Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2015 “Il portiere” di Rossana Jommi

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

Dietro al banco della reception di un hotel tre stelle  un uomo di 59 anni riceveva la clientela ormai da molti anni. Appariva sempre gentile e nessuno avrebbe mai potuto lamentarsi di lui. Una brava persona avrebbero detto di lui tutti quelli che l’avevano incontrato dietro quel banco che lo separava dagli altri, da tutte le persone , le più diverse con cui aveva parlato nelle sue funzioni per dare la chiave di una camera o per le più varie e a volte strane informazioni sulla città che gli venivano chieste. Non si scomponeva mai anche di fronte a personaggi  e a richieste bizzarri.  Era la sua professionalità a prevalere sempre o forse anche un tratto del suo carattere per cui mai si faceva coinvolgere o toccare dagli innumerevoli contatti che il suo ruolo gli imponeva. In fondo nessuno sapeva nulla della sua vita, nessuno lo aveva mai visto o incontrato davvero anche quando gli era capitato di soffermarsi a chiacchierare a lungo con clienti abituali che ormai vedeva da anni. Li aveva ascoltati ma niente di loro aveva mai oltrepassato la corazza di gentilezza con cui si offriva a loro. Aveva in realtà una vita piuttosto nomale: una moglie sposata da molti anni,  un figlio ormai prossimo al matrimonio e anche vari interessi che coltivava insieme a pochi amici.  Le uniche informazioni che qualche affezionato cliente era riuscito a strappare alla sua riservatezza, quando gli rivolgevano domande sulla sua famiglia, erano che sua moglie era una donna molto buona e che entrambi amavano viaggiare anche se lo facevano spesso separatamente per problemi di lavoro. Nessuno dei suoi interlocutori si era dato la briga di cercare di capire un po’ di più della sua vita, tanto asettico era il suo porgere queste notizie su di sé.  Qualcuno più attento avrebbe potuto scorgere qualche contraddizione dietro queste sue parole . La moglie così “buona” sottintendeva forse che lui avesse molte cose da farsi perdonare? O che altro? Poi perché viaggi separati se tutto andava così bene in famiglia? Ma nessuno si era posto queste domande e lui aveva fatto in modo di essere apprezzato  proprio per una esibita rassicurante normalità che è lo specchio  in cui la maggior parte delle persone ama riflettersi . Non che non avesse mai avuto a che fare con individui strani, con situazioni  anche potenzialmente esplosive, ma aveva fatto in modo che tutto tornasse al suo posto, acquietando tutto senza farsi mai penetrare dalle emozioni degli altri.

C’era una piccola stanza a sua disposizione dietro al banco della reception in cui a tratti si rifugiava nei momenti di quiete del lavoro e dove  teneva qualche oggetto personale tra cui foto di viaggi in paesi esotici che facevano intravedere un bisogno di orizzonti diversi, una inconsapevole ricerca di qualcos’altro.

Ma il lavoro gli impediva per lo più di ritirarsi in questo suo piccolissimo spazio personale dove forse avrebbe potuto ascoltare altre voci dentro di sé .

Aveva sempre svolto le funzioni di portiere diurno ma capitò che un giorno il direttore dell’albergo gli chiedesse  eccezionalmente  di sostituire il portiere di notte ammalato . Si sarebbe trattato di un breve periodo  e avrebbe avuto un sovrappiù di stipendio. Dopo un primo momento di perplessità e di leggera inquietudine realizzò che doveva accettare e si organizzò per affrontare il cambiamento temporaneo. In fondo la notte c’è poco lavoro in albergo e avrebbe potuto comunque schiacciare qualche pisolino nella stanza dietro il banco da cui poteva comunque controllare tutto, si consolò. Avrebbe avuto anche il tempo di ripercorre con le foto i ricordi legati ai suoi viaggi che lo avevano sempre portato fuori da quella sua normalità e da una certa noia che non poteva negare di sentire dentro di sé ma su cui non amava riflettere. Qualche viaggio l’avrebbe spazzata via per un po’, si era sempre detto.

La prima notte passò tranquilla e pensò con soddisfazione a quel sovrappiù di stipendio che avrebbe ricevuto . Nessuna richiesta dalle due alle sei e mezzo di mattina. Non era riuscito a prendere sonno nonostante tutto in quella condizione per lui inusuale, ma avrebbe avuto tutto il tempo per recuperare di giorno, si disse.

La seconda notte si avviava ad essere come la precedente ma verso le tre di mattina una donna non più giovane, che evidentemente aveva preso alloggio nell’hotel prima che lui montasse di servizio, uscì dall’ascensore e con aria insieme agitata e affranta gli chiese una sigaretta. “ Sa avevo smesso di fumare – gli disse – ma questa notte non posso farne a meno” .

“Mi dispiace ma non fumo”- le rispose sorpreso, pronto a liquidare così la cliente, ma qualcosa lo trattenne. -“Però forse c’è il pacchetto del mio collega qua, aspetti, vado a vedere” – Le disse e si allontanò per un momento tornando con una sigaretta e un accendino che offrì alla sconosciuta.

“Grazie, grazie tante” – lei rispose  come vergognandosi e si diresse a fumare appena fuori dalla porta dell’hotel dove il fumo era rigorosamente vietato. Lui la poteva intravedere dalla porta a vetri fumare nervosamente e qualcosa lo incuriosì di lei rompendo la sua abituale indifferenza. Quando la donna rientrò si spinse a chiederle: “ tutto bene?”- Inaspettatamente la donna scoppiò in un pianto convulso che le scuoteva le spalle e il petto. Con un istinto che non si conosceva le fu vicino in un attimo e la abbracciò nel tentativo di contenere e consolare in qualche modo il dolore che l’aveva raggiunto dentro in qualche sconosciuta parte di sé. Si sedettero sul divano accanto alla reception, la donna gli si abbandonò singhiozzante tra le braccia e lui provò una tenerezza che gli era stata fino ad allora estranea . Non sapeva nulla di lei eppure il suo dolore l’aveva toccato intimamente senza che lui se ne difendesse.  Si abbandonarono entrambi a quell’abbraccio , le spalle della donna si rilassarono aderendo al corpo di lui e il pianto lentamente si acquietò. Lui le carezzò i capelli scomposti e il viso di lei si distese grato di quella tenerezza inaspettata. Si strinsero l’un l’altro oltre il tempo del pianto, lui prese a baciarle il viso con dolcezza e con ancora più dolcezza lei gli carezzò il corpo, il petto, le braccia e si strinse a lui nuovamente e poi lo baciò , lo baciò ripetutamente, infinitamente su quel petto che l’aveva accolta, sul viso, sulle mani, sulle braccia . Lo inondava di una dolcezza infinita che lo meravigliava e lo toccava tanto che non poteva staccarsi da lei.  Non dimenticavano di essere in una hall di un hotel dove da un momento all’altro qualcuno poteva  apparire ma non se ne preoccupavano affatto.  Nessun pudore li sfiorava,  e questo sorprendeva entrambi ; che ne era del loro usuale ritegno? Quale pazzia li aveva presi? Una pazzia dolce, forse infantile, che sentivano buona,  un lasciarsi andare   a qualcosa che li consolava entrambi  chissà da che e che spazzava via di un colpo tutte le resistenze,  tutti i confini formali , la realtà attorno a sé. Alla lunga la tenerezza sfociò nel desiderio  e si diedero interamente, dolcemente, lentamente, l’uno all’altra come se si fossero attesi da tutta la vita,  rifugiandosi nella piccola stanza dietro la reception. Si donarono un piacere intenso e tenero insieme e tutto fluiva così naturale ,  senza pudore anche nelle parole che si sussurravano accompagnando e amplificando i loro gesti d’amore. Era tutto così buono!

Forse il dolore così esposto di lei  aveva fatto rivivere una parte di lui dimenticata  nel tempo?

Qualcosa dentro dovevano avere in comune per essersi incontrati così repentinamente, anche se non lo sapevano. Lei così apertamente vulnerabile e forse più consapevole di sé, lui così programmaticamente distaccato, normale, quasi asettico nella sua gentilezza formale.

L’alba li separò. Lui diede il cambio al portiere di giorno e lei si ritirò in camera a recuperare un po’ di sonno.

Quando riprese servizio la sera successiva a tutti apparve come al solito, calmo, gentile, riservato come se nulla fosse successo di diverso nella sua vita abitudinaria. Il passaggio di consegne col collega di giorno avvenne come nei giorni precedenti: qualche informazione di servizio riguardante la sveglia da dare ad alcuni clienti, poi si salutarono come al solito augurandosi la buona notte.  Nulla sembrava essere successo neppure dentro di lui dopo l’incontro inusuale della notte precedente. Non pareva chiedersi se lei fosse ancora lì e quando lei gli comparve davanti alle due di notte non apparve sorpreso né diverso rispetto alla sua solita imperturbabilità. Aveva liquidato da poco l’ultimo cliente con cui aveva scambiato qualche formale saluto nel consegnargli la chiave della camera e neppure aveva rivolto uno sguardo verso di lei . Se non fosse stato per l’iniziativa di lei non avrebbe fatto nulla, non avrebbe mai fatto il primo passo nella sua direzione ed era sorprendente per lei come potesse starsene così distante dopo quanto successo la notte precedente. Lei gli allungò la mano con intensità e lui allora la prese con calore e accettò il suo abbraccio. Si tennero di nuovo stretti l’uno all’altra ma qualcosa, come una minaccia si era insinuata dentro di lei per il suo comportamento passivo che la faceva sentire troppo esposta. In fondo, aveva pensato, era piuttosto vigliacco il suo modo di fare ma poi nel suo rispondere e contraccambiare il suo abbraccio lui era come lei, abbandonato totalmente e anche lei si lasciava andare a un evento che sembravano non poter controllare.

Il piccolo risentimento di lei si sciolse  in quell’abbraccio che pareva entrambi desiderassero ritrovare e la sua dolcezza lo inondò ancora una volta piacevolmente.

Sapevano entrambi che ciò che stava loro accadendo sarebbe stato una parentesi nella loro vita e non si erano neppure preoccupati di avere notizie l’uno della vita dell’altro più di tanto;  queste non avrebbero aggiunto nulla, anzi li avrebbero solo distolti da quella conoscenza  che era passata senza filtri nel loro strano incontro.

Ogni tanto si staccavano l’uno dall’altro come per una pausa che li facesse ritrovare, forse tutto sarebbe sparito ad un tratto come ad un tratto tutto era avvenuto, ma poi di nuovo si ritrovavano ed era di nuovo tutto vero.

Il mattino li svegliava da quel loro sogno e si separavano. Lei se lo portava con sé, lo sentiva sulla propria pelle anche dopo che si erano lasciati e continuava a coltivare quelle buone sensazioni anche quando era da sola, non poteva sapere se lo stesso era per lui che in questo risultava impenetrabile. Perché aspettava sempre l’iniziativa di lei per uscire dalla sua affabilità usuale con la quale trattava indistintamente tutti ?  Lei se lo chiedeva e si chiedeva anche se lui non fosse un habitué di storie clandestine extraconiugali ma poi quello che succedeva tra loro era così buono e le faceva così bene che allontanava da sé questi sospetti.

La dimenticava ogni volta?- si chiedeva cercando di capirlo. L’avrebbe staccata da sé d’un tratto come sempre le era avvenuto nella sua vita ? Glielo chiese la notte successiva ma non ebbe risposta. Le parole in quei momenti li separavano mentre i loro corpi  dicevano altro, si amarono ancora una volta con tutta la dolcezza di cui lei lo copriva e lui sembrava accogliere dopo la solita inziale apparente indifferenza che continuava a ferirla nonostante tutto ma che non la frenava dal gettarsi tra le sue braccia; ogni volta qualcosa di più avveniva tra loro, compivano un passo avanti rispetto all’incontro precedente, e il loro discorso cresceva e fluiva naturalmente e si nutrivano l’uno dell’altro. Lei provava una  sete di darsi a lui, un bisogno di offerta di sé che lui accettava e lo accendeva di desiderio per lei. In questo c’era qualcosa di impari tra loro e sempre di più lei si rendeva conto di rischiare troppo. Lui beveva la sua dolcezza ma forse senza essere in grado di riconoscerla e di riconoscere in sé davvero fino in fondo il proprio bisogno di riceverla, la propria sete di vita che prendeva da lei, senza  davvero sapere i vuoti da cui quella sete era sgorgata improvvisamente nell’incontro  con la scoperta vulnerabilità di lei.

Non avrebbero potuto dire cosa li aveva spinti così intensamente l’uno verso l’altra . Lei, più abituata a riflettere, sapeva di sé, conosceva i propri bisogni insoddisfatti, i propri vuoti. Non si sarebbe gettata tra le braccia di chiunque. Qualcosa di entrambi doveva essere entrato in contatto pur nelle loro oggettiva estraneità. Ma cosa di lui non lo sapeva, lo aveva  intuito forse grazie alla sua esasperata sensibilità ma senza poterlo davvero conoscere. Lui lo sapeva? Pensava di no e questo lei sapeva dalle proprie esperienze, la metteva in pericolo. Lui l’avrebbe cancellata con un colpo di spugna,  avrebbe d’un colpo staccato l’interruttore oscurando insieme a lei le parti di sé che l’incontro con lei aveva risvegliato? –  si chiedeva . Era molto probabile data quella certa inconsapevolezza di sé che lei aveva visto in lui. Eppure non aveva potuto fermarsi .

Passarono così la settimana che lo vedeva nel ruolo di portiere di notte e che sarebbe anche stato il tempo in cui lei sarebbe rimasta nella città. Si concedevano l’un l’altro sempre più senza pudore alcuno come se fossero stati gli ultimi giorni della loro vita. Nessuno sapeva di loro e del loro incontro.

Quando lei partì una mattina dopo l’ultima notte passata insieme, lui non c’era più alla reception. Prima di lasciarsi lui le aveva chiesto di scambiarsi il proprio numero di telefono. “Non prendo il tuo numero” – lei gli disse. “ Ti do il mio, se vuoi chiamami tu”. Lei provava un dolore insopportabile dentro di sé che non voleva più mostragli per orgoglio o per non spaventarlo e non sciupare la bellezza e la bontà di quanto era successo tra loro. Avrebbe voluto conservarla dentro di sé nonostante la lacerazione che sentiva dentro nel separarsi da lui che appariva invece  tranquillo. Evidentemente non provava la sua stessa pena.  Ma questo in fondo lei  l’aveva sempre saputo, era sempre stato così nella sua vita, lei viveva tutto più intensamente, sentiva tutto come fosse senza una pelle che facesse da filtro protettivo tra sé e il resto del mondo, percepiva  anche quello che gli altri non percepivano di se stessi e che dimenticavano di sé insieme a lei .  Il suo dolore  era il prezzo che era destinata a pagare a vita per questo e lei era così stanca di farlo!

Lui non la cercò, come suo solito. Se ne tornò alla sua reception, amabile con i clienti e apprezzato per questo, privo del coraggio di riconoscere e trattenere dentro di sé la vita che aveva assaporato tra le braccia di lei. Tutto era tornato normale.

Lei aspettò per un certo tempo di sentire la sua voce.  Il dolore la piegava in due . Era successo sempre così nella sua vita. Gli uomini che aveva amato le avevano succhiato i suoi colori, la sua vitalità, la sua libertà ma poi avevano preferito tornare nel grigiore della loro vita abituale senza guardarsi indietro a riflettere un attimo sul senso di quanto avevano vissuto con lei, non potevano aprire neppure un piccolo varco da cui riosservare la propria esistenza.

Continuò a sperare che questa volta almeno nel ricordo lei sarebbe rimasta viva in lui ma i giorni passavano silenti e penosi, duri come ora sentiva essere ritornato il cuore di lui, o forse lo era sempre stato e lei gli aveva prestato per un po’ una dolcezza e una libertà che lui non possedeva.

I giorni del dolore l’avevano piegata. Non era uscita di casa per molto tempo, non ce la faceva. Poi una mattina si prese su e si diresse al fiume che scorreva vicino alla sua abitazione. Si sedette sull’argine mentre un pallido sole invernale le illuminava il viso divenuto più affilato. Guardava l’acqua scorrere davanti a lei. Lei era stata anche acqua in cui lui si era immerso dolcemente, era stata il seno che lo nutriva. Ricordò la dolcezza di cui l’aveva rivestito e  lacrime silenti le colarono lungo il viso. Non era questo un dono di vita da cogliere, prezioso? Non era questo davvero essere vivi con tutte le cellule del proprio essere? Non era questo, essere vivi da vivi, il senso della propria esistenza nel mondo?

Lui non ce l’aveva fatta, neppure lui. Non aveva il suo coraggio. Lei era capace di vivere pienamente. Lui non possedeva la sua forza e la sua libertà.

 

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9 commenti »

  1. Un racconto intimista che ci narra uno spicchio di vita che si cela ogni nostra esistenza. La realtà dietro la maschera. La verità di quell’angolo oscuro che ognuno di noi ha. E’ difficile parlare di sentimenti attraverso pochi attimi di azioni. Mi è piaciuto!

  2. Intenso. Vivo. Emozionante. D’altronde ci sarebbe da chiedersi che cosa ci siamo a fare qui.. se non per queste parentesi di colori che ci attraversano le vene e che ci ricordano di essere VIVI e non solo passivamente abituati alla vita. E che senso ha leggere un racconto, guardare un film, andare a teatro se non per vivere veramente ed visceralmente qualcosa? Non leggiamo un bel libro solo perchè ci piace come l’autore utilizza le parole , non compriamo il biglietto per uno spettacolo teatrale perchè l’attore è tecnicamente preparato ed ha una buona dizione.. è che cerchiamo continuamente di trovare quei colori che nella vita reale ci sfuggono, che ci sembrano sbiaditi, appannati, tenui. Allora complimenti a chi, seppur soffrendo, ha la capacità ed il coraggio di non cercarli fuori di sè ma di viverseli dentro. Brava.

  3. Mi ha un po’ spiazzato il passaggio dal punto di vista di “lui” a quello di “lei”. Alla fine, mi sono reso conto di non sapere nulla di entrambi, tranne che sono due anime perse. E che si sono attratte e respinte allo stesso tempo. E che non poteva essere altrimenti.
    Molto particolare, brava.

  4. La figura maschile di questo racconto è morbosamente attaccata al proprio ruolo di portiere discreto e gentile. Uno disposto per il lavoro anche a sacrificare la propria vita coniugale, tanto che la moglie fa dei viaggi esotici in momenti diversi rispetto a qundo ci va lui. Il tutto dovuto ad esigenze lavorative. Poi l’incontro casuale e intensissimo fra il portiere e la cliente dell’albergo, viene descritto mostrandoci le tante emozioni che entrano in gioco fra i due protagonisti. Lei avrebbe avuto la forza di proseguire questa relazione, ma lui si dimostra poco più di un vigliacco opportunista, troppo abbarbicato nel proprio ruolo di portiere gentile e silenzioso, nonché impegnato a far credere di essere felicemente sposato con una donna pure lei innamorata dei viaggi.

  5. Sono rimasta colpita da questo bel racconto dai toni intensi e passionali per aver messo in luce come le donne forse un po’ depresse e fragili incontrino spesso uomini la cui energia vitale “come energia d’amore” si contrae, si congela non riuscendo a vivere le emozioni fino in fondo….cioè in pratica la vita vera, utilizzando la doppia maschera: la prima che rappresenta la maschera sociale, la seconda quella che rivela l’individuo nella sua profonda essenza attraverso un continuo di riaffioramenti e svelamenti di un’identità sepolta.Bello spunto per un viaggio dentro di noi. Brava Rossana complimenti!!!!!
    Paola Campobasso

  6. Vite parallele che si incontrano per sparuti attimi. Lei provata, consumata dalla vita ma ancora desiderosa di viverla a pieno e con tutti i suoi colori. Lui intorpidito nella propria esistenza fatta di abitudini e rassicuranti gesti quotidiani, nutriti dalla stima di chi lo circonda per una questione di dovere quasi. Lui non rischia nulla. Lei tutto. Lui prende. Lei dà. Si tratta si ruoli compatibili per quegli istanti ma troppo lontani nella normalità delle cose.
    Ho sempre ammirato più chi sa dare che prendere, chi sa soffrire per poi diventare libero. Chi sa saltare nel vuoto anche se non conviene ma perché “se la sente”. Questa donna è un eroe moderno dei sentimenti ed è descritta magistralmente. Complimenti.

  7. Una prosa elegante e leggera. Mi ha colpito soprattutto la grande capacita’ di raccontare il mondo interiore dei personaggi, tanto dettagliato e profondo da renderli quasi vivi di fronte a noi durante la lettura. Non sappiamo i loro nomi, ma non importa. I nomi di questi personaggi potrebbero essere quelli di molti di noi che leggiamo, perche’ si raccontano dinamiche psichico/emotive tanto specifiche quanto universali.

  8. Istintivamente, quando leggo un libro o qualcosa che attira la mia attenzione prendo una matita e ne sottolineo delle parti.
    Frasi o anche solo parole che sento vicine a me. Un po’ come quando si sta conoscendo una persona e le si fanno delle domande per saperne di più.
    Leggendo il tuo racconto ho avuto in alcuni punti questo stimolo. Avrei avuto voglia di sottolineare lo schermo del cellulare.
    Ho ritrovato delle profondità che mi attraversano.

    Tempo fa scrissi di una goccia contrapposta ad un fiume.
    La goccia, lenta, scendeva giù per la schiena.. attenta a scivolare in ogni solco della pelle..bagnandolo.
    Il fiume, invece, non riusciva a bagnare le sue rive intento com’è a scorrer via veloce.
    La differenza è li. Così sottile ma così vera.
    E la protagonista di questo racconto è una goccia.
    Buffo e doloroso pensare come un fiume sia così diverso da essa quando per esistere si compone di tante piccole gocce.
    Brava!! Ti abbraccio.

  9. Che meraviglia. Questo racconto possiede una qualita’ rarissima, non solo negli scritti, ma anche nelle persone: l’autenticita’. Sono personaggi veri, vivi, e perfetti nella loro esistenza a volte semplice a volte indescrivibilmente complicata. Noi siamo il portiere, siamo la donna, e questo racconto ci permette di vedere alcune nostre caratteristiche dall’esterno, con uno sguardo pietoso, non giudicante. Uno sguardo che spesso ci manca nella vita di tutti i giorni e che tu, anche se solo per qualche momento, ci hai donato. 🙂 grazie!

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