Racconti nella Rete®

23° Premio letterario Racconti nella Rete 2023/2024

Premio Racconti nella Rete 2015 “Effetti della luna piena sui gatti lasciati liberi” di Sergio Sessini

Categoria: Premio Racconti nella Rete 2015

6 Novembre, luna piena.

Tornavo a casa a piedi dal lavoro, piano piano, fiutando l’aria salmastra di San Pedro. Mi sono ricordato del frigo vuoto, dell’appartamento in disordine, di Maria che di sicuro neanche oggi ha lasciato un messaggio. Decido di fermarmi da Miguel per un paio di tacos ai gamberi e una birra. Magari due.

Una serata di novembre, calda. Da queste parti l’inverno non arriva. Un muro di foschia smorza le luci del porto. Nonostante gli sforzi per abbellirlo con fontane, i cento inutili metri di viale ornato di palme che nessuno sceglie per passeggiare coi bambini, il porto industriale di Los Angeles rimane lo scantinato sporco della città, un garbuglio infinito di ferro, ruggine e nafta contro il blu intenso della notte.

Siedo fuori. Gru gigantesche riempiono navi di container regolari e colorati come pezzi di Lego. Non mi dispiace avere davanti la loro danza lenta e ripetuta. Guardo l’orologio, le nove. La cucina chiuderà tra poco. Odore di sgombri alla brace, risate da un tavolo distante. Miguel ha messo su la musica semplice e sgangherata che piace solo a lui. Viene fuori a portarmi la birra e un cestino di tortilla chips che lui chiama orgogliosamente totópos come usa dalle sue parti. Non metterci tutto quell’aglio, stavolta. Ride. E chi devi vedere stasera, dice quasi tra sé, rientrando.

Non faccio in tempo a prendere un sorso che un rumore si scatena alle mie spalle. Due gatti: irti, aggrovigliati, feroci. Mi alzo. Il più grosso è riuscito ad afferrare l’altro per il collo, da dietro, la mascella lo serra, sotto la luce acida del lampione si intravede una riga di sangue scuro.

Batto le mani, niente. Dò un calcio al bidone della spazzatura, il fragore li separa. Quello grosso corre via, l’altro è rimasto a terra. Lo prendo in braccio, è vivo. Si lascia toccare, mi guarda con occhi spaventati.

Non sembra grave. Lo palpo dalla testa ai piedi per vedere se ci sono altri problemi oltre al morso. Rimane rilassato, non c’è altro. Miguel, disinfettante ne hai? Viene fuori con un flacone di plastica, una garza e un cuscino. Mi aiuta a sistemare il gatto sulla sedia accanto alla mia, ben adagiato sul cuscino dove c’è l’immagine di una ragazza in shorts, con la camicia annodata alla vita, una bocca imbronciata, rossa e gonfia da cui esce la scritta Ay Mamita!

Lo guardo bene. Un gatto nero con i calzini bianchi. Continuo a parlargli per tenerlo quieto. Io ti conosco. Ti vedo spesso. Sei sempre nel giardino di casa mia, vieni a corteggiare la gatta dei vicini. Quella non è per te, dà retta. L’ho vista in giro con certi tipi. Mi metto a pulire bene la ferita. Non è profonda. Ha un fremito, geme, ma resta e si lascia maneggiare.

Miguel si siede accanto a me. Ha portato un cerotto per fermare la garza. Questo è il gatto di qualche signora ricca, dice, indicando con un’alzata di fronte le colline oltre San Pedro. Li sento dall’odore. Guarda il nastrino rosa con il campanello.

Lo esamino. Non è rosa, è fucsia. E non è un campanello, è una specie di capsula.

La svito, si apre in due. Dentro non c’è niente. Mi domando a che serve. I San Bernardo nelle barzellette portano Brandy, ma lui? Pillole per dormire? Diamanti? Exstasy? Dipende dal padrone.

La ragazza salvadoreña porta i tacos. È una nuova, giovane. Mi pare si chiami Asuncion. Miguel la guarda compiaciuto mentre rientra, mi fa una faccia come a chiedermi che ne dici? Vuole che pensi che stiano insieme. Io non penso niente. Si alza e la segue dentro il locale, sono arrivati altri clienti.

Afferro un taco. Il gatto, senza alzare la testa, comincia a contrarre il naso annusando.

Tieni, vediamo se hai fame. Gli avvicino al muso il gambero più grosso. Lo annusa di nuovo. Alza a fatica la testa, lo lecca. Non lo tocca. Bè, se lo vuoi è qui. Glielo metto accanto, su un tovagliolo. Può ingoiarlo senza spostarsi. Ma non è affamato. La teoria della signora ricca regge.

Mi frugo nelle tasche, trovo una penna e dei post-it. Verdi. Andranno bene. Provo a scrivere con la mia migliore calligrafia.

___

Litigo spesso con un gatto grigio, giù a San Pedro. Per fortuna da queste parti mi conoscono, l’hanno cacciato e mi hanno disinfettato ben bene. Puoi portarmi dal veterinario se vuoi, ma penso proprio sia tutto a posto.

___

Piego il post-it e lo inserisco nella capsula del gatto in modo che ne spunti un pezzo. Lo vedrà per forza, penso.

 

22 Novembre, luna nuova.

Sono inginocchiato in giardino e fisso la rete metallica che protegge i bidoni della spazzatura, sollevata e arricciata come il coperchio di una scatoletta di tonno. Maledetti procioni. La piegano, si intrufolano nel bidone e buttano tutto in giro. La gente legge il cartello “IN VENDITA”, entra, vede questa schifezza di spazzatura sparsa dappertutto e pensa che io sia un maiale. Nessuno comprerà mai, di questo passo.

A un certo punto vedo sul marciapiede il gatto nero con i calzini bianchi.

Tch, Tch, provo a fargli. Pss, Pss, come chiamava i gatti mio padre quando ero bambino.

Non si avvicina. Entro in cucina e ne torno con una fettina di pancetta su un vassoio di carta. Lo appoggio a terra e continuo a esaminare la protezione metallica. Lentissimo, titubante, con maestose soste e deviazioni, si accosta. Ancora una volta annusa il cibo ma non lo tocca, però finisce per lasciarsi accarezzare. Mentre gli gratto le orecchie, vedo che la ferita si è ben rimarginata. Soltanto dopo, noto che un angolo di foglietto spunta dalla capsula che tiene al collo. Bianco. Non è il mio.

Svito la capsula. Un foglio di una carta ambrata, sottile, quasi trasparente, con una sola parola delicatamente tracciata a mano: Grazie.

Continuo a grattare il gatto, mentre esamino il biglietto. Solo una donna può aver scritto un messaggio così squisito. Mi sento un uomo buono.

Aspetta qua, gli faccio. Vado dentro a prendere la penna e uno dei miei post-it verdi.

A volte le padrone dei gatti sono giovani e belle, mi sorprendo a pensare. Poi mi viene in mente Maria, e mi sento un traditore anche se non siamo più insieme, per un solo pensiero verso una che probabilmente ha ottant’anni ed è curva come un amo da pesca.

Scrivo nella grafia che mi sembra più elegante, e già scuoto la testa alle mie stesse azioni e mi sento scemo:

___

Ho imparato che tutti abbiamo qualcuno che al momento giusto ci tira fuori dai guai.

___

Appena riavvito la capsula il gatto, come a un segnale convenuto, si allontana.

Non ti ho dato un nome. Facciamo che ti chiami Hermes.

 

6 Dicembre, luna piena.

Anche stasera sono passato a cenare da Miguel. Ormai non cucino più. Ieri Maria mi ha lasciato un messaggio. Breve, chiaro: Lasciami in pace, stronzo.

Ho preso gamberoni grigliati, ci ha messo su una montagna di aglio. Birra? Mi ha chiesto quando sono entrato. No, fammi un Margarita, gli ho detto. I Margaritas sono un’invenzione dei Gringos, mi fa. Sono per i fighetti. Noi la tequila la beviamo pura. Anzi, noi preferiamo questo. E mi ha allungato uno shot molto generoso di un liquido giallo oro. Questo è Mezcal, mi fa. Mandalo giù d’un fiato. Poi te ne do’ un altro da sorseggiare.

Faccio come mi dice, già mi gira la testa. Per un momento le luci del porto oscillano pericolosamente. Addento un gambero per zavorrare lo stomaco.

Io non sono un Gringo, sono italiano, provo a replicare, e già la voce non obbedisce come vorrei.

Ride ancora. Ultimamente ride molto. Scopre la sua dentatura nuova, perfetta, uniforme, bianchissima, rifatta da un dentista di Tijuana per meno di cinquemila dollari.

Stessa cosa, mi fa. E poi: Ma quello non è il tuo amico?

Hermes! Faccio con entusiasmo, e capisco che alzarmi è stato un errore.

Mi avvicino e subito vedo che ha quello che speravo. Un piccolo triangolo bianco gli spunta dalla capsula nel collare.

Vorrei che Miguel non fosse lì a guardarmi, ma non se ne va, e io non resisto. Mi inginocchio, svito la capsula, la richiudo e il gatto se ne corre via. Non potrò rispondere, stavolta. Quel bastardo di Miguel, invece, non mi molla con gli occhi. Mi faccio forza, metto il foglietto ancora piegato in tasca. Lo leggerò dopo. Miguel mi versa un altro Mezcal poi torna dentro il locale, rassegnato.

Lascio due pezzi da venti sotto il piatto non terminato e mi incammino un po’ incerto. Svoltato l’angolo, mi appoggio a un tronco di palma e apro il biglietto:

___

C’è qualcosa nei gatti lasciati liberi che risente la luna piena. Impazziscono, litigano, a volte si uccidono tra di loro. Da dormiglioni viziati si trasformano in idioti in cerca di guai.

È sempre successo anche a me. Non so se amo i gatti perché sono fatta così, o se sono diventata così a forza di amare i gatti. Fatto sta che sono come loro. La luna piena è il traboccare del vaso, ciò che rimaneva sopportabile non lo è più. E questa luna piena è stata il traboccare di una serie di lune in cui ero riuscita, non so come, a stringere i denti.

Ho riempito la sua ciotola di cibo e acqua in modo che ne avesse per giorni. Così sono sicura che quando uscirà, io me ne sarò già andata. Mi dispiace darti questo fastidio, ma dopo aver riflettuto, la persona che più mi è vicina sei proprio tu, che non conosco.

Ho imparato che non tutti abbiamo qualcuno che al momento giusto ci tira fuori dai guai. E che è meglio così.

___

Ho pensato a uno scherzo. Ho cercato nei giornali, non ho trovato niente di certo. La settimana scorsa è morta suicida a Palos Verdes una Dolores Harrison, anni 34, divorziata. Ho visto una foto sgranata su Facebook: una ragazza distratta, sigaretta in mano, due amici dall’aria ottusa, sbronzi, che la abbracciano.

Ogni mattina, ogni sera, mi faccio un giro intorno a casa mia e per le vie del porto. La domenica adagio ciotole di carne profumata e crocchette sul muricciolo del mio giardino, che ora ha grate ben rinforzate. Mai che l’abbia vista una volta, quella bestia dannata.

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52 commenti »

  1. Molto suggestivo. Sembra di stare lì, a bere tequila e gustare tacos, muovendosi con lentezza in un’estate che non passa, densa e odorosa.
    Bellissima la trovata del gatto come mezzo di comunicazione, veste il racconto di magia romantica.

  2. …era proprio questo il racconto tuo a cui mi riferivo. Dolce e amaro il modo in cui passa il tema della incomunicabilità esistenziale.

  3. Grazie Mara,
    queste descrizioni non sono fantasie originate da letture, ma da esperienza. Ho vissuto otto anni a Los Angeles, e avevo un ufficio a San Pedro. Quando mi è venuta l’idea di un gatto messaggero mi è sembrato naturale ambientarla lì, e da quel momento è diventata triste, malinconica e amara.
    Credo che noi stabiliamo l’inizio delle nostre storie, ma poi quelle iniziano a dominarci e si finiscono da sole.
    Grazie per le tue parole gentili.

  4. Molte grazie Arianna per il tuo commento.
    Mi piace pensare a una comunicazione difficile piuttosto che impossibile.
    In fondo, questi due, anche se in modo limitatissimo, si sono toccati. Hanno avuto una influenza, anche se scarsa, l’uno sulla vita dell’altra.
    E anche il gatto, alla fine, un buon disinfettante e qualche grattatina li ha rimediati. Mi sa che la vita, più di questo, non garantisce.

  5. Complimenti. Molto bello. Si legge con piacere dalla prima all’ultima riga. Ho apprezzato lo stile cinematografico, con frasi corte ed efficaci. Danno respiro alla lettura. La storia è delicata, incuriosisce e la descrizione dei personaggi è perfetta, sembra di vederli. Mi è piaciuto molto.

  6. Grazie Maria,
    sì, mi piace spezzare una storia in frasi molto brevi, così da poter essere assorbite bene, e poi lanciarne magari una, una sola lunga, per accrescere l’intensità.
    Passerò a visitare il tuo, di racconto. A presto.

  7. Mentre leggevo percorrevo “i cento inutili metri di viale ornato di palme”, vedevo le gru annuire indolenti, bevevo Mezcal rischiando la follia. Suggestivo e coinvolgente. Credo che il fatto di aver vissuto quei luoghi doni realtà al racconto. Mi è piaciuta molto l’atmosfera, lo stile, efficace e ironico, e Miguel. Grosso personaggio Miguel, messicano che la sa lunga, e grande ficcanaso. Il gatto messaggero è una bellissima trovata, una rivisitazione metropolitana dei piccioni viaggiatori e romantica. Il tragico finale non appesantisce l’atmosfera di cui sopra, anzi la completa chiudendo il cerchio. Complimenti, bravo!

  8. ti ringrazio Matteo. Anche Miguel dice che se passi da quelle parti ti fa assaggiare i suoi strepitosi tamales, annaffiati a dovere da una buona bottigli ache tiene da parte.

  9. E’ un piacere ritrovarti da queste parti, Sergio.
    Spero che qualcuno prima o poi si accorga del tuo talento.
    Te lo meriti.
    MI piace il fatto che tu riesca a spaziare da un argomento all’altro
    con molta naturalezza.
    In questo caso, il racconto è ben scritto, efficace,
    e con leggerezza riesce a prendere chi legge.
    Continua così.
    A presto.
    M
    🙂

  10. Decisamente buono, belle le descrizioni, bella l’idea del gatto messaggero, stupendo il senso di non finito e di irresoluto che rimane.
    Avrei reso meno esplicito l’ultimo post-it: per il resto è perfetto

  11. ciao Maurizio. Le tue parole sono sempre molto, troppo lusinghiere, grazie.
    Io continuo, lo sai, qualunque cosa accada.
    a presto.
    Sergio

  12. Grazie Sergio! Fa molto piacevere ricevere commenti così positivi.
    Riguardo all’ultimo post-it, rispetto assoluto per il tuo commento (ci mancherebbe altro); eppure, pensa che quando l’ho scritto avevo proprio il dubbio opposto: si capirà? Sarò stato esplicito abbastanza?
    L’ho scritto e riscritto alcune volte, aggiunto quel “me ne sarò andata”, incerto se sostituirlo con un “quando sarò morta”.
    Nelle mie intenzioni il lettore dovrebbe leggere il post-it, capire, che la donna muore ma avere un vago senso di insicurezza (avrò capito bene?), quindi trovare conferma nelle righe finali.
    grazie ancora.

  13. Ciao Sergio, gran bel racconto. Denso e intrigante, senza un attimo di tregua ma non oppressivo. Il gatto come un whatsapp ante litteram che riporta la comunicazione a tempi più umani è strepitoso. e’ sempre un piacere leggerti.

  14. grazie Roberto! lieto ti sia piaciuto. GattsApp? Può essere un’idea.
    Ogni volta che la tecnologia inventa una nuova cosa, semplifica un aspetto della nostra vita ma ci fa perdere cose preziose. Ero interessato, come hai ben notato, all’aspeto emotivo dell’aspettativa, dell’attesa, dell’immaginare l’altro, dell’essere alla fine impotenti e soli. Un inguaribile romanticone.

  15. Decisamente godibile e molto ben scritto.
    Io amo le storie ai “margini”, e questa è una di quelle.
    Grazie

  16. Grazie per il tuo apprezzamento Salvatore.
    Anch’io ho apprezzato entrambi i toui racconti. Quello di fantascienza l’ho commentato, l’altro no, nonostante il suo magnifico inizio “induista”, perché qualcosa non mi tornava nella costruzione. Ma in generale mi piace come scrivi.
    Sì questa è una storia ai margini, una storia di solitudini che si possono incontrare solo parzialmente, con mezzi di fortuna, nei tempi sbagliati, al prezzo di fraintendimenti.

  17. Buongiorno ho letto due volte questo racconto perché ho avuto difficoltà nel trovare le parole adatte per descriverlo.
    A parte la evidente capacità di scrittura che non mi sembra in discussione volevo dare il giusto peso alle mie sensazioni nel leggerlo.
    L ‘ho trovato ermetico, il protagonista è una persona sofferente che cerca la sua strada seppur appare dalla descrizione accurata una persona sicura di sé.
    Mi sono immedesimata pensando ad un solitario in cerca di una chiave di lettura della sua vita.
    Bellissimo ma mi ha lasciato l’amaro in bocca.
    Complimenti!!

  18. Grazie Liliana per esserti posta delle domande sul protagonista e per il tentativo di lettura oltre la superficie.
    “Ermetico”, non l’ho capito, forse hai trovato cose non chiare? Oppure ti riferisci alla curiosità per il protagonista, che parlando in prima persona forzatamente non rivela certe cose di sé?
    Qualcosa la sappiamo. È in crisi, Maria lo ha lasciato, comincia a bere sempre di più, afferra un filo di speranza che viene da un semplice bigliettino di ringraziamento con la disperazione dei depressi. Ma proprio per questo quasi riesce a toccare un’altra solitudine, più pericolosa, quella della donna che si suicida. Fallisce anche come salvatore, ma per un pelo.
    Grazie per i complimenti!

  19. Sì scusami Sergio sono stata poco chiara forse, hai ben interpretato è il protagonista che mi ha affascinato, è lui ermetico, lo immagino bello e impossibile….non so.
    Come ho detto altre volte nella lettura mi affido molto all’ istinto e questo racconto mi ha suscitato parecchie emozioni contrastanti.

  20. Tutto chiaro Liliana.
    Devo confessare che sino ad ora non avevo avuto un singolo pensiero sull’aspetto fisico del protagonista.
    In virtù del mio potere autoriale, e in onore alla tua gentilezza, lo faccio bello, anzi bellissimo.
    Resta da capire perché Maria se ne sia andata… quella sarà la parte “impossibile”…

  21. Grazie 🙂

  22. Ben scritto e a dispetto dell’argomento, lieve. Merito della magia dei gatti. Ci sono entrata dentro e mi sono portata fino alla fine un filo di malinconica solitudine che non si è risolto. In fondo all’inevitabile si può al massimo fare compagnia. Sei proprio bravo.

  23. Complimenti Sergio, hai descritto le atmosfere della solitudine in modo così efficace che sembrava di essere dentro un quadro di E. Hopper. Ineguagliabili le tre righe in cui hai descritto il porto di Los Angeles.

  24. Suggestivo, inciso, realistico… lasciando sul fondo qualcosa di inquieto… complimenti per la suggestione che crei, che nonostante sia tale, rimane sempre molto realistica!

  25. Grazia, molto lusingato dai complimenti. Si, i gatti sono sempre magici.

  26. grazie Alessandro! Il porto di Los Angeles e di una fascinosa bruttura. Mi sembrava lo scenario ideale per una storia cosi malinconica.

  27. Marta, lieto che tu l’abbia trovato suggestivo. Davvero non posso chiedere di piu, grazie.

  28. Vero, la suggestione che uno scrittore sa creare, per esso è già quasi tutto. Ma sono io ad essere lieta di averti letto! Bravo!

  29. Sono una lettrice seriale. Se mi piace uno scrittore voglio leggere tutto. Così sono partita dal tuo racconto più recente e sono arrivata fino a qui.
    Si sente che quello che scrivi l’hai vissuto, è chiaro fin dal primo momento e questo rende tutto vivo e plausibile, anche un gatto-piccione che porta messaggi a una sconosciuta senza volto e senza nome. A volte la vicinanza è amplificata dalla distanza. Complimenti.

  30. Super lusingato, Francesca.
    Sì, ho vissuto da quelle parti. Sì, ero triste. Non per ragioni sentimentali però. E Miguel, il gatto, Maria e Dolores sono “compresse” preparate macinando decine di persone reali che ho incontrato, mescolate fino ad essere irriconoscibili.
    Degli anni a Los Angeles ho il ricordo di una belezza naturale strepitosa. Scogli, palme, delfini. Lavorare vicino al porto mi portava vicino a questa ferraglia arrugginita che è sfondo ideale a un animo triste. Al tramonto, tutto quel fumo, ferro, ruggine diventava una sagoma mostruosa e -sì, bella.

  31. Adoro gli scrittori che riescono ad evocare luoghi e persone ricorrendo a un uso sapiente e misurato delle parole, evitando di infarcire la storia di aggettivazioni e lasciandola scorrere leggera e libera… come i passi felpati di un gatto che ti sorprendono in una notte di Luna Piena. Concordo con quanti hanno scritto che ‘si sente’ che tu lì ci sei stato davvero. Il racconto ha tra le sue principali virtù quella della verosomiglianza. Non c’è niente che stona. Luoghi, personaggi, vicende sono costruiti attingendo alla più preziosa delle fonti, la memoria. Complimenti, mi è piaciuto moltissimo. Approfitto per chiedere un tuo parere sul mio “La Torretta di Guardia” del 27 Maggio

  32. Grazie molte Luigi. Sì, sono stato nei luoghi, anche se la storia è completamente di fantasia.
    Leggerò con piacere il tuo racconto, a presto!

  33. Ciao, dopo aver detto “mi piace” rimarrei sospeso non per la difficoltà di trovare qualcosa da dire ma perché ci starebbero elogi e basta per questo racconto. Il gioco di mia moglie:”quale personaggio vorresti essere?” qui non può funzionare, perché i personaggi possibili sono due “Miguel e il gringo”: Da baro vorrei essere lo scrittore, bravo quanto lui nel trovare quel MIX tra narrazione, ambientazione e dialoghi, le percentuali variano in funzione dell’ispirazione personale. Bravo e in bocca al lupo.
    Emanuele

  34. Bello, scorrevole, si legge tutto d’un fiato.
    Nonostante il mancato lieto fine come ci si aspetterebbe da quella strana e singolare corrispondenza, non l’hai appesantito di dolore . E’ tra le righe.
    Complimenti e in bocca al lupo!

  35. Grazie Carla, molto apprezzato il tuo commento.
    Sì, il lieto fine è nelle aspettative del protagonista. Ma soltanto lì.

  36. ciao Emanuela, mi era sfuggito il tuo commento.
    Intanto, che ti piaccia, è più che sufficiente.
    Forse il personaggio che se la cava meglio nela storia è Hermes, il gatto. Non credi? Viene salvato, curato, vezzeggiato e nutrito.
    grazie ancora.

  37. EMANUELE, volevo scrivere… ancora scusa.

  38. Me la sono immaginata, lei, nella sua disperazione muta, nella sua voglia di comunicare ma solo attraverso un gatto. Così come mi è parso di essere seduta a San Pedro a osservare le vicende. Malinconico, triste, vero perché possibile.

    Arianna

  39. Ciao Sergio, non so come, ma i toi racconti mi erano sfuggiti. Questo è davvero molto bello. Belle le descrizioni, mai noiose o scontate, belle le atmosfere. Per come scrivi, il lettore ha l’impressione di conoscere già il protagonista, è uno a cui è già affezionato sin dal primo rigo e, quando arriva all’ultimo, pensa che lo ritroverà alla pagina successiva. Potrebbe essere tranquillamente il capitolo di un romanzo. Complimenti davvero.

  40. Molto bello, dovevo per forza arrivare alla fine. Complimenti.

  41. Grazie per le tue parole Arianna.
    Dolores stava quasi per rinunciare al suicidio. Quando ha visto il messaggio portato dal gatto, ha esitato. Poi quel foglietto, isolato da una vera presenza umana, mandato da una persona che lei ha avuto la tentazione di ritenere reale e amica solo per un attimo, non è bastato.

  42. Ottavio, grazie.
    Non si possono leggere tutti i racconti. Io credevo di averli scorsi tutti o quasi, ed ogni volta che passo dal sito ne passo tantissimi di cui non mi ero accorto. Fa parte del gioco, credo, che qualcuno a cui piacerebbe ciò che hai scritto non arriva a leggerti.
    Grande complimento, il tuo. Penso che a volte sia più facile identificarsi con qualcuno di cui si sa molto poco, come il mio protagonista, che non ha nome né aspetto fisico. Troviamo meno da obiettare.
    Sto scrivendo un romanzo ambientato da quelle parti, ma il personaggio è un altro. Ma mi hai dato un’idea: gli farò fare un cameo, una comparsata alla Hitchcock…

  43. Ti ringrazio Valentina. Mi pare che creare il desiderio di leggere fino in fondo sia requisito necessario (anche se non sufficiente) di un buon racconto.
    A presto.

  44. Triplo wow con avvitamento finale
    Ti direi in bocca al lupo ma.. Sei di una bravura spiazzante.

  45. Stefania, che compliemntone, grazie!
    Comunque dimmelo in boccca al lupo… non ho mai conosciuto nessuno che non ne avesse bisogno.
    Grazie.

  46. Per replicare il piacere provato sbocconcellando “La procedura” e “Inespresso”, avevo stampato anche questo racconto. I fogli erano però subito spariti e io me ne ero dimenticato.
    Soltanto ieri sera ho rinvenuto le tue carte, inspiegabilmente alloggiate nel faldone “Salute”. Non mi capacito di come siano potute finire lì; non escludo un qualche influsso di Minnie, la mia gatta (in quel raccoglitore viene riposto anche il suo libretto sanitario).
    La lettura del racconto, dopo avermi colmato di immagini suggestive, mi ha lasciato, insieme al retrogusto amaro per l’epilogo sconfortante, un’immensità di emozioni diverse e contraddittorie, contribuendo ad alimentare la mia sorpresa per non aver ritrovato il tuo nome tra i venticinque selezionati.
    Certamente alla giuria è toccato un compito assai arduo, considerando la quantità dei racconti pervenuti e la loro elevata qualità media.

  47. Anch’io, come Roberto, sono assolutamente stupito di non averlo trovato tra i 25

  48. Roberto, ti ringrazio per la tua costanza e per il fatto di aver ritrovato il racconto anche se il gatto l’aveva certamente nascosto.

  49. Che ci vuoi fare Ottavio, la giuria ha espresso il suo insindacabile giudizio, ed è giusto che sia così. Da parte mia devo dire che dopo due edizioni in cui ho sfornato sei racconti credo tutti buoni, sono giunto alla conclusione che il mio stile non è adatto a questo concorso. Probabilmente, per qualche motivo a me ignoto, non scrivo il genere di cose che piacciono a questa giuria, che certamente ha tutto il diritto di farsi piacere quello che le piace. Io però cercherò altri lidi dove poggiare le stanche ossa.

  50. Ciao Sergio, scusami leggo solo ora il tuo racconto: mi è piaciuto così tanto che mi sono chiesta “perché è già finito?”. credo si sarebbe prestato ad una trama più articolata, ma per soddisfare la mia voglia di leggerti andrò a cercare gli altri tuoi racconti perché, al di là delle motivazioni validissime della giuria, trovo tu sia un abile creatore di storie non meno meritevole di me o degli altri 24 vincitori. Spero che le tue ossa stanche possano continuare a tenere in mano la penna (la scrittura al PC è meno poetica) per scrivere per te stesso e per tutti noi che abbiamo ancora tanta voglia di leggere bei racconti.
    In bocca al lupo per le prossime avventure letterarie!
    Deepa

  51. Caro Sergio, capisco la tua amarezza e condivido la tua decisione. È innegabile il fatto che tu sia un abile scrittore di talento. Hai dato tanto a questo concorso sia con i tuoi racconti che con i tuoi bellissimi commenti.
    In bocca al lupo per la tua promettente carriera di scrittore, vedrai che prima o poi verrà premiato il tuo talento come meriti.
    Con sincera stima.
    Andrea

  52. Deepa e Andrea,
    innanzitutto complimenti a voi. E poi grazie, siete troppo gentili.
    Amarezza? Credo il termine sia esagerato, ma fastidio sì, di partecipare per due edizioni e ogni volta ricevere tanti messaggi pubblici e privati in cui mi si dice che “avrei dovuto vincere”. Non sono riuscito ad individuare la causa di questa sconnessione tra i giudizi dei partecipanti e quelli della giuria.
    Anch’io come giurato sarei stato parziale verso qualcuno o qualcosa, è inevitabile. Ad esempio mi scuso tantissimo, ma non ho letto i racconti per bambini. Questo perché li ritengo realizzabili solo da autori superumani come Lewis Carrol o Andersen, e ho anche la bizzarra idea che un cosiddetto racconto per bambini DEBBA essere intriso di sofferenza e violenza, idea che suppongo oggi non sia molto popolare… Quindi, penso, se fossi io in giuria, peccherei di parzialità verso i racconti per l’infanzia.
    Sono però convinto che da qualche parte ci debbano essere concorsi e attività più congeniali al mio modo di sentire e di scrivere. Le mie ossa sono stanche di questo, non certamente di scrivere, attività che non abbandono. Anzi, se vi sono piaciuti vi prego cortesemente di visitare di tanto in tanto il mio sito, che trovate sotto alla firma, così almeno da questa esperienza guadagnerò qualche affezionato lettore.

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