Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2016 “La biblioteca di Giacomo” di Ambra Pellegrini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2016

27 Luglio 2013

La porta si chiuse con delicatezza. Giacomo attese di sentire i passi di Pietro nel corridoio, poi saltò giù dal letto. Afferrò la valigia e cominciò a riempirla in maniera convulsa. Doveva far presto. Si infilò le scarpe, afferrò il bagaglio ed aprì la porta. Diede una sbirciata per assicurarsi di essere solo e poi si precipitò lungo le scale fino alla Hall dell’albergo. Mentre aspettava il Check Out si sentì sopraffare da un attacco d’ansia: era il crollo della tensione, ne era consapevole, ma era stupido che gli stesse succedendo. “Nessuno sa” si ripeté più volte, ma non riuscì a calmarsi nonostante l’innegabile verità di quella frase. Il ragazzo dietro al Bancone gli consegnò la fattura dicendogli “ arrivederci”. Lui non rispose, fece un sorriso ebete e poi gli chiese un foglio ed una penna, scrisse qualche riga frenetica e consegnò un biglietto per la stanza 21. Il ragazzo sorrise. Giacomo ricambiò poi scappò in fretta in direzione della stazione.

14 Luglio 2013

Giacomo si sentì svuotato. Aveva appena compiuto 40 anni ma sapeva che la sua vita non sarebbe cominciata quel giorno. La ditta creata da suo padre, che per anni aveva dato da vivere più che degnamente alla famiglia Lucignani, aveva chiuso i battenti. Non era rimasto niente, soltanto i debiti, ai quali lui non sapeva far fronte perché non aveva mai avuto questo genere di problemi, o aveva avuto sempre qualcuno che glieli risolvesse. Consapevole che la decisione presa era figlia della disperazione, salì nell’ufficio di Pietro Giordani, rettore in pensione ed autore di innumerevoli libri di testo di letteratura italiana. L’uomo, un settantenne dagli occhi intelligenti e lo sguardo penetrante, lo accolse con freddezza, ma come gli imponeva l’educazione che da sempre lo contraddistingueva lo invitò ad accomodarsi in salotto.

  • Lei sa perché sono qui – disse serio sedendosi su di una poltrona dall’aria consunta.

L’altro fece un cenno con la mano, stancamente si sedette a sua volta.

  • Mi ha telefonato, lei sa chi – disse con un certo timore – e mio malgrado non posso esimermi dal soddisfare le sue richieste. Il gioco è una brutta bestia – lasciò la frase sospesa a metà, restando sul vago, ma Giacomo sapeva bene quanto quel pover’uomo fosse indebitato.

  • Ho delle carte che vorrei farle vedere – estrasse dalla borsa un quaderno ingiallito. Pietro lo guardò dubbioso poi si avvicinò per prenderlo, lo aprì e lo lesse.

Passarono dei minuti interminabili, dopo di che Pietro chiuse il quaderno e guardò il suo ospite con compassione.

  • Lei crede veramente a queste sciocchezze? – sorrise triste.

  • So che la mia famiglia discende dai Lucignani che ospitarono il poeta nel suo breve soggiorno a Pisa tra il 1827 e il 1828 e che tutti i primogeniti si chiamano Giacomo-

  • Suvvia, tutti sanno che Teresa Lucignani fu una musa ispiratrice del Leopardi, il quale le dedicò anche dei versi, e che a Silvia fu scritto in quel periodo – si interruppe pensieroso – non si può negare che tra i due vi fosse intimità. Può averle fatto delle confidenze e posso anche supporre che sia stata lei a ricordargli l’altra Teresa, quella di Recanati. Ma tutto il resto è pura follia!-

Giacomo si alzò, quasi a sostenere la sua idea.

– Ho fatto alcune ricerche. La tesi nel diario di mio nonno può avere delle fondamenta valide. Una sera in vena di particolari rivelazioni, lo scrittore racconta a Teresa di aver amato una ragazza con lo stesso nome, una certa Teresa Fattorini. Le confessa di aver avuto con lei il suo primo rapporto nel dicembre del 1816 –

  • Ma in quel periodo il poeta soffriva tremendamente per tutta una serie di mali – lo interruppe spazientito.

  • Lui stesso afferma che lei lo ha amato nonostante il manifestarsi dei primi seri sintomi della scoliosi e dice anche che da quel loro amore è nato un figlio! – lo zittì.

  • Lei delira!- ribatté non troppo convinto.

  • Rifletta. Il loro è un amore contrastato – sussurrò Giacomo – appartengono a due classi sociali troppo distanti, questo genera malessere all’autore, che alterna gioia per la nuova vita in arrivo e depressione per quella che potrà essere la reazione del padre. –

Il professore annuì silenziosamente.

Accortosi dell’interesse suscitato nello studioso, Giacomo riprese con più enfasi.

– Quando il figlio nasce riescono, con la complicità del fratello di lui, a tenerlo nascosto. E’ un periodo brutto, di cui ha lasciato traccia in alcune lettere scritte e mai inviate alla ragazza, nascoste in una prima stesura di brutta dello Zibaldone del 1817-

  • Questo potrebbe giustificare il presunto disturbo bipolare e la depressione che lo affliggono – Pietro si alzò a sua volta e prese a camminare per la stanza.

  • Non può stare con Teresa e si invaghisce della cugina che però lo rifiuta, e quando il 30 settembre il suo grande amore sparisce nel nulla con il figlio- Giacomo alzò la voce di un tono.

  • No! Teresa muore di tisi!- lo interruppe bruscamente.

  • Secondo quanto raccontato nel diario, Teresa fugge con il figlio per paura che le venga tolto. Ha ormai l’età dello svezzamento e non si alimenta più soltanto di latte materno-

– Sarebbe in preda alla disperazione per quanto accaduto, che Leopardi elabora la sua teoria del piacere, affidandola all’immaginazione – Pietro provò una vertigine.

  • Quante volte ha immaginato la sua vita con Teresa e il figlio – intervenne Giacomo.

  • Che si scontra con la realtà – Pietro si lasciò cadere sulla poltrona.

  • La fuga della ragazza – Giacomo gli si avvicinò.

  • Realizzando che solo l’immaginazione può garantire una felicità che in realtà si scontra con la logica che appartiene agli uomini adulti. L’ignoranza, intesa come ignorare, è un grande dono che porta alla felicità!- concluse il professore.

Due giorni dopo stavano viaggiando in auto verso Recanati.

19 luglio 2013

  • Questo edificio ospita la famiglia Leopardi da molti anni- la guida indicò il grande portone d’ingresso -adesso entreremo. Spegnete i cellulari e niente foto, a tutela della privacy dei discendenti del grande poeta – aprì la porta e fece passare il gruppo di turisti. L’ambiente era luminoso e pieno di quadri. Una grande scalinata centrale, scindendosi in due rampe, conduceva alle due abitazioni del piano superiore. La guida invitò i visitatori a recarsi verso l’ingresso del pian terreno, dove una volta si erano trovate le stanze della servitù, adesso sostituite dall’imponente biblioteca privata creata ed aperta al pubblico per volontà del padre di Giacomo Leopardi.

  • Alla vostra destra potete vedere la vecchia cucina, è ancora identificabile l’antico focolare. Qui, oggi, studiosi di tutto il mondo, possono consultare i libri presenti nella biblioteca.-

Un gruppetto di facce curiose fece capolino dalla porta principale, senza osare entrare.

  • Studiosi seri ed accreditati – borbottò sottovoce Pietro sfogliando con delicatezza un volume, mentre la voce della guida si allontanava continuando la sua cantilena.

  • Qualcosa non va? – Giacomo gli si avvicinò sornione.

  • Lo sapete bene, non fate l’ingenuo. Voi non dovreste essere qui – lo fulminò con lo sguardo.

  • No. Siete voi che non dovreste essere qui. I patti erano diversi. In cambio della cancellazione dei debiti contratti con il mio amico, avreste dovuto procurarmi un lascia passare per casa Leopardi. Non capisco perché abbiate dovuto seguirmi – ridacchiò.

  • Lo sapete bene. Se esiste ciò che cercate non vi permetterò mai di impadronirvene per poi rivenderlo a qualche collezionista. Quelle lettere devono essere consegnate alla famiglia Leopardi!-

Giacomo chiuse il libro con troppa foga e uno degli assistenti della biblioteca lo ammonì con lo sguardo. In quel momento il custode entrò rumorosamente. Come al solito aveva in mano la posta da consegnare al piano superiore.

  • Studiosi, è ora di fare pausa. Riponete i libri e fatevi trovare nell’atrio – l’uomo tornò da dove era venuto. Giacomo ripose il libro e si accodò agli altri per uscire.

Ogni volta che entravano dovevano depositare eventuali giacche o borse presso la guardia all’ingresso e non potevano lasciare la stanza delle consultazioni senza essere accompagnati. Così anche uscire per prendere un caffè diveniva un’operazione complicata.

  • Siete pronti ?- il custode scese la rampa di scale, dopo aver consegnato la posta. Aprì il portone, chiuso a chiave, e come al solito invitò la comitiva ad essere di ritorno entro venti minuti.

  • Mi sembra di essere in carcere – sbuffò Silvia, unica ragazza del gruppo.

  • Forse in collegio – la corresse Giacomo. Lei gli sorrise.

  • Lei non ha l’aspetto dello studioso- disse a bruciapelo. Il cuore di Giacomo perse un battito.

  • Giacomo Lucignani – si presentò.

  • Silvia Fattori – rise- non la trova strana questa coincidenza dei nomi?-

  • In realtà quella Silvia si chiamava Teresa, il poeta scelse questo nome citando la Ninfa protagonista dell’Aminta di Torquato Tasso.- si era preparato qualche nozione, nel caso avessero messo in dubbio la sua qualifica.

  • Lei è un esperto di Leopardi?- lo guardò con ammirazione.

  • Sto scrivendo un libro su di lui- disse pieno di orgoglio.

  • Come hanno fatto in tanti prima di lei- distolse lo sguardo incamminandosi verso il bar Sotto le stelle, nella piazzetta di fronte alla pro-loco.

  • Non come questo – la seguì- il mio aggiungerà delle pagine inedite – disse piano.

Dopo aver preso il caffè, la comitiva rientrò disciplinatamente nell’edificio.

Giacomo e Silvia parlarono ancora un po’, sotto lo sguardo indagatore di Pietro, poi entrambi si decisero a tornare alle proprie ricerche.

Le versioni di brutta dello Zibaldone non erano tutte consultabili, alcune erano ridotte talmente male da non poter essere esposte alla luce. Se le lettere fossero state li, non sarebbe mai riuscito a prenderle. Sospirò e si accinse ad ispezionare il volume prelevato prima della pausa.

Indossò dei guanti bianchi e prese a sfogliare le pagine, sperando che tra di essere si celasse qualcosa. Poi realizzò che se fossero state lì dentro, certo qualcuno le avrebbe viste. Come aveva anche soltanto potuto pensare di essere il primo a leggere quella roba? Si sentì perso, ma poi si obbligò a riflettere. Dovevano pensare ad un posto un po’ meno accessibile delle semplici pagine. E se le avesse incollate sotto una copertina? Era stato tre giorni in mezzo ai libri polverosi e non gli era venuto in mente di controllarle.

  • Stupido – si disse. Pietro lo guardò con aria interrogativa, Giacomo gli sorrise innocente.

Prese a controllare la copertina rigida, palpandola delicatamente. Quando le sue mani incontrarono un lieve increspamento ebbe un sussulto, ma si trattenne consapevole che l’altro non lo aveva perso di vista un istante.

Con aria svogliata si mise a leggere l’opera.

– Puoi aiutarmi con questi libri? Sono troppo pesi- Silvia si avvicinò a Giacomo con in braccio due volumi sconosciuti. Lui, felice di aver una scusa per interrompere la lettura, le sorrise e prese i tomi. Insieme si incamminarono verso lo scaffale centrale. Nel vederli insieme Pietro sperò che Giacomo si dimenticasse la vera ragione della sua presenza in quel luogo, ed interruppe la sorveglianza.

25 Luglio 2013

Pietro e Giacomo si presentarono presso la portineria di Casa Leopardi per la consueta riconsegna degli oggetti personali. Ogni studioso veniva invitato a dimostrare di non aver trafugato appunti o fogli originali appartenenti ai libri antichi, prima di poter lasciare l’edificio.

  • Perché non ci perquisite- bofonchiò scorbutico Giacomo.

  • Secondo me dovreste farci svuotare le tasche- ironizzò a voce alta Pietro, mostrando le fodere delle sue. Le due guardie si scambiarono un’occhiata indecisa, poi uno dei due fece un gesto a Giacomo, che scocciato rovesciò le tasche dei pantaloni, le rimise in ordine, guardò male prima la guardia e poi Pietro, prese la sua borsa e la sua giacca e in fine uscì indispettito. Pietro lo seguì.

  • Perché ti comporti così?- lo aggredì. Pietro si bloccò e lo afferrò per la spalla sinistra.

  • Perché quello che cerchi ha un valore inestimabile e non lo lascerò in mano a degli sciacalli affamati di ricchezza!-

Giacomo si liberò dalla presa e lo fissò negli occhi.

  • Vuoi capirlo che non è una questione di soldi ma di sopravvivenza!-

Pietro fece per ribattere ma non vi riuscì. Giacomo aprì la borsa, ne estrasse una busta di Equitalia e gliela mostrò- Se non pago mi prendono la casa e quel poco che mi è rimasto!- dopo di che se ne andò. La strada per arrivare all’albergo non era molta, e Pietro non si sarebbe certo perso. Giacomo allungò il passo. Aveva bisogno di una doccia, poi sarebbe andato a cena con Silvia, come aveva fatto le sere precedenti. Era necessario ritrovare la lucidità, perché Silvia stava diventando veramente importante.

Pietro si sentì stringere lo stomaco, aveva disprezzato così a lungo quel suo compagno “forzato” d’avventure, e adesso scopriva di provare una pena immensa nei suoi confronti.

Questo però non lo autorizzava a compiere un furto. Non c’erano giustificazioni. Deciso a non abbassare la guardia cercò di schiarirsi le idee passeggiando lungo il belvedere dell’Infinito.

26 Luglio 2013

Quando la mattina successiva Giacomo si recò a casa Leopardi, con il suo piccolo segreto nascosto nei pantaloni, la trovò ad attenderlo sorridente. Pietro osservò entrambi per una buona parte della mattinata. La serata doveva essere andata bene. Giacomo era rientrato di buon umore, e lo era stato per tutta la mattina. Aveva canticchiato e augurato buon giorno a tutti, Pietro compreso, sorridendo alla vita e alla giornata. Non si stupì quindi, e non osò seguirli, quando i due sparirono per una mezz’ora tra gli scaffali della libreria. Riemersero chiacchierando. Giacomo stava ridendo da dietro tre grossi volumi quando improvvisamente la sua faccia si rapprese in una smorfia di dolore. Rendendosene conto Pietro gli corse in contro e fece appena in tempo a recuperare le opere prima che cadessero. Giacomo si contorse, appoggiandosi le mani sotto le reni, trattenendo a stento un grido, poi si sentì mancare il terreno sotto i piedi.

Tutti gli si fecero attorno, perfino il custode appena entrato corse in suo aiuto e sostenendolo per un braccio gli evitò di cadere, accompagnandolo dolcemente a sedere sull’impiantito, accanto alla posta appena ritirata e lasciata cadere.

  • Si sente male?- domandò preoccupato.

  • Ho un dolore tremendo. Temo sia un fortissimo attacco di sciatica, forse peggiorata dal peso dei libri.-

  • E’ tutta colpa mia- Silvia si avvicinò.

  • Non dire sciocchezze- sorrise- ma se vuoi farti perdonare accompagnami in albergo. Una bella dormita mi rimetterà in sesto –

  • Vengo anch’io- Pietro chiuse il libro che stava consultando e lo sorresse per la vita aiutandolo ad alzarsi, mentre il custode raccolse la posta.

Cingendolo, con disinvoltura, gli passò una mano sui pantaloni e sentì qualcosa di sospetto.

  • Cosa hai in tasca?- disse con tono accusatorio. Gli altri lo squadrarono senza comprendere.

  • Niente- cercò di glissare.

  • Svuota le tasche, altrimenti tu di qui non esci!- gli ordinò, mentre gli altri mostravano un certo imbarazzo.

  • Perché vuoi rovinare tutto, maledizione- scosse il capo rassegnato e mise una mano in tasca, estraendone un plico dall’aria consumata. Pietro si sentì mancare.

  • E’ per te- cogliendolo di sorpresa Giacomo lo diede alla ragazza che aveva assistito incuriosita.

  • A Silvia. Di Giacomo Leopardi- lesse lei aprendo la pergamena.

  • Era un pensiero per te, l’ho comprato ieri sera e volevo dartelo a cena, ma poi mi è sembrata una cosa stupida – fece spalluccia.

  • Molto tenero – sorrise lei – adesso però è meglio se ti portiamo in albergo, così potrai riposarti –

Pietro si sentì talmente stupido che non ebbe neppure la forza di replicare.

La mattina successiva Giacomo non si presentò alla biblioteca, e quando Pietro andò a cercarlo trovò soltanto un biglietto lasciato per lui alla reception dell’Hotel:

Scusa! Considera tutti i tuoi debiti cancellati ma non cercarmi mai più, troveresti soltanto guai”. Pietro strappò il biglietto, indispettito.

31 Agosto 2013

Giacomo aveva fatto ritorno alla vecchia casa dei genitori ed aveva controllato la posta ogni giorno, con la foga di un assetato che si getta su di un pozzo colmo d’acqua, rimanendo sempre deluso, fino a quella mattina. La busta era un po’ spiegazzata e lui sperò che il viaggio non l’avesse danneggiata.

  • Equitalia – lesse sospirando poi si fece coraggio e l’aprì. I suoi occhi si illuminarono. 

Il piano aveva funzionato, nonostante lo avesse improvvisato, quando tastando la copertina cartonata si era accorto di questo piccolo rigonfiamento, e ancora non sapeva di cosa si trattasse. La busta se l’era procurata facilmente, la portava sempre dietro per ricordarsi cosa lo avesse spinto in quell’impresa disperata, portarla dentro attaccata ad un gambule dei pantaloni, perché non si sgualcisse, era stato un po’ complicato, più volte aveva temuto che si staccasse. Recuperarla andando in bagno, nasconderla nella cintola per pochi minuti e distrarre Silvia con la ricerca di un libro raro , nel retro della biblioteca per aver il tempo di recuperare e imbustare le lettere, gli aveva procurato qualche scarica di adrenalina, ma il colpo di genio era stato infilare la busta tra i libri e fingere l’attacco di sciatica in concomitanza con l’ingresso del custode. Quell’uomo era puntuale come un orologio ma il fattore incognita era sempre da tenere in considerazione quando si parla di abitudini umane. Se non ci fosse stato lui a portare fuori la busta, tra la posta della famiglia Leopardi, non avrebbe saputo come fare. Pietro non lo mollava un attimo, come se non bastassero i controlli di routine. Chissà che spavento quando avevano visto il mittente, e che sollievo quando si erano accorti che non era loro. Come sperava, i Leopardi avevano riconsegnato il plico alla posta. Con estrema cautela estrasse i fogli. Non li lesse neppure. Se gli esperti ne avessero certificato l’autenticità, qualsiasi informazione contenessero, aveva in mano il tesoro che avrebbe saldato tutti i suoi debiti, ed aveva compiuto il crimine perfetto: nessuno lo avrebbe cercato per il furto di qualcosa che non esisteva.

Loading

3 commenti »

  1. Brava Ambra, ho apprezzato molto anche questo racconto. Possiedi il dono di far entrare il lettore in un mondo e farlo affezionare immediatamente, anche se si tratta di un racconto breve.

  2. Grazie mille, questo è un racconto al quale sono molto affezionata. E’ nato durante durante le vacanze, mentre visitavo la casa di Leopardi. Mi ha spinto a fare ricerche su questo autore che, strano a dirsi, da adolescente amavo molto. Mi sono divertita a scriverlo, a cercare di far coincidere eventi e date e soprattutto a escogitare un modo per fregare tutti… ^_^

  3. Non è strano a dirsi 🙂 , io Leopardi lo adoro tuttora. Ho visitato la casa di Leopardi in gita alle medie (ovvero più o meno nel Mesozoico), ho continuato a scoprirlo a poco a poco negli anni del liceo attraverso le solite piatte antologie e nel periodo universitario mi sono ritrovato ad apprezzarne tutta la profondità, poetica innanzitutto e filosofica.
    Quindi Ambra, non è affatto strano a dirsi. E se strano è, beh: è bello essere strani 🙂 .
    Complimenti per il racconto, apprezzo il tuo modo di scrivere, molto coinvolgente.
    Brava. 🙂

Lascia un commento

Devi essere registrato per lasciare un commento.