridò, realizzando di non potersi avvicinare al fuoco senza restarne

vittima. Filgor riuscì a prenderla. Sentiva che la pelle cominciava a squamarsi, mentre una parte delle vesti si stava già riducendo in cenere. Con uno sforzo estremo strappò Waarheid alla sua tomba rovente e scese dalla pira, avvolto dalle fiamme, stringendo tra le braccia il vecchio privo di sensi.

Viola gli corse vicino, usando una coperta per spegnere il fuoco. Filgor si lasciò cadere sfinito.

– Come potete essere ancora vivo? – urlò disperata. Lui la guardò negli occhi.

– Discendo dal popolo dei laghi. La nostra pelle non brucia al contatto con il fuoco, ma proviamo dolore e ci disidratiamo fino a morire se lo tocchiamo troppo a lungo. Ho bisogno di acqua per riprendere le forze. –

– Ve ne porterò, ma poi dovrete lasciare questo luogo. Anche Purity è immune al fuoco, entro pochi

giorni tornerà più forte che mai, non dovete farvi trovare qui. –

– Non è mia intenzione, ma lui non può viaggiare, deve riposare almeno un giorno…-

– Non avete un giorno – lo interruppe alzandosi. La sua immagine gracile, nel riflesso del falò, appariva fiera nella sua ferma determinazione – prendete il carro che troverete nelle stalle. Dirò che mi avete sopraffatta e lo avete rubato.-

– Venite con noi – fece per alzarsi ma le gambe gli cedettero.

– Non posso. Lei mi seguirebbe. – lo aiutò a rimettersi in piedi.

– E’ tale il legame che vi unisce?- si guardò sgomento, rendendosi conto che delle sue vesti era rimasto ben poco.

– E’ un legame che non può essere spezzato. Ella mi ha partorita e adesso pretende da me la restituzione di ciò che mi ha donato. –

– E nonostante ciò voi … – stava per dire qualcosa ma la donna tagliò corto facendogli cenno di tacere.

– Non ho scelta, lei mi percepisce, nessuno mi può nascondere. Vado a prendervi qualcosa per

coprirvi, andate a prendere il carro e poi sparite! Voglia il fato che le nostre strade non si incontrino mai più. –

Filgor assorbì quelle parole, che continuarono ad accompagnare i suoi pensieri anche nei giorni successivi, sulla via del ritorno fino al Tempio. Nel preciso istante in cui lei aveva pronunciato quella frase, lui aveva capito che si sarebbero incontrati di nuovo. Non poteva deludere la sua speranza di poter essere salvata.

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6 commenti »

  1. Bello, veramente bello. Voglio sperare che sia un frammento di una storia più ampia, la leggerei volentieri. Complimenti.

  2. Fantastico fantasy… 🙂 . Complimenti, Ambra.
    E’ un mondo che può espandersi. Come tutti i mondi.
    Quindi, i miei più sinceri auguri! 🙂

  3. Grazie 🙂 è la prima volta che mi cimento con il Fantasy. In effetti c’è una storia già pronta, almeno nella mia testa. Prima o poi riuscirò a scriverla, ma essendo un terreno nuovo per me ogni incoraggiamento ha un valore inestimabile.

  4. Una buonissima prova. Anche se ti consiglio di fare maggiore attenzione all’inserimento del testo, c’erano molte imprecisioni che disturbano la lettura e spezzano la continuità del racconto (trattandosi di un fantasy hanno anche la spiacevole conseguenza di strapparti via a forza dal mondo che stai così faticosamente cercando di delineare).
    Se posso permettermi (visto che sei ‘nuova’ del genere) sul sito Landeincantate recentemente è apparso un ottimo tutorial ‘Come creare un mondo fantasy’ in sette giorni, che potrebbe esseri d’aiuto (io l’ho trovata una lettura molto interessante). Nel frattempo spero tu possa trovare il tempo di dare un’occhiata anche la mio racconto. Così, giusto per uno scambio di opinioni.

  5. Grazie Luigi per il commento e per i consigli.
    Vorrei capire se per “inserimento del testo” intendi gli a capo, gli spazi e il modo in cui sono spezzate le frasi.
    Questo per capire ed evitare il genere di errore.
    Qual’è il titolo del tuo racconto?

  6. Sì, naturalmente mi riferivo alla formattazione del testo. Il titolo del mio racconto è Eghus (sezione racconti per bambini). Mi farebbe molto piacere conoscere il tuo parere. Ciao

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